IL GREEN DEAL: E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA? di ALESSANDRA DI GIOVAMBATTISTA 

 

28-02-2023

In via generale occorre sottolineare che la UE ha predisposto le misure in risposta all'IRA (Inflaction reduction act) statunitense che ha destinato uno stanziamento di circa 370 miliardi di dollari in favore delle produzioni basate sull’energia ed il clima; il pacchetto statunitense prevede forti sgravi fiscali sia per le imprese che produrranno negli USA sia per i consumatori che acquisteranno auto elettriche. Notizie recenti ci informano che la BMW intende investire circa 2 miliardi di dollari nella Carolina del Sud, così come ENEL che ha dichiarato di voler costruire una fabbrica di celle fotovoltaiche negli USA. Così la UE ha deciso di muoversi, però lo sta facendo sia in ritardo sia in modo disorganico ed individualista in quanto sembra voler garantire gli interessi delle singole nazioni e non già dell’Unione europea. Vediamo i perché di tale affermazione.
a) Uno dei pilastri che prevede l’allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato si basa sulla facilitazione dei finanziamenti pubblici verso i settori vocati alla sostenibilità; in tal modo però si favoriscono le nazioni europee che presentano i bilanci statali più solidi a discapito di quelli che hanno un rapporto debito/PIL molto più marcato (come l’Italia, dove è anche molto forte la pressione fiscale), i quali avrebbero limitazioni nelle politiche di finanziamento e non potrebbero concedere aiuti alle imprese nazionali. Infatti l’uso delle risorse già messe disposizione implicherà, per i paesi con alte esposizioni debitorie, il riposizionamento dei finanziamenti a favore delle attività produttive sostenibili, ma probabilmente a discapito del welfare, con possibili ricadute negative sul livello socio-culturale delle Nazioni più vulnerabili. Per evitare ciò, sarebbe opportuno rivedere le modalità e gli importi previsti dal PNRR o pensare alla creazione di un fondo sovrano comunitario finalizzato a tali finanziamenti; ma a tali ipotesi sono contrari Paesi come Germania, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, che non hanno un elevato tasso di indebitamento e che non sono quindi favorevoli ad un incremento del debito pubblico a livello UE. Quindi i citati Paesi, insieme alla Francia spingono per un allentamento del quadro di aiuti di stato per i settori green, ma senza prevedere ulteriori risorse che possano coadiuvare i paesi con situazioni finanziarie più complesse. Per una maggiore riflessione sul punto, si consideri che dei 672 miliardi di euro in aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022 alla Germania è stato assegnato il 53 per cento, alla Francia il 24 per cento ed all’Italia il solo 7 per cento; va da sé che il restante 16 per cento è stato redistribuito tra le altre 24 nazioni delle 27 che aderiscono all’UE.
b) Si aggiunga che i ministri dell’economia di Germania e Francia di recente si sono recati a Washington con l’intenzione, secondo le loro dichiarazioni, di difendere le condizioni di concorrenza leale tra Stati Uniti e UE. Sono partiti con l’intento di chiedere che gli Stati Uniti estendano agli alleati europei i sussidi garantiti alle aziende statunitensi, canadesi e messicane che producono tecnologie pulite. L’unico vero problema è capire se i due rappresentanti della UE (che dovrebbero essere andati in questa veste) agiranno per ottenere risultati positivi per tutti i paesi comunitari: la situazione economica va affrontata di comune accordo, diversamente si snatureranno le finalità dell’Unione Europea e potrebbero crearsi delle frizioni tra Paesi membri. L’aspetto importante in questo momento è cercare forme di collaborazione con gli Stati Uniti che dovrebbero includere i prodotti europei nei loro mercati; l’Italia rappresenta in Europa la terza economia, dopo la Germania e la Spagna, che si regge sull’export – quasi il 35 per cento del nostro PIL è rivolto alle esportazioni - e posizioni protezionistiche di certo non aiuterebbero. In più per problemi storici non siamo mai stati un Paese colonizzatore (se non per breve tempo), a differenza di molti altri paesi europei, come la Francia (dove ancora vige il diritto di signoraggio sul franco africano), che possono ancora far valere diritti sulle ex colonie, sia come investitori sia come acquirenti di materie prime. Solo in via incidentale si vuol sottolineare che la Libia, una delle ex colonie italiane, fu destabilizzata dalla Francia la quale decise, con l’aiuto degli USA, di sovvertire il governo di Gheddafi solo perché - tra le altre cose - egli aveva iniziato a pensare di liberare l’Africa dal franco africano e creare una moneta unica africana. Quella fu una dimostrazione di forza neocolonialista non giustificata, che ha incrementato l’instabilità nell’area mediterranea, con la conseguenza - così come è emerso anche nell’intervento del Prof. Gianluigi Rossi durante l’incontro in tema di cambiamenti climatici, organizzato dall’ONG Africanpeople, e che si è tenuto nella sede dell’UNAR di Roma il 12 febbraio c.a, - che oggi sia la Francia che l’Italia sono estromessi dalle trattative per la Libia, laddove invece sono presenti Turchia e Russia.
