l'Europa incontra l'Africa di Marco D'Agostini
https://unstats.un.org/sdgs/report/2022/
https://unstats.un.org/sdgs/report/2022/
意大利罗马中国文化活动'浴佛节'
5月26日,早晨10.00,在意大利罗马华人区,via p.eugenio 中国文化活动正式拉开序幕,
罗华寺和隔壁中国文化中心,及外面广场人头攒动,有中国人的虔诚佛教徒和多个民族的嘉宾,约10.15分正式启动浴佛活动,多名身穿佛家传统衣裳的居士和师兄妹在方丈恒顺法师的引领下,举行了隆重佛家宗教仪式。
同时,在完成由意大利武术联合会武术队员表演了中国武术,包括少林拳法、虎拳、八极拳、太极拳。约下午15.00整个中国文化传播活动圆满成功结束。
On the morning of May 26th at 10.00,
In areas where Chinese people are usually concentrated in Rome, Italy, the Via p.eugenio Chinese cultural event officially kicked off. The Luohua Temple and the adjacent Chinese cultural center, as well as the square outside, were packed with Chinese devout Buddhists and guests from multiple ethnic groups. At around 10.15, the bathing Buddha event was officially launched. Several monks and sisters dressed in traditional Buddhist clothing, led by the abbot Hengshun, held a grand Buddhist religious ceremony. At the same time, Chinese martial arts were performed by members of the Italian Martial Arts Federation, including Shaolin Fist, Tiger Fist, Baji Fist, and Tai Chi. At around 15.00 pm, the entire Chinese cultural dissemination activity was successfully concluded.
I FATTORI AMBIENTE, SOCIETA’ E GOVERNO DELLE AZIENDE - ESG: IL FUTURO PER IL MONDO?
Con il termine ESG ci si riferisce a fattori di sostenibilità ambientale ed economico-finanziaria che le aziende devono rispettare al fine di garantire al pianeta ed alla propria attività di perdurare nel tempo. Specialmente tra i più giovani questi fattori sono riconosciuti come determinanti per il futuro del pianeta e le aziende stesse comprendono che essi possono fare la differenza e garantire loro dei vantaggi strategici legati al fatto che i consumatori saranno disposti a pagare di più per beni e servizi ecosostenibili.
L’acronimo ESG si riferisce al cosiddetto Environmental: cioè fattori ambientali che riguardano l’ambiente che ci circonda e il focus si concentra su: rifiuti ed inquinamento, risorse naturali e loro esaurimento, garanzia e difesa della biodiversità, emissione dei gas serra, deforestazione, cambiamento climatico; social: cioè i fattori sociali che concernono le modalità con cui le aziende e gli Stati trattano i singoli esseri umani; pertanto un’analisi sulla relazione con i dipendenti, sulle condizioni di lavoro garantite con un’attenzione particolare sul lavoro minorile e sulle diverse forme di schiavitù, sul rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani, sull’inclusione e la diversità, sui finanziamenti di progetti o di istituzioni che devono tutelare le comunità povere e sottosviluppate, sulla salute, sicurezza e sulla gestione dei conflitti sociali; governance: cioè il sistema di conduzione e direzione dell’azienda; l’attenzione sarà sulle strutture aziendali, sulle regole e le strategie che governano le scelte aziendali e/o degli Stati, sulla politica fiscale, e sulle remunerazioni dei dirigenti, sui processi di lobbying e sulle pressioni politiche, sulla corruzione e sulle strutture di governo differenziate tra aziende private e settore pubblico.
Oggi, la direttiva CSRD - Corporate Sustainability Reporting Directive (direttiva UE n. 2022/2464 pubblicata il 16 dicembre 2022) cambia la prospettiva in materia di valutazione delle imprese basata su criteri di sostenibilità; infatti le informazioni sulla sostenibilità dell’attività aziendale diventano parte integrante della relazione finanziaria annuale annessa al bilancio delle società. Più in generale per valutare un'impresa non basta più guardare ai soli dati finanziari: i fattori ESG delle aziende, anche medio-piccole, dovranno essere leggibili, confrontabili e valutabili nella relazione sulla gestione. Per le PMI e per le aziende tutte, il rispetto dei valori legati alla sostenibilità è diventato un dovere. Nati nel 2005 dai principi per gli investimenti responsabili dell'ONU, i criteri ESG sono ormai al centro del discorso pubblico e rappresentano una bussola che orienterà le scelte di sviluppo mondiale e comporterà, nel breve periodo, l’impegno di ogni singola impresa verso uno sviluppo sostenibile.
Negli ultimi anni si è registrato un importante incremento dell’attenzione sulle informazioni societarie sulla sostenibilità anche da parte delle varie categorie di investitori che cercano di allocare le proprie risorse considerando sempre di più i rischi connessi alla sostenibilità degli investimenti finanziati.
Si percepisce in modo più approfondito la consapevolezza degli effetti che i rischi “ambientali” connessi al clima (ad esempio la perdita di biodiversità) e “sociali” (si pensi ai rischi sanitari che l’emergenza Covid ha fatto emergere) comportano per le imprese e per i relativi business.
Al momento, la rendicontazione è obbligatoria per le sole imprese di grandi dimensioni
(semplificando, le imprese con più di 500 dipendenti) ma, tenuto conto delle esigenze di sostenibilità, vi è la necessità di ampliare la platea dei soggetti impegnati a fornire tale informativa. La nuova prospettiva comunitaria è quella di annoverare tutte le imprese di grandi dimensioni e tutte le imprese quotate, anche medio-piccole (ad eccezione delle microimprese) tra i soggetti tenuti all’informativa in esame, a partire dal 2026.
È tuttavia auspicabile che anche le piccole e medie imprese non quotate considerino, con interesse, la possibilità di applicare la normativa in materia, pur considerando attentamente le caratteristiche legate alla propria dimensione al fine di evitare un inutile appesantimento delle incombenze.
Per le imprese di grandi dimensioni si prevede che nella relazione sulla gestione vengano presentate informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’azienda sulle questioni di sostenibilità e del modo in cui le medesime questioni influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione economico-finanziaria.
Nello specifico vengono richieste informazioni, con le prospettive temporali di breve, medio e lungo periodo - in particolare però le aziende dovranno imparare a ragionare in termini di lungo periodo, ma davvero lungo, si parla anche di 30/40 anni - in tema di strategia aziendale che indichi la resilienza del modello e delle modalità di approccio alle problematiche, nonché le eventuali opportunità che l’azienda stessa potrebbe trarre, in relazione ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità; in relazione a ciò sarà necessario valutare i piani dell’impresa atti a contrastare i vari rischi connessi alla sostenibilità nonché le modalità di approccio alla soddisfazione delle esigenze di tutti i soggetti portatori di interessi (stakeholders);obiettivi temporalmente definiti e connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall’impresa e monitorati nel tempo;ruolo degli organi di governo in tema di sostenibilità e capacità di gestione dei fattori ESG; politiche strategiche in relazione alla sostenibilità;
informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi per organi sociali e alta direzione che si occupa di sostenibilità; rischi connessi alle questioni ESG e modalità di gestione e contrasto dei rischi da essi nascenti.
La direttiva sarà applicata in quattro fasi, così scansionate nel tempo: - 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario; - 2025 per le grandi imprese; - 2026 per le PMI quotate (a eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione; - 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell'Unione europea, se hanno almeno un'impresa figlia o una succursale nell'UE che supera determinate soglie.
Con l'approvazione del Next Generation Eu, il piano per il rilancio dell’economia promosso dall’unione europea, l’impegno verso la sostenibilità diventa imprescindibile per ogni paese dell’unione. Il rispetto dei principi ESG non sarà più solo un volano di marketing da utilizzare a breve termine, bensì l’imperativo futuro per tutte le imprese.
Per ottenere le risorse economiche messe a disposizione dell’Europa, i piani nazionali devono rispettare alcuni criteri. Il 37% o più delle risorse deve essere destinato alla transizione ambientale, il 20% alla digitalizzazione e l’innovazione e il restante deve essere impiegato nella sostenibilità sociale.
