LE NUOVE NORME ANTIRICICLAGGIO

di Alessandra Di Giovambattista

 11-12-2024

Lo scorso 30 maggio 2024 il Consiglio Europeo ha adottato un insieme di nuove norme antiriciclaggio che hanno lo scopo di contrastare il reimpiego di denaro proveniente da attività illecite ed il finanziamento del terrorismo; detto pacchetto è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 19 giugno 2024.

Le nuove disposizioni contengono: la VI Direttiva antiriciclaggio (UE 2024/1640 del 31 maggio 2024) - che va a modificare la precedente Direttiva 2019/1937 e ad abrogare definitivamente la più remota direttiva del 2015/849 – contenente i meccanismi che gli Stati dell’Unione Europea devono introdurre al fine di escludere che nel sistema finanziario transitino operazioni di riciclaggio di denaro derivante da attività malavitose o di finanziamento del terrorismo; il regolamento antiriciclaggio (UE 2024/1624 del 31 maggio 2024) relativo alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario per i medesimi fini illeciti (regolamento antiriciclaggio single rulebook); il regolamento (UE 2024/1620 del 31 maggio 2024) istitutivo dell’Autorità per la Lotta al Riciclaggio ed al Finanziamento del Terrorismo (AMLA - Anti Money Laundering Authority).

Di fatto già dal 20 luglio del 2021 la Commissione europea aveva presentato un pacchetto di proposte legislative volte a rendere più stringenti le disposizioni comunitarie in tale ambito. Le indicazioni consistevano in: un regolamento che avrebbe istituito l’AMLA con poteri sanzionatori; un regolamento che doveva prevedere controlli sui trasferimenti di cripto attività in modo da renderne trasparenti i passaggi e completamente tracciabili i movimenti (è stato adottato nel maggio 2023); un regolamento sugli obblighi da rispettare in tema di lotta al riciclaggio in ambito privato; ed infine una direttiva che si sarebbe occupata dei meccanismi antiriciclaggio da far applicare a livello nazionale dai diversi Stati membri.

Secondo il Consiglio europeo il recente pacchetto di disposizioni varato il 30 maggio di quest’anno, armonizzerà tra loro tutte le esistenti norme antiriciclaggio che oggi si differenziano da Paese a Paese nel tentativo di eliminare scappatoie che generano ed incentivano le frodi. In particolare la VI direttiva antiriciclaggio renderà più efficienti i sistemi nazionali normativi prevedendo disposizioni più chiare e stringenti e organizzando delle modalità di collaborazione tra le autorità di vigilanza e gli organismi nazionali che raccolgono e analizzano attività finanziarie sospette tra Stati membri. I contenuti della Direttiva entrano in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, pertanto a decorrere dal 10 luglio 2024 gli Stati membri avranno tre anni - quindi entro il 10 luglio 2027 - per recepire le norme in essa previste.

