LE CARTELLE CLINICHE ELETTRONICHE (EHR) PER UNA MEDICINA INFORMATIZZATA

di Alessandra Di Giovambattista

 

La digitalizzazione delle cartelle cliniche diventa un obiettivo di razionalizzazione dei dati sanitari, di più Paesi, a partire dal 2009 con l’emanazione negli Stati Uniti d’America della legge sulle Tecnologie dell’Informazione Sanitaria per la Salute Economica e Clinica (HITECH act - Health Information Technology for Economic & Clinical Health) al fine di incoraggiare, mediante incentivi erogati dal Dipartimento della salute e dei servizi umani statunitense, – di cui fa parte l’agenzia per l’attuazione dei piani sanitari americani “medicare” e “medicaid (i Centers for Medicare and Medicaid Services (CMS)) - gli operatori sanitari e tutto l’indotto ad adottare tecnologie informatiche in ambito sanitario. Gli obiettivi della legge sono il miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria dei pazienti attraverso metodologie informatiche nel rispetto della privacy e con la garanzia di sicurezza delle informazioni mediche condivise con gli altri operatori sanitari. A tale scopo la legge ha previsto che l’ufficio per i diritti civili statunitense possa irrogare sanzioni in caso di violazioni delle norme sulla privacy e sulla sicurezza dei dati. Per attivare questa rivoluzione informatica in medicina la legge HITECH ha previsto che tutti i fornitori di servizi sanitari utilizzino le cartelle cliniche elettroniche (EHR – electronic health record), sistemi di prescrizione elettronica ed altre tecnologie informatiche in ambito medico. I vantaggi della legge risiedono nel miglior accesso all’assistenza sanitaria e al coordinamento delle cure con un’attenzione particolare alla garanzia della sicurezza dei dati dei pazienti. Inoltre i sanitari avendo a disposizione tutto il quadro clinico dell’assistito possono scegliere le migliori cure, ridurre gli errori medici e i costi per l’assistenza sanitaria. Si è trattato indubbiamente di una legge complessa e costosa che ha coinvolto molti operatori sanitari che hanno dovuto rispettare i requisiti previsti per ottenere gli incentivi e hanno cercato di muoversi al meglio tra le complesse norme sulla privacy e sulla sicurezza.

Dall’introduzione delle cartelle cliniche elettroniche il mondo medico ha compiuto passi da gigante nell’uso dell’informatica e di alcuni prodotti dell’Intelligenza Artificiale (IA) per cercare di ridurre i costi e migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. Tuttavia dopo 10 anni dal loro utilizzo non si era riusciti ad avere prove concrete a favore del preventivato impatto economico positivo della cartella elettronica, pur non disconoscendone la validità rispetto al cartaceo. Infatti secondo le previsioni del governo USA la sua introduzione avrebbe dovuto ridurre drasticamente la spesa sanitaria di importi tali che avrebbero più che compensato gli investimenti stimati in circa 22 miliardi di dollari necessari per introdurre ed utilizzare il canale informatico. Di fatto nelle sua versione originale l’innovazione non aveva prodotto il tanto sperato risparmio e la sua effettiva utilità aveva fatto sorgere dubbi in quanto le cartelle elettroniche ricalcavano i contenuti di quelle manuali senza migliorare le performancemediche e ottimizzando solo la funzione contabile per i rimborsi assicurativi.

Così, per correggere il tiro, negli ultimi anni sono stati inseriti nelle cartelle elettroniche dei software che rappresentano dei sistemi di risorse di supporto alle decisioni dei medici al fine di rendere più efficace l’assistenza sanitaria, basati o su conoscenze passate (si invia un insieme di dati clinici del paziente che opportunamente elaborati attraverso degli algoritmi restituiscono delle informazioni mediche al professionista) o su sviluppi di tecnologie di IA, come la machine learning (che permette ad un sistema informatico di imparare da esperienze pregresse o di trovare specifici schemi medici attraverso i dati clinici inviati). Ed infatti sono stati incorporati nei programmi delle cartelle elettroniche degli strumenti di supporto alle decisioni cliniche i c.d. clinical decision support sistem (CDS) che rappresentano degli ausili per il personale sanitario sulle cui indicazioni essi possono trarre spunti per prendere delle decisioni basate sulle evidenze cliniche, ottimizzando i risultati per i pazienti e migliorando la qualità delle cure. È evidente che la partita si gioca sulla validità dello strumento offerto al medico per supportare le proprie scelte diagnostiche e terapeutiche nonché sull’effettiva volontà del professionista sanitario di avvalersi di questi strumenti confidando nelle risposte fornite dai prodotti informatici. In tale ultimo senso i medici sottolineano che un CDS, per essere affidabile, deve dare accesso rapido a indicazioni accurate ed aggiornate su diagnosi e trattamenti terapeutici nonché rendere disponibili informazioni rilevanti, attendibili e facilmente accessibili, affinché si possa offrire la migliore assistenza al paziente. Il tutto deve inoltre essere di facile fruibilità consentendo la consultazione della cartella elettronica mediante l’uso dei diversi dispositivi mobili. Integrare le risorse dei CDS nelle cartelle elettroniche accresce l’efficienza e l’efficacia delle terapie raggiungendo il massimo dei risultati medici ed anche economici e ridà speranza alla promesse che erano contenute nei programmi iniziali di sviluppo informatico.