Si è però visto che non è solo una questione di normative europee: negli ultimi anni anche i consumatori sono diventati sempre più sensibili rispetto alle problematiche di sostenibilità; infatti secondo una ricerca di Altroconsumo, più di un italiano su due è disposto a spendere di più per un prodotto che riconosce come sostenibile.
Nel 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha sottoscritto un programma d’azione per il pianeta, le persone e la prosperità, denominato Agenda 2030, che si compone di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Developments Goals, SDGs) e di 169 target da raggiungere in ambito economico, ambientale e sociale entro il 2030.
I 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile pongono in equilibrio i tre principi ESG e non riguardano solo la questione ambientale; l’attuazione dell’Agenda 2030 è un impegno complessivo di tutte le parti della società attraverso un approccio integrato e lo sviluppo di misure concrete, necessarie per far evolvere in modo sostenibile la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela ambientale.
In questo contesto, l’Italia si è impegnata nel definire cosa le SDGs rappresentino per il nostro contesto socio-economico, sviluppando un piano che evidenzia la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.
Questo piano si articola in cinque aree tematiche, dette le Cinque P dello Sviluppo Sostenibile: PERSONE, PIANETA, PROSPERITA’, PACE, PARTENARIATO.
Ad oggi, oltre 1.500 investitori si sono impegnati ufficialmente a seguire questi principi. In 3 anni le risorse gestite da fondi ESG sono raddoppiati superando i mille miliardi di dollari.
Le imprese italiane sono particolarmente interessate ai temi della sostenibilità. Secondo un sondaggio Ipsos sul tema dell'economia circolare, presentato all'EcoForum di ottobre, si legge che: “Un'azienda su quattro investe in modo convinto in sostenibilità già da tempo; altre lo fanno in modo limitato e non strutturato e alcune hanno affrontato il tema solo di recente, ma in futuro per il 56% delle aziende l'enfasi crescerà, come pure gli investimenti in comunicazione”.
Un sondaggio diverso, curato dalla Capgemini sulla sostenibilità nelle aziende, evidenzia invece che soltanto un dirigente su cinque (quindi il 20%) ritiene che la sostenibilità sia un vantaggio per la competitività aziendale, mentre il 53% ritiene che il suo costo superi i potenziali vantaggi. Tuttavia si è dimostrato vero il contrario: lo stesso studio ha evidenziato che le imprese con chiare priorità di sostenibilità stanno già superando le imprese che non si pongono tali obiettivi. La distanza è destinata ad allargarsi nel futuro prossimo per effetto dell’aumento della regolamentazione e della pressione da parte della società civile che si tradurrà in maggior controllo da parte degli investitori e dei consumatori. Quasi tutte le aziende che hanno partecipato allo studio hanno annunciato impegni per arrivare a zero emissioni nette entro il 2030 o il 2040, però meno della metà (su un totale di 668 società private e pubbliche di 12 Paesi) ha programmi concreti da attuare e sta cercando figure esperte in materia.
Infine secondo i risultati del Sustainability Leaders Survey, il 70% dei responsabili della sostenibilità aziendale non crede alla possibilità di evitare i gravi danni climatici in arrivo.
Su tale ultimo aspetto forse una riflessione va fatta: come possono essere credibili i programmi di sostenibilità se le più grandi potenze industriali (Cina, India, Usa, Russia) non si interessano ai problemi legati ai cambiamenti climatici ed alle più generali questioni degli ESG? Nessuno riflette, ad esempio, sul grado di inquinamento dovuto alle guerre in atto dove si utilizzano armi con potenziali di inquinamento elevatissimi; si pensi solo alla possibilità, più volte paventata, dell’uso di ordigni nucleari. E’ ancora vivo il ricordo dell’esperimento nell’oceano pacifico nei pressi dell’isola di Mururoa, atollo dell’arcipelago delle Tuamotu, nella Polinesia Francese, dove i francesi fecero esplodere , in pieno oceano, un ordigno nucleare….e nessuno in quell’occasione si è premurato di conoscere le ricadute in termini ambientali, per gli uomini e per tutte le altre forme di vita, di tale scellerata prova e tantomeno qualcuno si è posto oggi il problema di andare ad indagare gli eventuali strascichi derivanti dal citato evento? E chissà quanti altri esperimenti si compiono a nostra insaputa che generano processi di decadimento e di distruzione ambientale; è evidente che la sfida principale va sostenuta dai Governi e dai poteri forti; appare abbastanza fuorviante e capzioso far credere che siamo noi gli elementi più inquinanti del pianeta, attraverso le nostre scelte quotidiane. Sicuramente noi consumatori abbiamo diverse armi in mano ma non dimentichiamo che spesso le nostre scelte vengono guidate dagli interessi dei grandi potenti rappresentati dai proprietari delle multinazionali. In particolare con la crescente attenzione verso il cambiamento climatico e la sensibilità dei consumatori verso le tematiche green, la tentazione da parte delle aziende di produzione o finanziarie, di offrire un’immagine ecosostenibile per attirare clienti e decisamente molto alta; se però le dichiarazioni non corrispondono alla sostanza delle scelte effettive di gestione aziendale il rischio è quello di scivolare nella pratica del greenwashing, ossia di fornire la sola immagine di facciata di una impresa attenta all’ambienta anche se la realtà non è assolutamente così. Ormai la maggior parte di noi non vuole, o meglio non sa, più di ragionare con le proprie capacità intellettive perché spesso ci basiamo sui risultati superficiali senza approfondire le problematiche e tale atteggiamento purtroppo viene insegnato anche nelle scuole in modo da far crescere i nostri figli del tutto acritici e indottrinati. Altro esempio che rafforza questa impostazione è l’assoluto silenzio, o meglio l’atteggiamento di assoluta inattività da parte degli Stati, tutti, nei confronti della continua distruzione della foresta amazzonica…. Perché nessun Governo affronta seriamente il problema? Solo il Papa si è fatto portavoce dei più deboli, ma purtroppo è rimasto inascoltato…. Forse ci sono dietro degli interessi forti e malavitosi che nessuno vuole andare a toccare? Nessuno punta il dito contro l’inquinamento prodotto dalle aziende chimiche, di high tech, la distruzione di interi territori nei paesi del terzo mondo, spesso africani, per depredarli di materie prime utilizzando lavoro minorile e negando ogni minimo diritto umano? Questi problemi non sembrano far emergere criticità,,,,, sarà perché forse c’è il rischio di scontrarsi contro gli interessi delle grandi aziende multinazionali?
La riflessione vorrei concluderla dicendo che sicuramente ogni singola azione compiuta da ciascuno di noi produce effetti e già solo per questo dobbiamo comportarci in modo consapevole ed attento alle ricadute in termini di ecosostenibilità; però a fronte di tale considerazione cerchiamo di fare ordine. Cerchiamo di comprendere che i più grandi irrispettosi dell’ambiente sono stati finora gli Stati che hanno perseguito politiche aggressive dal punto di vista del governo economico e sociale, spesso attori principali, oppure conniventi con i poteri forti e malavitosi gestiti da pochi e potenti uomini che gestiscono, anche attraverso gli strumenti informatici, le scelte, e purtroppo sempre di più, anche le menti di ognuno di noi. La questione del rispetto della sostenibilità deve essere ricondotta prima di tutto a delle linee guida ben chiare che restituiscano ad ogni attore economico e sociale il rispettivo e adeguato livello di responsabilità. Diversamente assisteremo alla nascita di una dittatura del green, guidata dai Bill Gates e dai George Soros di turno, che eliminerà i basilari diritti dell’uomo e prostrerà la sua volontà agli interessi di pochi…. Saremo ancora liberi… Ci saranno riconosciuti i diritti di procreare, di poter professare una religione, di mangiare alimenti naturali, di muoversi, di poter socializzare e dedicarsi a passatempi, di potersi curare anche con medicine naturali, di poter riflettere e ragionare diversamente dal pensiero unico?
