28-09-2020


                                                                                                                                                               Dante e l’Oriente
      Il nostro viaggio ha inizio presso la caotica Varanasi, con i riti indu attentamente riprodotti nelle mie fotografie e nei video, strappati alla sacralità religiosa: è meta ultima di tutti gli uomini dell’India, ed il Gange punto d’approdo e di partenza delle anime erranti: con le sue rive sembra di entrare letteralmente nel Canto Terzo della Divina Commedia di Dante Alighieri (1304-1321), dove Caronte traghetta le anime erranti da una riva all’altra del fiume Acheronte.
Più vado avanti e più mi imbatto in altri, grandi critici letterari, questi sì, che hanno studiato il rapporto tra Dante e l’India. Ecco i versi danteschi del Purgatorio XXVII, 1-5”...Sì come quando i primi raggi vibra - là dove il suo fattor lo sangue sparse - cadendo libero sotto l’alta Libra - e, l’onde in Gange da nona riarse, - sì stava il sole...”.
     Dante quindi conosceva il Gange, secondo questi studiosi leggendo gli scritti di Alessandro Magno, ma nessun accenno si fa alla cremazione che ha luogo sul fiume Gange. Ora pare improbabile che Dante non fosse venuto a conoscenza dei riti religiosi praticati su questo fiume. Da notare inoltre le date di composizione e pubblicazione delle due opere. Ne nasce una riflessione sui rapporti tra Buddhismo e Occidente.
L’ipotesi più accreditata è che la fonte delle sue conoscenze sull’argomento fosse Alessandro Magno. In Europa le prime notizie sugli usi e costumi degli indiani dell’India e sulla religione buddhista giunsero al tempo delle conquiste di Alessandro Magno (326-323 a.C.), il quale era rimasto molto colpito dall’ascetismo indu. Il periodo d’oro dei contatti tra Oriente e Occidente si realizza, pur in mezzo a terribili crociate, nel XIII secolo: dal francescano Giovanni da Pian del Carpine, che scrisse una Storia dei Mongoli, trattando con molto rispetto i Buddhisti, a Guglielmo di Rubruck, inviato dal re di Francia, sino al famoso Marco Polo, inviato da Venezia, che nel Milione esprime la sua ammirazione per la figura del Buddha.
Ma è talmente forte la verosimiglianza che tutti cerchiamo di darne una spiegazione razionale ed ipotizziamo che il nostro Dante Alighieri si sia invero ispirato a racconti pur traslati dai menestrelli nei castelli medievali di viaggiatori erranti; a notizie ed a testimonianze incredibili, raccolte di villaggio in villaggio legate al viaggio di Marco Polo (1254-1324) in Asia.
Ecco quanto emerge dagli approfondimenti sull’argomento: dopo il primo viaggio del padre Niccolò e dello zio Matteo, durante il quale giunsero alla Corte del Gran Khan, Marco Polo adolescente giunse in Cina con loro, percorrendo la famosa “Via della Seta”. Rimasero in Cina 17 anni, onorati ed investiti di cariche governative. Marco in particolare per le sue missioni ufficiali si spinse nello Yunnan, nel Tibet, in Birmania, in India, lungo tragitti che ancora oggi presentano difficoltà per nulla lievi, anche prescindendo dalle condizioni politiche.
      Il 7 settembre 1298 ritroviamo Marco Polo su una delle 90 navi veneziane sconfitte nella Battaglia di Curzola dai Genovesi. Durante la sua prigionia a Genova, le cronache del viaggio e della permanenza in Asia furono quasi certamente trascritte in francese da Rustichello da Pisa che le raccolse sotto il titolo Devisiment dou monde, poi divenuto noto come “il Milione”.
Come avrebbe fatto Dante a venire in contatto con Rustichello da Pisa e con il Milione di Marco Polo? Forse a Verona?
“...E’ notorio che Cangrande della Scala, come prima suo zio Mastino, acquistò quel nome “Cane” grazie alla notorietà di Kublai Khan e del Gran Khan, potentissimi signori del lontano Estremo Oriente. E’ notorio che ciò avvenne grazie alla diffusione del “Milione” che Marco Polo dettò al novelliere Rustichello da Pisa suo compagno di carcere a Genova e personaggio dal destino ignoto. E’ pure notorio che Cangrande della Scala aprì la propria casa a poeti e artisti, tra cui Dante, e fondò una università di corte dove insegnavano i maggiori letterati dell’epoca...”.
      Non si parla molto della permanenza di Dante a Verona. Eppure fu la sua prima destinazione dopo l'esilio da Firenze. Vi rimase almeno sette anni, scrivendovi parte della Divina Commedia nella quale sono molti i riferimenti alla città e ai suoi personaggi storici dal 1303 al 1304, ospitato da Bartolomeo della Scala, fratello di Cangrande, e dal 1312 al 1318, ospitato dallo stesso Cangrande. In pratica trascorse a Verona quasi la metà degli anni dell'esilio...
Ma forse è solo una suggestione di noi viaggiatori...