Si arriva così, anche in Italia, nel 2013 a meglio definire la natura di un documento informatico, la sua conservazione e gestione e la firma digitale, iniziando così un percorso verso l’introduzione delle cartelle cliniche elettroniche, accreditate ormai come strumento fondamentale per la modernizzazione di tutti i sistemi sanitari e posto come obiettivo anche dall’Unione Europea. Esse comprendono tutti i dati dei pazienti consentendo così agli operatori sanitari di poter monitorare i propri assistiti, le loro patologie, prescrivere screening preventivi o vaccinazioni, tutto in tempo reale. Inoltre i dati contenuti in esse sono interscambiabili tra più professionisti al fine di fornire assistenza coordinata, efficiente ed efficace, riducendo il rischio di errori di trattamento e migliorando i risultati complessivi per i pazienti. Lo scambio di dati di natura sanitaria dovrebbe garantire ricadute positive anche in ambito amministrativo ottimizzando i flussi di lavoro, riducendo le attività burocratiche e le liste di attesa e rendendo la documentazione meno deteriorabile rispetto alle cartelle cartacee.

In più il paziente si sente molto più coinvolto nel processo terapeutico divenendo esso stesso un attento osservatore della propria condizione di salute e così contribuendo al miglioramento dei risultati di efficacia ed efficienza della terapia medica. Molti Paesi del mondo hanno ormai implementato le cartelle cliniche elettroniche con l’obiettivo di incrementare la medicina personalizzata e di precisione che ha alla base l’analisi di grandi insiemi di dati per approfondire trattamenti specifici per ogni paziente; in più il progresso ha integrato le cartelle cliniche elettroniche con sistemi di apprendimento automatico e tecnologie riconducibili all’IA che migliorano i processi predittivi e coadiuvano le scelte terapeutiche. Sembra proprio che il futuro sia proiettato verso il miglioramento dell’elaborazione dei dati medici da parte degli operatori sanitari al fine di personalizzare e migliorare le cure e rendere quindi più efficace ed efficiente il sistema sanitario.

A tutto ciò però fanno da contrappeso degli aspetti da tenere in considerazione per il buon esito della nuova metodologia clinica. Intanto l’applicazione di queste tecnologie implica dei costi di realizzazione relativi non solo alla strumentazione ma anche, e soprattutto, di formazione del personale medico, sanitario ed ausiliario; infatti è su di essi che grava l’accuratezza dell’inserimento dei dati nelle cartelle cliniche elettroniche. Alla base di una scelta diagnostica e terapeutica efficace ed efficiente è indispensabile che i dati consultabili all’interno delle cartelle siano accurati ed affidabili; ma per garantire ciò occorrerebbe diminuire, se non annullare, gli errori che potrebbero verificarsi per i più disparati motivi. In tale ultimo senso le sviste più comuni possono ricondursi ad errori di immissione delle informazioni (errori di battitura o codici errati; ad esempio l’indicazione inesatta di un dosaggio di un farmaco potrebbe compromettere la terapia, se non, all’estremo, mettere in pericolo la vita del paziente), di duplicazione o sovrapposizione di dati con possibili indicazioni tra loro contrastanti, di immissione di informazioni identiche ma inserite in modo diverso perché non individuate con codici univoci (c.d. standardizzazione), di mancanza di coordinamento tra sistemi informatici (per cui il sistema delle cartelle elettroniche potrebbe scartare dati provenienti da sistemi non riconosciuti perché non resi compatibili; c.d. interoperabilità), di qualità dei dati immessi (dati incompleti, obsoleti). Tutte queste tipologie di inesattezze hanno come diretta conseguenza di produrre, con elevata probabilità, problemi di accuratezza e di veridicità dei dati con possibili conseguenze in temini di errori di diagnosi e/o di terapia. Pertanto i costi di formazione del personale, che deve essere continua ed aggiornata con riferimento anche agli sviluppi dei software, nonché il tempo necessario per i controlli di routinedelle cartelle cliniche, per verificarne l’esattezza dei dati, si rendono elementi necessari per garantire la qualità del processo di informatizzazione.

Un altro aspetto da non sottovalutare, posto all’attenzione sin dall’inizio del processo di informatizzazione delle cartelle cliniche, è quello relativo alla privacy ed alla sicurezza dei dati; in effetti tutti gli strumenti informatici sono vulnerabili ad attacchi e violazioni (non ultimo il caso degli attacchi al sistema informatico della regione Lazio nel 2021 e nel 2024 che hanno coinvolto anche i dati sanitari) e pertanto va rafforzata la tutela dei dati per garantire protezione e sicurezza dei pazienti.