COMITATO DI COLLEGAMENTO DI CATTOLICI PER UNA CIVILTÁ DELL’AMORE - ODV
“Europa abbraccia l’Africa 2023”
23 maggio 2023
ore 9-13
c/o Spazio Europa
gestito dall'Ufficio del Parlamento europeo in Italia e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea
Via IV Novembre 149 - Roma Programma Preliminare
SALUTI INIZIALI
Ing. G. Rotunno – Presidente Civiltà dell’Amore Rappresentante UE, Rappresentante Governo Italiano
Introduce Amb. Pietro Sebastiani RELAZIONI
p. G. Albanese Nuove esigenze culturali, ambientali e strategiche della Cooperazione UE con l’Africa FOCSIV, CONCORD ITALIA-EUROPE A. Stocchiero Dal Global Gateway Fund alle microimprese
Prof. S. Zamagni Ripresa di un Piano Europa/Africa per lo sviluppo sinergico dei Continenti
TAVOLA ROTONDA
Prisca Ojok Auma Imprenditrice Umanitaria, Marco D’Agostini Civiltà dell’Amore,
Emmanuele Di Leo Sui Tetti, Ivana Borsotto FOCSIV Moderatore: Direttore Rivista Limes (in attesa di conferma)
CONCLUSIONI
Sede Legale Via Doganale 1 - 00043 Ciampino (Rm) C.F. 97119110159 - ODV Iscritta al Registro Gen. Volontariato Reg. Lazio n. 1187 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.civiltadellamore.org
COMITATO DI COLLEGAMENTO DI CATTOLICI PER UNA CIVILTÁ DELL’AMORE - ODV
in collaborazione con
Sede Legale Via Doganale 1 - 00043 Ciampino (Rm) C.F. 97119110159 - ODV Iscritta al Registro Gen. Volontariato Reg. Lazio n. 1187 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.civiltadellamore.org
In data 7 aprile 2023 è stato presentato il disegno di legge, ad iniziativa governativa, da parte del Ministro dell’agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Francesco Lollobrigida e dal Ministro della salute Orazio Schillaci ed assegnato alle commissioni riunite IX e X in sede redigente il 3 maggio 2023, avente ad oggetto il divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti sintetici, di alimenti cioè che provengono da applicazioni sperimentali di studi in ambito chimico biologico di riproduzione e coltivazione cellulare operata in laboratorio, su cellule animali staminali, al fine di ottenere prodotti alimentari. Ad oggi la ricerca e la produzione di tali alimenti si è concentrata maggiormente sulla carne; in alcuni paesi extra europei, ed in particolare negli Stati Uniti l’organismo di controllo ed autorizzazione alimentare, la Food and Drug Administration (FDA), ha consentito la produzione di carne di pollo sintetica, prodotta in laboratorio e derivante dallo sviluppo di cellule animali: tale circostanza ha indotto una richiesta di commercializzazione anche in Europa. La produzione di alimenti e mangimi sintetici isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati, riguarda principalmente la produzione di carne coltivata in laboratorio a partire da cellule staminali estratte da cellule di animali vivi o da carne fresca e fatte sviluppare in bioreattori, nonché di pesce prodotto nello stesso modo. La carne sintetica è un processo biotecnologico che ha inizio estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali. Tale estrazione può essere sperimentata con qualunque specie vivente, ma per ora è stata condotta solo sui pesci, tacchini, polli, anatre e specialmente bovini. Dopo l’estrazione è prevista la crescita di organismi biologici che deve riprodurre le condizioni ottimali naturalmente presenti nel corpo degli animali al fine di far proliferare le cellule staminali fino alla fase di differenziazione in cui si formano vere e proprie fibre muscolari che continuano a crescere formando un tessuto analogo al tessuto muscolo scheletrico. Tuttavia, per ottenere carne commestibile è necessario una sorta di impalcatura sulla quale far orientare la crescita delle cellule e dar loro una struttura tridimensionale; tale impalcatura è in genere di materiale commestibile, ad esempio a base di amido.
Al riguardo la relazione illustrativa al disegno di legge in parola, evidenzia che numerosi studi condotti da esperti internazionali e pubblicati su insigni riviste scientifiche hanno sottolineato come si sia poco approfondito l’aspetto della sicurezza dei cibi sintetici, ed in particolare della carne e della sua capacità nutrizionale; sembra infatti che la sperimentazione sugli alimenti sintetici sia ancora in una fase embrionale che non permette quindi di escludere ricadute negative per la salute degli esseri umani. In particolare in uno studio si legge che con la moltiplicazione cellulare è probabile che possano verificarsi alcune proliferazioni non regolate e non regolabili, come avviene per le cellule tumorali (“The myth of cultured meat: a rewiew”, frontiers in nutrition 2020 – S. Chriki e J. F. Hocquette). Quindi per ora, secondo la relazione illustrativa, gli aspetti dubbi e non verificati riguardano sia gli effetti sulla salute umana derivanti dal consumo di questi alimenti sintetici sia il problema della sostenibilità ecologica delle produzioni; infatti anche per tale ultimo aspetto si evidenziano delle controversie. In particolare alcuni rapporti sui sistemi alimentari sostenibili, presentati da un gruppo di esperti e scienziati che prendono parte all’International Panel of Experts on Sustainable Food Systems-I-Pes-FOOD, hanno evidenziato che le proteine alternative non sono sostenibili e potenzialmente mettono a rischio la salute umana. Si tratta infatti di prodotti, sia della carne sia vegetali, che vengono realizzati con processi produttivi che richiedono un grande consumo di energia e l’utilizzo di monocolture industriali dannose per l’ambiente; inoltre tali processi di produzione alimentare industriale arrecherebbero danni ai sistemi agricoli, specialmente a quelli più fragili posizionati nelle zone a sud del mondo, con ripercussioni negative anche sull’occupazione perché sarebbe più conveniente produrre dove il lavoro costa meno creando ancora più ingiustizia sociale. Un’ultima osservazione è stata poi riportata, sempre nel corpo della relazione illustrativa, in merito alle affermazioni sul rischio per la salute e per l’impatto sull’ambiente del settore zootecnico. In questo senso si esprime anche la Food and Water Watch (organizzazione non governativa con oltre 3 milioni di sostenitori), la quale osserva che le asserzioni a favore degli alimenti sintetici rispetto a quelli coltivati (ed in particolare la carne) sono speculative; il settore è ancora in una fase sperimentale ma è sicuro che gli investimenti sui prodotti a base di alimenti sintetici si basano su processi produttivi che richiedono ambienti sterili, altamente industrializzati e fortemente energivori, forse anche più degli allevamenti tradizionali. Evidenzia inoltre che per la crescita delle cellule delle carni coltivate occorrono antibiotici che garantiscono la sterilità dell’ambiente di coltivazione, con inevitabili ricadute sul benessere del corpo umano il quale potrebbe essere intossicato da seppur minime quantità di tali farmaci che contribuirebbero a formare agenti patogeni, le c.d. colonie batteriche resistenti agli antibiotici, con evidenti difficoltà per l’essere umano di contrastarle e riacquistare la salute. Inoltre nel corso delle lavorazioni vengono utilizzati altri materiali pericolosi di natura chimica utilizzati per la disinfezione che possono lasciare residui nel prodotto finale; infine la parte più pericolosa sarebbe quella in cui, a fronte di un costante monitoraggio, si dovrebbe garantire che le linee cellulari non mutino o si contaminino al fine di ridurre i rischi per la salute umana. Durante una sperimentazione si è potuto constatare che l’assunzione di cibi ultra lavorati è associata ad un più elevato rischio di malattie cardiovascolari complessive, un aumento del rischio di malattia coronarica, e un incremento di malattie cerebrovascolari. Contestualmente le autorità sanitarie pubbliche di diversi paesi hanno iniziato, di recente, a promuovere alimenti minimamente o assolutamente non trasformati e a raccomandare di limitare l’uso di consumo di alimenti ultra-lavorati.
