03-01-2020

                                                      Sam Nujoma's Interview e la nascita dello Stato della Namibia

    Samuel Daniel Shafiishuna Nujoma nacque il 12 maggio 1929 a Ongandjera nel Nord dell'Africa del Sud Ovest (attuale Namibia), dell'etnia Ovambo. Ebbe un'infanzia abbastanza tranquilla, dedicata in gran parte alla cura del bestiame, ed ebbe modo di frequentare la scuola missionaria locale. Nel 1946, a 17 anni, abbandonò il villaggio natale per trasferirsi dalla zia a Walvis Bay e poco dopo decise di andare a vivere nella capitale Windhoek in cerca di fortuna. Qui trovò un ottimo impiego come operaio specializzato delle Ferrovie Sudafricane. E divenne il tutore di Petter Johannesen, allora bambino, attuale console onorario di Namibia in Italia. Per inquadrare e comprendere appieno il personaggio e ciò che ha significato per questa terra a noi lontana, bisogna pure intrecciare questo mio emozionante incontro nella sua villa residenziale sulle colline di Windhoeck con la storia del suo Paese. Sam Nujoma lottò - come tutti noi sappiamo - infatti per l'indipendenza della sua patria in nome della libertà sperata, grazie ad una perdurante lotta contro il Sudafrica che l'ha amministrata dal 1920 fino al 1989. La Namibia entra nell'epoca moderna nel 1884 quando la Germania imperiale di Bismarck prende possesso di questo territorio pacificamente ed essa diventa protettorato tedesco e coloniale, una colonia larvata in senso stretto, fino al 1915, quando le truppe sudafricane occupano il territorio dell'Africa del Sud-Ovest - così si chiamava secondo i Tedeschi - South West Africa, Africa sudoccidentale. Finita la I Guerra Mondiale, infatti la Namibia viene affidata inizialmente alla Gran Bretagna sotto forma di mandato della Società delle Nazioni. La Gran Bretagna a sua volta cede il territorio, sempre comandato, all'Unione sudafricana, al Sudafrica. Nel 1920 inizia il mandato sudafricano in Namibia di tipo C, secondo la Carta delle Società delle Nazioni. Il che significa che in questo caso i poteri del Sudafrica erano particolarmente forti. In sostanza la Namibia è stata amministrata dal Sudafrica in un modo diretto, come parte integrante del territorio sudafricano a differenza di quello che è successo per tutti gli altri mandati. Quindi, dal 1920 la presenza del Sudafrica in Namibia è durata tanti anni, molti decenni, aldilà anche della fine della II Guerra Mondiale. Eppure terminata la II Guerra mondiale, quando entra in vigore la Carta delle Nazioni Unite e quindi cominciano a funzionare le Nazioni Unite, la Namibia doveva essere trasformata in un sistema nuovo di amministrazione, fiduciaria, nella prospettiva della decolonizzazione e dell'indipendenza, ma il mandato di tipo C non prevedeva la decolonizzazione dell'Africa del Sud-Ovest.

       Dal canto suo, il Sudafrica si è opposto sistematicamente sin dall'inizio alla richiesta delle Nazioni Unite di trasformare il mandato in un'amministrazione fiduciaria. Il motivo è evidente: il Sudafrica non pensava minimamente di riconoscere l'indipendenza alla Namibia, di portare avanti un processo di emancipazione politica del territorio. Anzi pensava, anche dopo la II Guerra Mondiale, d'integrare la Namibia al Sudafrica. Dunque il Sudafrica mantiene la sua posizione dopo la II Guerra Mondiale. Si arriva così al 1966, una data importante, quando l'Assemblea nazionale della Nazioni Unite revoca in una risoluzione il mandato al Sudafrica e dichiara illegale la sua amministrazione in Namibia. Questa fu una risposta alla sentenza della Corte internazionale di giustizia dell'Aja nel 1966. Dunque, la Risoluzione dell'Assemblea Generale fu la risposta, una reazione a questa sentenza ma, com'è facile capire, il Sudafrica non si diede per vinto. Non diede alcun seguito a questa risoluzione. Continuò ad occupare il territorio con truppe consistenti. Ecco che, proprio in questi anni, si inserisce il Nostro che, in piena sintonia con il momento storico in essere, crea una organizzazione locale che si chiama South West African People, organizzazione del popolo dell'Africa del Sud-Ovest che comincia a battersi per l'indipendenza di questo territorio: stiamo parlando di colui che sarebbe diventato Presidente della Repubblica della Namibia, General Vilbrun Guillaume Sam, il nostro Sam. Negli anni '60 Nujoma diede inizio alla vera e propria lotta per l'indipendenza e nel 1961 data la crescente persecuzione nei suoi confronti da parte dell'amministrazione sudafricana, scelse l'esilio volontario in Tanzania, trasferendosi a Dar es Salam e stabilendo lì il quartier generale della SWAPO. Questo decennio è caratterizzato da un incessante impegno internazionale di Nujoma, che visita moltissimi Stati europei e americani in cerca di sostegni economici e militari. Questo gli diede modo di esercitare una pressione diplomatica diretta sul Governo sudafricano, che nel 1975 concesse lo svolgimento di una conferenza politica a Windhoek per discutere del futuro del Paese. Anche in questo caso il Sudafrica non si dà per vinto. Nel 1978 il Sudafrica invade parte del territorio angolano per attaccare le basi della SWAPO con un alto numero di vittime. Bisogna aspettare la fine della Guerra Fredda che indubbiamente ha contribuito in maniera decisiva a sbloccare la situazione.

 

Estratto dall'intervista:
Emanuela Scarponi. Good morning, Mr President Sam Nujoma. Our common friend Petter Johannesen organized this interview to the first President of Namibia and to the great political leader that guided to the freedom his people from South Africa in 1990, based on apartheid system. What is your relationship with Italy?
(Buongiorno, signor Presidente Sam Nujoma. Il nostro comune amico Petter Johannesen ha organizzato questa intervista al primo presidente della Namibia e al grande leader politico che guidò alla libertà il suo popolo nel 1990 dal Sudafrica, basato sul sistema dell'apartheid. Qual è il suo rapporto con l'Italia?)
Sam Nujoma: I have just come from a long trip from Havana, Cuba and Brazil.
So welcome to Namibia.
Namibia and Italy have been very friendly countries, especially during the struggle for the liberation of Namibia we received political, diplomatic, and the material support from Italy, especially from the Labour movement. Trade Union movement of Italy got material humanitarian support, particularly for medicine to national liberation movement.
Especially Italian Labour movement gave material to support the fight to Angola, Rwanda and Namibia and built prefabricated hospitals in Rwanda and Angola independent from Namibia in collaboration with the State governments.
So welcome to Namibia once again.
(Sono appena arrivato da un lungo viaggio dall'Avana, Cuba e Brasile. Quindi benvenuti in Namibia. La Namibia e l'Italia sono stati Paesi molto amichevoli: specialmente durante la lotta per la liberazione della Namibia abbiamo ricevuto il sostegno politico, diplomatico e materiale dall'Italia, in particolare dal movimento dei lavoratori. Il movimento sindacale italiano ha dato un sostegno umanitario materiale, in particolare in campo medico, al movimento di liberazione nazionale. Il movimento operaio italiano in particolare ha fornito materiale per sostenere la lotta in Angola, Rwanda e Namibia ed ha costruito ospedali prefabbricati in Rwanda e Angola, indipendenti dalla Namibia, in collaborazione con i governi statali.