c) Il programma economico predisposto dalla UE non sembra affrontare in modo approfondito il problema dei Paesi africani e della salvaguardia delle loro ricchezze - compresa la protezione della cultura, dell’ambiente e della natura - che dovrebbero in primis essere utilizzate dai nativi; è di questi ultimi giorni l’appello fatto dal Papa nel suo viaggio apostolico in Congo ed in Sud Sudan: “giù le mani dall’Africa”. Nel piano del Green Deal si legge solo un velato impegno allo sviluppo di accordi con i Paesi africani per facilitare l’attrazione e l’espansione degli investimenti, con un’attenzione all’ambiente ed ai diritti del lavoro; in tutto ciò non viene però specificato se gli investimenti saranno per l’interesse di tutti o ad esclusivo vantaggio dell’Europa e dei soliti paesi ex-colonialisti. In più parti si è parlato di un “Piano Marshall” per l’Africa, per il suo sviluppo; sempre il Prof. Rossi, nel citato convegno ha sottolineato l’inadeguatezza della definizione - in prima battuta perché l’Africa è un continente con opportunità e risorse del tutto diverse da quelle dell’Europa post bellica - alla quale bisognerebbe sostituire quella di un “Piano Mattei” dove deve prevalere un atteggiamento di partenariato tra Europa ed Africa in cui sarà necessario un atteggiamento di condivisione di risorse e di rispetto culturale ed umano tra Nazioni; in tale contesto sarebbe auspicabile anche il coinvolgimento dell’Unione Africana (UA).
d) Oltre agli accordi con gli USA, c’è da ricordare che la partita si dovrà giocare anche con la Cina: quest’ultima assegna ingenti risorse alle proprie industrie che ormai fanno breccia, indisturbate, in tutti i paesi del mondo. Per contro le imprese europee incontrano notevoli difficoltà ad accedere al mercato cinese e a far rispettare il diritto di proprietà intellettuale. Inoltre la Cina è ormai già presente in Africa ed ha il diritto di sfruttamento di molte delle miniere di materie prime e non solo: da ormai 20 anni è entrata nel tessuto socio-economico africano senza che l’Europa si interessasse minimamente al problema. Prevedere ora un Club delle materie prime, senza pensare alla presenza cinese ed eventualmente allo sviluppo di forme di cooperazione con la Cina, potrebbe risultare dannoso ed inopportuno: un testa a testa contro questo colosso economico - finanziario vedrebbe certamente capitolare l’Europa.
e) Altro rischio si può intravedere nella richiesta da parte della Commissione di applicare rapidamente ed in modo automatico il regolamento (AFIR); in generale sembra che si trascuri il ruolo fondamentale della normativa, già esistente a protezione dell’ambiente, che deve essere posta alla base delle scelte di investimento delle aziende. La deregolamentazione in un settore nuovo può essere nociva in quanto può incentivare nuove forme di reati in ambito di transizione verde, lasciando spazio alla malavita e alla corruzione che, non più assoggettate a controlli e a norme stringenti, potrebbero aggirare i paletti della legalità.
f) Ulteriore spunto di riflessione va ricercato nelle politiche che vertono sul miglioramento delle competenze umane, con lo scopo di creare posti di lavoro di qualità e ben retribuiti, influendo specialmente sull’istruzione; in questo contesto il timore si volge verso il controllo - attraverso gli indicatori dell’offerta e della domanda di competenze nei settori rilevanti per la transizione ecologica nonché dei finanziamenti pubblici e privati dirottati verso tali settori - delle scelte dei cittadini in ambito didattico e professionale. Occorre garantire la libertà di scelta del tipo di istruzione e di professione che i soggetti vorranno svolgere, in quanto, nel momento in cui si dirottano risorse verso un settore, a parità di condizioni, c’è sempre un altro settore che ne soffre le conseguenze negative per effetto dei definanziamenti. Non ultimo sarà indispensabile garantire la giusta retribuzione per qualsiasi attività svolta, nonché la libertà di didattica e di istruzione: saremo ancora liberi di scegliere cosa fare, cosa studiare, cosa insegnare? Oppure si dovranno studiare solo materie tecnico scientifiche a scapito delle materie umanistiche che formano l’animo dell’uomo e ne esaltano le corde della sensibilità e dell’interiorità, oggi così tanto trascurate?
g) Altra attenzione va posta sul problema dei finanziamenti: il Piano più volte richiama sia quelli pubblici, sia quelli privati; in ogni caso l’interesse ritorna solo in capo al cittadino in quanto le risorse pubbliche provengono dall’imposizione fiscale pagata dai contribuenti, mentre quelle private dal risparmio dei singoli. Fatta tale precisazione l’obiettivo del mercato unico dei capitali, contenuto in uno dei quattro pilastri del green deal, è quello di voler raggiungere la mobilitazione dei capitali privati per ottenere un mercato più dinamico e competitivo a livello mondiale, nel breve e medio termine. In tal senso si vuole:
• creare un punto unico di accesso europeo (ESAP) per gli investitori al fine di ottenere informazioni pubbliche di natura finanziaria e in tema di sostenibilità delle imprese;
• riesaminare il regolamento sui fondi di investimento europei a lungo termine (ELTIF) per facilitare gli investimenti anche da parte dei piccoli investitori verso quelli a lungo termine;
• riesaminare la direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) per armonizzare le norme che consentono ai fondi di concedere prestiti alle aziende;