Emanuela Scarponi

 

 



20-09-2020

                                                                                                                                                   Il regno del Ghana ed il Medioevo europeo
       Dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, bisogna aspettare il XIIesimo secolo per veder riprendere l'economia di tutta l'Europa, perché ritorna ad essere presente l'oro, e di conseguenza si sviluppano i commerci, a lungo raggio. scomparsi.
Il Medioevo non fu affatto quindi un periodo buio, ma al contrario fu un'epoca in cui i commerci, soprattutto marittimi, ebbero uno sviluppo eccezionale e non fu certo l'Islam a bloccare la continuità commerciale del Mediterraneo. Importantissimi furono i contatti che ebbero le principali città marinare come Genova, Pisa, Venezia, Barcellona, con la costa dell'Africa settentrionale e con il Medio Oriente. I principali porti islamici, importanti per la loro posizione strategica per le rotte commerciali e per ricchezza di prodotti, erano Ceuta, Tunisi, Algeri, Bugìa e Alessandria. Da lì verso il deserto...
Tra questi, Marrakesh, un tempo città imperiale del Marocco occidentale, è ancora oggi un importante centro economico ricco di moschee, palazzi e giardini. Le sue stradine labirintiche molto affollate sono un susseguirsi di souk, che vendono stoffe, ceramiche e gioielli, ma è la piazza di Marrakesh, Jemaa el-Fnaa, a restare indelebile nella mente del viaggiatore. Insomma, l’atmosfera è rimasta magicamente identica nei secoli. E vi si può trovare di tutto: la cosa più incredibile le scimmie in vendita!
Infatti risulta essere l'ultima oasi prima del deserto del Sahara e costituisce, quindi, approdo sicuro per coloro che lo hanno attraversato, per approvvigionamento di acqua e di cibo, luogo di riparo sicuro in abitazioni elegantemente arredate con grandi giardini e piscine.
         Marrakesh è, malgrado la modernità, rimasto luogo di incontro delle molteplici etnie delle popolazioni che vivono nelle zone limitrofe al deserto: nasce e si sviluppa come mercato per scambio di prodotti tra le popolazioni. Da sempre a Marrakesh giungono le carovane del deserto con i prodotti provenienti dall'Africa cosiddetta nera, cioè la parte geografica situata al di sotto del deserto del Sahara, dove vive indisturbata ed in libertà la fauna più bella, unica ormai al mondo.
E' più facile capire l'importanza economica strategica e di scambio del Nord Africa, se la si vede dalla prospettiva ottica di uomini provenienti dal Sud del deserto, cioè con l'occhio di chi proviene dall'Africa nera con i suoi prodotti.
Vi abitano le tribù dei Berberi ai limiti estremi delle oasi, prima del grande deserto. I veri padroni però del deserto erano e sono tuttora i Tuareg, i cosiddetti uomini dal sangue blu, che con le loro carovane potevano unici attraversare il deserto da una parte all'altra, essendo nomadi e conoscendo tutte le oasi dove potersi dissetare e dove poter far dissetare i propri animali. Le carovane del deserto, trainate un tempo da dromedari e cammelli trasportano passo dopo passo i prodotti preziosi provenienti dai Paesi a Sud del Sahara, quali il Ghana, il Sudan, il Mali, ricchi di oro, argento, e straordinari manufatti di rara bellezza.
         La maggiore via carovaniera, detta anche Via dell'oro, aveva come inizio appunto il regno del Ghana e arrivava fino alla città di Sijilmassa: da qui partivano verso il deserto come se si trattasse d’un mare, guidati da esperti che si orientano guardando le stelle o le rocce che incontrano lungo la strada .per raggiungere Fez, Tangeri o Ceuta dove fu stabilita una zecca fatimide, coniando monete d'oro contro il potere abbaside.
L'Impero del Ghana (300-1076) era situato nell'attuale Sud-Est della Mauritania, nel Nord della Costa d'Avorio e in parte del Mali a dispetto del nome, dunque, non vi è alcuna correlazione geografica con l'odierno Ghana.
Benché l'impero fosse chiamato Wagadou dai suoi cittadini di etnia Soninké, in Europa e in Arabia divenne famoso col nome di Ghana ovvero "re guerriero" con riferimento al suo sovrano.
Il suo periodo di massima espansione risale all'VIII secolo, quando la rivoluzione economica portata nel Sahel dall'introduzione dei dromedari da parte degli Arabi consentì la nascita delle vie commerciali trans-sahariane. La possibilità di commerciare oro, avorio e sale con le popolazioni del Nordafrica e persino del Medio Oriente e dell'Europa portò nel Sahel una grande ricchezza, che a sua volta consentì un'organizzazione più centralizzata dello stato.
          L'Impero del Ghana fu il primo di molti imperi che sorsero in quella regione dell'Africa. Fra il IV e l'XI secolo dominava gran parte dell'Africa occidentale.
Dal Sudan occidentale proveniva la maggior parte dell'oro che il vecchio continente importava grazie al controllo dei porti sulla costa magrebina. Le testimonianze riguardo a questo Impero Africano le abbiamo da un grande geografo musulmano dell’XI secolo El-Bekrì; ed è grazie a lui che si è potuti risalire alla derivazione del nome del regno: Ghana, o Kana che, nella lingua Malinke, significa Capo.
La forza dell'impero africano si basava quasi esclusivamente sull'estrazione di oro che veniva ridotto in polvere e trasportato attraverso tutto il deserto del Sahara fino ai porti della costa settentrionale africana per essere caricato in navi mercantili dirette verso i porti europei. Ma vendevano anche il sale, la frutta secca che aveva un valore altissimo nel Medioevo e addirittura veniva usata per scambiarla con l'oro, il corallo e le tinte per tingere i vestiti. Numerosissimi erano i mercanti che raggiungevano il Sudan Occidentale per trattare direttamente accordi per scambi commerciali e accaparrarsi i migliori prodotti da poter rivendere poi nei mercati europei.
          Nell'XI secolo, l'Impero del Ghana entrò in guerra con i Berberi musulmani Almoravidi. La capitale dell'impero, Kumbi Saleh, subì un saccheggio distruttivo da parte dei Almoravidi che portarono ad un declino del Regno inarrestabile, fino al punto che il Regno del Mali lo soppiantò completamente e cadde nel 1076. Gli Almoravidi non imposero il proprio controllo sulla regione, tornando a ritirarsi verso il Nordafrica, e le province dell'impero divennero di fatto indipendenti.
Ho voluto evidenziare queste particolari fasi della storia antica che ci legano all'Africa per dimostrare come in realtà il Mar Mediterraneo abbia costutuito un legame indissolubile, fondamentale tra i popoli sin dall'antichità.