Per quanto attiene l’Autorità per la lotta al riciclaggio ed al terrorismo (AMLA) si prevede che inizierà ad operare a metà dell’anno 2025 con sede a Francoforte; essa avrà poteri di supervisione diretta ed indiretta sui soggetti obbligati a fornire informazioni. In particolare sono stati estesi i destinatari assoggettati alle norme di controllo includendo: coloro che sono all’interno del settore delle cripto-valute; le piattaforme di raccolta di denaro per finanziare collettivamente progetti innovativi o lo sviluppo di imprese (il c.d. crowdfunding); le società e gli agenti del settore del calcio professionistico; i soggetti che commerciano in beni di lusso. Nello specifico rientrano nel novero di questi beni gli articoli di oreficeria, i gioielli e gli orologi di valore superiore a 10.000 euro, i veicoli a motore di importo superiore a 250.000 euro e gli aerei ed i natanti con valore superiore a 7,5 milioni di euro. Anche la definizione di persona politicamente esposta (c.d. PEP) viene modificata ampliandola: ai rappresentanti di autorità regionali e locali con almeno 50 mila abitanti; ai familiari delle persone politicamente esposte comprendendo anche fratelli e sorelle di Capi di stato, Capi di governo, Ministri, Sottosegretari e Viceministri; ad altre cariche pubbliche che sono di rilievo nei diversi Stati membri. È previsto inoltre un inasprimento delle norme in materia di adeguata verifica della clientela qualora gli scambi avvengano con persone molto facoltose (con patrimoni di oltre 50 milioni di euro). Viene disciplinata la titolarità effettiva (in particolare devono essere comunicati i titolari effettivi delle società a cui è riconducibile l’attività d’impresa a fini antiriciclaggio) e viene fissato a 10.000 euro il limite di contanti per i pagamenti, con la finalità di limitare i rischi derivanti dall’uso illegale di somme di denaro ingenti. Si chiederà pertanto più efficienza ai soggetti operanti sul mercato finanziario e la AMLA creerà un meccanismo integrato tra supervisori delle diverse nazioni affinché sia verificato il rispetto delle norme nel settore finanziario per evitare attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Ciò si rende indispensabile in quanto gli studi hanno evidenziato la natura transfrontaliera della criminalità finanziaria e pertanto all’Autorità sarà richiesto di coordinare le indagini internazionali per contrastare le attività illecite e per rendere l’attività repressiva la più rapida ed efficace possibile. Per conferire massima incisività a questi obiettivi è previsto che l’AMLA possa anche imporre sanzioni pecuniarie ai soggetti obbligati a fornire le informazioni per il controllo e la verifica delle attività che risultano sistematiche o ripetute e che pertanto inducono a ritenere che siano in atto delle violazioni gravi. L’autorità avrà anche un ruolo di sostegno in relazione al settore non finanziario e coordinerà e supporterà le unità di informazione finanziaria (UIF, in inglese Financial intelligence Units - FIU), già esistenti nei diversi Paesi, (in Italia sono presso la Banca d’Italia) che operano in modo indipendente ed autonomo, e sono specializzate nelle analisi finanziarie e nello scambio di informazioni. Per cogliere efficacemente questo obiettivo di supporto l’Autorità avrà anche il compito di contribuire ad armonizzare le prassi di collaborazione esistenti tra i diversi attori oggi operanti sul fronte del contrasto delle attività illecite e del finanziamento del terrorismo (le diverse UIF – FIU); in particolare l’armonizzazione cercherà di ridurre le divergenze esistenti nelle differenti legislazioni nazionali per rendere più sicuro e trasparente il mercato.

Le disposizioni prevedono anche delle modifiche del “Registro della titolarità effettiva” che dovranno essere recepite entro il 10 luglio del 2026, pertanto un anno prima rispetto alla direttiva nel suo complesso. Per tale registro, peraltro già previsto nella V direttiva antiriciclaggio, le nuove disposizioni hanno ampliato la tipologia di soggetti che possono accedere alle informazioni in esso contenute, includendo persone fisiche o giuridiche portatrici di un interesse legittimo, includendo anche la stampa e le organizzazioni che tutelano interessi collettivi o diffusi, con accesso immediato, non filtrato, diretto e gratuito. Tuttavia in Italia si è registrata un’impasse per tale registro che prevede l’obbligo per le società, fondazioni associazioni e trust di inviare alle Camere di commercio le informazioni sui soggetti a cui è realmente riconducibile l’attività degli enti citati, a fini di antiriciclaggio. È stato prima intrapreso un ricorso presso il Tribunale Amministrativo (TAR) con motivazioni di lesione della privacy a causa della comunicazione degli effettivi titolari delle imprese costituite in qualunque forma giuridica; tale ricorso è poi approdato al Consiglio di Stato che prima, con ordinanza del 15 ottobre 2024, ha sospeso le comunicazioni poi ha chiesto alla Corte di Giustizia di valutare la compatibilità della norma con i principi comunitari. Così è arrivata pochi giorni fa, il 6 dicembre 2024, la comunicazione della Corte di Giustizia europea che ha sospeso l’obbligo di comunicazione del titolare effettivo in attesa del proprio parere.