Dal punto di vista dell’accettazione, da parte del personale sanitario, delle cartelle cliniche elettroniche è bene evidenziare che alcuni operatori potrebbero essere resistenti al cambiamento o non essere del tutto convinti circa l’efficacia del nuovo sistema informatico rispetto al cartaceo; in tal senso diversi soggetti ritengono che il processo di immissione dei dati porti via molto tempo ed interferisca con il lavoro ordinario e probabilmente, almeno in una fase iniziale, questo corrisponde alla realtà. Il problema invece più delicato riguarda la sindrome da “burnout” che è caratterizzata in un insieme di sintomi derivanti da stress persistente associato ad un contesto lavorativo che viene percepito come logorante dal punto di vista fisico e psicologico. Lo stato di prostrazione psicofisica può portare il personale sanitario ad una riduzione della soddisfazione professionale con perdita di interesse ed aumento degli errori medici. La compilazione delle cartelle cliniche elettroniche può richiedere più tempo e più attenzione, incrementando il carico di lavoro che il personale sanitario percepisce peraltro di natura amministrativa. La loro consultazione può essere avvertita come un’interruzione del flusso di lavoro medico causando un senso di frustrazione ed inefficienza; inoltre la ricerca su più schermate dei dati necessari potrebbe indurre facilmente in uno stato di sovraccarico cognitivo. Infatti il grande numero di dati che possono generare le cartelle elettroniche, che potrebbero anche essere inutili nell’ambito di una visita (ad esempio in una visita di controllo), potrebbe di fatto interferire negativamente nel rapporto medico-paziente che risentirebbe della riduzione del tempo per le relazioni con l’assistito a causa delle consultazioni informatiche.

Esito di tutto ciò, se si vuol cogliere l’aspetto positivo dell’informatizzazione sanitaria, è la logica ed il buon senso che dovrebbero aiutare a: scegliere dati davvero utili al personale sanitario, senza sovraccaricarlo di questioni burocratiche da far risolvere al personale amministrativo; garantire la privacy e la sicurezza dei dati; fornire sistemi facili da consultare e compilare, che vadano incontro alle reali necessità del personale sanitario, tenendo fuori gli interessi delle aziende informatiche e quelli della politica.

Il Tempo delle donne è una associazione senza scopo di lucro, ideato da Rita Valenzuela, giornalista della Repubblica dominicana, che si pone l'obiettivo di mettere in evidenza e proteggere le donne. E’un’associazione che mette insieme donne straniere provenienti da varie parti del mondo ed italiane al contempo, che cercano la loro strada di liberazione ed emancipazione nell'arte.

Nel 2020, Rita Valenzuela decide di promuovere - con l’associazione “Il tempo delle donne” che presiede - un concorso d’arte, nato con l’obiettivo di vivere una esperienza pittorica, scultorea, e fotografica. Rita infatti è stata una photoreporter di raro talento nella Repubblica dominicana ed è abituata ad esprimere la sua femminilità attraverso la fotografia, raccontando l’anima delle donne con il suo scatto.

Ecco che così pensa di coinvolgere e trascinare altre donne, le sue amiche, le sue connazionali e non, le donne di tutto il mondo, nella convinzione di perseguire assieme a loro - la strada della libertà, della emancipazione ed autodeterminazione.

Diviene lei stessa una leader.

Ma cosa succede nel 2020?

Quello della pandemia è stato il momento più disastroso della società umana, della storia dell’umanità, la prima pandemia che colpisce tutti gli esseri umani, accomunati da questo disastroso e tragico momento per la storia dell’umanità tutta. Nel passato infatti le pandemie erano circoscritte ad un luogo specifico in mancanza di mezzi di trasporto aerei veloci che impedivano la trasmissione di un virus fatale in tempo reale ed ovunque nel nostro pianeta.

Gli essere umani tutti di ogni razza, religione, età, si ritrovavano a combattere un nemico invisibile, che attacca l’Uomo per via aerea.

Facebook diviene un mezzo di comunicazione che attraversa le case, le strade, le città, gli Stati fino a mettere in comunicazione il globo intero.

La pandemia prendeva il sopravvento sull’Uomo, che veniva annientato giorno dopo giorno da un nemico comune invisibile. Si contavano uomini e donne che perdevano la vita giorno dopo giorno, con immagini che ci sopraggiungevano dalla tv di interminabili file di camion militari lungo le strade delle nostre Regioni del Nord, le prime colpite.

C’era una guerra in corso contro un nemico invisibile, arrivato da chissà dove, forse dalla Cina, un luogo divenuto poi tristemente famoso, il laboratorio di virologia di Wuhan o dal mercato del pesce prossimo ad esso.

Si pensi che per la prima volta nasce un canto che va sulla bocca di tutti: Jerusalem, un canto semplice, alla portata di tutti, che veniva recitato e ballato da tutti …..

Per la prima volta la pace nel mondo era un bisogno di tutti, tra tutti i popoli del pianeta, accomunati dalla lotta per la sopravvivenza stessa del genere umano.

Mentre noi tutti eravamo chiusi in casa, in preda alla disperazione, tanto da cambiare le nostre abitudini per sempre, la sensibilità femminile che contraddistingue Rita in particolare prende il sopravvento sulla tragedia in corso che colpiva tutto il pianeta, sviluppando così la propria creatività artistica come uno strumento di sopravvivenza. La esigenza di vivere in casa per cosi lungo tempo, dimenticando le sue farfalle lontane, la spingono a disegnarle lei stessa, colorando così la sua vita interiore di arcobaleni nascenti dai continui diluviiin atto.

Così supera le barriere imposte nonché la depressione e la malinconia.

Ma non tutti ci sono riusciti.