• riesaminare il regolamento sui mercati degli strumenti finanziari (MIFIR) per migliorare la trasparenza delle informazioni sulle negoziazioni e per agevolare gli investitori.
Così come presentata sembra essere una risposta adeguata alle sfide future di incrementi e diversificazioni dei capitali che le aziende potrebbero utilizzare in progetti di sviluppo e ricerca a favore delle economie sostenibili, con un’attenzione particolare verso le piccole e medie imprese che più di tutte soffrono di carenza di finanziamenti. Secondo uno studio della commissione europea tra il 2008 ed il 2013 le imprese presenti sul territorio europeo avrebbero potuto beneficiare di ulteriori 90 milioni di euro di risorse finanziarie se il mercato dei capitali unico in Europa fosse stato più efficiente. Tuttavia uno dei punti di criticità nell’indirizzare risorse finanziarie verso le realtà aziendali è nel trade off tra le scelte/interessi dei managers e quelle dei proprietari/imprenditori, e più in generale di tutti gli stakeholders dell’azienda interessati al perdurare nel tempo della stessa. Infatti le attuali forme di governance aziendali, il più delle volte, vedono ai vertici dei managers che sono scollati dalla proprietà e con un occhio attento alla conferma e alla persistenza nel tempo della loro presenza e dei loro benefici all’interno dell’azienda. Già Adam Smith, che non poteva conoscere le dinamiche delle grandi società per azioni dei nostri tempi, scriveva: “Essendo (i manager ndr) i gestori del denaro altrui invece che del proprio, non ci si può attendere che essi lo sorveglino con la stessa ansiosa vigilanza con la quale i soci [in un’impresa gestita dai proprietari] solitamente sorvegliano il proprio denaro (…) Negligenza e prodigalità, pertanto, finiscono sempre per prevalere, bene o male, nella gestione degli affari di una tale società.” Questa separazione si trova più spesso nelle grandi società con azionariato diffuso in cui i proprietari, non riuscendo a coordinarsi tra loro a causa di interessi eterogenei, non riescono più ad influire direttamente sulle scelte dei managers, e pertanto non ne controllano più le decisioni. Gli azionisti/investitori hanno a cuore essenzialmente la massimizzazione dei profitti che rappresenta la quota di reddito a loro destinata (che si traduce nei dividendi) e che può rappresentare una modalità attraverso la quale i managers riescono a farsi riconfermare nel tempo aldilà delle reali performance aziendali. Infatti si assiste spesso a situazioni in cui nell’intento di voler garantire un elevato dividendo le aziende riducono gli investimenti e la forza lavoro, generando così disoccupazione, riduzione dei salari e minore sviluppo aziendale. Tale problematica viene ulteriormente amplificata se gli investimenti vengono finanziati con capitale di debito e non già mediante autofinanziamento: tale situazione indebolisce la struttura economico finanziaria della società e le conferisce rigidità, compromettendo la sua capacità di sopravvivenza sul mercato. Pertanto sarebbe utile conoscere ed approfondire le metodologie che l’Unione dei Mercati dei Capitali, all’interno della UE, utilizzerebbe al fine di incoraggiare gli investimenti e stimolare gli investitori privati a concedere finanziamenti soddisfacendo interessi che, andando aldilà del pagamento dei dividendi, riguardino tutti gli stakeholders.
h) Occorre poi sottolineare la delicatezza della questione riguardante il notevole volume di risparmio che gli italiani detengono, rispetto alla media dei paesi UE e del resto del mondo, e che dovrebbe confluire sul mercato unico a favore di tutte le aziende europee, indistintamente. Per la Commissione europea i mercati dei capitali ampi e integrati faciliteranno la ripresa dell’Ue, assicurando che le imprese, in particolare le piccole e medie imprese, abbiano accesso a fonti di finanziamento e che i risparmiatori europei aumentino la fiducia negli investimenti per il loro futuro. In questo ambito l’attenzione va posta su un problema che andrebbe preventivamente risolto ed arginato: il probabile deflusso di risorse finanziarie dall’Italia verso aziende europee, molto probabilmente tedesche, francesi, olandesi, spagnole, depotenziando ancora di più le aziende italiane, essenzialmente piccole e medie imprese, poco forti sui mercati rispetto ai competitor europei citati. In tale contesto bisognerà evitare scenari di disomogeneità e squilibrio, con possibili conflitti interni alla UE ed ulteriore allargamento delle disuguaglianze dove i forti saranno sempre più forti e compatti ed i deboli sempre più deboli ed isolati.
Si ha come la sensazione che nel futuro dovremo assistere ad una “dittatura del green” dove massimo sarà il controllo della maggioranza delle persone a vantaggio della libertà di pochi, definiti non inquinanti. Occorre che la programmazione aziendale abbia uno sguardo sul lungo periodo, che vada ben oltre i 10 anni, e che arrivi a coprire anche 50, 60 anni; prendo da qui lo spunto per un breve ma significativo esempio, che vuole essere anche una provocazione: oggi chi monta i pannelli fotovoltaici è green e sostenibile, ma quando tra 20 anni dovrà dismettere l’impianto e le celle fotovoltaiche, diventerà immediatamente inquinante!