Invece il perfezionamento del “Punto unico di accesso” alle informazioni sui beni immobili slitterà di un anno ed il termine finale sarà quindi il 10 luglio 2029. Il punto unico di accesso sarà un luogo fisico da istituire in ciascuno Stato membro affinché le autorità competenti abbiano accesso immediato e diretto alle informazioni sui registri immobiliari che permetteranno l’identificazione di qualunque bene immobile e delle persone, sia fisiche che giuridiche, che lo possiedono nonché di ottenere tutte le indicazioni che consentiranno di monitorare ed analizzare le operazioni relative a detti beni. Dovranno essere istituiti anche dei meccanismi automatici centralizzati che permettano di identificare il luogo di residenza e le persone, fisiche o giuridiche, effettivamente intestatarie di conti bancari, identificati con IBAN o IBAN virtuali, compresi i conti titoli, i conti in cripto attività e le cassette di sicurezza che i soggetti residenti detengono presso un istituto di credito o altro istituto finanziario presente sul territorio. L’accesso al punto unico sarà consentito solo alle autorità di contrasto nazionali al riciclaggio e per rendere efficaci i controlli e confiscare eventuali proventi derivanti da reati la direttiva prevede anche di rendere uniforme il formato degli estratti conto al fine di agevolarne la lettura.

Alla luce di quanto esposto può sottolinearsi da una parte la necessità della emanazione di normative stringenti per rendere sicuro e trasparente il sistema finanziario, in continua evoluzione ed ormai governato da processi e strategie guidate il più delle volte dalla tecnologia informatica dell’intelligenza artificiale e dellablockchain (registro digitale che rende sicuri, verificabili e permanenti i dati in esso contenuti). Mediante normative rigorose ed armonizzate e la collaborazione tra uffici di vigilanza, il controllo sui flussi finanziari sarà più efficiente e i benefici si vedranno anche nel miglioramento della fiducia e della responsabilità tra investitori, finanziatori e mercato. Tuttavia il rovescio della medaglia evidenzia diversi aspetti: si va dall’eccessivo appesantimento di tutto il sistema, che peraltro ha mostrato delle falle come ad esempio per il problema della privacy sollevato dal Consiglio di Stato italiano, all’oggettiva esistenza di sistemi di sicurezza applicati in misura differente dai diversi Stati membri. In tal senso è risaputo che mentre alcuni Paesi, come l’Italia, applicano rigorosamente la normativa antiriciclaggio, altri Stati sono molto più blandi nel livello di accuratezza applicativa (come ad esempio il Lussemburgo o l’Irlanda dove si applicano dei regimi fiscali vantaggiosi e si ha un atteggiamento molto più permissivo sulle normative antiriciclaggio tanto da creare posizioni di vantaggio delle imprese localizzate in quei territori rispetto a quelle domestiche). Il rigore eccessivo presente in Italia di fatto costituisce un peso a svantaggio dei singoli e delle aziende italiane che si trovano invischiate in pesanti obblighi burocratici e così penalizzate in termini di competitività. Ad esempio l’obbligo di segnalare tutte gli scambi di valore ingente può creare problematiche di efficienza, soprattutto nel settore immobiliare, che possono concretizzarsi in ritardi o blocchi delle transazioni. Inoltre le aziende per rispondere alla normativa devono investire risorse in consulenze legali per il rispetto delle regole (c.d. compliance) e questo nuoce soprattutto le piccole medie imprese (PMI) che rappresentano il fulcro del tessuto economico e sociale italiano. In Germania o nei Paesi Bassi la flessibilità normativa è maggiore ed è orientata su una posizione di tutela delle imprese e dei singoli che va ben al di là della rigida applicazione delle norme antiriciclaggio in quanto le autorità di vigilanza cercano di creare meno intralcio possibile alle attività economiche. È per questo che si auspica una concreta e reale attività di coordinamento da parte dell’Autorità che non penalizzi nessuno ma che anzi applichi la normativa con il dovuto grado di buon senso, necessario in ambito economico, che non appesantisca il sistema ma lo renda flessibile e davvero sicuro e non faccia sentire i soggetti sotto accusa anche perché, soprattutto in Italia, si “bloccano i moscerini e si lasciano passare gli elefanti” mancando così l’obiettivo di sventare gli effettivi responsabili degli illeciti!