Emanuela Scarponi. Thank you very much to invite me in your wonderful house. I am very happy my country helped you in this support to achieve independence.
I came to Namibia in 1995, 5 years after the independence.

(Grazie mille per averci invitato nella sua meravigliosa casa. Sono molto felice che il mio Paese vi abbia aiutato in questo supporto per raggiungere l'indipendenza.
Sono arrivata in Namibia nel 1995, 5 anni dopo l'indipendenza.

Sam Nujoma. 5 years after independence? Really?
(Davvero?)



Emanuela Scarponi. Yes! That is why I know very well your country. As European tourist, I decided to visit Namibia and South Africa after the end of apartheid. All western world could not accept apartheid regime surviving in South Africa.
In 2009 I wrote a book in Italian language about ethnical population I met during my lonely journey and about San painting and rock carvings I could admire in Twyfelfontein.
I dedicated my book to the President of Namibia, Sam Nujoma.
This is a present for you! That is why I am here. I am going to translate it into English language and I will send it to you.

(Sì! Ecco perché conosco molto bene il vostro Paese. Come turista europea, decisi di visitare la Namibia ed il Sudafrica dopo la fine dell'apartheid. Tutto il mondo occidentale non poteva accettare che il regime dell'apartheid sopravvivesse in Sud Africa.
Nel 2009 ho scritto un libro in lingua italiana sulla popolazione etnica che ho incontrato durante il mio viaggio solitario e sulla pittura dei San e le loro incisioni rupestri che ho potuto ammirare a Twyfelfontein. Ho dedicato il mio libro al presidente della Namibia, Sam Nujoma.
Questo è un regalo per lei! Ecco perché sono qui. Lo traduco in inglese e glielo lo spedisco).
Sam Nujoma. I see… 5 years after independence. You arrived to Epupa falls. You went in North Western area in Himba area.

(Vedo... 5 anni dopo l'indipendenza. Sei arrivata alle cascate di Epupa. Sei andata nella zona Nord-occidentale nella zona degli Himba).

Emanuela Scarponi. Yes, exactly. I also made a documentary about Namibia journey, rich of very beautiful pictures of the country as it was in 1995.
And with this cultural material I was able to organize a multimedia exhibition in the Institute of African and oriental studies and in the Ministry of foreign affairs in Rome, capital of Italy.
Based on my research, we organized a conference about Namibia in the Ministry of foreign affairs. Among the others, ambassadors Ferraris, Baistrocchi, Prof. Gianluigi Rossi, President of Isiao, senatrice Carettoni, expert in Herero history, honorary president of ISIAO and doctor Roberto Tresoldi, director of Namib air, and honorary Consul of Namibia in Italy, Petter Johannesen, your dear friend, partecipated at the important event.

(Si, esattamente. Ho anche realizzato un documentario sul viaggio in Namibia, ricco di immagini molto belle del Paese, com'era nel 1995.
E con questo materiale culturale ho potuto organizzare una mostra multimediale all'Istituto di Studi Africani e Orientali e al Ministero degli Affari Esteri a Roma, Capitale d'Italia.
Sulla base della mia ricerca, abbiamo organizzato una conferenza sulla Namibia presso il Ministero degli affari esteri. Tra gli altri, gli ambasciatori Ferraris, Baistrocchi, il prof. Gianluigi Rossi, presidente dell'Isiao, la senatrice Carettoni, esperta di storia degli Herero, presidente onorario dell'ISIAO e il dottor Roberto Tresoldi, direttore di Namib air, e il console onorario della Namibia in Italia, Petter Johannesen , il suo caro amico, ha partecipato all'importante evento).

Sam Nujoma. Yes. I know him, from Milan.
(Si. lo conosco. Vive a Milano).

Emanuela Scarponi. ...I arrived to Epupa falls, Angola boards on those days and I came back here nowadays. Namibia is well known in my country and my city, Rome, thanks to this cultural initiative.
(Sono arrivata alle Epupa Falls, al confine con l’Angola, in quei giorni e sono tornata qui oggi. La Namibia è molto conosciuta nel mio Paese e nella mia città, Roma, grazie a questa iniziativa culturale).


Emanuela Scarponi. I would like you tell us about your life. Was it difficult for you to make an entire country - Namibia -independent?
(Vorrei che ci parlasse della sua vita. È stato difficile per lei rendere indipendente un intero Paese, la Namibia?).

Sam Nujoma. We had a common purpose: the liberation of our countries, the independence of our countries, so that was the aim objective of the Swapo party. That's why everyone came: everyone wanted to be free; we fought for the common purpose: the freedom. So everyone has the same purpose. And we all are free now.

(Avevamo uno scopo comune: la liberazione dei nostri Paesi, l'indipendenza dei nostri Paesi, quindi questo era l'obiettivo del partito Swapo. Per questo sono venuti tutti: tutti volevano essere liberi; abbiamo combattuto per lo scopo comune: la libertà. Ed ora siamo tutti liberi).

Emanuela Scarponi. But you founded Swapo party, South West African people' s organization, don't you?

(Ma lei ha fondato il partito della Swapo, Organizzazione dei popoli dell’Africa Sudc occidentale?)

Sam Nujoma. Yes, I founded Swapo party. I was elected the leader of Swapo in april 1960, while I was already in exile.

(Si. Sono stato eletto leader della Swapo nell’aprile del 1960, mentre ero già in esilio).

Emanuela Scarponi. You lived in Dar er Salaam, didn't you? (Viveva a Dar er Salam in Tanzania?)

Sam Nujoma. Yes. First I lived in Dar er Salam - Tanzania - then in Lusaka - Zambia, then in Rwanda and Angola before we scored the final victory on the minority white South African apartheid, colonial regime which occupied our country and oppressed our people. The aim and objective of Swapo was first of all to liberate Namibia from colonial oppression and to introduce the democratic system and democratic society, where every citizen would have freedom of movement, freedom of participating, in elections to practice during my election. That was the main aim of Swapo.
Now we are independent. It was difficult.