Emanuela Scarponi

 

13-08-2020


                                                                                                                           L'Umbria ed i tesori nascosti in Acquasparta

 


          Lontana dal mare, nel cuore della penisola, l’Umbria sembra raccogliersi intorno ai suoi verdi colli. Prese il nome dai suoi antichi abitanti: gli Umbri.
Pellegrini di tutto il mondo vengono a visitarla per le sue colline, per i suoi borghi, per la sua arte, per le sue chiese: dappertutto si respira un messaggio di amore, un invito alla pace. Tra questi borghi ricordiamo “Acquasparta“ ubicata in un paesaggio verdeggiante, con colli, campi coltivati a vigneti ed uliveti un po' dappertutto. I girasoli tutti intorno ci guardano rendendo il paesaggio quasi unico al mondo. Questo nome «Acquasparta» proviene dal fatto di essere un piccolo centro circondato dalle acque in ogni sua parte.
C'è la fonte dell'Amerino, che ricorda il passaggio di San Francesco, visibile all'entrata, la fonte di Furapane, la fonte di San Faustino ed infine quella di Sangemini, tutte acque conosciute ed apprezzate, grazie ai minerali che contengono e alle loro capacità curative.
Nella chiesa di Acquasparta, esattamente «San Francesco» c’è una tela che merita veramente di essere descritta, non solo per la sua bellezza, ma soprattutto per il suo valore storico ed artistico.
          La Chiesa, posta fuori le mura, fu fatta costruire nel 1294 dal cardinale Matteo Bentivegna, Padre Generale dei Padri Francescani Conventuali. Quando essi furono cacciati dall’occupazione napoleonica, la chiesa ebbe un periodo piuttosto travagliato ma, in seguito ai lavori voluti dagli abitanti, la chiesa è stata restaurata ed è tornata ad essere visitabile.
Nel 1882 al di sopra dell’altare fu collocata una statua lignea della Madonna della Stella, per cui essa fu chiamata già da allora “Chiesa della Madonna della Stella.
Ma l’opera pregevole, per fattura e per contenuto spirituale, è sicuramente la tavola francescana, copia della Pala Bardi, che si trova all’interno della cappella dei Bardi nella chiesa di santa Croce a Firenze.
Per alcuni studiosi, l’autore di questa pala sembra ignoto e la datazione sembra risalire agli anni che vanno tra il 1243 ed il 1257; essa è basata sulla «Vita Prima» di Tommaso da Celano, per la canonizzazione di San Francesco. La Pala Bardi, dopo svariate interpretazioni da parte di storici e studiosi dell’arte, si può considerare un modello e fu copiata con grande bravura nelle due tele conservate, una a Collevaldelsa ed un’altra proprio qui ad Acquasparta.
La tela della chiesa della Madonna della Stella o di San Francesco, come si può chiamare, si può considerare dai critici «copia perfetta».
L’unica parte mancante è quella inferiore, cioè in fondo, perché nell’originale erano compresi quattro episodi della vita del Santo di Assisi.
          La mancanza di documenti diretti sulla Chiesa e sul convento non ci permettono di conoscere la data di questa copia, ne capire bene quale fosse l’autore e il perché di questa parte mancante.
Secondo autorevoli osservatori, la tela di Acquasparta dovrebbe risalire ai primi anni del XVII secolo ed aveva lo scopo di proporre ai religiosi del convento e al popolo di Acquasparta la figura e gli insegnamenti di vita offerti dal poverello di Assisi. Eloquenti sono le parole scritte sul cartiglio: “Hunc exaudite perhibenthem dogmata vitae“.
          I quadri di codesta Pala sono tutti episodi della vita del Santo di Assisi, che il Celano precedentemente lo paragonò agli apostoli, dicendo: «La provvidenza di Dio mandò nel mondo quest’uomo perché fosse testimone della Verità a tutti gli uomini!».
In questa pala meravigliosa si nota: Francesco liberato dalla prigionia paterna, La rinuncia dei beni, La scelta dell’abito, L’ascolto del Vangelo, L’approvazione della regola, Il Natale di Greccio, La predicazione agli uccelli, L’esempio, Le stimmate, La cura del lebbrosi, La morte di San Francesco, I miracoli alla tomba, La sua canonizzazione, Lo scampato naufragio, Il ringraziamento dei marinai, La guarigione del paralitico Bartolomeo.
Anche se in questa tela di Acquasparta mancano alcuni episodi non cambia e non diminuisce la bellezza della medesima e tantomeno la ricchezza del messaggio.

