La via della seta ed i suoi effetti in Italia


L’arte della seta, una storia millenaria. Ha radici antichissime dovute alle relazioni dell’Impero romano con la Cina.
L’arte serica ha due riferimenti: i filamenti del baco e l’estro dell’uomo.
Il termine “la via della seta” è di recente acquisizione e si attribuisce a F. Richthfen, geologo tedesco. Nel 1877, in un volume pubblicato sulla Cina, descrisse gli itinerari terrestri e marittimi che nel tempo hanno tracciato il collegamento tra Oriente ed Occidente.
La vita della seta è il significato di un mondo esteso, segnato dagli scambi culturali e commerciali. Fra montagne ed altipiani per il cammino di uomini, spezie e seta.
Alessandria, Chang’an, Samarcanda, Bukhara, Bagdad, Istanbul:
città principali del viaggio e le oasi lungo la via per riposare e riprendere il cammino dal passato al presente.
Marco Polo nato da famiglia di mercanti veneziani, molto giovane partì con il padre, percorse la via della seta e raggiunse la Cina nel 1271. Ad egli si attribuisce la data di inizio della via della seta dall’Oriente in Italia
Nel periodo del Medioevo le Repubbliche marinare ebbero prosperità economica, grazie alle loro attività marittime.
La seta approda nei porti italiani. Un intreccio di percorsi di uomini, viaggiatori, scrittori, mercanti che fecero conoscenza con stranieri di diversa appartenenza e fede religiosa.
I cui effetti ebbero forti influenze nel commercio e non solo nella letteratura, nell’arte, origine di inaspettate fortune. Risonanza internazionale nell’ispirazione dell’opera teatrale di William Shakespeare, ambientata a Venezia.
Un incontro di uomini e merci nel corso dei secoli di cui restano tracce di frammenti di tessuti pregiati custoditi nei musei.
A metà circa del 1300 si diffuse la peste dalla Cina che dalla Siria, la Turchia, la Grecia, l’Egitto dai Balcani raggiunse le città della Sicilia ed entrò nel porto di Genova recando scarsezza di alimenti.
Gli itinerari di provenienza non erano sempre gli stessi, ed era Roma la città, a cui era destinata la seta.
Drappi pregiati provenienti dai mercanti veneziani e genovesi, abbellirono
le vesti.
La relazione tra seta e potere non si limitava alla preziosità dei tessuti e si esprimeva in simboli e segni.
Il primo era il messaggio della luminosità della veste serica, simbolo di rinascita e rivelazione divina.
La seta portò con sé un incremento alla distinzione sociale.
A Palermo superbi drappi vennero lavorati nei laboratori reali, pregiati damaschi e broccati di Catanzaro e della Colonia di S. Leucio nel casertano divennero l’inizio della tradizione.
A seguito delle dominazioni bizantine e musulmane nell’isola siciliana ed in Calabria si diffusero i segreti dell’arte serica.
Dalla filiera della seta alla produzione del nobile tessuto.
La sericoltura e la produzione tessile ebbe un rigoglioso sviluppo nel sud.
Per l’effetto indiretto delle due diverse culture, favorita dall’insediamento dei normanni e dal decadimento dei principali centri manufatturieri in Persia ed in Siria a causa delle invasioni del popolo della Mongolia.
La forte tendenza alla qualità serica divenne in voga nei secoli XV e XVI, dove la vita di corte conobbe il suo massimo splendore.
La cultura serica in Lombardia risale al 1400, quando Ludovico Sforza, volle la coltivazione dei gelsi, nutrimento con le foglie per gli allevamenti dei bachi da seta.
Nel Rinascimento venne apprezzata nei castelli dell’Italia Centrale e Settentrionale, testimonianza per l’attrazione dei beni di lusso.
La seta divenne uno status symbol nelle città e nelle regge dei principi.
I ricchi mercanti durante questo periodo, accanto ai quadri, agli affreschi indossavano abiti in seta.
La tessitura della seta venne impreziosita dall’impiego di fili d’oro e di argento esempio della vita raffinata in nome dell’arte e delle lettere.