(Sì. Prima ho vissuto a Dar er Salam - Tanzania - poi a Lusaka - Zambia, poi in Rwanda e in Angola prima di ottenere la vittoria finale sull'apartheid sudafricano di minoranza bianca, regime coloniale che ha occupato il nostro Paese ed ha oppresso il nostro popolo. Lo scopo e l'obiettivo della Swapo era prima di tutto quello di liberare la Namibia dall'oppressione coloniale e di introdurre il sistema democratico e la società democratica, dove ogni cittadino fosse libero di muoversi, di partecipazione alle elezioni durante la mia elezione. Questo era l'obiettivo principale di Swapo.
Ora siamo indipendenti. Fu difficile).
Nel 1989 infatti il Sudafrica accetta il Piano delle Nazione Unite per la Namibia e che avvengano libere elezioni che si svolgono sotto la supervisione delle organizzazione delle Nazioni Unite e l'indipendenza sarà poi proclamata ufficialmente il 21 marzo 1990 con Sam Nujoma eletto Presidente della Repubblica della Namibia restando in carica fino al 2005. Nujoma governò la Namibia per 15 anni esatti, dal 21 marzo 1990 al 21 marzo 2005. Il suo ruolo di "padre della patria" consentì al suo governo di essere solido, duraturo e decisionista. In politica interna, Nujoma cercò una maggiore indipendenza economica, superando la tradizionale sudditanza nei confronti del Sudafrica. Incentivò le già relativamente prospere attività agricole ed industriali, consentendo alla Namibia di diventare uno dei Paesi africani più avanzati e ricchi. Altro elemento importante della politica interna di Nujoma fu la diplomazia e l'equilibrio con cui seppe conciliare le esigenze delle diverse etnie del Paese. Non da ultima la riforma agraria.

Emanuela Scarponi. Which is the aim of the government now?

(Quel è l’obiettivo del Governo oggi?)


Sam Nujoma. Now we are in the second phase.
Now the difficult struggle is for economic independence it is equally difficult.
But we have chosen how to eradicate poverty, disease and ignorance;
these are the three aims we have now:
so our enemy is ignorance. So the first objective is to educate Namibian people and train people.
Namibia is rich country in terms of minerals, diamonds, uranium, copper, zinc, and lead and fish products. Diamonds are exploited as rough diamonds.
Now we are educating and training our people, mostly our young people. First of all we have to establish University of Namibia, with polytecnical institute.
We have a discreet professional training program in order to ensure every Namibian children an education so that when they grow up they will be able to become medical doctors to ensure people's health; engineers, biologists, geologists and many other technical trade people in order to ensure that we eradicate poverty and provide the needs of every Namibian citizen.
So we have to fight poverty, disease and ignorance now in order to eradicate poorness and to provide happiness to everyone in Namibia, to make Namibia a good place to live an happy life.

(Ora siamo nella seconda fase. Ora la difficile lotta per l'indipendenza economica è altrettanto difficile.
Ma abbiamo scelto come sradicare la povertà, la malattia e l'ignoranza; questi sono i tre obiettivi che abbiamo ora: quindi il nostro nemico è l'ignoranza. Quindi il primo obiettivo è educare i namibiani e formare le persone.
La Namibia è un paese ricco in termini di minerali, diamanti, uranio, rame, zinco, piombo e prodotti ittici. I diamanti sono sfruttati come diamanti grezzi.
Ora stiamo educando e formando la nostra gente, soprattutto i nostri giovani. Prima di tutto dobbiamo fondare l'Università della Namibia, con un istituto politecnico.
Abbiamo un discreto programma di formazione professionale per garantire a tutti i bambini namibiani un'istruzione in modo che da grandi possano diventare medici per garantire la salute delle persone; ingegneri, biologi, geologi e molti altri professionisti del settore tecnico al fine di garantire l'eliminazione della povertà e soddisfare i bisogni di ogni cittadino namibiano.
Quindi dobbiamo combattere la povertà, le malattie e l'ignoranza ora per sradicare la povertà e fornire felicità a tutti in Namibia, per rendere la Namibia un buon posto dove vivere una vita felice).

Emanuela Scarponi. What do you think to do to help Himba people?

(Cosa pensate di fare per aiutare il popolo Himba?)

Sam Nujoma. You came here in 1995, 5 years after independence.
If you go to visit them now, you will see they have hospitals, tar roads, and schools for them too of course.
(Sei arrivata in Namibia 5 anni dopo l’indipendenza. Se vai oggi a fare una visita agli Himba, troverai ospedali, strade asfaltate, e scuole ancheper loro naturalmente).

Emanuela Scarponi. When I arrived to Windhoeck in 1995 there was no a black man in town and it looked very strange to me. It did not look like Africa. The first black people I met were Himba at Epupa falls, a long-way on the journey, after passing a crossway in the middle of savanna signed of forbidden crossing the gate: Malarial area.
We passed and we entered the Africa we dreamt and look for.
I asked children about school: they attended school but they did not know for how many years on those days...
But now everything is different. It is very clear.
I am very happy to see this changement.
There are black people in town. I think African people must own their land as everyone.
What you are saying is very important.
I saw great groups of schoolmates along the way now ...and there are more buildings. Windhoek is much bigger.
(Quando sono arrivata a Windhoeck nel 1995 non c'era un uomo di colore in città e mi è sembrato molto strano. Non sembrava l'Africa. I primi neri che ho incontrato sono stati Himba alle cascate Epupa, una lunga strada nel viaggio, dopo aver superato un incrocio, in mezzo alla savana, dove un cartello vietava di oltrepassare il cancello a causa della malaria. Siamo passati e siamo entrati nell'Africa che sognavamo e cercavamo.
Ho chiesto a dei bambini se frequentassero la scuola ma, ad una prima risposta positiva, non seppero indicarmi quanti anni la scuola durasse per loro...
Ma ora è tutto diverso. È molto chiaro.
Sono molto felice di vedere questo cambiamento.
Ci sono persone di colore in città. Penso che gli africani debbano possedere la loro terra come tutti.
Quello che sta dicendo è molto importante.
Ho visto gruppi di compagni di scuola lungo la strada ... e ci sono più edifici. Windhoek è molto più grande).

Sam Nujoma. ... in uniform now....
(in uniforme ora)

Sam Nujoma. 5 years after independence to nowadays 25 years passed away. There has been improvement.
After independence, we concentrated to infrastructures, we built tar roads to Botswana, to Zimbabwe, to Zambia and to Angola. And the extension of the railway-line from North-centre of Namibia to the Angola borders to meet the Angola railways system in order to improve commercial trading among Sad-ac countries. At that time we wanted to head tar roads and railway-line linking from Namibia to South Africa. Now they are all liberal countries. It is very important for us to to trade with them.

(5 anni dall'indipendenza ad oggi sono 25 anni. C'è stato un miglioramento.
Dopo l'indipendenza, ci siamo concentrati sulle infrastrutture, abbiamo costruito strade asfaltate per il Botswana, lo Zimbabwe, lo Zambia e l'Angola. E l'estensione della linea ferroviaria dal Centro-Nord della Namibia ai confini con l'Angola per unirci al sistema ferroviario dell'Angola al fine di migliorare gli scambi commerciali tra i Paesi Sad-ac. A quel tempo l’obiettivo erano le strade asfaltate e le linee ferroviarie che collegassero la Namibia al Sud Africa. Ora sono tutti Paesi liberi. È molto importante per noi commerciare con loro.