 

IL GREEN DEAL: L'EUROPA LEADERSHIP INDUSTRIALE IN MATERIA DI ZERO EMISSIONI NETTE 
Di Alessandra Di Giovambattista

 

25-02-2023

La commissione europea ha presentato il 1 febbraio 2023 un piano industriale per rafforzare la competitività dell'industria europea a zero emissioni nette e sostenere la rapida transizione verde verso la neutralità climatica, con gli obiettivi da raggiungere entro il 2050: il Green Deal. Si riporta la dichiarazione della Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen: "Abbiamo l'opportunità, unica per la nostra generazione, di indicare la strada con rapidità e ambizione, tenendo presente il nostro obiettivo di garantire la leadership industriale dell'UE nel settore in rapida crescita delle tecnologie a zero emissioni nette. L'Europa è determinata a guidare la rivoluzione delle tecnologie pulite. Per le nostre imprese e i nostri cittadini, ciò significa trasformare le competenze in posti di lavoro di qualità e l'innovazione in una produzione di massa, grazie a un quadro più semplice e più rapido. Un migliore accesso ai finanziamenti consentirà alle nostre principali industrie delle tecnologie pulite di crescere rapidamente." Il piano si inserisce nel contesto del Green Deal europeo, presentato dalla Commissione l'11 dicembre 2019; esso fissa l'obiettivo di rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. La normativa europea sul clima traduce in atti vincolanti l'impegno dell'UE per la neutralità climatica e l'obiettivo intermedio di ridurre del 55 per cento almeno, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2030. Nella transizione verso un'economia a zero emissioni nette, la competitività dell'Europa dipenderà fortemente dalla sua capacità di sviluppare e produrre le tecnologie pulite che rendono possibile tale transizione.
Il piano industriale si basa su quattro pilastri:
a) un ambiente normativo prevedibile, coerente e semplificato per sostenere la produzione di tecnologie determinanti in Europa e basarla su un quadro normativo semplificato; per stimolare la domanda di beni strategici la Commissione riconosce il ruolo fondamentale svolto dagli appalti pubblici, dalle agevolazioni alle imprese ed agli utenti finali. Si cercherà inoltre di garantire gli approvvigionamenti delle materie prime critiche, come ad esempio le terre rare essenziali per la produzione di tecnologie avanzate; entro marzo sarà presentata la riforma del disegno del mercato dell’elettricità affinché i consumatori possano beneficiare di minori costi dovuti all’uso delle energie rinnovabili. Altro aspetto importante in questo ambito è stato individuato nella necessità che i legislatori dei diversi Stati membri della UE adottino rapidamente il regolamento sulle infrastrutture per i carburanti alternativi (AFIR).
b) l’accelerazione all’accesso ai finanziamenti per la produzione di tecnologie pulite. Si punta sia agli investimenti pubblici sia agli investimenti provenienti dal settore privato e per quest’ultimo viene sottolineato il ruolo essenziale del buon funzionamento dei mercati dei capitali e del quadro di riferimento per la finanza sostenibile e la necessità di completare l’Unione dei mercati dei capitali (Capital markets union - CMU). In un contesto di politica della concorrenza, la Commissione, con l’obiettivo di evitare la frammentazione del mercato unico, riconosce la necessità di aumentare i finanziamenti europei e di semplificarne contemporaneamente le modalità di concessione da parte degli Stati membri, proprio con la finalità di rendere più rapido il processo verso la transizione verde. Così la Commissione lancerà nell'autunno del 2023 una prima gara per sostenere la produzione di idrogeno rinnovabile, i cui vincitori riceveranno un premio fisso per ogni kg di idrogeno rinnovabile prodotto per un periodo di 10 anni. Inoltre per rendere più semplice la procedura della concessione degli aiuti di Stato verranno ascoltati i Paesi della UE in merito a possibili modifiche