 



IL REPORT INTEGRATO: LA SINTESI PIU’ RECENTE DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA

di Alessandra Di Giovambattista

 05-12-2024

Le diverse tipologie di rendicontazione aziendale - dal bilancio di esercizio al bilancio di sostenibilità, passando per il bilancio sociale – finora utilizzate dalla prassi contabile, evidenziano dati ed informazioni numerose ma non forniscono un quadro integrato di sintesi, bensì evidenziano notizie parziali e frammentarie che solo in apparenza sembrano tra loro non collegate. Quindi le strategie relative al cambiamento climatico, alle questioni dello sviluppo nel rispetto dei principi sociali ed umani e in generale alla ricerca delle soluzioni circa le problematiche concernenti la crescita armoniosa dell’azienda rispetto all’ambiente che la circonda non sono mai state trattate in modo complessivo; ciò non ha permesso di fornire una comprensione chiara ed univoca delle strategie aziendali. Tale situazione ovviamente genera disorientamento tra gli interessati alla gestione dell’azienda (c.d. stakeholders) che non riescono ad avere una visione trasparente circa le più concrete capacità dell’azienda di perdurare nel tempo, nel rispetto del principio di economicità, da raggiungere attraverso strategie e pratiche di governo aziendale (c.d. governance).

E’ a causa di questi presupposti che la prassi e la dottrina contabile hanno cercato di ricorrere ad un pensiero e ad una visione integrali che riuscissero a coniugare informazioni finanziarie e non finanziarie, alla ricerca di un modello di governo delle strategie (modello di business) complessivo. Si è arrivati a pensare quindi a tipologie di analisi che esaminassero in modo interdipendente e connesso i diversi fattori produttivi materiali ed immateriali. Nasce dunque il report integrato le cui linee guida sono dettate da un’articolata struttura regolamentare internazionale (il c.d. integrated reporting framework- IRF). Uno dei vantaggi principali di tale tipologia di informazioni mediante indicatori di diversa natura (il c.d. reporting) è la sua capacità di adattabilità ai continui cambiamenti delle normative globali e dei valori normali di riferimento (c.d. standard) che si basano su principi e concetti condivisi. L’obiettivo è comunque univoco e mira a comunicare in modo accurato e sintetico le motivazioni e gli scopi che spingono un’organizzazione ad agire sul mercato nonché le modalità con cui crea, preserva o erode valore nel breve, medio e lungo periodo, per sé stessa e per tutti gli stakeholders. Naturalmente avendo fornito le linee guida di costruzione del report integrato saranno le aziende stesse, in ragione della propria attività, del proprio modello di gestione e degli obiettivi che intendono raggiungere, a creare e a gestire uno specifico sistema di indicatori, che funzioni come un pannello di controllo. In esso sono palesati il modello di business, le strategie, i rischi e le opportunità in modo da fornire un’attenta disamina dei valori che permetteranno agli osservatori di indagare sulla capacità dell’azienda di sopravvivere sul mercato e di rispettare l’ambiente in cui essa opera.

Dal punto di vista storico si evidenzia che il primo Stato che chiese di utilizzare una rendicontazione integrata fu il Sud Africa nel 2011; nel particolare chiese alle aziende di applicare il nuovo report integrato e per contro, qualora avessero deciso di non accettarne la compilazione, di motivare la scelta di rifiuto. Per quanto riguarda invece le prime aziende che hanno utilizzato dei report integrati di dati finanziari e informazioni di diverso tipo troviamo, in Europa, due aziende danesi, la Novozymes e la Novo Nordisk, mentre nel continente americano la brasiliana Natura. Il loro obiettivo era quello fornire una modalità efficace per comunicare aglistakeholders la propria capacità di raggiungere risultati in grado di garantire lo sviluppo nel lungo periodo dell’attività produttiva in termini non solo economico-finanziari ma anche di sostenibilità e di rispetto dei principi e dei diritti sociali ed umani.