Con tali presupposti ed in mancanza di una normativa europea specifica il Governo ha ritenuto di intervenire in via precauzionale a livello nazionale per tutelare interessi che sono legati alla salute ed al patrimonio culturale della nazione. A dovere di cronaca si ricorda l’esistenza del regolamento comunitario (CE) n. 178/2002, richiamato nel disegno di legge, che reca norme generali in materia di legislazione alimentare e consolida le norme sulla sicurezza di alimenti e mangimi nella Unione Europea (UE). Il regolamento ha disposto il divieto di mettere in vendita alimenti pericolosi per la salute o non adatti al consumo umano; i controlli riguardano tutte le fasi della catena alimentare e sono volti a: garantire la tracciabilità degli alimenti, dei mangimi e degli animali destinati alla produzione alimentare; ritirare immediatamente gli alimenti ed i mangimi dal mercato in caso di possibili effetti dannosi per la salute; informare le autorità preposte ed i consumatori. Pertanto il disegno di legge specifica che le finalità della proposta normativa sono quelle di tutela della salute umana e del patrimonio agroalimentare quale insieme di prodotti espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia; questo secondo ambito è considerato di rilevanza strategia per l’interesse nazionale. Si prevede quindi, nel disegno di legge, il divieto di produrre e commercializzare alimenti sintetici - individuati some alimenti o mangimi costituiti isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati - nel rispetto del principio di precauzione; il divieto si riferisce sia agli alimenti per il consumo umano sia ai mangimi per il consumo animale e i destinatari del provvedimento sono tutti gli operatori del settore alimentare. In caso di illeciti sono previste sanzioni amministrative che intervengono sulla possibilità di svolgere attività di impresa usufruendo di contributi, agevolazioni, finanziamenti ed altre forme di erogazioni concesse dallo Stato o altri enti pubblici o dall’Unione Europea per l’attuazione di attività imprenditoriali, nonché sull’eventuale chiusura dello stabilimento di produzione per un periodo minimo di un anno e fino ad un massimo di tre anni. In particolare la tutela del patrimonio agroalimentare italiano, che il disegno di legge intende garantire, costituisce uno dei punti di forza del nostro Paese, esso si compone di prodotti qualitativamente molto competitivi che presentano tipicità ed alto livello di reputazione, raggiungendo i più svariati mercati internazionali e registrando ottimi successi commerciali: esso ha acquisito quindi una valenza sociale e culturale oltre che economica. In generale il sostegno dei prodotti delle tradizioni e delle pratiche agroalimentari è riconosciuto a livello internazionale dall’Unesco nell’ambito della tutela del patrimonio immateriale dell’umanità (così la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata con la L. n. 167 del 2007). Per patrimonio immateriale culturale si intende l’insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, know-how che le comunità riconoscono in quanto parte del proprio patrimonio culturale; esso è in costante riproduzione in risposta all’ambiente ed alla propria storia dando un senso di identità e di continuità alle comunità. In Italia è stato istituito presso l’attuale Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste l’inventario del patrimonio agroalimentare italiano con lo scopo di individuare, catalogare e documentare gli elementi culturali afferenti le tradizioni agroalimentari tipiche italiane. Il nostro paese si distingue in Europa per il maggior numero di prodotti a marchio registrato; a livello nazionale il legislatore italiano ha dato sempre grande rilievo all’indicazione obbligatoria dell’origine nazionale della produzione agroalimentare a tutela dei prodotti nazionali. Il recente DL n. 135 del 2018 ha disposto l’obbligo per i prodotti alimentari commercializzati di riportare nell’etichetta anche il luogo di origine o di provenienza delle materie prime. Il patrimonio agroalimentare italiano a causa di vari tentativi di contraffazione è stato oggetto di misure di carattere legislativo per la sua tutela; sono stati istituiti così il fondo per la sovranità alimentare ed il fondo per il sostegno delle eccellenze nella gastronomia e dell’agroalimentare italiano.
Sull’argomento, tuttavia, vi sono diversi scienziati che si schierano a favore della c.d. carne coltivata; in particolare il dott. Roberto Defez, ricercatore dell’istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Napoli, ha sottolineato come non sia corretto parlare di carne sintetica, poiché il processo produttivo non prevede procedure di sintesi chimica, bensì la produzione di carne a partire da cellule staminali, fatte sviluppare in laboratorio. Inoltre dal punto di vista dell’impatto ambientale lo stesso ricercatore afferma che, ridurre la produzione di carne ottenuta dagli allevamenti tradizionali potrebbe portare ad una riduzione nel consumo di acqua, terreno e nella produzione di gas serra. Tuttavia anche lui sottolinea che è necessario valutare bene ogni aspetto della questione e prendere decisioni solo dopo aver analizzato accuratamente tutti i dati a disposizione.
Anche l’European Food safety Authority (EFSA) sostiene che la carne coltivata nonché i frutti di mare ottenuti in vitro, potrebbero essere considerati una soluzione promettente ed innovativa per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sistemi alimentari equi, sicuri, sani e rispettosi dell’ambiente (farm to fork). Tuttavia specifica che il potenziale impatto sull’ambiente e sulla sostenibilità devono essere valutati a fondo e la sicurezza dei processi e dei prodotti deve essere stabilita; ciò non significa che gli alimenti coltivati non siano sicuri ma bensì che la scienza deve fare il suo corso. Qualora l’EFSA dovesse autorizzare la produzione ed il commercio di carne coltivata nell’UE il governo si vedrebbe costretto a dover eliminare il divieto di importazione e allo stesso tempo si troverebbe a non poterla produrre. In questo senso si è espresso anche il prof. Michele Morgante, professore ordinario di genetica dell’Università di Udine, il quale ha evidenziato che in Italia in tale ambito si stanno definendo regole prima ancora che si sia fatta chiarezza su elementi importanti che consentirebbero di prendere decisioni informate e definitive. Il disegno di legge in argomento ha giustificato il divieto con riferimento alla scarsa sicurezza degli alimenti coltivati e al rischio derivante per la filiera della produzione della carne da allevamento, ma il Professore conclude dicendo che si può proteggere l’attività della filiera produttiva degli allevatori italiani senza allarmare l’opinione pubblica; infatti si ha l’impressione che la decisione non sia stata presa sulla base di elementi scientifici.
Il dato effettivo è che oggi è difficile riprodurre perfettamente le caratteristiche organolettiche, cioè gusto, profumo, odore, consistenza della carne tradizionale, così come tutti i nutrienti (es. la vitamina B12 che dovrà essere fornita a parte) e alcuni elementi tipici della carne, come ad esempio l’osso per cui alcune ricette di cucina andranno a scomparire. Inoltre l’impatto rilevante sarebbe anche sugli allevamenti tradizionali e non intensivi oggi utili per il mantenimento delle razze autoctone e per la pulizia di boschi e foreste. Per quanto riguarda l’aspetto economico, il costo della carne sintetica è in forte discesa; oggi si attesta su un prezzo di circa 13-15 euro per 250 grammi (quindi circa 50/60 euro al kg) ma c’è chi prevede che il suo costo, per effetto dell’innovazione tecnologica e dell’aumento della domanda, sia destinato a diminuire e ad arrivare anche ad un costo inferiore rispetto a quello della carne normale.
Riassumendo il disegno di legge nasce dal fatto che i cibi sintetici non garantiscono qualità, benessere, tutela della cultura e della tradizione enogastronomica e di produzione, caratteristiche tutte italiane; inoltre ad oggi non ci sono sufficienti studi che permettano di avere chiarezza circa gli effetti che tali cibi potrebbero avere sulla salute dell’uomo. Pertanto di fronte alla possibilità della sua commercializzazione nel nostro paese sarebbe opportuno fare campagne di pubblicizzazione che rendano chiari i pericoli di una immissione in commercio di tali prodotti in modo che siano gli stessi consumatori, adeguatamente informati, a fare le loro scelte ed a fare la differenza sul mercato. Sicuramente allo stadio presente occorre sottolineare in tutta onestà che sembra un po’ prematuro immettere sul mercato beni non ancora testati.
Che la scienza faccia il suo corso è sacrosanto, ma è anche vero che non sarebbe né etico né giusto essere considerati delle cavie!