del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato in caso di situazioni di crisi. Si cercherà inoltre di agevolare l'uso dei fondi UE esistenti per finanziare l'innovazione, la fabbricazione e la diffusione delle tecnologie pulite. A medio termine, la Commissione intende dare una risposta strutturale alle esigenze di investimento, proponendo un Fondo sovrano europeo, basandosi sull'esperienza dei progetti multinazionali coordinati nell'ambito degli Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (IPCEI), al fine di migliorare l'accesso di tutti gli Stati membri a tali progetti e salvaguardando così le Nazioni dai rischi causati da una disponibilità disuguale degli aiuti di Stato.
c) il miglioramento delle competenze umane per posti di lavoro di qualità e ben retribuiti, in considerazione del fatto che circa il 35% - 40% dei posti di lavoro potrebbe essere interessato dalla transizione verde. Questo ambito si incardina nel quadro generale dell’agenda europea per le competenze, che opera in sinergia con lo spazio europeo dell’istruzione. Si prevede di istituire delle accademie per l’industria a zero emissioni al fine di attivare programmi di miglioramento delle competenze e di riqualificazione nelle aziende strategiche. Più nello specifico le accademie (è prevista anche l’istituzione di un’accademia per l’edilizia sostenibile) offriranno percorsi e programmi di aggiornamento e riqualifica dei lavoratori verso percorsi green; saranno individuati degli indicatori di controllo dell’offerta e della domanda di competenze e posti di lavoro nei settori rilevanti per la transizione ecologica, tenendo conto degli aspetti legati all’età e al genere. La Commissione valuterà come agevolare l’accesso dei cittadini di paesi terzi ai mercati del lavoro in settori strategici nella UE; inoltre cercherà di introdurre misure volte a promuovere e allineare i finanziamenti pubblici e privati per lo sviluppo delle competenze.
d) cooperazione globale e contributo del commercio alla transizione verde. La Commissione parte dal presupposto che il libero commercio rappresenti un elemento strategico essenziale e per tale ragione continuerà a sostenere l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e ad incentivare la rete di accordi di libero scambio. Un’attenzione particolare sarà data alla protezione dal commercio sleale nel settore delle tecnologie pulite e si vigilerà per garantire che le sovvenzioni estere non falsino la concorrenza nel mercato unico; a tal fine sarà anche necessario che tutti gli Stati vigilino per difendere i propri interessi mediante il controllo degli investimenti esteri al fine di salvaguardare i principali beni europei e proteggere la sicurezza collettiva. La transizione verde andrà ricercata anche attraverso lo sviluppo di forme di cooperazione con nuovi partener commerciali, oltre a quelli tradizionali. La Commissione prenderà in considerazione la creazione di un Club delle materie prime critiche, al fine di riunire i "consumatori" di materie prime e i paesi ricchi di risorse per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento a livello mondiale attraverso una base industriale competitiva e diversificata, e di partenariati industriali per tecnologie pulite e zero emissioni nette. Si prevede anche la cooperazione con gli Stati Uniti che recentemente hanno varato il piano definito “Inflation Reduction Act” (IRA), nonché con l’India. In particolare l’UE con gli Stati Uniti stanno lavorando per cercare soluzioni alle problematiche che preoccupano essenzialmente l’Europa con l’obiettivo di rafforzare le catene di valore transatlantiche e garantire la cooperazione più proficua al fine di raggiugere il comune obiettivo della transizione verso sistemi di produzione energetica compatibili con l’ambiente. L’Europa sta sviluppando anche accordi con i Paesi Africani per facilitare l’attrazione e l’espansione degli investimenti integrando gli impegni in materia di ambiente e diritti del lavoro.