Emanuela Scarponi

 

 

04-09-2020

 

                                                                                                                                             Esploratori ed interessanti esplorazioni: Alvise Ca’ da Mosto

        L’Africa è sempre stata ed è tuttora un continente tanto affascinante e misterioso, ma del tutto sconosciuto ai tempi del nostro esploratore Alvise Ca’ da Mosto.
All’origine delle grandi scoperte, specialmente nel Rinascimento, c’era molto spesso il desiderio e l’inseguimento alla ricchezza rappresentata dalla ricerca dell’oro.
In questo periodo grande importanza ebbero le figure sia dei missionari che degli esploratori. I primi andarono in Africa per portare la religione, insegnarono ai nativi a lottare contro le malattie, la fame, le prepotenze; fecero del bene ai popoli indigeni e combatterono anche per liberarli dalla continua minaccia della schiavitù.
        Gli esploratori furono mossi da uno spirito di avventura che li portò ad attraversare l’Africa equatoriale e non, scoprendo deserti, fiumi, laghi immensi, popoli, e tribù di etnie diverse.
Ogni esploratore era soprattutto ricercatore d’oro; il fascino e la conquista di questo metallo sono presenti sin dall’antichità in tutte le religioni e le storie del mondo.
Trovare l’oro significava la ricchezza, cambiare vita per sé e tutta la famiglia. Infatti si era sempre saputo che questo splendido metallo si trovasse tra le acque, tra i fiumi di fuoco sotterranei e che con l’aria esso si coagulava trasformandosi in splendide pepite cristallizzate e luminose.
Alvise Ca’ da Mosto apparteneva ad una nota famiglia veneziana, anche egli pensò di partire per andare a cercare la ricchezza. Era nato nel 1429, la casa paterna era posta sul Canal Grande; appena adulto. insieme al fratello e ad alcuni suoi compagni, cominciò a pensare e a prepararsi per questa fantastica avventura.
        L’Africa però rappresentava un grande pericolo; terra immane dal clima impossibile, abitata da tribù terribili, infestata da animali feroci e piena di insidie. Allora pensò di raggiungere il Nord Europa e iniziare a cercare la fortuna nel commercio nelle Fiandre, ricche e civilizzate.
Nel 1454 Alvise Ca’ da Mosto uscì dal Mediterraneo con le sue galee, ma all’estremità sudoccidentale del Portogallo una grande tempesta lo convinse a non continuare. Proprio a Capo San Vincenzo sorgeva la villa di Enrico il navigatore, un grande personaggio noto per la sua fama di ricercatore e grande oceanografico.
         Egli nel suo studio ospitava le menti eccelse dell’epoca e studiosi interessati alla navigazione, alla cartografia, alla geografia, all’astronomia.
Enrico degli Aviz chiamava la sua dimora “la reposera” dove, al contrario del nome, non si faceva altro che parlare, studiare, scambiarsi opinioni e consigli sul da farsi per ogni spedizione.
Il nobile portoghese venne a sapere che lì vicino sostavano alcuni navigatori veneziani; non esitò a contattarli, sapeva che i Veneziani erano ottimi esploratori e anche a lui servivano uomini che esplorassero la costa occidentale dell’Africa per capire da dove venisse l’oro portato in Europa da strani mercanti.
         Ca’ Mosto ascoltò e accettò di cambiare rotta e di dirigersi verso la “Bassa Etiopia“.
Il metallo giallo proveniva dall’Africa per poi essere portato nel Mediterraneo da carovaniere che attraversavano il deserto del Sahara, quindi bisognava cercarlo alla fonte e scoprire dove si estraeva.
Così dopo aver fatto tappa alle Canarie, entrò nella foce del fiume Senegal, caricò schiavi per ottenere informazioni sul viaggio; non riuscì mai a sapere dove fosse “l’Eldorado africano“. Riuscì però a conoscere i meccanismi ed i sistemi di commercio che riguardavano questo prodotto.
         Infatti il sale era considerato un minerale importante ed utile alla vita umana, sappiamo tutti come questo prodotto fosse considerato importante.
Già ai tempi dei Romani e anche nella storia passata esso fu motivo di scambi, di commerci e anche di guerre.
Anche per gli Africani il sale era un alimento vitale, prezioso anche più dell’oro; esso serviva per integrare i sali minerali persi dal corpo a causa dell’enorme caldo di quelle terre. Quindi Ca’ da Mosto ebbe notizie importantissime che riguardavano lo scambio di questi due prodotti: alcune etnie davano il sale, altre l’oro.
Le fonti sicure di questi prodotti non furono mai scoperte dal nostro esploratore perché nessuno parlava, adducendo al fatto di non capire la lingua.
Questa contrattazione avveniva in modo molto strano: una certa popolazione sottoposta all'imperatore del Mali trasportava blocchi di sale nel deserto che poi venivano numerati e sistemati in mucchi; un’altra etnia - entrambe sconosciute fra di loro - portavano l’oro che sistemavano davanti ai mucchi del sale.
       Questi uomini si dovevano allontanare dal luogo, mantenendo una distanza di cinque giorni di cammino, secondo una tradizione stabilita da secoli.
Ca’ da Mosto comprese così i meccanismi di questo commercio; pur cercando dappertutto ed interrogando mercanti, produttori di sale, schiavi, non riuscì mai a sapere ed a conoscere la vera fonte di queste materie.
Tuttora i mercanti, senza mai parlare tra di loro, si dirigono verso i tre mercati più importanti: uno in Medio Oriente, uno dal Mali al Marocco e l’altro verso tutte le strade del Mediterraneo.
Così scriveva Ca’ da Mosto: “E da questi luoghi lo compriamo, noi cristiani dai mori, per le diverse mercanzie che li demo“, deluso dal tentativo di indagare sulle origini dell’oro africano e le possibilità di inserirsi in quel commercio tanto desiderato. Dopo numerose spedizioni con un altro grande esploratore, Antoniotto Usodimare, al suo ritorno a Venezia, fu messo a capo dei commerci veneziani con l’Egitto. Morì giovane nel 1483, guarda caso mentre Venezia combatteva con Ferrara per il monopolio del sale.