L’abito in seta divenne un simbolo anche per l’espletamento di alcune funzioni pubbliche.
Nel ‘400 genovese ci fu la produzione dei tessuti a tinta unita, richiesta in tutta l’Europa.
I commercianti lucchesi si imposero su varie piazze straniere con la produzione serica del lampasso.
Nelle città italiane la diffusione dei drappi serici a fasce sempre più estese del ceto borghese portò, a seguito dell’età moderna a cambiamenti nella produzione dei motivi artistici intessuti nelle forme delle vesti.
Nel 400 si cercò di introdurre l’arte della seta a Torino con capitale forestiero. La diffusione della gelsicoltura, fu voluta da Emanuele Filiberto.
Successivamente il Piemonte curò l’aspetto delle sete lavorate nella produzione serica del velluto ed organzino. Nascita di una futura industria trainante
A Napoli nel ’500 con i rasi, i dobretti e gli armesini nacque la produzione delle stoffe leggere in seta. Sollecitati dalla domanda di espansione del mercato cittadino per la produzione a basso costo dei filati serici, dalla tessitura dei fiori della ginestra e del gelsomino.

Nel secolo XVI iniziarono a far parte del corredo delle giovani donne, appartenenti a ceti non privilegiati, anche scialli più raramente coperte, con fibra meno pregiata ed ottenuta dai cascami della seta.
La produzione tessile si ispirò nel ‘500 bolognese alla tessitura degli antichi filatoi della città di Lucca.
Nel XVIII secolo in particolare a Como “Città della seta” viene coltivata la produzione serica con l’uso di filande fino al 1843. Resta una traccia ben precisa dell’attività del nobile filato nel Museo della didattica della seta.
Per tutto il settecento l’abito in seta fu un lusso.
Con l’inizio del secolo XIX la seta, divenne parte in tutte le classi sociali.
La seta nell’ottocento vive momenti di fulgore nei Municipi e nella finanza dei banchieri torinesi fino a tutta la seconda metà dell’ottocento.
Occasione di studio dei primi casi di spionaggio industriale, suggestioni ed influenze nel costume e nel gusto.
Il novecento caratterizzò gli abiti da sera eleganti in certi casi come vere e proprie opere d’arte, dove gli stilisti espressero il meglio della loro creatività.
Restano testimonianze di abiti come il manto di corte di donna Franca Florio, già esposto nella Sala da ballo nel Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti.
Molti riflessi e cambiamenti segnarono il corso della storia della via della seta in Italia.
In particolare in Calabria
La lavorazione serica la coltivazione dei gelsi, durante il Medio Evo contribuì in maniera importante all’economia calabrese, dando sollievo alla povertà dell’epoca.
In seguito nell’era moderna si ebbe un decadimento che per errori e manchevolezze portò all’abbandono di questa attività. Non si esclude per l’imposizione di tributi.
Restano documenti scritti nel museo dell’artigianato tessile della seta di Reggio Calabria, sulle tecniche storiche dell’allevamento dei bachi ancora usate, per produrre il pregiato filato. La seta, il suo radicamento nell’arco millenario in terra di Calabria.
Nel museo della seta e della ruralità è possibile visitare e vedere gli strumenti di lavorazione ed i macchinari per la lavorazione tessile e delle fibre naturali.
La sericoltura oggi si trova della città di Floro, poco distante dal Golfo di Squillace.
Il dato più sensibile alla flessione dell’arte della seta in Italia certamente è nella moda che cede il passo alla praticità di fibre meno costose che hanno negli abiti più vestibilità e movimento sia nel quotidiano che in viaggio.
Resta immutata la vestibilità degli abiti in seta, resistenti e belli solo per determinate occasioni.
Le opportunità occupazionali che offre la seta in Italia sono:
l’insegnamento e conoscenza dell’arte serica, le ricerche storiche negli Archivi di alcune città, la consultazione dei testi degli autori, la redazione delle collezioni di atelier privati e museali ed infine l’impiego della ricostruzione, ancora in via sperimentale, di tessuti biologici.
La via della seta è una importante relazione.
Claudia Polveroni