 

Il TEMA scelta è IL DISCERNIMENTO NELLA FORMAZIONE INIZIALE in Alcuni aspetti psicologici-pastorali e pedagogici con particolare riferimento alla Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio.


PRESENTAZIONE DEL TEMA e INTRODUZIONE
Nel presentare il tema, e questa parte introduttiva della nostra ricerca, vedremo che il processo di formazione è un momento di aiuto a diversi livelli. Sia la persona che inizia un cammino di formazione sia le persone chiamate ad aiutare e accompagnare in questo lungo itinerario, sono chiamati ad aprirsi alle dimensioni umane e alle dimensioni trascendentali per rispondere adeguatamente ai compiti che ciò comporta. In questo processo, ci sono delle scelte da fare e per cui bisogna operare costantemente un discernimento. Allo stesso tempo che ci proponiamo centrare la nostra ricerca sul tema del discernimento nella fase iniziale della formazione, siamo consapevoli che «operare un discernimento adeguato non è facile, né immediato. Difficoltà di varia natura si frappongono».1 Noi vorremo orientare la nostra attenzione su qualche aspetti psicologici- pastorali/spirituali e pedagogici, perché lo vediamo come una necessità per questa tappa della formazione dei futuri consacrati, che poi però, continua lungo tutto l’arco della vita. Al di là della conoscenza dei fenomeni interni o esterni al soggetto umano, il lavoro formativo deve mirare a decifrare nella vita dei candidati i segni operati da Dio. Questo consiste in una constante percezione di sé per consolidare la propria identità, camminare assieme agli altri e scoprire la volontà di Dio su di noi: che cosa vuole che facciamo, che cosa gli è gradito nella situazione in cui ci troviamo, che cos’è perfetto a suoi occhi?
L’uomo non può separare i problemi che riguardano la sua umanità dai quelli dello spirito. I problemi della nostra umanità sono anche problemi dello spirito nella loro dimensione più profonda. Si riferiscono a Dio, così come tutta la nostra formazione deve riferirsi a Lui che ci ha scelti, chiamati, affidandoci una missione. La necessità di fare un discernimento in tutte le tappe della nostra vita quindi, nasce dal fatto che «non possiamo tracciare il piano con cui Dio deve mettersi in comunicazione con noi, né possiamo chiedergli di agire ordinariamente con miracoli, annullando ogni momento gli ostacoli offerti per natura dal nostro essere con i suoi limiti e la sua libertà».2 Il discernimento implica una capacità di giudizio, e quindi una sufficiente conoscenza di sé e una certa apertura alle realtà della vita e della propria vita, cioè, una sufficiente maturità, per fare delle scelte coerenti e in funzione di un progetto di vita. Il vero discernimento vocazionale non verifica tanto la semplice presenza dei valori vocazionali quanto l’efficacia dei valori vocazionali presenti. Le vere domande sono quindi: «perché prega?» «perché sta con la gente?» «perché è disponibile?» «i suoi comportamenti sono dettati dai valori o dai suoi bisogni personali?».3
Il discernimento, nell’ambito della formazione alla vita consacrata, oltre ad aprirsi alle dimensioni umani, deve prendere in conto i valori superiori dello spirito e quelli soprannaturali. In questo senso abbiamo cercato di dare una base teologica che parte dalla Bibbia e dalle tradizioni ecclesiali riguardo il tema del discernimento.4 Il discernimento è dunque l’arte della vita spirituale in cui io comprendo come Dio si comunica a me, come Dio - il che è lo stesso - mi salva, come si attua in me la redenzione in Gesù Cristo, che lo Spirito santo rende salvezza per me. Il discernimento è quell’arte in cui io sperimento la libera adesione a un Dio che liberamente si è affidato nelle mie mani in Gesù Cristo, un’arte pertanto in cui le realtà in me, nel creato, nelle persone intorno a me, nella storia mia personale e in quella più generale smettono di essere mute per cominciare a comunicarmi l’amore di Dio.5 Con gli aspetti psicologici e quelli spirituali, la nostra intenzione è di arrivare a una integrazione della persona tra il suo essere, il suo agire e ciò che è chiamato a diventare. Con le premesse di camminare e crescere in presenza di Dio e in relazione con gli altri, parleremo del discernimento come un conformare e indirizzare la vita, in tutte le sue manifestazioni, le proprie intenzioni, azioni e operazioni. Senz’altro, tutto questo secondo la volontà di Dio e non secondo la propria, però anche in sintonia con le dinamiche della crescita umana. In queste ultime (dinamiche della crescita umana), possiamo già capire perché intervengono in questo tema alcuni aspetti psicologici e pedagogici. Perché l’uomo non può crescere senza di esse.

 STATUS QUAESTIONIS
Se percorriamo, lungo la storia della Chiesa, le diverse spiritualità hanno affrontato il tema del discernimento, con diverse accentuazioni anche in rapporto alle diverse sensibilità carismatiche ed epoche storiche. Durante il Sinodo abbiamo riconosciuto alcuni elementi comuni, che non eliminano la diversità dei linguaggi: la presenza di Dio nella vita e nella storia di ogni persona; la possibilità di riconoscerne l’azione; il ruolo della preghiera, della vita sacramentale e dell’ascesi; il confronto continuo con le esigenze della Parola di Dio; la libertà rispetto a certezze acquisite; la verifica costante con la vita quotidiana; l’importanza di un accompagnamento adeguato.6 Il termine “discernimento” è usato in una pluralità di accezioni, pur collegate tra di loro. In un senso più generale, discernimento indica il processo in cui si prendono decisioni importanti; in un secondo senso, più proprio della tradizione cristiana e su cui ci soffermeremo particolarmente, corrisponde alla dinamica pastorale attraverso cui la Chiesa in una persona, un gruppo o una comunità cerca di accompagnare i candidati a riconoscere e di accogliere la volontà di Dio nel concreto della loro situazione: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1Ts 5,21). In quanto attenzione a riconoscere la voce dello Spirito e ad accogliere la sua chiamata, il discernimento è una dimensione essenziale dello stile di vita di Gesù, un atteggiamento di fondo ben più che un atto puntuale.7
Il discernimento poi, è spesso associato alle scelte nei diversi momenti della vita, sia per riformare, sotto l’azione dello Spirito divino; sia per scoprire la forma concreta in cui Dio vuole che la persona dia l’immagine di Cristo. Dalla prospettiva psicologico-spirituale, si è arrivato anche a considerare che «deve accedere alle scelte solo chi è preparato spiritualmente».8 Ogni giorno, il discernimento è basilare e trattato da molti nell’ambito della pastorale e pedagogia delle vocazioni. Nella tappa dell’animazione e in quella della formazione. Assieme ai processi di discernimento, diventa decisiva la comunicazione oggettiva della Parola di Dio per formazione della coscienza, fondamentale in un processo di maturazione umana e spirituale soprattutto in un momento così delicato quale quello del processo di scelta dello stato di vita.9 Il nostro lavoro è partito quindi dallo sforza fatto già prima di noi, da tanti autori che hanno scritto facendo dei suggerimenti per il discernimento e l’accompagnamento verso la maturità, alla ricerca della volontà di Dio.