Emanuela Scarponi



30-07-2020


                                                                                                                                                        Cecil Rhodes

     Cecil Rhodes, son of an Anglican pastor, was born on July 5th, 1853 in Hertfordshire. He arrived for the first time to Natal in 1870, hosted by his brother, owner of a cotton plantation, to treat a lung disease that afflicted him all his life. After a few months he moved to Kimberley, where a real “gold and diamond fever” attracted adventurers from all over the world. Here he demonstrated all his ability as a businessman: he bought mining concessions and made huge profits, so much so that he could afford to finance the railway between Cape Town and Kimberley, facilitating connections between the capital of diamonds and the rest of the British colony. Rhodes was only 23 at the time, but he was already very rich. In the following years, heedless of scandals and gossips, he continued in his successes. With the support of the Rothschilds he managed to defeat all rivals in controlling the diamond shafts and ended up clashing with the rival group of Barney Barnato. It was a fierce struggle, which ended with Rhodes' victory: with a check of 5 million pounds, Rhodes bought the Kimberley mine in Barnato and by merging the two companies - we are in 1883 - he created the De Beers Consolitated Mines, a powerful and active company still today, guided, after Rhodes, by Ernest Oppenheimer and his son Harry. At the age of 35, Rhodes possessed a huge capital: he controlled 90% of the diamonds of the world and a share of the gold thread discovered in the Witwatersrand, near Johannesburg. But diamonds and gold were no longer enough: he wanted a personal empire. In 1889 he founded BSAC, the British South Africa Company, obtained the mining concession in Zimbabwe and financed the railway that reached Bulawayo: above all he paved the way for British troops for the integration of Anglo-Saxon possessions from North to South of the continent and financed the wars against the Boers, thus deleting an whole generation of Afrikaners. With the support of some unscrupulous gentlemen like him, Cecil Rhodes managed to put Beachuanaland, in Botswana, under British control and to persuade Lobenguela, lord of Matabeleland and Mashona territory, the heart of Zimbabwe, to subscribe an agreement with him, the authorization to "dig a well", but, in reality, it was a matter of conferring the mining concession on the whole territory of the kingdom in exchange for a thousand rifles, ten thousand cartridges, a run-down steamship and a hundred pounds monthly salary, until Lobenguela's death. In seven years, Rhodes and his allies occupied all Lobenguela lands, who contracted smallpox and died a year after treaty. Becoming prime minister of the Cape Colony in 1890, Cecil quickly realized his dreams: the British Crown entrusted him with a special mandate that land which then, five years later, in his honour, will be called Rhodesia and included the actual Zambia and Zimbabwe.