Con riferimento agli organismi che hanno contribuito a costruire il report integrato occorre partire dal Global Reporting Initiative (GRI) che è un’organizzazione internazionale indipendente che ha sviluppato un insieme di norme e regolamenti che le aziende di qualsiasi dimensione e settore possono seguire per la redazione di report sull’economicità aziendale, sulla sostenibilità e sul rispetto dei principi sociali ed umani per fornire una visione complessiva ed olistica dell’attività imprenditoriale. Altre organizzazioni sono: la Susteinabilty Accounting Standards Board (SASB), con sede negli Stati Uniti, che opera come azienda no profit per creare sistemi basati sugli standard di sostenibilità e per condividere con le imprese stesse gli impatti derivanti dalle strategie in ambito economico, sociale ed ambientale; la Climate Disclosure Standards Board (CDSB) organizzazione che nel 2011 presentò delle previsioni sugli eventi riguardanti i cambiamenti climatici, e su come questi avrebbero coinvolto direttamente gli investitori e indirettamente i risultati finanziari delle aziende, che si dimostrarono dei perfetti esempi del modo come le previsioni contenute nel report integrato possano dirigere le strategie aziendali; la Global Initiative for Sustenaibility Ratings (GISR) che ha redatto un insieme di indicatori validi per le aziende che vogliano confrontare politiche e strategie con i risultati attesi e le performance effettivamente sostenibili e raggiungibili; l’Association of Chartered Certified Accountants (ACCA) che, inserendo il report integrato nell’insieme della documentazione da produrre per ottenere la certificazione finale di sostenibilità, ha introdotto il tema della cultura complessiva aziendale e delle ricadute delle scelte attuali rispetto alle generazioni future ed alla loro tutela; ed infine la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) un’organizzazione che sotto la guida di Michael Bloomberg si pone come obiettivo di incentivare la rendicontazione oggettiva sull’andamento del clima e delle sue modificazioni così che gli investitori dispongano in modo trasparente di tutti i dati necessari per scegliere consapevolmente come dirigere i propri investimenti a favore delle aziende più meritorie.

Le aziende che, a partire dal 2011/2012, hanno presentato il report integrato hanno individuato quattro benefici riconducibili a questo sistema di indicatori: il primo riguarda l’esplicitazione della relazione tra elementi finanziari ed elementi che riguardano aspetti quali lo sviluppo, la crescita e la continuità nel tempo, la sostenibilità ambientale, il rispetto dei diritti umani e sociali, la possibilità di garantire un lavoro adeguato e duraturo nel tempo ai lavoratori delle aziende; il secondo riguarda la trasparenza e la chiarezza delle strategie implementate in ambito di sostenibilità ambientale. Altro beneficio riconducibile al report integrato riguarda la formazione di un legame con gli stakeholders di qualunque tipo essi siano, sia quelli interessati direttamente alla gestione efficiente dell’impresa (quali ad esempio gli investitori) sia quelli più coinvolti dalla ricaduta positiva delle politiche strategiche sull’ambiente e la collettività (come le associazioni, lo Stato, gli Enti locali, i clienti in generale). In questo senso il report permette di colloquiare in modo unitario con le diverse parti tutte differenti tra di loro, con diversi interessi ma, con un obiettivo comune: la prosperità dell’azienda nel tempo per garantire i legami positivi che si sono costruiti. Infine altro beneficio concerne il fatto che diminuisce il rischio di possibili scandali o di compromissione della reputazione in quanto il report integrato espone diversi indicatori di differente natura, le cui variabili permettono di monitorare costantemente le varie situazioni rendendo quindi più difficile registrare problemi di errata valutazione da parte degli analisti del mercato. In sintesi è possibile evidenziare che un reportintegrato, oltre a fornire differenti modalità di aggregazione dei valori – come fanno il bilancio di esercizio, consolidato, di sostenibilità, sociale - di fatto rende chiara e trasparente la connessione delle informazioni tra loro, in un moto circolare, bidirezionale e di azione e reazione, così da permettere di conoscere, o quantomeno di rendere più esplicito, il percorso che l’azienda intende intraprendere per garantire la formazione di valore nel medio lungo periodo.