Emanuela Scarponi. What about diamonds? I am an Italian woman and I am very interested in diamonds!

(E cosa mi dite dei vostri diamanti? Sono una donna italiana e ne sono molto interessata.).

Sam Nujoma. Yes, of course! We are now exploiting this resource, Namibian Government with De beers, the old mine owner together, are exploiting gems diamonds, but some of the gem diamonds very popular in the world are going to finish, but some particular gem diamonds are still available.

(Sì, naturalmente! Stiamo sfruttando questa risorsa, il governo namibiano con De Beers, il vecchio proprietario della miniera insieme, stanno sfruttando i diamanti, ma alcuni stanno per finire).

Emanuela Scarponi. What about San future? They told me they cannot anymore move from a place to another one because of the land privatization of lands.

(Cosa ne sarà dei San? Mi hanno detto che non possso più spostarsi da un luogo all’altro per via della privatizzazione delle terre).


Sam Nujoma. San people must attend lessons at schools, they have tar roads, hospitals, like everyone.
(I San devono frequentare la scuola, hanno strade asfaltate, opsedali, come tutti.).

Emanuela Scarponi. What about your political system?

(Come è il vostro sistema politico?)

Sam Nujoma. We are a democratic country with 8 parties. Anyhow everybody is democratically expressed.
Did you visit the Parliament?
(Siamo un Paese democratico, con 8 partiti), ognuno dei quali democraticamente espresso. Ha vissitato il Parlamento?)

Emanuela Scarponi. Yes. I visited Parliament, the first African Parliament I was able to visit. They were celebrating the women's day.
What is the condition of women in Namibia?

(Si. È il primo Parlamento africano visitato nel giorno della celebrazione della festa della donna).


Emanuela Scarponi. How many women are in Parliament?

(Quante donne conta il vostro Parlamento?)

Sam Nujoma. We have many now but now we are trying to mobilize more women.
(Vi sono parecchie donne parlamentari, ma ne vogliamo ancora).

How many women are in Italian Parliament?
(Quante donne ci sono nel Parlamento italiano?)

Emanuela Scarponi. Few: 50 on 315 at Senat house.
We have the same problem in Italy too.
(50 su 315. abbiamo lo stesso problema in Italia).

Sam Nujoma. It is a good number 50.
(50 sono un buon numero).

Sam Nujoma. Also students are attending Parliament sessions now. Swapo wants the participation of every citizen to Parliament activity. We instituted the Ministry of gender and quality affairs occupied now by a woman of Himba ethnic group.

(Anche gli studenti stanno frequentando le sessioni del Parlamento. La Swapo vuole la partecipazione di ogni cittadino all'attività del Parlamento. Abbiamo istituito il Ministero per gli affari di genere e di qualità occupato ora da una donna di etnia Himba).

Emanuela Scarponi. I studied Himba society where women are very important.
(Ho studiato la società himba, nella quale le donne rivestono un ruolo importante).

Sam Nujoma. Yes, of course.
(Naturalmente).

Emanuela Scarponi. Thank you very much for this interview that will be published on Silkstreetpress. You will listen about it in the future.
Dear Sam, You will be in my heart all my life.
Thank you very much, indeed and we hope to have a leader as you in Italy!

(Grazie mille per questa intervista che sarà pubblicata su Silkstreetpress. Ne sentirà parlare in futuro.Caro Sam, sarai nel mio cuore per tutta la vita. Grazie mille, davvero e speriamo di avere un leader come te in Italia!
Emanuela Scarponi

 