Ancora più grave della pandemia è stata la crescita spasmodica del fenomeno del femminicidio, che ha registrato un aumento sproporzionato di casi di violenza in casa proprio perché si è stati costretti a stare 24 ore su 24 chiusi con il proprio partner.

Le statistiche del fenomeno di femminicidio parlano chiaro:

Giovani di tutte le sfere sociali commettono violenza sulle donne, senza provare sensi di colpa. Fuggono dalle loro malefatte per non pagare la pena senza provare rimorsi.

Questo penso sia l'aspetto più grave della faccenda. La nostra società sta andando verso un tale degrado sociale che diviene pericoloso per le donne poter vivere liberamente, a dispetto di tutta la storia recente, tesa all’emancipazione femminile costante.

Quindi, lo sforzo della associazione Il tempo delle donne è quello di ampliare il pubblico interessato e coinvolgere il maggior numero di persone, donne in particolare che, approdate nel nostro Paese, sentono il bisogno di esprimersi in vario modo, attraverso il lavoro e l'impegno sociale.

A tale scopo, il Tempo delle Donne continua la sua missione nel cercare artiste donne che vogliano interagire con l’associazione al fine di creare una rete di promozione sociale, culturale, politica verso la liberazione delle donne dalla schiavitù, come avviene ancora in molti Paesi del Medio Oriente e dell'Africa.

Ma, a ben vedere, anche in Italia il fenomeno del femminicidio cresce a dismisura giorno dopo giorno e questo sta diventando un vero problema sociale.

Noi donne di oggi siamo il risultato di questa storia. Le donne che si affacciano al mondo dell’imprenditoria, dell’editoria, dell’arte, ripudiando la posizione - ormai desueta - della donna oggetto di bellezza ed attrazione fisica, trovano nell’associazione il Tempo delle Donne una risposta concreta ai loro bisogni interiori, psicologici e di concreto aiuto alla loro indipendenza.

Il Tempo delle Donne, ispiratosi alle sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria Teresa, che rappresentano un simbolo per la Repubblica dominicana e per il mondo intero - che festeggia la Giornata internazionale delle donne proprio il giorno del loro ricordo, il 25 novembre - sta crescendo anno dopo anno, promuovendo arte ma non solo, anche corsi di perfezionamento della lingua italiana, della storia dell'arte, del corso di lettura delle immagini, della evidenziazione di società matriarcali presenti nel nostro pianeta, come la società Himba.

A tale proposito, si ricorda che il 3 marzo prossimo sarà presentato presso il Comune di Roma il libro d'arte “Donne: attimi di vita” a cura di Rita Valenzuela, giornalista della Repubblica dominicana in Italia e direttore della testata italodominicano.tv.

 

Editorial-Team

"Sono maturi i tempi per focalizzare l'attenzione sull'Africa che oggi più che mai ci disorienta con il clamore delle sue rivoluzioni scoppiate ovunque nel Nord del continente nell'avvio del processo di democratizzazione. Oggi non è quindi più una scelta per ciascuno di noi interessarsi all'Africa; è l'Africa a bussare prepotentemente alle porte del nostro Paese, attraccando con imbarcazioni di fortuna nei porti dell'estremo Sud del nostro Paese". estratto da: "La giornata dell'Africa" di Emanuela Scarponi.

Ecco quindi nascere il sito africanpeople che offre un blog sulle notizie in primo piano di politica italianain Africa, e non solo. A breve il sito ospiterà la rivista Africanpeople review, rivista culturale, che avrà l'obiettivo di dare voce alla cultura africana, in tute le su sfaccettature, con ben 10 rubriche. Inoltre, in un progetto di ampio respiro, si darà voce all'Africa con programmi radiofonici, conferenze e musica trasmessi tramite web.

 

 

Editore: ONG Africanpeople - C.F.: 97788610588

fondatrice:Emanuela Scarponi Master di perfezionamento in studi africani

 
  Redazione: Tel/Fax 06-874599645  
 

Africanpeople scientific news:

Direttore scientifico: Maurizio Scarponi

 

 
 

PRESIDENTE ONORARIO ONG Africanpeople: Gianluigi Rossi

Direttore del Comitato scientifico Africa: Gianluigi Rossi,

già Preside della facoltà di Scienze politiche "La Sapienza" di Roma Italy

Componenti del comitato scientifico: Emanuele Barrachìa, Katia Ranieri,

Liliana Mosca, Antonio Luigi Palmisano, Maurizio Scarponi, Simona Epasto,

università di Macerata, Mukuna Samulomba, università di Teramo,

Maria Pia Bovi, Romeo Ciminello, Università cattolica del Congo rdc. 