      A few years later, however, the setting changed. Rhodes, in late 1895, secretly financed the expedition of one of his men, Starr Jameson, to the Witwatersrand, with the intent to provoke a revolt among the foreigners who worked in the gold mines and to remove this rich area from the possession of the Boer Republic of Transvaal, led by Paul Kruger, his historic enemy. But the attempt failed and the truth got out and Rhodes was forced to resign from prime minister. Rhodes died on March 26th, 1902. He left most of his possessions to the Rhodes Scholarship, a foundation that still today deals with the study of young fellows from all Commonwealth countries at the University of Oxford. By his express will, he was buried on the hills of Matopo, not far from the tomb of King Mzilikazi, Lobenguela father. There are also traces of Rhodes in South Africa: his office in Kimberley, the imposing mausoleum dedicated to him in Cape Town; and also in Zimbabwe: the Rhodes Museum and the Rainbow Nyanga Lodge.
Emanuela Scarponi

traduzione

Cecil Rhodes, figlio di un pastore anglicano, nacque il 5 luglio 1853 nell'Hertfordshire. Arrivò per la prima volta nel Natal nel 1870, ospite dal fratello, proprietario di una piantagione di cotone, per curare una malattia polmonare che lo afflisse tutta la vita. Dopo alcuni mesi si spostò nel Kimberley, dove una vera e propria febbre dell'oro e dei diamanti aveva attirato avventurieri da ogni parte del mondo. Qui dimostrò tutta la sua abilità di uomo d'affari: comprò concessioni minerarie e realizzò ingenti guadagni, tanto che potè permettersi di finanziare la ferrovia tra Città del Capo e Kimberley, agevolando i collegamenti tra la capitale dei diamanti ed il resto della colonia britannica. Rhodes aveva solo 23 anni a quell'epoca, ma era già ricchissimo.
Negli anni successivi, incurante di scandali e chiacchiere, continuò nei suoi successi. Con l'appoggio dei Rothschild riuscì a sbaragliare tutti i rivali nel controllo dei pozzi diamantiferi e finì per scontrarsi con il gruppo rivale di Barney Barnato. Fu una lotta feroce, che si concluse con la vittoria di Rhodes: con un assegno di 5 milioni di sterline, Rhodes comprò la miniera di Kimberley di Barnato e fondendo le due società siamo nel 1883 creò la De Beers Consolitated Mi nes, società ancora oggi potente ed attiva, alla cui guida, dopo Rhodes, vi furono prima Ernest Op penheimer e poi suo figlio Harry.
A soli 35 anni, Rhodes possedeva un capitale enorme: basti pensare che controllava il 90% dei diamanti di tutto il mondo ed una quota del filone d'oro scoperto nel Witwatersrand, nei pressi di Johannesburg. Ma i diamanti e l'oro non gli bastavano più: voleva un impero personale. Nel 1889 fondò la B.S.A.C., la British South Africa Company, ottenne la concessione mineraria nello Zimbabwe e finanziò la ferrovia che raggiungeva Bulawayo: soprattutto aprì la strada alle truppe inglesi per l'unificazione dei possedimenti anglosassoni dal nord al sud del continente e finanziò le guerre contro i Boeri, cancellando così un'intera generazione di afrikander.
Con l'appoggio di alcuni gentiluomini privi di scrupoli quanto lui, Cecil Rhodes riuscì poi a mettere sotto il controllo britannico il Beachuanaland, in Botswana, ed a convincere Lobenguela, signore del Matabeleland e del Mashona land, le due aree che rappresentano il cuore dell'attuale Zimbabwe, a sottoscrivere un accordo con lui.
Nell'accordo si parlava dell'autorizzazione a “scavare un pozzo”, ma, in realtà, si trattava del conferimento della concessione mineraria su tutto il territorio del regno in cambio di mille fucili, diecimila cartucce, un malandato battello a vapore ed una rendita di cento sterline al mese, da quel momento fino alla morte di Lobenguela. Il risultato fu che nell'arco di sette anni, Rhodes e i suoi alleati, riuscirono ad occupare tutti i possedimenti di Lobenguela, che per altro morì prematuramente di vaiolo un anno dopo aver firmato quel trattato.
Divenuto primo ministro della Colonia del Capo, nel 1890, Cecil riuscì in breve tempo a realizzare i suoi sogni: la Corona britannica gli affidò con un mandato speciale quella terra che poi, cinque anni più tardi, in suo onore, prenderà il nome di Rhodesia e che comprendeva gli attuali Zambia e Zimbabwe.
Alcuni anni dopo, però, lo scenario cambiò. Rhodes, verso la fine del 1895, finanziò di nascosto la spedizione di un suo uomo, Starr Jameson, nel Witwatersrand, con l'intento di provocare una rivolta tra gli stranieri che lavoravano nelle miniere d'oro e sottrarre questa ricca zona al possesso della Repubblica Boera del Transvaal, guidata da Paul Kruger, suo storico nemico. Ma il tentativo fallì e la verità venne a galla e Rhodes fu costretto a dimettersi dalla carica di primo ministro.
Rhodes morì il 26 marzo del 1902. Lasciò gran parte dei suoi beni alla Rhodes Scholarship, fondazione che ancora oggi si occupa di far studiare i giovani borsisti provenienti da tutti i Paesi del Commonwealth all'università di Oxford. Per suo espresso volere venne sepolto sulle colline di Ma topo, non lontano dalla tomba del re Mzilikazi, padre di Lobenguela.
Tracce di Rhodes ci sono anche in Sudafrica: il suo ufficio a Kimberley, l'imponente mausoleo a lui dedicato a Città del Capo; ed anche in Zimbabwe: il Rhodes Museum ed il Rainbow Nyanga Lodge.