26-12-2019


                                                                      Cenni di dialogo mediterranei attraverso la storia antica

       Moltissimi sono gli argomenti che costituiscono oggetto di studio della storia antica, medievale, moderna e contemporanea del Mediterraneo. Tra quelli di maggiore interesse oggi notoriamente trattati sono “Le mille vie della seta”, il Mediterraneo neoprotagonista nel continente euroasiaticoafricano, la belt and road Initiative, la tratta di esseri umani attraverso le rotte del Mediterraneo. Il mio interesse primario resta l'Africa e di conseguenza il rapporto che oggi esiste tra l'Italia, il mio Paese, e questo continente attraverso il Mare nostrum, da sempre ponte indissolubile tra i popoli che abitano le sponde opposte dello stesso mare, senza distinzione di razza.
       A dimostrazione di ciò, ho inteso ripercorrere brevemente la storia antica di Roma, ed il suo rapporto con l'Africa. Vale a questo punto fare un breve excursus sugli antichi rapporti storici che legano la nostra storia a quella del Nord Africa al tempo dei Romani e con i Paesi del Sud Sahara nel Medio Evo.
        La cultura afroromana risale all'814 a.C., anno della fondazione di Cartagine, con la fine dell’esplorazione del Maghreb orientale l’avvio della colonizzazione.
       La nascita della città punica, chiamata Qart Hadasht (ossia «città nuova») da cui poi il nome Cartagine, è tramandata anche da una leggenda, secondo la quale la principessa Didone, a causa delle discordie politiche maturate a Tiro in Fenicia, si allontanò dalla patria con parte della popolazione e, approdata al lago di Tunisi allora navigabile, vi fondò una nuova città. Quando, infine, riuscì a impadronirsi di Messina (270), si trovò a contatto diretto con Roma: l'incontro con la città laziale, già allora in piena espansione, si tradusse presto in un lungo conflitto armato che, nonostante le eroiche gesta prima di Amilcare e poi di Annibale, la vide alla fine soccombere per opera di Scipione l'Africano nel 146 a.C. Per la moderna Tunisia l'età cartaginese non fu solo l'affermarsi di una civiltà di mercanti sensibili al gusto ellenico, ma anche l'avvento di un'epoca cruciale grazie alla quale la regione dei Berberi fu definitivamente integrata nel mondo mediterraneo. Il predominio di Roma su quella che fu denominata «Africa proconsolare» si risolse, almeno agli inizi, in uno sforzo di contenimento militare delle pressioni provenienti dalla Numidia: la costruzione di una fossa regia tra le attuali Tabarka e Sfax ebbe lo scopo di proteggere la Sicilia. 
      Lo sviluppo economico dell'Africa romana divenne florido specialmente sotto gli imperatori Flavi e Severi, quando alcune regioni si caratterizzarono per la produzione di grano (attorno a Dougga e Ammaedara) e di olio (nei pressi di Hadrumetum), favorendo la nascita dì numerose città, porti e mercati. La stessa Cartagine ne subì un influsso benefico: già favorita nella rinascita da Caio Gracco, Cesare e Augusto, nel corso del III sec. d. C. divenne un porto tanto importante da trasformare la città nel secondo centro urbano dell'Impero. Si sviluppò allora una corrente artistica «afro-romana» che si affermò in particolare nelle composizioni decorative e nei mosaici che possiamo rinvenire ancora oggi nella maggior parte dei siti archeologici dei Paesi del Nord Africa. 
     Il Medioevo non fu affatto un periodo buio, ma al contrario fu un'epoca in cui i commerci, soprattutto marittimi, ebbero uno sviluppo eccezionale e non fu certo l'Islam a bloccare la continuità commerciale del Mediterraneo. Possiamo infatti considerare in parte errata la teoria di Henri Pirenne riguardo la stagnazione dei commerci tra le sponde del Mare Nostrum dopo l'affermazione dell'Islam nel suo massimo splendore. Importantissimi furono i contatti che ebbero le principali città marinare (Genova, Pisa, Venezia, Barcellona) con la costa dell'Africa settentrionale e con il Medio Oriente. I principali porti islamici (importanti per la loro posizione strategica per le rotte commerciali e per ricchezza di prodotti) erano Ceuta, Tunisi, Algeri, Bugìa e Alessandria. E dal Sudan Occidentale proveniva la maggior parte dell'oro che il vecchio continente importava grazie al controllo dei porti sulla costa magrebina. Le testimonianze riguardo a questo Impero Africano le abbiamo da un grande geografo musulmano del XI secolo El-Bekrì; ed è grazie a lui che si è potuti risalire alla derivazione del nome del regno: Ghana, o Kana nella lingua Malinke significa Capo. Il Geografo musulmano ci dice che la Capitale del regno, che prende il nome dello stato stesso, era abitata da musulmani convertiti abbastanza recentemente.
      La forza dell'Impero africano si basava quasi esclusivamente sull'estrazione di oro che veniva ridotto in polvere e trasportato attraverso tutto il deserto del Sahara fino ai porti della costa settentrionale africana per essere caricato in navi mercantili dirette verso i porti europei. Ma vendevano anche il sale, la frutta secca (aveva un valore altissimo nel Medioevo e addirittura veniva usata per scambiarla con l'oro), il corallo e le tinte per tingere i vestiti. Numerosissimi erano i mercanti che raggiungevano il Sudan Occidentale per trattare direttamente accordi per scambi commerciali e accaparrarsi i migliori prodotti da poter rivendere poi nei mercati europei. El-Bekrì ci dice anche che l'oro estratto dalle miniere dell'Impero del Ghana era il più puro che lui avesse mai visto. La maggior parte via carovaniera, detta anche via dell'oro, aveva come inizio appunto il Ghana e arrivava fino alla città di Sijilmassa (e poi a Fez e poi Tangeri o Ceuta) dove fu stabilita una zecca fatimide, coniando monete d'oro contro il potere abbaside.
La qualità della moneta era talmente alta e di ottima fattura che venne richiesta fino in Oriente; il successo dei dinar fatimidei di Sijilmassa persero la loro importanza quando la dinastia in Spagna degli Omeiade produssero una nuova moneta che soppiantò quella dei fatimidi.
El-Bekrì ci parla anche della società ghanese, e ci dice che la potenza economica dell'Impero veniva manifestata con splendidi edifici, in primis il palazzo reale costruito sul Niger, che sottolineavano la grandezza del sovrano e di tutto il regno.
     Un altro geografo musulmano sempre dell'XI secolo fu al-Idrìsì, che chiamò il territorio del Ghana il "paese dell'oro". Le descrizioni sul"paese dei Neri" e sull'Impero e sulla sua collocazione geografica (Sudan Occidentale), vennero a conoscenza del mondo cristiano grazie all'opera Kitab, di Al Idrisì, in cui si scopre che la popolazione del Ghana era dedita anche all'agricoltura e alla razzia.Dopo il 1077-1078, la capitale dell'Impero subì un saccheggio distruttivo da parte degli Almoravidi che portarono ad un declino del Regno inarrestabile, fino al punto che il regno del Mali lo soppiantò completamente. Bisogna aspettare il XII secolo per veder riprendere l'economia di tutta l'Europa, perché ritorna presente l'oro, e di conseguenza si sviluppano i commerci a lungo raggio che erano scomparsi dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Ho voluto evidenziare questi due particolari fasi della storia antica che ci legano all'Africa per dimostrare come in realtà il legame del Mediterraneo è molto antico, molto di più del pensare comune che riduce tutto in termini di immigrazione clandestina e colonialismo, la cui analisi attenta e meticolosa lascio agli studiosi del settore.
Per guardare alla situazione attuale, vorrei ricordare la OUA, l'Organizzazione dell'Unione africana, le sue funzioni e la sua evoluzione, nel processo di autodeterminazione dei popoli dei Paesi del Nord Africa in evoluzione, che stanno realizzando il passaggio da regime totalitario a democratico. Auspico che questa Organizzazione oggi più che mai sia potenziata di contenuti e di autorità per accompagnare il processo di modernizzazione, in base ad autogoverno, democrazia, frutto del processo di globalizzazione dovuto ai nuovi mezzi di comunicazione di massa quali Internet ed all'avvicinamento sempre più massiccio degli Africani all'Europa.
      Auspico che l'Italia possa, posizionata come è al centro del Mediterraneo, condurre pertanto una funzione guida, tesa a promuovere la cooperazione e lo sviluppo di questi Paesi vicinissimi, capovolgendo il fenomeno di immigrazione clandestina e trasformandolo in un vantaggio per l'Italia, interrompendo questo processo - che sembra irreversibile - di migliaia e migliaia di disperati che rischiano la vita nell'attraversamento del mare con imbarcazioni disagiate, promuovendo in questi Paesi progetti di sviluppo del territorio che possano finalmente rendere vivibili le zone più aride, con l'apporto dei nostri tecnici e scienziati di ogni settore, su cui certamente si può contare.
Emanuela Scarponi