 

Direttore Oriente, Bruno Grassetti

Corea: Daniela Ghilardi 

Cina:Bruno Grassetti, Liu Lewn

 
 

Ufficio Stampa:

Maria Pia Bovi, già direttore sezione stampa tribunale di Roma 

Emanuele Barrachìa, giornalista 

Emanuela Irace, giornalista  

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Foreign Correspondents:

ANGOLA: www.angolitaly.it   ondina chelo

Burkina Faso: Embassy in Italy via Venti Settembre 86 Rome Italy

tel. 00390642010611 GHANA: on. Victor Emeka Okeada

TANZANIA: ANNA MRIO

MADAGASCAR: ERMINIO CAPUTO, Sacco 

Attualità: Mark Lowe

Capo Verde: Costa Moreno Jessica

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Egitto: Labib Ghobrial

Egitto: Journalist of Nile News: M. Yossef Ismail 

Israele: Donato Amato Amil

Namibia: Petter Johannesen

Namibia: Davide Bomben

Namibia: Paolo Bassi

Namibia: Stephanus Kwarwapa

Nigeria: Wole Soyinka - giornalista Kazeem Kilo Balogun 

Costa D'Avorio:

Malta: Luca Caramagna -Commissione rifugiati Malta

Etiopia- Eritrea: Gemma Vecchio

Marocco: Badia Rami

Marocco: Luigi Palumbo

Repubblica Democratica del Congo/Italia: Mukuna Samulomba Malaku

Cameroon: Bertrand Mani Ndpongbou

Cameroon: Louis Martial Ndoumbe 

Mauritius:Anaz Rosun

Elena Rossi: Uninettuno

Zimbabwe: Michelina Gabriè Sunquest

Etiopia-Eritrea: Gemma Vecchio

Zambia Michelina Gabriè Sunquest console onorario turismo della Zambia in Italia 

Mali: Yaga Coulibaly, segretario presso sede operativa UNAR

Sud Africa: Jaqueline Ntombentle Mpongoshe 

Uganda: Herbert 

redazione:

Repubblica Dominicana: Rita Valenzuela: giornalista fotoreporter  tvdominicano.it

Francesco Vozza  Corrispondente per i rapporti Afro-Cubani e Fotografia  

Arte e spettacolo: Cristina Pattaro

Katia Ranieri. storia della donna in Africa 

Nika Rossi: responsabile  moda Africa

Agronomia: Maria Luisa Canavero

Veterinaria: Paolo Bassi

TELEMEDICINA: Michele Bartolo 

Claudia Polveroni: arte in Africa 

Medicina tropicale: Tiberio Damiani

economia: dott.ssa Alessandra DI Giovambattista  

Collaboratori ISIAO:

 
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  D'Alessandro Gian Maria  
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  (*) Tutti i collaboratori operano liberamente e gratuitamente

"Il Tempo delle Donne”.





L’organizzazione non governativa Africanpeople, nata dalla frantumazione del vecchio IsIao, è tesa all'obiettivo di divenire un punto di riferimento per l'Africa per tutti dal punto di vista culturale e sociale.

A tal fine, ha avviato una serie di attività in collaborazione con altre organizzazioni esistenti; tra queste, Il Tempo delle Donne, ideato da Rita Valenzuela, giornalista della Repubblica domenicana, registrata presso l’Ordine dei giornalisti del Lazio, che si pone l'obiettivo di mettere in evidenza e proteggere le donne. e’ un’associazione che mette insieme donne straniere provenienti da varie parti del mondo ed italiane al contempo, che cercano la loro strada di liberazione ed emancipazione nell'arte.

Quindi, lo sforzo di tutti noi è quello di ampliare il pubblico interessato e coinvolgere il maggior numero di persone, donne in particolare che, approdate nel nostro Paese, sentono il bisogno di esprimersi in vario modo, attraverso il lavoro e l'impegno sociale. A tale scopo, il Tempo delle Donne continua a cercare artiste donne che vogliano interagire con l’associazione al fine di creare una rete di promozione sociale, culturale, politica verso la liberazione delle donne dalla schiavitù, come avviene ancora in molti Paesi del Medio Oriente e dell'Africa.

Ma, a ben vedere, anche in Italia il fenomeno del femminicidio cresce a dismisura giorno dopo giorno e questo sta diventando un vero problema sociale. 

Giovani di tutte le sfere sociali commettono violenza sulle donne, senza provare sensi di colpa. Fuggono dalle loro malefatte per non pagare la pena senza rimorsi.

Questo penso sia l'aspetto più grave della faccenda. La nostra società sta andando verso un tale degrado sociale che diviene pericoloso per le donne poter vivere liberamente, a dispetto di tutta la storia recente, tesa all’emancipazione femminile costante.

Noi siamo il risultato di questa storia. Le donne che si affacciano al mondo dell’imprenditoria, dell’editoria, dell’arte, ripudiando la posizione - ormai desueta - della donna oggetto di bellezza ed attrazione fisica, troveranno nell’associazione il Tempo delle Donne una risposta concreta ai loro bisogni interiori, psicologici e di concreto aiuto alla loro indipendenza.

Il Tempo delle Donne, d’ispirazione alle sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria Teresa, che rappresentano un simbolo per la Repubblica domenicana e per il mondo intero, che festeggia la Giornata internazionale delle donne proprio il giorno del loro ricordo, 25 novembre, sta crescendo anno dopo anno, promuovendo arte ma non solo, anche corsi di perfezionamento nella storia dell'arte, nel corso di lettura delle immagini, nella evidenziazione di società matriarcali presenti nel nostro pianeta, come la società Himba.

A tale proposito, si ricorda che il 3 marzo prossimo sarà presentato presso il Comune di Roma il libro d'arte “Donne: attimi di vita” a cura di Rita Valenzuela, giornalista della Repubblica domenicana in Italia e direttore della testata italodominicano.tv.