 


20-08-2020

                                                                                                                  Emanuela Scarponi incontra l’Etiopia
                                                                                                 Zenebu Tadesse Woldetsadik, ambasciatrice d'Etiopia in Italia.

      L'Etiopia, ufficialmente denominata Repubblica Federale Democratica d'Etiopia, è uno Stato dell'Africa orientale situato nel Corno d'Africa, con una popolazione di circa 117 milioni di abitanti e con capitale Addis Abeba. Il Corno d'Africa é la penisola a forma triangolare posta sul lato orientale del continente africano, di cui l'Etiopia fa parte integrante insieme a Somalia, Eritrea, Gibuti. E' un'area ben specifica protendendosi, a forma di corno, nell'oceano Indiano e nel golfo di Aden.
Anticamente, dopo essersi liberata dal leggendario dominio della regina di Saba, citato nella Bibbia, il cui regno avrebbe avuto sede dall'altra parte del Mar Rosso, questa regione vide lo sviluppo di regni molto prosperi, primo fra i quali la vasta Etiopia, a cavallo dell'epoca di Cristo, governata in seguito dal negus neghesti (ovvero "Re dei Re"). A cavallo fra Ottocento e Novecento, le zone costiere del Corno d'Africa vennero occupate dalle potenze europee. Solo l'Etiopia, non avendo sbocchi sul mare ed essendo priva di ricche risorse naturali che potessero far gola agli imperi coloniali, si salvò dall'espansionismo coloniale europeo, pur perdendo importanti territori e trovandosi circondata da Inglesi e Francesi.
Geologicamente parlando il territorio dell'Etiopia si trova a cavallo tra il margine orientale della placca africana e la placca somala, che da questa si sta separando. E' caratterizzato dalla presenza di un rift continentale in espansione, il sistema di rift dell'Africa orientale, ramo meridionale della Rift Valley, che si raccorda con una dorsale oceanica, la dorsale di Aden, e con il sistema di rift del Mar Rosso. Anch'essi fanno parte della Rift Valley, in una tripla giunzione, la tripla giunzione di Afar, in corrispondenza della quale si è venuta a creare una depressione chiamata Triangolo di Afar, presso il confine con Gibuti ed Eritrea.
      È quindi una zona particolarmente importante per gli studi geologici in quanto è uno dei due luoghi sulla Terra dove una dorsale medio-oceanica può essere studiata sulla terraferma. L'Etiopia è quindi famosa per le sue scoperte paletnologiche: si annoverano Lucy, e ora la “figlia” di Lucy.
     Lo scheletro di una bambina di Australopithecus afarensis di soli tre anni, vissuta 3,3 milioni di anni fa, è stato recuperato in Etiopia. I suoi resti risalgono all'incirca a 150.000 anni prima del periodo in cui visse Lucy, per oltre vent'anni l’antenata più antica di nostra conoscenza. Gli scienziati ritengono che i resti, in ottimo stato di conservazione, possano contribuire in modo decisivo allo studio della crescita e dello sviluppo di una specie che presentava caratteristiche intermedie tra quelle di una scimmia e quelle di un uomo. I fossili sono stati dissotterrati nella regione di Dikika.
Crocevia di religioni e uomini, in epoca recente l'Etiopia è stata teatro di sviluppo della religione copta - di cui sono famose le bellissime croci copte lavorate in oro - che vede i cristiani pregare di nascosto nelle gole della terra rocciosa, dove le chiese venivano scavate. Un esemplare quasi unico al mondo è la chiesa di Lalibella.
     La storia d'Italia s'intreccia all'inizio del secolo scorso con la storia d'Etiopia e, nel bene e nel male, ne è rimasta fortemente legata. L'Etiopia oggi è un Paese dell'Africa molto importante. Le sue linee aeree coprono gran parte del continente e fanno da utile raccordo tra l'Italia, in particolare da Roma, ed i Paesi del continente africano.
L'atmosfera della ambasciata etiope è estremamente silenziosa, ovattata, tipica di tutte le sedi africane. Il silenzio delle terre d'Africa in modo misterioso si ripercuote nella atmosfera austera e silenziosa di queste stanze che ho visitato, adornate di oggetti d'arte, che sanno di arcaico e folcloristico e che ricordano il deserto del Sahara.
      In un uggioso pomeriggio romano ho oltrepassato il portone serrato della prestigiosissima ambasciata d'Etiopia, che ha sede in una villa degli anni '30 del quartiere Nomentano a Roma.
Al seguito del direttore delle linee aeree etiopi, Bisrat Yared, entro in questa meravigliosa ambasciata austera, ricca di quadri, di oggetti artistici, prodotti in pelle e prodotti alimentari tra cui il caffè.
D’improvviso cavalco le onde del Mediterraneo fino a raggiungere il Corno d'Africa e mi ritrovo a sognare meravigliosi colori africani.
      La gentile ambasciatrice con semplicità ed eleganza mi parla ampiamente del suo Paese, delle sue tradizioni. E così mi ricordo di Lucy, la donna più antica ritrovata in Etiopia, il reperto scientifico A.L. 288-1, scoperto nel 1974 in Etiopia, consistente in centinaia di frammenti di ossa fossili che rappresentano il 40 per cento dello scheletro di un esemplare femmina, il primo scoperto, di Australopithecus afarensis; e della meravigliosa Chiesa di Lalibella.
Leggende e credenze si mescolano con la storia di questa chiesa che suggeriscono la presenza della mitica Arca dell’Alleanza a Lalibela, la città rurale situata nel Nord dell’Etiopia, nella Regione degli Amara.
Emanuela Scarponi
 