21-11-2019

                                                         Rassegna “cinema e libri” e l'Isola Tiberina


     L’Art Culture Festival Cinema&Libri, ideato da Giovanni Fabiano (editore) e Maria Castaldo (scrittrice e attrice), si inserisce nel quadro artistico dell'Isola del cinema, il cui direttore artistico è Giorgio Ginori. L’evento si svolge a Roma ogni estate da 25 anni nella location d’eccezione dell’Isola Tiberina nell'ambito dell'Estate Romana, celebre manifestazione culturale organizzata dal Comune di Roma in diversi luoghi monumentali della capitale a partire dal 1977, sotto la guida dell'architetto Renato Nicolini, all'epoca assessore alla cultura, fino ad oggi.
      Quasi a ricordare “l'isola che non c'è” di Edoardo Bennato, l'Isola Tiberina diviene punto di incontro di varie forme d'arte: visiva innanzitutto, ma anche letteraria e fotografica. Situata al centro della città, l'isola del fiume Tevere è raggiungibile a piedi dal Lungo Tevere alberato.
      Tra i progetti dell’ACF Cinema&Libri segnaliamo “Ce la siamo cercata”, rassegna dedicata al mondo femminile, curata da Maria Castaldo, e “Fuori dal buio, la mafia non è luce” una serie di incontri per discutere su quanto male fanno al nostro paese le mafie.
Nell’edizione autunnale, dell’ACF Cinema&Libri, che si svolge nel teatro del Trionfo di Cartoceto in provincia di Pesaro e Urbino, l’ospite d'onore è stata Maria Badalamenti, divenuta scrittrice pubblicando il libro: Sono nata Badalamenti. A presentarla due personaggi di spicco del mondo del giornalismo, Paolo Di Giannantonio del TG1 e Giommaria Monti, autore della trasmissione Carta Bianca su Rai3 e del libro Falcone e Borsellino: 10 anni di solitudine che raccoglie testimonianze importanti (tra le quali quelle di Ajala, la sorella di Falcone e la moglie di Borsellino) e un CD con le musiche del maestro Stefano Fonzi e brani letti da Luca Ward e Fabiana Sera. La prefazione del libro è a cura del giornalista Franco di Mare.
      L’ACF Cinema&Libri ha l’obiettivo di coniugare la letteratura con il mondo cinematografico. All’Isola si incontrano libri, cinema e foto.
     In questa occasione viene presentata la mostra multimediale“Kathmandu, la valle incantata”, di Maria Paola Santopinto, costituita da un réportage che interpreta, attraverso il resoconto di viaggio, le caratteristiche dei popoli e delle civiltà incontrate, e proiettato il documentario proiettato sull'austera Isola Tiberina, che dà una visione completa di questo Paese e dei costumi. È un modo diverso di interpretare il senso della conoscenza museale. Una mostra multimediale permette infatti di percepire maggiormente varie sfaccettature di una realtà, utilizzando tipologie diverse non solo tramite le parole scritte, ma anche con film e fotografie.
Il suono della campana tibetana chiude la serata, quasi a ripetere le tecniche di meditazione degli antichi popoli nepalesi e tibetani, che oggi vengono utilizzate in Occidente e si ispirano invero alle tradizioni ed alle culture buddhiste praticate quotidianamente da 2.000 anni, da queste persone, in modo molto semplice e naturale.

Emanuela Scarponi

07-12-2019

                          Il limes africano della Roma antica e la cultura afro-romana rinvenibile nel Museo del Bardo

        Il predominio di Roma su quella che fu denominata «Africa proconsolare» si risolse, almeno agli inizi, in uno sforzo di contenimento militare delle pressioni provenienti dalla Numidia. Lo sviluppo economico dell'Africa romana divenne florido specialmente sotto gli imperatori Flavi e Severi, con la produzione di grano (attorno a Dougga e Ammaedara) e di olio (nei pressi di Hadrumetum), che favorirono la nascita di numerose città, porti e mercati. La stessa Cartagine divenne un porto tanto importante da trasformare la città nel secondo centro urbano dell'impero. Siamo nel corso del III sec. d. C.
      Si sviluppò allora una corrente artistica «afro-romana» - come ho scoperto nel corso del mio viaggio in Tunisia, visitando dapprima il Museo del Bardo di Tunisi, la cui collezione più importante è costituita da un'enorme quantità di mosaici romani del II-IV secolo, tutti di eccezionale fattura e conservazione, che di fatto sono il simbolo del museo stesso. A Tunisi è possibile visitare inoltre le Terme imperiali di Antonino che costituivano uno stabilimento balneare dove gli Afro-Romani coltivavano il gusto della pulizia fisica, dello sport salutare e degli scambi culturali. Tale cultura si affermò in particolare nelle composizioni decorative e nei mosaici che possiamo rinvenire ancora oggi nella maggior parte dei siti archeologici dei Paesi del Nord Africa. In questi luoghi si possono ancora ammirare i resti delle ville romane, adornate da bellissimi mosaici, ben conservati, in mezzo al deserto sabbioso fino al Grande Erg...
       Mano a mano che l'Africa cresceva in opulenza, i suoi predoni si moltiplicavano. E poiché i Berberi e gli altri abitanti dell'interno erano naturalmente attirati dalle città costruite nei deserti dai colonizzatori, fu necessario mandarvi guarnigioni sempre più numerose: ricalcando e allargando una pista punica e prolungandola gradualmente a Ovest fino a Tangeri (Tingi) e a Sud fino a Rabat, gli ingegneri romani gettarono dall'Atlantico al Nilo una strada costiera ininterrotta, lunga 2800 miglia o 4.480 chilometri; a Sud del limes africano c'era il deserto del Sahara, impenetrabile per il suo clima.
In lingua egizia si usava il termine “Desher” per identificare il deserto e analogamente si usava la parola “Desheret” per identificare il colore rosso, a rappresentare l'inospitalità del luogo; di qui il nome deserto.
In questo senso il deserto è stato sempre un ostacolo grande da superare, sin dall'epoca degli Antichi Romani, che non ritennero importante penetrarlo, considerandolo la fine del mondo. La più occidentale delle metropoli del Nord Africa era Volubilis, una città punico-romana - da me visitata - attualmente ricadente nell'odierno Marocco che continuò a svilupparsi nei secoli raggiungendo il suo apogeo sotto i Severi. Tra le altre si annovera Caesarea, oggi un povero villaggio di pescatori a cento miglia all'incirca a Ovest di Algeri.             Mi limito ad annoverare le città esistenti lungo il limes africano:Tingis,Tamouda,AquaeDacicae,Volubilis,Banasa,Tocolsida,Sufasar,Auzia,Zuccabar,CastraNova,Mina,Albulae,Regiae,Tasacora,Mascula,Theveste,Bogha,rHiberna,Tingurtia,Tagremaret,Altava,Pomaria,NumersSyrorum,Tucca,BullaRegia,Cirta,Sicca,Admedara,Sufes,Mactaris,Tipasa,Cuicul,Zoui,Lambaesis,Thelepte,Capsa,Gemellae,Thiges,Tabalati, Thalalati, Mesphe, Cidamus, Carthago, Acholla, HippoRegius, Caesarea, Saldae, Rusadir, Leptis Magna, Oea, Hadrumetum. Esse sono le metropoli allora fiorenti in Nord Africa e di cui ancora oggi è possibile visitare le rovine. Ciò dimostra la grande fioritura della cultura afro-romana, le cui tracce invero vanno via via perdendosi, lasciando al loro posto un pregiudizio stolto e pericoloso sulle genti d'Africa.
     Il limes africano dell'Impero romano si estese per i 4.000 chilometri dall'Oceano Atlantico al Mar Rosso e consistette in una strada militare romana affiancata da fortezze legionarie, forti e fortini, burgi, di cui oggi sono numerosi i resti antichi rinvenuti in varie località; tra questi nell'odierno Marocco è visibile l'avamposto militare romano posizionato più a Sud prima del deserto del Sahara, all'epoca Provincia della Mauretania. Si annoverano i fronti delle Mauretanie, della Fossa Regia, della Numidia, dell'Aurès, di Tripolitanus, della Cirenaica e quello egiziano, che è posizionato ad oltre 1000 chilometri a Sud del Cairo ed il suo percorso da qui fino all' Oceano Atlantico non era per nulla rettilineo.
     Il limes in questione era, a sua volta, composto da numerosi sub-settori, che partivano dalle province occidentali fino a quelle orientali, vedi la fossa regia, visitabile nella attuale Tunisia, risalente al 146 a.C.
     La fossa Regia fu il primo tratto di limes africanus. Rappresentò per almeno un quarantennio il confine meridionale della Provincia romana d'Africa, con fini più che altro amministrativi, piuttosto che militari. Essa fu costruita, al momento della dell'annessione di Scipione Emiliano (nel 146 a.C.), con un semplice fossato. Il limes Mauretania Caesariensis creato dall'imperatore Claudio nell'anno 42 con l'annessione della Provincia romana di Mauretania; il limes della Numidia creato al termine delle guerre giugurtine nel 105 a.C. con l'annessione dei territori della Numidia orientale a quelli della Provincia romana d'Africa.
    Il limes dell'Aures (o fossatum Africae come definito da Jean Baradez), a Sud dell'omonimo massiccio montuoso, si trovava tra quello poco sopra citato di Numidia ed il successivo Tripolitanus; il limes Tripolitanus della omonima regione si estendeva a Sud delle due Sirti; seguono il limes della Cirenaica, creato a partire dall'epoca repubblicana nel 74 a. C. , quando la regione fu annessa. Più tardi (nel 27 a.C.) essa fece parte insieme a Creta di un'unica Provincia; infine, il limes egiziano creato dall'imperatore Augusto nel 30 a.C.. con l'annessione della Provincia romana d'Egitto. Desta scalpore il silenzio di codeste testimonianze storiche ed artistiche, risalenti all'antica cultura afro-romana, le cui radici sono nella nostra stessa città e, a maggior ragione, debbono far parte del nostro retaggio culturale.
Emanuela Scarponi