 OBIETTIVO DEL LAVORO
Gli obbiettivi di questo lavoro sono molteplici e varie secondo le relazioni che ogni persona stabilisce con gli altri. Il nostro interesse e il nostro obiettivo è quello di presentare il carattere imprescindibile della relazione in ambito cristiano. Ciò vuole dire il raggiungimento della realizzazione nella costruzione della relazione, con Dio e con gli altri. È lì dove le persone vivono il dono totale di sé in una logica di auto-trascendenza: “come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Per arrivare alla perfezione della relazione che si concretizza nella carità, nel fare sì che un dono totale, ci vuole un lungo cammino. Ecco perché al primo obiettivo associamo il processo psicologico- pastorale per fare dei suggerimenti utili nel cammino di formazione, ovvero, la maturità relazionale.

 ARTICOLAZIONI DEL LAVORO
Il nostro lavoro si è articolato intorno a tre capitoli. In un primo momento, ci siamo fermati sulla definizione del discernimento, i suoi contenuti e precisazioni nella formazione e nel discernimento. Con la centralità della persona al centro della propria formazione come primo protagonista, sottolineiamo altrettanto la necessità della variante oggettiva nei processi di formazione e di discernimento. Abbiamo dato un’attenzione riguardo al discernimento e decisioni, mettendo l’attenzione sulla relazione con Dio, la decisione, la preparazione, le tappe e la verifica, tutto nel discernimento vocazionale; abbiamo trattato anche nel secondo capitolo, di sviluppare i processi decisionali e relazionali. Con questi, cogliamo la necessità di prestare attenzione e in modo attivo alle diverse emozioni, superarsi e fare delle scelte coerenti con la proposta formativa alla vita consacrata nei contesti attuali. Con la grazia di Dio e con il protagonismo della persona, si deve entrare in una crescita armonica e integrale che non finisce mai. Con l’ultimo e terzo capitolo, abbiamo parlato dell’esperienza della formazione iniziale delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio, nelle fasi, nelle sfide del discernimento e nella formazione iniziale in Africa; e in una prospettiva progettuale, abbiamo fatto delle proposte in linea dell’argomento in merito, per la formazione iniziale nella congregazione delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa; dove ora fiorisce la vocazione.

 METODO
Tenendo conto della complementarità di approcci nella riflessione sulla fede e la crescita umana, ci proponiamo di seguire il metodo esperienziale della Psicologia -pastorale/ pedagogia vocazionale e/o della teologia spirituale10, per lo svolgimento della nostra ricerca. Il primo capitolo è dunque di natura fenomenologica e tratta di descrivere l’esperienza che l’uomo fa di Dio, sperimentata e conosciuta mediante la realtà vocazionale, formativa e il conseguente discernimento. Riteniamo centrale prendere in conto sia la dimensione oggettiva che quella soggettiva dell’esperienza di discernimento, per cui ci interessano gli aspetti psicologici e pastorale.
Il secondo capitolo è consacrato a una riflessione critico-teologica- pastorale. Abbiamo cercato di riuscire a mettere a confronto l’esperienza descritta, nella prima parte, con il vissuto ecclesiale. Si tratta di sviluppare i processi decisionali e relazionali. Con questi, cogliamo la necessità di prestare attenzione e in modo attivo alle diverse emozioni, superarsi e fare delle scelte coerenti con la proposta formativa alla vita consacrata nei contesti attuali. Con la grazia di Dio e con il protagonismo della persona, si deve entrare in una crescita armonica e integrale che possiamo razionalmente affermare, non finisce mai.
Nel terzo capitolo si propone una prospettiva progettuale, con delle proposte coerenti all’argomento in merito alla formazione iniziale nella congregazione delle suore Minime; trattando la parte ermeneutica, dove abbiamo voluto andare oltre la mera descrizione del significato per comprendere la complessità delle implicanze psicologiche e pastorali nel processo formativo. Dopo l’interpretazione del processo formativo, alla luce della psicologia e della pastorale, ci assumiamo il compito di suggerire qualche applicazione alla vita concreta in vista di una maturità formativa, pensando alla realtà delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa. È stato senz’altro un contributo in dialogo con gli studi fatti durante la formazione specialistica della pedagogia delle vocazioni o dei formatori- animatori vocazionale.