Emanuela Scarponi, vice presidente della ong Africanpeople

SANT’ANTONIO ABATE PADRE DEL MONACHESIMO

di Alessandra Di Giovambattista

 

Il 17 gennaio di ogni anno si ricorda Sant’Antonio Abate; un santo molto amato dai fedeli soprattutto da chi è in contatto con la natura e con gli animali. Tuttavia, noi cristiani di occidente, quando sentiamo parlare di Sant’Antonio pensiamo immediatamente a Sant’Antonio da Padova (nato a Lisbona, ma vissuto e morto a Padova). Invece la chiesa orientale fa riferimento immediato a Abba (padre) Sant’Antonio abate detto il Grande e definito Teoforo, ossia portatore di Dio, vissuto per la maggior parte del tempo nel deserto della Tebaide (Egitto). La tradizione vuole che nel giorno della ricorrenza vi sia la benedizione degli animali, una sorta di riconciliazione tra l’uomo e la natura nonché simbolo della ricerca di un legame rispettoso tra esseri viventi. In diversi paesi d’Italia si può assistere a festose processioni dove i fedeli portano i propri animali, sia da compagnia sia da lavoro, a ricevere la benedizione impartita dal sacerdote. Altra tradizione è quella dell’accensione dei falò, chiamati anche fuochi di Sant’Antonio, che vengono accesi la notte del giorno prima (cioè il 16 gennaio) con la finalità di ricordare la vittoria di Padre Antonio sulle tentazioni demoniache (bruciate nella fiamma dello Spirito Santo) nonché di fungere da simbolo della luce che ogni cristiano deve rappresentare all’interno delle comunità e nel mondo.

Riguardo alla vita di Abba Antonio il Grande non si hanno molti scritti ma, uno dei più attendibili, è la “vita di Antonio” scritta del vescovo Atanasio di Alessandria, che peraltro era stato suo discepolo ed aveva ricevuto aiuto nella lotta contro l’arianesimo (una dottrina divulgata dal diacono Ario, nei primi anni del 300 d.C., secondo la quale nella Trinità soltanto il Padre può considerarsi veramente Dio, non generato e non creato, eterno e immutabile, mentre il Figlio Gesù, intermediario tra Dio e il mondo, fu creato dal nulla con la finalità di redimerci. Questa dottrina fu considerata eretica dal concilio di Nicea del 325 d.C.). Il libro è stato tradotto in diverse lingue ed ha contribuito a far conoscere la vita ma soprattutto il messaggio di Sant’Antonio ed il suo amore per la vita eremitica vista come via per il raggiungimento del discernimento attraverso lo Spirito Santo. Antonio non lascia scritti di suo pugno in quanto ritiene che l’unica parola da seguire sia la parola di verità del Vangelo, così come non lascia neanche una regola per coloro che vorranno seguirlo nella vita anacoretica.

Rimangono anche delle lettere e degli apoftegmi (parola di derivazione greca con la quale si intende definire un “detto”, una “massima”, un “aneddoto” che nella estrema sintesi del suo enunciato evidenzia una verità profonda con una valenza morale, etica o religiosa) riportati in forma scritta dai suoi discepoli per non dimenticare gli insegnamenti ricevuti. Mentre le lettere hanno come destinatari determinati soggetti - come ad esempio le prime due che contengono essenzialmente delle indicazioni di vita e di condotta per i monaci - gli apoftegmi hanno la caratteristica di essere validi per la persona a cui sono indirizzati, nel luogo e nel momento in cui sono stati proferiti. L’apoftegma non nasce quindi come una sentenza, come una massima sapienziale enunciata in astratto e universalmente valida, ma è una parola donata da un direttore spirituale a un discepolo che lo interroga. E’ una parola scaturita dalla vita esperienziale di preghiera e di discernimento di Antonio e inserita nella vita dei suoi discepoli desiderosi sempre di sapere il pensiero del loro padre spirituale.