  20-11-2019

                                                                                        Vinoforum
      I maggiori rappresentanti del panorama enologico d’Italia e del mondo si riuniscono a Roma per assaggi, esposizioni e nuove scoperte. La Francia, con le più importanti aziende dello champagne del Paese, la Germania, il Regno Unito e l’Austria, ma anche gli Stati Uniti e persino i Paesi Caraibici sono tra gli espositori tradizionali del Vinoforum a Roma.
     Il panorama delle etichette italiane sarà, ovviamente, molto più capillare: nomi da ogni Regione della penisola, ma anche produttori eccelsi di olio, liquori e distillati, insieme a operatori dell’import-export e ad alcune selezioni gastronomiche. L’aspetto più interessante dell’evento? Che con il biglietto d’ingresso si ha diritto a ben 10 degustazioni tra gli stand del villaggio. Ed inoltre, previa prenotazione, sarà possibile accedere a degustazioni guidate di whisky, vini speciali e oli.
Ogni sera alle ore 21 c’è la possibilità di gustare piatti di maestri pizzaioli e chef stellati abbinati durante le “Cene a 4 mani”: 3 o 4 portate arricchite da altrettanti vini, preparate da un pizzaiolo e da uno chef in collaborazione. Cosa volere di più? In alternativa, provate “Cucine a vista”, in cui chef di fama internazionale vi proporranno i loro migliori piatti in abbinamento a celebri champagne. E se volete cenare in allegria con musica di sottofondo, Vinoforum propone “The night dinner”.
Mentre visitiamo i vari padiglioni e cominciamo a degustare i vini del mondo tanto da annebbiarci la vista, c'imbattiamo inaspettatamente nel padiglione dei vini sudafricani.... mi sono venuti in mente subito i vigneti di Stellenbosch vicino a Città del Capo, che appaiono da lontano come infinite macchie verdi intervallate da viottoli verde scuro, sparse sulle colline attorno a Città del Capo, dove hanno messo radice molti Sudafricani bianchi e neri, dediti a coltivare le varie tipologie di uva, esistente nel vecchio continente. Stellenbosch è la regione più celebre del Sud Africa: possiede il maggior numero di produttori in termini di produzione qualitativa.
Rappresenta la zona per eccellenza dei rossi prodotti: da Shiraz, Cabernet Sauvignon, Cabernet franc e Pinotage, un incrocio tra Pinot nero e Cinsault, creato dalla Facoltà di Enologia della regione.
     Il clima di tipo mediterraneo favorisce la coltivazione della vite. Oggi la superficie vitata copre 102 mila ettari, con 66 cooperative, 484 cantine e 17 rivenditori. I vitigni più diffusi sono Chenin blanc e Colombard per i bianchi, e Cabernet Sauvignon e Shiraz per quelli a bacca rossa. Difatti il clima di quella area del Sudafrica è identico al nostro, che produce la cosiddetta “macchia mediterranea”, come quella che possiamo ammirare in piccolo presso la nostra spiaggia romana di Castelporziano, Parco naturale presidenziale, che quindi è riuscita a sopravvivere alle intemperie degli uomini.
    Oggi il Sud africa risulta essere grandissimo ed importantissimo produttore ed esportatore di vini pregiati in tutto il mondo.
Quindi, come Paese all'avanguardia tra tutti gli altri del continente africano, si presenta al Vinoforum di Roma ogni anno, a promuovere i suoi pregiati prodotti nel suo originale padiglione, caratterizzato sia dalla particolare scultura artigianale di donna africana stilizzata in costume tipico sudafricano sia dalla bandiera del Sud Africa che ancora conservo come souvenir.