EU-Kenya Tanzania Business Forum
Kenya Airways ha incrementato ulteriormente le frequenze dei voli per l'Estate da/per Nairobi
Di seguito l'operativo aggiornato
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Telefono: 0236212223
Patrizia Ribaga
GDSM Srl | Passenger General Sales Agent Kenya Airways for Italy
0236212241 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Roma 8 maggio ’23
Il giorno 8 aprile
Intervista-confronto della giornalista Emanuela Scarponi al dottor Andrea Pandolfi, ricercatore di studi comportamentali, Università Roma tre, sullo studio della lingua click parlata dai San effettuato sulla base del documentario I San del KALAHARI girato da Emanuela Scarponi.
Andrea Pandolfi con uno studio condotto sui San detti anche Khwe, Basarwa o Boscimani mette in luce
la lingua clik parlata dagli abitanti nel deserto dei Kalahari, con piena sonorità, fanno schioccare la lingua sul palato o contro i denti
Il ricercatore parla del suo lavoro: il perché è fondamentale per rispondere a domande del chi siamo e che cosa facciamo, perché la terra: è un pianeta diverso dagli altri. Per comprendere il linguaggio, la semantica, le neuro scienze e la biologia.
Non sempre quello che ci riporta la scienza ufficiale è di aiuto, pur dandoci dei riferimenti convenzionali. Inizia a rispondere il ricercatore.
Ho avuto modo di entrare nella conoscenza di questo popolo particolare, cerco spiegare perché particolare.
La lingua dei San è strutturata in codice.
In una pubblicazione del 2011, si attesta che migliaia di lingue ed altrettanti dialetti sono originari dall’Africa. La lingua è di 50.000 anni fa. (Focus.it 19 aprile 2011).
La lingua originaria sembrerebbe proprio il linguaggio parlato dai San.
In un’altra pubblicazione del 2006 l’archeologa norvegese Sheila Coulson pubblica le prove del culto del pitone dei San, che veniva compiuto 70.000 anni fa. Apparenterebbe questo studio centra poco con il linguaggio, in tal modo consideriamo il comunicare di 70.000 anni e non di 50.000.
Sheila Coulson mentre stava studiando l’antico gruppo etnico dei San, allocati nella regione Ngamiland, acquisisce prove che gli esseri umani, gli homo Sapiens compivano ritualità sette millenni di anni orsono.
All’interno del deserto del Kalahari, denominate le colline del Tsodilo, vi sono innumerevoli incisioni rupestri. Le colline di Tsodilo rappresentano un luogo sacro per i San, che le denominarono “le montagne degli dei” o “la montagna che bisbiglia”.
Il rito considerato dalla Coulson riguarda il pitone, che avrebbe generato gli esseri umani, nati dalle uova che il serpente portava con sé, in un sacco.
I suoni emessi dai San sono un messaggio nel messaggio, sono sette e raccontano la storia del pitone.
La scienza ufficiale fa un po' d’acqua, la scienza di confine ci può dare una estensione.
Consideriamo i codici genetici. Noi conteniamo una gamma di informazioni.
Osserviamo questa popolazione, dai tratti caratteristici: corpi esili, pelle non scura, diversa struttura e lineamenti hanno le donne che per il ricercatore discendono dall’uomo di Neanderthal, mentre gli uomini sembra provengano dalla Siberia.
La scienza ortodossa ci dice che ci sono dei legami tra i due.
Certamente la scienza ufficiale non attesta che noi umani siano la parte terminale degli esperimenti prodotti dai sette suoni della lingua dei San.
Ritornando alla lingua dei sette suoni. Un linguaggio codice. Il numero sette è un numero ricorrente.
Sette sono i giorni della settimana, le meraviglie del mondo, lo troviamo scritto nella Bibbia è il numero della perfezione e sette per sette, quarantanove: il divino.
La sequenza genetica recepisce agisce e retroagisce.
Secondo un rabbino, mentre noi parliamo facciamo danno ai noi stessi e a chi ci ascolta.
La voce dà degli effetti.
Ascoltando i San, la sonorità si riflette sul codice genetico. Comportamento e codice genetico vanno a braccetto.
Il suono della lingua degli abitanti dei San imposta l’abc dei nostri codici genetici, ci dice lo studioso.
Secondo il mito del pitone, una matrice aliena ha generato una forza lavoro.
Certi siti archeologici, presenti alcuni in Egitto, sono punti di osservatori astronomici di alcune costellazioni secondo le stagioni: il Toro, il Drago, le Pleiadi che sono sette, Orione e il Cane. Sono i riferimenti delle matrici.
Dall’antico Egitto sono partite due matrici. Hanno iniziato un percorso di colonizzazione di tutto il resto.
I San sono portatori dei codici delle matrici delle costellazioni. Con particolare riferimento a quattro costellazioni: Toro, Drago, Orione e Cane.
Con i suoni portano equilibrio al nostro linguaggio parlato.
Interviene la dottoressa Emanuela Scarponi affascinata da Boscimani, molto interessata alle sculture rupestri che sono 3.500. L’enciclopedia dell’epoca, dice che questa lingua arcaica non ha ancora sviluppato le vocali.
La lingua dei San è una lingua aliena, ridimensionata come lingua arcaica.
Le vocali risponde il ricercatore sono giovani. Costantino 1500 anni fa estrapolò dall’alfabeto ebraico, cinque consonanti e le adattò come vocali.
Continua lo studioso: tutto è suono, matrice allo stato puro, dunque il Dna sarebbe originato da una matrice aliena. Per molti il riferimento del dna è: il meteorite, caduto a Terra in un determinato luogo.
Il dna è di matrice aliena.
Non ci sono molti studi sui Boscimani, si è studiato il dna degli Unit, una popolazione della Groenlandia.
Gli Unit sembra abbiano a che fare con i San.
Aggiungendo nuovi dati all’informazione che la scienza ufficiale ci ha dato, dovremmo riscrivere tutto.
Ad esempio nella Bibbia parliamo della costola di Adamo. Mentre la scienza di confine parla di doppio.
Arrivare alla verità un obiettivo molto difficile. Capire e comprendere è determinante per giungere alla realtà rendendo fruibili le notizie.
Il ricercatore dott. A. Pandolfi parla dei San popolo antichissimo, incroci tra popolazioni tali da far perdere le tracce della provenienza.
Sono arrivati a noi per esperimento di ingegneria genetica.
Portatori sani di informazioni, non sono ben visti al Nord né al Sud.
Questo popolo fonte inesauribile dovrebbe essere protetto, perché ha una storia di millenni.
Emanuela Scarponi nel confronto con il ricercatore osserva che i San sembrano più intelligenti dei Bantu, razza molto bella per altro.
Molti sono i rinvenimenti da rituali di resti umani, con corpo minuto e testa grande.
La fondazione Rockfeller nella sua mission compie studi comportamentali. Aggiunge Andrea Pandolfi.
Sono attivi numerosi programmi di ricerca in svariati campi, la fondazione nasce nel 1913.
Nel 1938 con studi compiuti ha coniato il termine lavori: bio-molecolari.
Royal Society ha origini ancora più antiche, si costituisce nel 1662. Curò l’incremento delle scienze fisico- matematiche per la promozione degli studi comportamentali e del linguaggio.
Le due fondazioni sono consultate per interessi nazionali da autorità pubbliche e private.
Il popolo San è in via di estinzione in Namibia. Portatori del famoso codice x per l’influsso di una delle costellazioni.
Quattro i riferimenti delle costellazioni Toro e Drago stavano insieme Orione e Cane.
Orione lascia Cane e si unisce alle altre due, portando il codice della matrice che aveva originato con la costellazione precedente.
La dottoressa Scarponi parla della terra dove vivono i Boscimani, che oggi è stata privatizzata, per essere coltivata. I Boscimani nomadi da tempo, non possono molto circolare ed è stata richiesta una istruzione scolastica. Al momento la loro vita resta complicata.
Tutto ciò che l’Africa è in grado di preservare riuscirà a sopravvivere. Conclude la dottoressa Scarponi.
Noi quello che abbiamo sul nostro pianeta non è negli altri pianeti. Discute il dottore Andrea Pandolfi, educatore bio-comportamentale.