Ma addentriamoci nella vita di Antonio per scoprire come il suo percorso di santità sia molto semplice, basato sugli insegnamenti di Gesù, trascritti nei Vangeli, che il Padre del deserto ha vissuto nei fatti, nella quotidianità della sua vita. Antonio nacque nella città di Coma (attuale Qumans) in Egitto nel 251 d.C. (morì 105 anni dopo nel 356 nel deserto della Tebaide in luogo sconosciuto; infatti per umiltà, non volendo far sapere il luogo della sua sepoltura, chiese ai suoi discepoli Atanasio e Macario di seppellirlo senza dire la località) da una famiglia molto ricca e di fede cristiana copta. Infatti nell’epoca di Antonio in Egitto si parlava la lingua copta, di derivazione egizia, da cui prese poi il nome la chiesa del luogo: cristiano copta. Sant’Antonio abate fu il primo eremita ad essere chiamato “monaco” e fu anche il primo a fondare un monastero cristiano costruito nella zona del Mar Rosso, il Monastero di Sant’Antonio, che è il più antico del mondo. Ma torniamo all’Abba: all’età di 18 anni perse i genitori e si ritrovò solo con una sorella più piccola di lui e con la necessità di dover amministrare un patrimonio cospicuo formato da vastissimi appezzamenti di terreno, case, denaro e beni mobili di diverso genere. Essendo cristiano si recava ogni domenica in chiesa e proprio durante una celebrazione ascoltò e meditò il passo del vangelo di Matteo in cui il giovane ricco - dietro l’esortazione di Cristo di vendere tutti i suoi beni, di donarne il ricavato ai poveri e di andare con Lui - decide di non accettare l’invito a seguire Gesù perché possedeva molte ricchezze. Invece, a 250 anni di distanza da quell’incontro narrato nelle sacre scritture, Antonio risponde positivamente all’invito del Signore e in due momenti diversi vende tutti i suoi beni, distribuisce il ricavato ai poveri, affida la sorella a delle vergini perché la educhino al loro modo di vita e decide di recarsi in una zona solitaria poco fuori dalla sua città. Infatti gli anacoreti egiziani dei primi secoli del cristianesimo non solevano recarsi nel deserto per la meditazione, la preghiera ed il discernimento; questa era una pratica seguita dal monachesimo giudaico. Così Antonio, poco distante da quella che era stata la sua casa, inizia la sua vita di meditazione e si confronta con degli anziani che vivevano in solitudine per imparare la pratica dell’ascesi, il cui significato non è assolutamente “elevazione” bensì “continuo esercizio” nella preghiera e nel discernimento della parola di Dio. Sarà poi Antonio tra i primi a recarsi nel deserto della Tebaide dove inizierà la sua vera vita contemplativa.

Un elemento che contraddistinguerà sempre l’abate sarà la sua profonda umiltà; attraverso essa chiederà lo Spirito Santo che lo guiderà nel discernimento tra il bene ed il male, che lo fortificherà nei confronti delle tentazioni e dei continui assalti del maligno, che gli darà il coraggio di ascoltare, di chiedere perdono e di convertirsi continuamente per ottenere la santità e che gli donerà uno slancio di amore fraterno per guarire i mali dello spirito e del corpo. Per Antonio è molto importante considerare l’uomo nella sua unità corporale e spirituale; occorre che l’uomo nella sua interezza sia purificato e stia bene. Non è possibile riconciliarsi con Dio se non si ristabilisce l’equilibrio originario dell’uomo (cioè quello di cui godeva l’essere umano nella creazione) che prevede la contemporanea salute dell’anima e del corpo. Ciò però non significa che il corpo non debba avere delle patologie o delle difficoltà o delle anomalie, ma implica che occorre stabilire il controllo e la costante accettazione della propria condizione fisica come mezzo attraverso il quale si ottiene la santificazione dell’anima affinché tutto l’essere si senta amato, in quanto figlio di un unico Padre misericordioso, in qualunque condizione fisica esso si trovi.

La sua vita nel deserto non fu facile perché fu sempre assalito dalle tentazioni demoniache che riuscì a vincere attraverso la via delle parole di vita e di verità contenute nel Vangelo; tuttavia le tentazioni erano considerate un banco di prova da Antonio il quale in uno degli apoftegmi esplicitamente dice che le tentazioni sono il modo per entrare nel regno dei Cieli; se si tolgono le tentazioni nessuno si salverà. Ogni vittoria sulla tentazione infatti rafforza la fede, rappresenta il traguardo di un nuovo equilibrio interiore migliore del precedente, attraverso la quale il Signore plasma giorno dopo giorno Antonio e lo rende una persona nuova. E’ nella tentazione che impara a conoscere sé stesso e le proprie debolezze, impara a diffidare delle sue forze e a confidare nel Signore, in un pellegrinaggio interiore di continua conversione verso la perfezione. Nel deserto, come afferma in un altro apoftegma, ci si libera dalla guerra dell’udito, della lingua e degli occhi; ne rimane solo una, quella del cuore. Per questo Antonio si mette alla ricerca della solitudine e la custodisce, nello spazio e nel tempo, e attraverso essa discerne i pensieri del proprio cuore e si mette in ascolto di Dio per combattere la sua battaglia interiore. Veglia su di sé e non dà giudizi sull’operato divino perché non spettano all’uomo; nella più completa umiltà Antonio riconosce il giusto posto di Dio e dell’uomo secondo verità. Egli intende affrontare la battaglia contro la separazione dell’uomo dal suo creatore; la vittoria che conduce all’unicità del cuore e dell’anima è assicurata solo con la meditazione esercitata nel silenzio.