Quindi partendo da quanto affermato dalle aziende che hanno presentato il report integrato si può sinteticamente sostenere che tale documento tende a fornire informazioni approfondite sull’ambiente esterno, sulle risorse utilizzate e le relazioni create con tutti i soggetti interessati alla gestione aziendale per poter valutare e validare la missione di lungo periodo che l’impresa cerca di perseguire. In tale ottica l’aspetto più importante è monitorare la creazione di valore che consegue dall’attività aziendale e che genera la variazione del capitale; occorre così valutare il valore creato e che rimane interno all’azienda (che genera autofinanziamento e remunerazione diretta degli investitori) rispetto a quello che viene diretto verso l’esterno (attraverso il pagamento dei lavoratori, dei manager, la vendita di beni e servizi, il consumo ed il riciclo delle materie prime, il tasso di inquinamento, i tributi versati, la variazione socio-ambientale della collettività). Ed in effetti con il termine capitale si individuano diverse tipologie: capitale finanziario (derivante dagli investimenti da parte di terzi esterni o di soci interni all’azienda), produttivo (beni strumentali quali macchinari, edifici, impianti), intellettuale (marchi, brevetti, proprietà intellettuali, software), umano (capacità profuse in azienda dai diversi soggetti che vi lavorano), di relazione sociale e ambientale (l’insieme delle relazioni create all’interno ed all’esterno dell’azienda) e se ne studiano le variazioni dello stock dovute all’attività aziendale. Tali mutazioni sono variabili nel tempo con riferimento alla loro destinazione ed ammontare, nonostante rimangano sicuramente inalterati i flussi verso ciascuna tipologia di capitale.

Alla luce di quanto detto non può che sottolinearsi l’importanza della reportistica, intesa come momento di sintesi espressiva dell’andamento di variabili che governano l’attività e le strategie aziendali; tuttavia manca ancora un momento di rappresentazione sintetica condivisa da tutti i Paesi che consenta la massima comparabilità e la migliore misurabilità di risorse che divengono sempre più limitate. Inoltre bisogna spesso cercare di infrangere l’atteggiamento di diffidenza delle aziende, specialmente quelle di media piccola dimensione (che presentano indubbiamente degli equilibri più vulnerabili rispetto alle grandi aziende, spesso multinazionali) dimostrando invece come il report integrato possa aiutarle nella scelta delle strategie più consone alle proprie possibilità nel rispetto dell’ambiente e della società al fine di garantire la sopravvivenza del sistema produttivo e sociale nel tempo. In una collettività che si basa sempre di più sulla comunicazione, spesso anche falsa e di parte, diviene quindi importante offrire la giusta visibilità alle realtà più meritorie, alle produzioni più rispettose, in modo che tutti gli interessati possano scegliere con consapevolezza verso chi dirigere i propri capitali e le proprie preferenze. Pertanto il report integrato si presenta come uno strumento verso l’affermazione di una cultura aziendale basata sulla responsabilità e la sostenibilità di medio lungo termine (intendendo per lungo termine anche la prospettiva ultraventennale) che, nel contempo, soddisfi le richieste e le attese di tutti gli stakeholders e renda la gestione dell’azienda consapevole degli impatti socio ambientali, creando così i presupposti per il suo continuo miglioramento interno ed esterno, a garanzia delle generazioni future.

Kathe Kollwitz la pittrice del dolore

di Alessandra Di Giovambattista

 

10-12-2024

Copenaghen 5 dicembre 2024, mattinata grigia, fredda ed umida come nella maggioranza dei giorni di autunno e inverno danesi dove il periodo di luce è inferiore al nostro di circa due ore complessive: 45 minuti circa la mattina e più di un’ora nel pomeriggio. La strategia dei giorni uggiosi e freddi del turista solitario è di vagare per musei; e la scelta è caduta sulla Galleria Nazione della Danimarca. Il primo impatto positivo ha riguardato l’affluenza e la tipologia delle persone: adulti e molti giovani studenti e non. La Galleria offre in visione permanente dipinti e sculture a partire dal 1300 con diverse opere di artisti fiamminghi, olandesi (massimo esponente nella mostra è Rembrandt), francesi (presenti anche con diverse tele di Matisse), scandinavi, spagnoli (alcune tele di Pablo Picasso) e alcune opere di artisti italiani - la maggior parte dei quali di minore fama - tra le quali però spiccano una tela del Parmigianino, del Tiepolo, del Tintoretto, un busto di bronzo scolpito da Gianlorenzo Bernini, alcune tele di Salvator Rosa, e due tele di Amedeo Modigliani.