 24-07-2020

                                                                                                                                                         Sulle invasioni in Africa

         Parlare oggi di Africa è diventato un fatto quasi comune e coloro che ne sanno attrarre l'attenzione per circa due ore rimangono in pochi.
Non sono delle parole severe ma solo delle considerazioni e spunti che ho avuto modo di conoscere con l'illustrazione di un'ampia carrellata di immagini che presentano l'Africa come un illustre sconosciuto nell'esposizione del professor Stelio Venceslai che ha concluso la lezione recentemente poco prima della sera, il giorno 24 maggio scorso.
Le lotte di sterminio di razze hanno sempre caratterizzato il continente a noi più vicino: le cifre sono impressionanti come ad esempio 2.500.000 di watussi trucidati. Per noi Europei, l'Africa appare sempre misteriosa su di un territorio di 30.000.000 di chilometri quadrati al passaggio di quattro meridiani, solcato da centinaia di popolazioni, un migliaio di lingue, 300 chilometri. di mare dall'isola della Sicilia.
Un gigante poco conosciuto che vede tante invasioni fin dal 4.000 a.C. La storia dell'Africa è fatta di primi insediamenti a Nord, lungo il Mediterraneo: i Fenici, i Punici ed i Romani che arrivarono nell'attuale Marocco.
Testimonianza dell'invasione romana è presente dalla Numidia fino a Khartoum.
Scipione l'africano fu il difensore della zona del deserto del Sahel e sfortunatamente venne catturato da una nave pirata cristiana; riuscì a sfuggire e fu fatto di nuovo prigioniero e venduto al Papa che invece lo liberò a patto che continuasse a viaggiare.
Gli Arabi conquistarono l'Egitto e a loro volta vennero cacciati nell'Africa settentrionale. Si imposero con il controllo delle spezie provenienti dalle Indie che vennero impiegate per la conservazione delle carni.
I Portoghesi irruppero in Sudan, in Etiopia, in Tanzania e nel Gabon, toccando il Capo di Buona Speranza e raggiunsero l'Olanda. Gli olandesi si stabilirono con il percorso inverso a Città del Capo e la lingua parlata divenne l'africans mista di elementi francesi inglesi ed olandesi.
         L'Africa venne attaccata dai Boeri e subì le penetrazioni francesi in Marocco, Tunisia e Algeria. Le popolazioni indigene vennero deportate  e vendute come schiavi. La schiavitù divenne un triste esempio di ricchezza.
Con l'avvento della Rivoluzione francese e le leggi per le guerre di secessione americane le cose si modificarono anche se gli Africani hanno descritto le loro sofferenze patite nell'isola di Haiti. Gli africani con i loro canti gospel diffusero il ritmo della musica jazz in America del Nord e nell'America del Sud hanno dato luogo a figure religiose miste. Portoghesi e Francesi popolarono il Madagascar. In Etiopia arrivarono gli Italiani.
La conferenza di Berlino stabilì la composizione dell'Africa da parte delle potenze europee. Le risorse dell'Africa del tempo corrispondevano al controllo delle piantagioni di caffè e di cacao.
Dal 1922 la Libia assiste a presenze italiane e da quella data numerosi Etiopi guardano alla Svezia. Durante la Seconda Guerra Mondiale gli Italiani occupano la Somalia. Arriva a passi scanditi il processo di decolonizzazione dal 1959 al 1965, dando l'indipendenza a più territori. L'Africa multirazziale contraddistinta da diverse religioni a tutt'oggi rappresenta una grande risorsa di persone e di terre ricche di minerali preziosi, teatro di forti tensioni ma anche tentativi di dialoghi conciliativi.

Emanuela Scarponi