Emanuela Scarponi


02-12-2019


                                                                                                  CARTAGINE INCONTRA ROMA

           L'Africa deve tornare a crescere: queste le parole di Gilbert F. Houngbo, presidente dell'Ifad, che cita Scipione l'Africano e Cartago: si apre così il primo capitolo di un nuovo libro tutto da scrivere tra Italia ed Africa, in occasione dell'incontro istituzionale che si è tenuto per il secondo anno presso la Farnesina. Di grande rilevanza storico-politica, questo incontro segna le linee-guida del neonato Governo italiano in continuità in realtà con il recente passato, pur con problematiche nuove e diverse da affrontare.
            L’Africa è in continua evoluzione e le movimentazioni dei migranti ne sono la diretta conseguenza. Quindi il problema si deve affrontare superando le differenze culturali e cavalcando a ritroso le onde del Mare Mediterraneo per disegnare assieme ai Paesi che in particolare si affacciano sul Mar Mediterraneo i processi politici, culturali e di promozione allo sviluppo in corso, che vedono il nostro Paese attore di primo piano, soprattutto per la sua posizione geografica e geopolitica.
Nel corso degli interventi si è ovviamente affrontato il problema del traffico illecito di esseri umani che si consuma nel Mare Nostrum, e che avviene contro ogni rispetto per gli inviolabili diritti dell’uomo. Ed è là che bisogna intervenire per combattere questa piaga. Le modalità sono tutte da decidere ma dalla condivisione dei problemi - auspicata dal presidente del Consiglio, Conte, che lo ha ribadito più volte - si giungerà ad una soluzione. Sulle orme quindi della I conferenza Italia-Africa salutata da Mario Giro, la tradizione prosegue.
         Si riportano i fatti ed i passi avanti che l'Italia sta facendo in Africa e con l'Africa. A tal fine, e per amore di verità, la conferenza è stata trasmessa in diretta radiofonica.
        Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha aperto i lavori di questa seconda "Conferenza ministeriale Italia-Africa" che vede riuniti a Roma le delegazioni (oltre 50) di Paesi africani, i vertici dell'Unione Africana e i rappresentanti delle principali organizzazioni internazionali. Egli ribadisce che i lavori di questa Conferenza si svilupperanno, dunque, nel segno della continuità del nostro impegno, intensificatosi in misura significativa in questi anni.
Seguono gli interventi del ministro degli affari esteri, Enzo Moavero Milanesi, il quale ribadisce l'importanza di cooperazione tra Italia e Africa, in linea con la politica estera italiana in Africa del Governo precedente. Sono presenti 46 Paesi africani ed anche i Capi africani parlano dell’opportunità di garantire un rapporto istituzionale tra Italia ed Africa al fine di promuovere lo sviluppo culturale, economico ed industriale grazie alla cooperazione allo sviluppo, anche per risolvere il problema della immigrazione clandestina.
Il ministro Moavero invece si propone di dare ampio spazio alla economia italiana nel continente, mettendo a disposizione le forze imprenditoriali e scientifiche del nostro Paese e dell'Europa. Parla anche dell'elemento culturale, come strumento indispensabile per parlare al cuore delle persone. La ricchezza culturale del continente africano è tale che la si può condividere con la ricchezza culturale italiana. Il suo auspicio è pertanto quello di conoscersi meglio. L'intervento di Emanuela Del Re, viceministro, deputato agli affari esteri e alla cooperazione della Repubblica italiana, ha espresso l'opportunità di "creare un rapporto di amicizia" tra i popoli italiano e africano, ricordando i molteplici scrittori africani quale tra gli altri il Premio Nobel Wole Soyinka e lo scrittore Chinua Achebe che hanno fatto grande l'Africa; per parlare poi dei Paesi che hanno raggiunto la libertà e l'indipendenza dal 1960 ad oggi.
        Si parla del Sud Africa e la fine dell'apartheid e l'avvento di Nelson Mandela a Presidente, ricordato più volte, di cui quest’anno si festeggia il centenario della nascita; parla ancora della Namibia che ha raggiunto la sua indipendenza dal Sud Africa nel 1990, con il grande Sam Nuyoma, dando così fine all'apartheid proprio in quegli anni. Ricorda infine il progetto Erasmus da effettuare in Italia per gli studenti africani, progetto da concretizzare entro il 2020.

di Emanuela Scarponi


18-11-2019

                        La funzione dell'artista nell'Africa odierna: dalle parole di Wole Soyinka

    Lasciata la Nigeria nei primi mesi del '67, per recarsi in Europa, Wole Soyinka rivive attraverso il filtro dell'esule quei momenti drammatici, componendo alcune poesie, che saranno poi comprese nella sezione "October 1966" della raccolta Idanre and Other Poems (1967). Opere poetiche quali "Massacro", "Harvest of Hate", "Malediction" e "Civilian Soldier" riflettono nelle immagini di sangue e di morte, pur risolte all'interno di schemi mitici universalizzanti, l'inanità della lotta e l'atrofia della mente umana: I borrow seasons of an alien land in brotherhood of ill, pride of race around me, strewn in sunlit shards. borrow alien lands to stay the season of a mind.
    Nel febbraio dello stesso anno - il 1967 - Soyinka partecipa alla conferenza letteraria di Stoccolma; in questa sede egli esprime, sulla scia degli eventi che lo hanno visto direttamente coinvolto, il suo dissenso per la guerra e l'anarchia. Inoltre, in una lucidissima analisi condotta con spietata onestà, egli analizza il ruolo dello scrittore africano nel contesto di una realtà storica di disillusione:“The third stage, the stage at which we find ourselves is the stage of disillusionement, and it is this which promts an honest examination of what has been the failure of the African writer, as a writer. The African writer has done nothing to indicate that this awful collapse has taken place. For he has been generally without vision (…). Reality was ignored by the writer and resigned to the new visionary, the polititian. The African writer needs an urgent release from the fascination of the past. Of course the past exists now, this moment, it is co-existent in present awareness. It clarifies the present, and explains the future, "but it is not a flashpot for escapist indulgence, and it is vitally dependent on the sensibility that recalls it (...). The artist has always functioned in African society as the record of experience of his society and as the voice of vision in his own time. It is time for him to respond to this essence of himself.”. SOYINKA, Wole, "The writer in a Modem African State" in TRANSITION, 1° giugno 1967, Uppsala Scandinavian Institute of African Studies" 1968.
     “Lo scrittore africano non ha fatto nulla per rivendicare la propria esistenza, nulla per indicare che questo terribile crollo ha avuto luogo. Poiché generalmente egli é stato privo di visione (...). La realtà, la sempre presente realtà, è stata ignorata dallo scrittore e rimessa al nuovo visionario, all'uomo politico. Lo scrittore africano ha bisogno di un’urgente liberazione dal fascino del passato. Naturalmente il passato esiste ora, in questo momento, e la coscienza africana reale stabilisce che il passato esiste ora, ed è coesistente nella consapevolezza del presente. Esso chiarisce il presente e spiega il futuro, ma non è luogo per una facile evasione e dipende vitalmente dalla sensibilità di chi lo ricorda...). L'artista ha sempre svolto nella società africana il ruolo di colui che registra l'esperienza della sua società ed è la voce della visione in tempo reale. E' tempo che l'artista risponda a quella che è la sua stessa essenza”.
     In questo discorso, Soyinka manifesta tutta la sua disillusione e la sua critica verso quelle forme di pseudo-cultura nera che si rifanno, in modo acritico, ad un passato lontano ed il cui risultato, nostalgico ed accademico, è del tutto estraneo alle vicende attuali della storia africana.
Per Soyinka, infatti, la ricerca delle proprie radici culturali non significa un ritorno pedissequo all'antico, ma costituisce piuttosto un mezzo per interpretare il presente e soprattutto per interrogare il futuro. La rivalutazione delle tradizioni serve quindi a "chiarificare il presente ed a spiegare il futuro", rifacendosi al tema fondamentale della religione yoruba, dove si ritrova la convivenza contemporanea della condizione passata, presente e futura. Partendo da tale interpretazione della vita, Soyinka tenta di riscattare la posizione dell'artista, considerato non come "tecnico" dell'arte, ma come interprete e vate, profeta del suo mondo. Da notare, a vent'anni di distanza, l'attualità di questo discorso anche per la cultura occidentale, avviata ormai ad un mero revanscismo pervaso da una prodigiosa modernità, tecnologica, ma concettualmente povera e priva di qualsiasi valore universale.
Emanuela Scarponi