Ma la sorpresa maggiore sono state due mostre temporanee ospitate dalla Galleria, la prima dal titolo “Against all odds” tradotto in “Contro ogni aspettativa” che ha portato all’attenzione dei visitatori diversi quadri di 24 artiste femminili nordiche che durante un quarantennio, dal 1870 al 1910, hanno dipinto opere ed avuto successo, appunto al di là di ogni aspettativa, considerando il clima ancora fortemente maschile e maschilista presente nel settore dell’arte pittorica. Il successo nella loro epoca è legato come ad un filo rosso che le ha condotte tutte lontano dalla propria patria, alla ricerca di miglioramento e di riconoscimento artistico, portandole dal freddo nord Europa verso paesi come la Germania, la Francia, l’Italia, la Grecia. In tali ambienti, sicuramente all’epoca più vivaci dal punto di vista culturale, hanno avuto modo di confrontarsi con altre artiste che vivevano la loro stessa condizione di emarginazione professionale. Ma come il più delle volte accade le donne - che hanno una naturale inclinazione verso l’accoglienza, la condivisione, l’attenzione verso l’altro e la capacità di riuscire a conciliare problematiche diverse offrendo soluzioni originali e rispettose dei diritti delle persone – sono capaci di darsi solidarietà e di andare oltre ogni aspettativa; all’epoca hanno fatto rete tra di loro e uscendo dalle loro zone di origine hanno potuto migliorare e lavorare come artiste riconosciute nel mondo dell’arte pittorica. Nonostante la fama riscossa nel loro tempo le 24 artiste sono poi però state tutte dimenticate dalla storia in una sorta di oblio non facilmente giustificabile. Probabilmente dopo la prima guerra mondiale, si assiste ad una reazione conservatrice verso le donne, particolarmente le artiste, di cui non è facile comprendere le ragioni. Ed è su questa incapacità di dare risposte che all’interno della mostra si vive un colpo di scena inatteso, almeno per me: la scelta di cercare attraverso l’intelligenza artificiale di dare immortalità artistica alle opere ed alle vite delle 24 donne pittrici utilizzando le nuove frontiere dell’informatica. La sfida riguarda non tanto la possibilità di restituire loro il giusto peso nell’ambito della storia dell’arte pittorica, quanto quello di dar loro vita nella storia pittorica del futuro, attraverso modi differenti di riscrivere gli eventi passati. È così che le opere d’arte, attraverso il linguaggio informatico, vengono destrutturate e ricondotte a punti di colore che si uniscono tra loro in reti neurali, quasi a formare delle sinapsi, che assumono forme astratte e che circondano il visitatore e reagiscono ai suoi movimenti (se si è interessati si può visitare il sito di Ix Shells, l’artista che ha curato la rappresentazione informatica).

Siamo poi passate nel salone dove era allestita la seconda mostra temporanea, dedicata sempre ad una donna; l’artista tedesca Kathe Kollwitz (1867 – 1945). È su di lei che intendo soffermarmi non perché ne conosca vita ed opere, anzi era per me una perfetta sconosciuta, ma perché i suoi lavori hanno fatto vibrare nel profondo la mia anima e hanno suscitato un sentimento di compassione mai provato fino ad ora. Le sue opere, per la maggior parte quadri in bianco e nero, litografie e sculture in metallo, generano nel cuore dell’osservatore un sentimento di grande tristezza e di sbigottimento nel vedere rappresentato in modo magistrale e diretto il dolore di persone, spesso genitori ma soprattutto madri, che perdono per sempre i loro affetti più grandi: i figli. L’autrice disegna la sofferenza quotidiana, lo strazio della perdita, del distacco, del lutto in una Germania prima dell’avvento del partito nazional socialista. Racconta la situazione delle classi più povere e la loro miseria che porta uomini e donne spesso a somigliare a degli animali, abbrutiti da una vita senza speranza e senza gioie. La quasi totale assenza di colore nelle sue opere rende ancora più aspra la realtà di miseria che vivevano i tedeschi all’inizio del secolo XX. Il suo messaggio lo affida essenzialmente ai tratti della matita giocando su contrasti di nero e sfumature di grigio, senza però escludere la luminosità del colore bianco che spesso viene utilizzato per mettere in evidenza i corpi ormai esanimi delle vittime. Vittime di un periodo storico dove la rivoluzione industriale, l’accentramento dei lavoratori nei grandi agglomerati urbani, l’anonimato e l’egoismo, dettato dalla necessità di sopravvivenza, di ciascuno nei confronti dell’altro rendono la vita difficile e distaccata da qualsiasi sentimento umano.