Quindi il deserto sarà la sua casa, da Antonio il Grande nascerà il monachesimo eremitico e sarà di esempio per molti altri uomini alla ricerca di Dio; ma sarà anche il monachesimo cenobitico (è la forma di monachesimo praticata in piccole comunità di monaci che vivono, lavorano, mangiano e pregano insieme, sotto la guida di un direttore spirituale e sottoposti ad una regola) a prendere le mosse dall’abate. Infatti anche se il fondatore dei monasteri cenobiti è San Pacomio, egli fu discepolo di Antonio, e ne seguì gli insegnamenti. Il cenobitismo in realtà nasce dalla volontà di quei monaci che, pur volendo condurre una vita di meditazione, non riuscivano a raggiungere il rigore di ascetismo e di solitudine del padre Antonio. Ed allora l’abate offre la via per la vita contemplativa, valida per tutti i monaci; in particolare si legge in un apoftegma che all’inizio della sua vita nel deserto Antonio fu preso da grande sconforto, frutto della tentazione di voler tornare alla sua vita precedente; ma Antonio nella sua grande umiltà chiede al Signore di essere salvato comprendendo di non essere capace con le sue sole forze di contrastare gli assalti del maligno. Così il padre ebbe una visione: vide uno come lui che stava seduto e lavorava, poi si alzava dal lavoro e pregava, poi di nuovo si sedeva ed intrecciava la corda, poi di nuovo si alzava per pregare. Era un angelo del Signore inviato a correggere Antonio e a rassicurarlo. E udì l’angelo che diceva “fa così e sarai salvato”. All’udire queste parole si sentì incoraggiato, fece così e si salvò. In realtà l’angelo insegnò ad Antonio la regola dell’”ora et labora”, ripresa poi come regola da Pacomio prima e da Benedetto poi. Quindi Antonio con il lavoro provvede alle sue necessità, e riserva una parte del guadagno ai poveri, ma contemporaneamente prega con fervore e ciò in perfetto accordo con la lettera di San Paolo ai Tessalonicesi dove è chiaramente detto che chi non vuole lavorare neanche mangi.

Antonio tuttavia pur vivendo un monachesimo di solitudine è guida per tutti coloro che chiedono aiuto per ottenere o concedere il perdono e arrivare alla correzione del cuore. In Antonio questo insegnamento diventa modello di vita; egli è sempre pronto ad ammonire e a correggere i suoi discepoli e con tutta umiltà è disposto anche a correggere sé stesso, ad ascoltare padri saggi e a chiedere misericordia agli altri e a Dio. Infatti per Antonio c’è posto per tutti, perché tutti hanno una missione, per tutti c’è un progetto di vita, anche per coloro che sembrano vivere nelle tenebre più fitte. Il silenzio aiuta a ritrovare la vera essenza della vita e diviene la guida verso la ricerca del massimo bene. In questa relazione biunivoca di amore e misericordia c’è solo da guadagnare; ci si corregge, ci si perdona, si impara a scegliere il bene, ci si salva. Questa è l’eredità che lascia abba Antonio il Grande Teoforo, a tutti coloro che vogliono farsi cercatori di Dio.

 

 

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La organizzazione non governativa Africanpeople, nata dalla frantumazione del vecchio IsIao, è tesa all'obiettivo di divenire un punto di riferimento per l'Africa per tutti dal punto di vista culturale e sociale. 

a al fine, ha avviato una serie di attività in collaborazione con altre organizzazioni esistenti; tra queste, Il tempo delle donne, ideato da Rita Valenzuela, giornalista della Repubblica domenicana, che si pone l'obiettivo di mettere in evidenza e proteggere le donne. e una associazione che mette insieme donne straniere provenienti a varie parti del mondo, ed italiane al contempo, che cercano la loro strada di liberazione ed emancipazione nell'arte. quindi lo sforzo di tutti noi è quello di ampliare il pubblico interessato e coinvolgere il maggior numero di persone, donne in particolare, che approdate nel nostro Paese, sentono il bisogno di esprimessi in vario modo, attraverso il lavoro e l'impegnò sociale. a tale scopo, il tempo delle donne continua a cercare artiste donne che vogliano interagire con la associazione al fine di creare una rete di promozione sociale, culturale, politica verso la liberazione delle donne dalla schiavitù, come avviene ancora in molti paesi del medio oriente e dell'Africa. 

ma a ben vedere anche in Italia il fenomeno del femminicidio cresce a dismisura girono dopo giorno e questo sta diventando un vero problema sociale. 

Giovani di tutte le sfere sociali commettono violenza sulle donne, senza sensi di colpa. fuggono dalle loro malefatte per non pagare la pena e non sentono il senso di colpa. questo pensa sia l'aspetto più grave della faccenda. la nostra società sta andando verso un tale degrado sociale che diviene pericoloso per le donne poter vivere liberamente, a dispetto di tutta la storia recente tesa alla emancipazione femminile costante. 

noi siamo il risultato di questa storia. le donne che si affacciano al mondo della imprenditoria, della editoria, della arte ripudiando la posizione ormai desueta della donna oggetto di bellezza ed attrazione fisica,  troveranno nella associazione il tempo delle donne una risposta concreta ai loro bisogni interiori psicologici e di concreto aiuto alla loro indipendenza. 

il tempo delle donne, di ispirazione alle sorelle Mirabal, che rappresentano un simbolo per la repubblica domenicana e per il mondo intero, che festeggia la Giornata internazionale delle donne proprio il giorno del loro ricordo, sta crescendo anno dopo anno, promuovendo arte ma non solo, anche corsi di perfezionamento nella storia dell'arte, nel corso di immagine digitale, nella evidenziazione di società matriarcali presenti nel nostro pianeta, come la società bimba. 

a tale proposito, si ricorda che il 3 marzo verrà presentato il libro d'arte a cura di Rita Valenzuela, - giornalista della Repubblica domenicana in Italia e direttore della tv dominicano.it , presso il Comune di Roma.

 

di Emanuela Scarponi