La diversità del nostro pianeta e sicuramente più bello ha incuriosito il ricercatore che attentamente osserva la terra: un laboratorio da cui sono stati strutturati gli esseri umani. Le matrici di specie aliene viaggiano sulle costellazioni ed hanno influssi su pianeta.
Se è vero quello di oggi e vero quello di ieri. Gli abitanti del deserto del Kalahari portatori sani di notevoli informazioni.
Con i suoni della loro lingua potrebbero essere la svolta per determinate ricerche, sono un popolo in via di estinzione e che forse potremmo salvaguardare.
Lavorando sul suono, sulle onde plastiche, ascoltando il linguaggio semplice dei San è possibile far combaciare più opportunità.
L’Africa e la Siberia sono canali di riferimento per la provenienza delle nostre origini.
La natura dell’Africa genera armonia, in sintonia con la forza vitale.
Un continente fortemente esteso difficilmente percorribile, sicuramente per le condizioni climatiche. Tutte ragioni che lo rendono poco conosciuto.
La ricerca ha generato molti dubbi sembrerebbe che non diamo e riceviamo benessere, perché strutturati non per averne.
L’Africa è spesso viene riportata sulle carte geografiche a dimensioni molto ridotte su scala.
Se fosse valorizzata nelle risorse potrebbe provvedere al sostentamento dell’intero pianeta Terra.
Recensione dell’intervista del dottor Andrea Pandolfi.
A cura di Claudia Polveroni Apn Publisher
Florence Korea Film Fest
L'idea di questo reportage nasce dal desiderio di espandere la conoscenza del Festival in quanto snodo per la diffusione dei film coreani e, insieme, di diffondere l’amore per il cinema coreano, che non è un cinema acerbo né può essere considerato meramente una replica orientale di Hollywood.
Il Festival
Il Festival è occasione per poter vedere film altrimenti irreperibili in sala, perché non distribuiti in Italia o non ancora distribuiti, come nel caso delle prime, e offre anche l’opportunità di incontrare dal vivo personalità del mondo cinematografico coreano di statura indiscussa, come i registi Bong Joon-ho e Yim Soon-rye attraverso le masterclass.
Negli ultimi 10 anni si è assistito ad un deciso intensificarsi della cosiddetta onda coreana, Korean Wave o Hallyu Wave, che a partire dagli anni 2000 e dai Paesi orientali, in particolare il Giappone e la Cina, ha investito anche l'Occidente.
Di questa espansione è testimonianza anche il Festival d’Oriente di Roma, che ha previsto una sezione coreana.
Dal cinema alla musica, dalla danza alla cucina, finanche ai corsi di questa difficile lingua, assistiamo ad un fiorire di proposte a tema Corea. Sulla stessa Netflix quasi giornalmente vengono aggiunte produzioni coreane.
Il cinema ha un rapporto con questo fenomeno che è duplice, perché ne è beneficiario, ma anche lo genera, in quanto tutto ciò che può essere considerato produzione cinematografica, quindi cortometraggi, lungometraggi e serie televisive, non è solo un mezzo di intrattenimento, ma è anche un mezzo di trasporto della realtà coreana in altri Paesi. Tali produzioni, infatti, che siano di ambientazione storica o contemporanea, sono vere e proprie finestre che si aprono su una cultura e una realtà per noi molto distanti e che rischiamo facilmente di non comprendere appieno.
La società coreana è sicuramente in un momento, rispetto ai suoi trascorsi storici, che potremmo definire felice, anche grazie a questa “onda coreana”, che naturalmente ha riflessi notevoli, come si può facilmente immaginare, sulla crescita economica del Paese. Questo, tuttavia, non è a costo zero e i costi sociali e culturali della crescita in atto sono, più o meno silenziosamente, denunciati in molte delle produzioni cinematografiche.
In tal senso, con riferimento ai film in programma, “Through My Midwinter”, uno dei film premiati, verte proprio sui dissesti economici, e quindi sociali, che vivono soprattutto i giovani coreani.
Ma vi è anche un altro risvolto, più prettamente culturale, che è costantemente sotteso nei film e nelle serie coreani e che può essere colto nitidamente nel film vincitore del Festival: mi riferisco alla pressione psicologica cui sono sottoposti i giovani in Sud Corea, intrappolati tra valori etici delle generazioni precedenti e le richieste pressanti di una economia in continua rapida ascesa.
“Next Sohee”, il film premiato dalla giuria di questa edizione del Festival, nel denunciare una stortura del sistema formativo presenta senza vis polemica la condizione esistenziale dei ragazzi in età scolastica, condizione che è riportata anche in produzioni il cui focus è centrato su altro. Ad esempio, la recentissima serie Netflix “Corso accelerato sull’amore”, nonostante proponga una trama sentimentale, riporta contestualmente la realtà stressante, fortemente competitiva e con un alto tasso di suicidi in cui crescono i giovani coreani, in particolare i ragazzi, stritolati tra le aspettative familiari e la competitività impietosa di un Paese lanciato al galoppo.
Nel merito
Nel merito, il Festival del cinema coreano di Firenze, che era alla sua 21esima edizione, può essere considerato il festival interamente dedicato al cinema coreano più antico in Europa ed ha una certa diffusione nel suo ambito, grazie anche alla formula della fruizione online sul canale MyMovies di una selezione dei film in programma. Su MyMovies è stato anche possibile seguire la masterclass di Bong Joon-ho, che, come era prevedibile, ha registrato il sold out quasi subito, lasciando moltissimi nella impossibilità di partecipare se non tramite la piattaforma.
Le masterclass organizzate nell’ambito del Festival sono una parte importante di questo evento, in quanto consentono di incontrare dal vivo personalità del calibro di Bong Joon-ho e di approfondire la conoscenza di questa realtà cinematografica attraverso una chiacchierata in libertà, aperta alle richieste del pubblico.
Inaugurato la sera del 30 marzo e concluso la sera del 7 aprile, il Korea Film festival si è svolto presso il cinema-teatro La Compagnia, una location molto gradevole nel centro di Firenze, con una atmosfera da sala da tè di altri tempi che ben introduce allo stile quasi da antidivo dei protagonisti del cinema coreano.
Il Festival, realizzato con il patrocinio di istituzioni italiane e coreane, è stato concepito come uno spazio di realtà coreana trasposta nel centro di Firenze, come ben significato anche dal trailer che lo promuove.
La cerimonia di apertura è stata occasione per offrire un rinfresco di piatti tipici, preparati da due chef sudcoreani presso la scuola alberghiera di Saffi, in virtù di un accordo di collaborazione stipulato con la città di Jeonju.
L’offerta culinaria è proseguita con aperitivi giornalieri a base di assaggi coreani serviti prima della proiezione di prima serata. Essa ha rappresentato la nota di colore di questa edizione, laddove nelle precedenti sono state proposte altre opportunità di contatto con la cultura coreana, come indossare l’Hanbok, l’abito tradizionale coreano, esperienza che è stata offerta anche dall’edizione 2023 del Festival d’Oriente di Roma.
Negli spazi del cinema antistanti la sala di proiezione erano presenti stands per l’assaggio del Soju, per l’offerta omaggio di noodles e la vendita di piccoli souvenirs coreani.
All’interno della cornice del Festival è stato anche presentato il saggio “Squid Game. Analisi della struttura drammaturgica della serie”, di Giuseppina De Nicola, Giorgio Glaviano e Giovanna Volpi, le cui copie erano in vendita nell’area promozionale.
Nell’ambito del festival è stato dedicato poi uno spazio al fumetto coreano, con una mostra realizzata in collaborazione con il Busàn IT Industry Promotion Agency, dal titolo “Mostra Manhwa e Webtoon: Il Futuro del Fumetto”. Essa ha messo a confronto l’opera cinematografica e la trasposizione in webtoon, i fumetti digitali pensati per essere letti su smartphone, che stanno spopolando in Corea del Sud (un coreano su tre legge regolarmente webtoons). Il tema è stato al centro della prima masterclass del festival, dal titolo “Il fumetto del futuro” con la partecipazione degli illustratori Jeong Kyu-Ah e Kim Woo-Seop.