Lei poteva rappresentare bene la tristezza ed i volti privi di speranza di persone immerse nel quotidiano sconforto perché aveva sposato un medico che lavorava a Berlino e aiutava, per quanto poteva, le persone in stato di totale indigenza e vedeva quindi scorrere davanti ai suoi occhi, ogni giorno, le più diverse forme di strazio che la maggior parte delle volte era inconsolabile per l’impossibilità di fornire cure sia mediche sia affettive. Ma arriva il giorno in cui anche lei, pur facendo parte della Germania borghese, incontra il lutto, la disperazione, la depressione per la perdita di uno dei suoi figli nella prima guerra mondiale. In un periodo storico dove si sviluppano le correnti pittoriche dell’astrattismo lei sceglie la strada dell’arte cruda raffigurativa e realista, cercando, e secondo me cogliendo in pieno l’obiettivo, di far immergere e comunicare allo spettatore il dolore dell’essere umano, specialmente quello femminile, e della classe operaia. I suoi ritratti di donna sono spesso autoritratti dove le linee del nero ed i suoi chiaroscuri irrompono negli occhi e passano immediatamente al cuore generando un sentimento di forte coinvolgimento nella vita di persone disperate, anonime ma tra le quali potremmo riconoscere ognuno di noi. La sua produzione artistica è un contributo significativo per l’impegno a favore degli ultimi e contro ogni totalitarismo. Coinvolta anche in tal ultimo senso poiché il marito, prima della vittoria del nazional socialismo, aveva scritto una lettera aperta sottoscritta da altre 33 autorevoli firme, tra cui anche Albert Einstein, nella quale si evidenziava il pericolo dell’ascesa dei governi estremisti e dittatoriali; per tale aperto contrasto e per le sue idee solidali e di difesa della classe operaia, Kathe perderà il suo lavoro di insegnante presso l’accademia femminile dell’Associazione delle artiste di Berlino. Il suo è soprattutto un messaggio di pace e di solidarietà che non può che passare attraverso il dolore e la sofferenza perché l’uomo (che creatura strana!) si rende prossimo all’altro solo nelle condizioni più estreme perdendo di vista la bellezza e l’appagamento della condivisione e della solidarietà in tutti i momenti della propria esistenza.

Di fronte alla sue opere le mie percezioni più profonde sono state quelle di voler essere lì, provare a sentire la stretta ultima di una madre disperata, provare a condividere quell’immenso dolore cercando di consolare con la presenza silenziosa ma carica di compassione: vivere un dolore attraverso interposte persone è forse il modo migliore per cercare di non volerlo mai provare o provocare! Indubbiamente per me l’opera più coinvolgente è stata quella della “donna con il figlio morto” (rappresentato qui sotto) in cui la protagonista stringe con intensità straziante il corpicino del bimbo e ne annusa l’odore che è rimasto sul suo collo, un ultimo gesto per cercare di trattenere i ricordi non solo visivi e tattili, ma anche olfattivi, in un modo molto istintivo così come usano fare anche gli animali per riconoscere i propri cuccioli. Vedere questi spaccati di dolore attraverso il ricordo di giorni neri e bui, per ora passati almeno nella gran parte dell’Europa, dovrebbe servire come monito per cercare di comprendere quanto il male faccia male, quanto ogni azione che genera dolore nella propria e nell’altrui vita non produce luce ma tenebra e cattiveria e che ognuno di noi non dovrebbe volerla né per sé né per gli altri. La solidarietà, la generosità, l’altruismo sono atteggiamenti che creano una condizione di benessere che forse l’autrice prova a far passare attraverso le tinte chiare; ed in effetti una mia personalissima lettura del messaggio che ho percepito nell’intensità pittorica delle sue opere sta proprio nell’analisi delle tinte più chiare in alcuni casi anche sfolgoranti. Nella tristezza c’è sempre speranza; la mia speranza l’ho trovata in quelle tinte più luminose dove i corpi, ormai privi di vita, si rivestono come di una veste bianca sfolgorante, in un passaggio verso un aldilà, una vita ultraterrena che distacca dal peso della tristezza e del dolore più profondo. In definitiva un bellissimo e luminoso messaggio di sintesi tra istinto e soprannaturalità divina che ben rappresenta la vera essenza dell’uomo!