Una impostazione più ampiamente culturale dunque, quella del Festival fiorentino, in linea con l’associazione Taegukgi – Toscana Korea Association, il cui presidente Riccardo Gelli ne cura la realizzazione. Detta associazione è stata fondata nel 2003 per promuovere la diffusione della cultura coreana a Firenze e favorire gli scambi culturali ed economici con la Repubblica di Corea ed è in tal senso molto attiva, collaborando anche con i maggiori festival cinematografici della Corea (Jinju international film festival e Busan international film festival) per inserire nel loro palinsesto rassegne dei protagonisti del cinema italiano.
Partecipare a questo Festival è una esperienza positiva, certamente per chi ama il cinema coreano in particolare, ma ancor di più per chi ama il cinema e conosce poco o per nulla quello coreano. Il festival consente infatti di calarsi in un vero e proprio mondo, con tecniche proprie, che siano di recitazione, sceneggiatura o regia, che elabora prodotti di qualità. Un mondo che, a mio parere, surclassa per certi aspetti il cinema occidentale, che negli ultimi tempi manifesta una certa stanchezza e ripetitività di contenuti.
Percorsi del Festival
Entrando nel merito della programmazione cinematografica, il Festival si è articolato in cinque percorsi, quattro dei quali si sono intrecciati in alcune proiezioni, per un totale di oltre 60 titoli, tra cortometraggi e lungometraggi, che hanno incluso prime visioni e classici contemporanei.
Si è quindi concluso con la premiazione dei film scelti tra le varie sezioni.
Quanto ai percorsi, Corto, Corti! è stato quello dedicato ai cortometraggi, tra i quali è stato premiato “The Autumn Poem” di Park Chan-ho.
Purtroppo, la contemporaneità delle proiezioni obbligava a scegliere se seguire questa sezione o i lungometraggi.
I lungometraggi sono stati raggruppati nei restanti quattro percorsi, ovvero: Orizzonti coreani, che raccoglie i maggiori successi al botteghino sudcoreano degli ultimi mesi, film dei registi più consolidati che già sono stati proiettati ai festival europei.
A questa sezione appartengono due film premiati, “6/45” e “In Our Prime”, di cui parlerò a breve.
Indipendent Korea, che raggruppa i lavori delle giovani promesse e dei registi emergenti del cinema indipendente. I cinque film di questa sezione sono accomunati dal filo conduttore della ricerca di una vita diversa, che sia attraverso l’amore, il lavoro o il tentativo di integrarsi in un contesto estraneo. Appartiene a questa sezione il film “Through My Midwinter”, che ha ottenuto una menzione speciale dalla giuria.
Key-women, sezione introdotta quest’anno per dare spazio al cinema al femminile in considerazione del ruolo centrale della figura femminile nella società e nel cinema coreano.
In questa sezione possiamo far rientrare anche la masterclass dal titolo: “Generazioni di registe a confronto”, cui hanno partecipato le registe Yim Soon-rye, considerata in Patria autrice di spicco, della quale durante il Festival sono stati proiettati due film (“The Point Men” e “Waikiki Brothers”), e July Jung, al suo secondo lungometraggio, risultato vincitore del premio della giuria del Festival, “Next Sohee”.
La Retrospettiva, dedicata quest’anno, per la prima volta in Italia, all’attore Park Hae-il, con la proiezione di sette film significativi del suo percorso artistico. Di questi particolare menzione meritano “A Muse”, di Jung Ji-woo, del 2012, in cui l’attore, che allora aveva 35 anni, ha interpretato un poeta settantenne, “Boomerang Family”, di Song Hae-sung, per lo spaccato socio-familiare che offre, con la capacità tutta coreana di conservare senso dell’humor e non scadere in una drammaticità scontata, e il noir “Decision to Leave”, di Park Chan-wook, che ha guadagnato al regista il Prix de la mise en scène (Miglior Regia) alla 75ma edizione del Festival di Cannes e che è stato anche proiettato nelle sale italiane all’inizio di quest’anno.
Un ventaglio di ruoli che si dipana in un ventennio di professione, registrandone il processo di maturazione dell’attore e la sua indubbia versatilità.
Park Hae-il è anche protagonista del film di apertura, “Hansan: Rising Dragon Redux”, di cui dirò a breve.
A lui, insieme al regista Kim Han-Min, è stata dedicata la masterclass dal titolo “Note d’attore e regista”.
Programmazione
Nella programmazione sono stati inclusi tutti i generi, dal thriller alla commedia, dalle pellicole impegnate agli action movie, passando per il poliziesco, l’horror e il giallo, a testimonianza di una produzione variegata che si modula secondo diverse scuole e tecniche, sempre con maestria.
Di tutti i titoli in programma, alcuni sono imperdibili.
“Christmas Carol” di Kim Sung-soo, la storia di un ragazzo che entra in un centro di detenzione minorile per vendicare la morte del fratello. La vendetta è uno dei temi cari al cinema coreano e di solito si consuma lavorando nell’ombra e aspettando pazientemente il proprio momento. Il fatto che il film sia ambientato in una situazione di per sé violenta e difficile, rende tutto più complicato per il giovane protagonista.
Il gruppo di giovani attori che compone il cast è di una bravura sorprendente, perché riescono a tenere alta la tensione sia nelle scene di dialogo che in quelle di azione in maniera esemplare. Inoltre, non ci sono controfigure e tutte le scene di azione sono state girate dai ragazzi, con notevole coordinazione.
“Confession” di Yoon Jong-seok, è un noir, un mystery thriller ben costruito. Con una serie di flashback, piano piano si disvela la realtà in una tensione crescente. Notevole la colonna sonora, molto evocativa, composta da Mowg, autore conosciuto per la colonna sonora di “Bourning” di Lee Chang-dong.
“Hunt”, prima italiana, è un thriller di spionaggio diretto da Lee Jung-jae, attore che era stato ospite premiato della scorsa edizione del festival, e che ha raggiunto il successo mondiale nella serie Netflix “Squid Game”, qui al suo primo lungometraggio in qualità di regista.
Si tratta di un film ambientato negli anni Ottanta che racconta un momento della Corea del Sud estremamente diverso da quello attuale, un momento di politica interna molto tesa. A fianco di Lee Jung-jae, che ne è anche protagonista, troviamo Jung Woo-sung.
I due attori sono legati da un rapporto molto particolare, perché iniziarono a lavorare insieme, quando erano entrambi modelli affermati, con il film “City of the Rising Sun” (1999); si è creato da allora un rapporto di amicizia che è diventato anche professionale, quando come partner hanno fondando una loro agenzia, cui hanno aderito molti attori coreani. Questo film è stato quindi l’occasione, per due attori che avevano cominciato insieme, di presentare, una ventina di anni dopo, una nuova collaborazione al Festival di Cannes.
“A Tour Guide”, di Kwak Eun-mi, storia di una giovane dissidente nordcoreana che cerca di trovare la sua strada in Corea del Sud facendo la guida turistica.
È un film che tocca un tema ricorrente e molto sentito in Corea, che è quello dei dissidenti, dei quali sempre si denunciano le difficoltà di inserimento, nonostante il desiderio di integrarsi.
“Gyong-ah's Daughter”, di Kim Jung-eun, è un film toccante sul tema degli abusi e del modo di ognuno di affrontarli. Emerge la forza delle due protagoniste, madre e figlia, la loro relazione fatta di luci e ombre, i loro abusi a confronto e il loro modo di uscirne, insieme e da sole. È un film molto forte sulla tematica del revenge porn, sfortunatamente sempre più attuale, che fa molto riflettere, anche sull’importanza di come vengono trattate le vittime degli abusi nella comunità, di come loro si sentono trattate e di come trattano loro stesse.
Vi sono poi due film che meritano una attenzione particolare, pur non essendo stati premiati.
Il primo è il film di apertura, “Hansan: Dragon Raising Redux”, che è stato presentato dal regista Kim Han-min ed è stato proiettato in anteprima.
Questo kolossal bellico è il secondo capitolo di una trilogia sulle battaglie guidate dall’ammiraglio Yi Sun-sin, nel XVI secolo, e segue il primo film, “The Admiral: Roaring Currents”, che nel 2014 è stato campione d’incassi in Corea con un record di spettatori ancora ineguagliato.
Il film vanta un cast d’eccezione: accanto a Park Hae-il, che ha recitato in oltre 50 tra film e serie ed è stato diretto da registi quali Bong Joon-ho e Park Chan-wook, troviamo Ahn Sung-Ki, uno degli attori più rispettati del panorama coreano, e il bravissimo Byun Yo-han, famoso per la serie di successo “Mr. Sunshine”.
Il film racconta di come l’ammiraglio Yi Sun-sin sia riuscito a sconfiggere la flotta principale giapponese. La battaglia dell’isola di Hansan in termini di importanza storica è, come ha fatto notare lo stesso regista, l’equivalente della nostra battaglia di Lepanto. Essa riuscì non solo a fermare la flotta nemica, ma soprattutto a rinvigorire gli animi dell’esercito coreano, che era molto scoraggiato dalle ripetute sconfitte a terra.
La narrazione è stata creata sulla base del diario dell’Ammiraglio, integrato da deduzioni e interpretazioni personali del regista.
Il lavoro per realizzare la trilogia è stato molto lungo e complesso, soprattutto per le riprese del primo film, per via delle riprese a mare. Tra il primo e il secondo film sono trascorsi otto anni, mentre, con l’evoluzione delle tecnologie si è riusciti a girare il terzo capitolo già insieme al secondo, potendo realizzarli utilizzando la computer grafica per le scene in mare.
È un film impressionante, per numero di comparse, ambientazione e realizzazione, di quelli che non si vedono più. Vale dunque assolutamente la pena vederlo, anche per conoscere qualcosa di più della storia della Corea.
Infine, “The Point Men”, della regista Yim Soon-rye, che lo ha presentato. Della produzione di questo film la regista ha parlato anche durante la masterclass cui ha partecipato.
Il film è stato in testa al box office coreano già dal primo giorno di uscita nelle sale, sia perché la regista è molto conosciuta, sia perché gli interpreti principali sono due attori che hanno un seguito notevole in Patria e all’estero: Hyun Bin, conosciuto in Italia per la serie Netflix “Crash landing on you”, e Hwuang Jung-min, molto amato in Patria. I due attori sono stati chiamati a recitare ruoli che sono diversi da quelli già usuali e questo ha richiesto a entrambi un lavoro particolare. In particolare, Hyun Bin, che è noto per ruoli sentimentali, si è impegnato molto per mostrare al pubblico una versione della sua recitazione finora inedita ed il risultato è senz’altro convincente.
Il film è ispirato a un fatto realmente accaduto in Afghanistan, ovvero il rapimento di 23 missionari coreani da parte dei talebani, e segue la trattativa tra il Governo coreano e le tribù afgane volta a liberarli.
Sotteso alla vicenda c’è, per espressa dichiarazione della regista, il tema della religione vissuta in maniera ossessiva, che porta fino alla disobbedienza civile. Non emerge solo il fanatismo talebano, ma anche la visione dei missionari, che sono entrati in Afghanistan contravvenendo la direttiva del Governo coreano, che aveva intimato ai propri cittadini di non andare in quel Paese.
Per questo motivo il rapimento dei missionari e la successiva trattativa hanno sollevato un vero e proprio dibattito in Corea, perché non era unanime ritenere che il Governo dovesse spendere i soldi dei contribuenti per salvare le persone rapite.
Il film, curato nei dettagli, è stato realizzato con un budget notevole. Ciò non ha impedito che la produzione incontrasse una serie di difficoltà.
Anzitutto le riprese, girate nel deserto giordano, sono iniziate in piena pandemia con tutte le difficoltà del caso. Ciò è stato possibile perché la Regina di Giordania, essendo una fan di Hyun Bin, ha fatto in modo che il programma di lavoro potesse essere rispettato.
Inoltre, poiché in Giordania la lingua afgana non è conosciuta e gli attori afgani sono pochissimi, la produzione ha dovuto risolvere diverse problematiche di tipo linguistico, insegnando agli attori a parlare afgano e coordinando il lavoro di un set multietnico.
Questo film testimonia non solo l’ampio spettro di recitazione dei protagonisti, ma anche la versatilità della regista, che ha diretto un action movie adrenalinico in cui appaiono quasi esclusivamente attori uomini, in condizioni ambientali ostiche, una produzione molto diversa dalla passata, quando aveva diretto film intimisti come Little Forest o musicali come Waikiki brothers.
Premiazione
Infine, sono stati premiati i film vincitori di questa 21esima edizione.
“Next Sohee”, di July Jung, come si è detto, è stato premiato dalla giuria come miglior film. Esso narra di una studentessa brillante e con una ricca personalità, che resta imprigionata in un sistema che la stritola, condannata dalle aspettative familiari e dalla propria etica a spegnersi, perdendo via via la sua luce.
Significativa la motivazione scritta dalla giuria per il conferimento del premio a questo film: «una immersione graduale poetica e totalizzante dentro il mistero di una vita giovane, fatta di desideri semplici. La complessiva comprensione di una voce finora soffocata da un sistema, che chiede di esserci senza esistere veramente. Con il passo dolce ed insieme fermo di chi lotta per una verità scomoda, Next Sohee ci accompagna alla consapevolezza che solo fermandosi ad ascoltare proprio dove la speranza si è persa è possibile ripartire e magari cambiare qualcosa».
Illuminante è altresì la motivazione per la menzione speciale della giuria per “Through My Midwinter”, di Oh Seong-ho, un film che racconta le difficoltà di una coppia, messa a dura prova da circostanze economico-lavorative comuni tra i giovani della realtà urbana sudcoreana. Secondo la giuria, il film «attraverso pochi, essenziali, elementi narrativi e visivi, è capace di raccontare una storia universale di sconfitta e allontanamento, rendendo le mute forze sociali evidenti e vicinissime al cuore dei due protagonisti che ne restano schiacciati. Il lavoro, la classe, l’ascesa (o la discesa) sociale, l’amore, disegnati con tratti leggeri e delicati, pur restando fortemente ancorati alla Corea, ne trascendono i confini e parlano forse della nostra condizione di uomini del XXI secolo».
“6/45”, di Park Gyu-tae, premiato quale miglior film dal pubblico, è una commedia davvero molto divertente, che tratta in maniera del tutto originale la problematica, fortemente sentita e presente in molti film coreani, della divisione Nord-Sud e dei rapporti umani tra le due parti. Un film divertente e commovente al contempo.
Il regista Park Gyu-tae, nel presentare la proiezione, ha detto di aver deciso di affrontare la questione della divisione del Paese con una commedia secondo la massima di Chaplin, per cui vista da vicino la vita è una tragedia, ma vista da lontano sembra una commedia. Ha poi spiegato di aver diretto gli attori affinché recitassero senza ricorrere al registro comico, focalizzandosi sulla situazione, con il risultato di ottenere una comicità più convincente.
Anche “In Our Prime”, di Park Dong-hoon, scelto dal pubblico online, tratta della divisione tra Nord e Sud dal punto di vista di un dissidente e della sua difficile integrazione, un tema, come abbiamo visto, ricorrente nella cinematografia coreana.
Il film riporta sullo schermo un attore sensazionale qual è Choi Min-sik, che qui accompagna un giovanissimo che ha debuttato da pochi anni.
Un incontro generazionale e un rapporto di fiducia e rispetto tra due persone molto distanti tra loro, che entrano in contatto quando il giovane si trova in difficoltà. Scoprirà allora che il dissidente nordcoreano che lavora come responsabile della sicurezza nel suo liceo è in realtà un famoso matematico.
Chiusura del Festival
Dopo la premiazione, il Festival si è concluso con la proiezione di “Life is Beautiful”, di Choi Kook-hee, un musical centrato su due attori protagonisti di mezza età, per la prima volta impegnati nel genere musicale. Ancora una volta si conferma l’originalità del cinema coreano, maestro nel fondere i registri comico e drammatico e nel sorprendere lo spettatore con colpi di scena, anche in storie strutturalmente prive di suspence.