. FONTI
Le nostre fonti sono state costituiti principalmente dagli scritti del Magistero della Chiesa nella Bibbia e da alcuni autori che ci hanno avvertito della necessità di raggiungere una formazione più completa possibile per potere rispondere alle esigenze dei nostri tempi e dare intelligenza alla nostra fede11. Abbiamo preso in conto perciò quanto è stato scritto nell’ambito della maturazione relazionale e della vita spirituale. In modo particolare, ci siamo soffermati sugli elementi che riguardano il discernimento delle vocazioni e degli stati di vita, cioè, i processi formativi.

Nel primo capitolo, come abbiamo già detto nell’introduzione, ci siamo soffermati alla definizione del termine discernimento, Come specificato nella definizione riportato dal libro di Mauro Costa12, cosi, dalla sua natura la parola discernimento, nella lingua Italiana non si fa fatica perché, ha una caratteristica prevalentemente conoscitiva, nel distinguere il termine discernimento da quello di deliberazione ciò che connota l’esercizio della volontà e comporta una libera decisione, una scelta. Il termine discernement nella lingua francese è pieno di un significato che fa riferimento anche alla volontà, è molto più vicino a decisione o deliberazione. Nei suoi contenuti e precisazioni nella formazione iniziale e nel discernimento vocazionale; la sua esperienza, le sue sfide, il suo ruolo difronte alla decisione e le sue tappe nella formazione iniziale. Possiamo dire che, si tratta di un’arte capace di aprire alla verità i sensi e la mente di chi la pratica, facendoci andare oltre il conformismo, la rigidità delle ideologie, le sirene della moda e la mediocrità del così fanno tutti, che talvolta rischia di diventare l’unico criterio dietro al quale ci muoviamo. Il discernimento, ci offre la possibilità di uno sguardo più profondo e spirituale su noi stessi e sulle cose, ci rende interiormente liberi. Non conformatevi a questo mondo, scrive l’Apostolo Paolo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2)13. Giovanni Paolo II ricordava che il discernimento è uno dei numerosi doni che lo Spirito Santo ha elargito ai credenti per mezzo della sua Chiesa: «infatti, è lui che nella Chiesa suscita i profeti, prepara i maestri, guida le lingue, compie prodigi e guarigioni, produce opere mirabili, concede il discernimento degli spiriti, assegna i compiti di governo, suggerisce, ripartisce e armonizza ogni altro dono carismatico e, perciò, rende dappertutto e in tutto compiutamente perfetta la Chiesa del Signore»14.
Nell’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate15, papa Francesco, si è soffermato sul discernimento in generale, e riprende alcune delle sue riflessioni già applicate al discernimento della vocazione propria nel mondo. Il santo padre si rivolge a tutti e in modo particolare ai giovani, e dice che i giovani sono esposti a uno zapping costante, che è possibile in quanto i giovani possono simultaneamente navigare o interagire su due o tre schermi nello stesso tempo in diversi sfondi virtuali. Secondo il francescano Ubaldo Terrinoni «il discernimento è un dono dello spirito che ci aiuta a camminare verso Dio e a ricercare appassionatamente la sua volontà»16. Abbiamo visto che è opportuno fare alcune precisazioni del termine, descrivere la natura, indicare la finalità, esplicare la responsabilità17. Abbiamo trovato il bisogno di precisare che il discernimento vocazionale ha il compito di verificare l’esistenza di una chiamata specifica. viene presentato come un’abilità a valutare gli eventi, le situazioni e persone, alla luce del vangelo e come l’intima conoscenza dell’opera di Dio nel cuore degli uomini. Il discernimento vocazionale è una realtà molta complessa. È opportuno fare alcune precisazioni del termine, descrivere la natura, indicare la finalità, esplicare la responsabilità18. Per questo, possiamo dire che, il periodo di formazione, è tempo di grazia per aiutare il candidato a pervenire alla verità del proprio essere, che nell’ esperienza cristiana è leggibile in Cristo Gesù, l’uomo vero.
Nel secondo capitolo si tratta di sviluppare i processi decisionali e relazionali come ci spiega il titolo. Il processo implica il superarsi e fare scelte coerenti con la proposta formativa alla vita consacrata nei contesti attuali, aiutati dagli psicologi, dal Magistero della Chiesa e da alcuni autori. Come riferimento la teoria degli psicologi William James e Carl Lange, la quale ci aiuta a capire quanto l’aspetto fisiologico sia una componente essenziale ed indefettibile delle emozioni. Possiamo infatti affermare con certezza che non esista uno stato emotivo, di qualsiasi intensità, senza un’attivazione fisica correlata. La teoria periferica di James-Lange conferiva un valore così rilevante alla “fisicità” delle emozioni da sostenere come lo stesso contenuto dell’emozione fosse sostituito alla sperimentazione di una sensazione fisiologica che ne costituiva la causa eccitante19.
Per finire, Dopo l’interpretazione del processo formativo, alla luce della psicologia e della pastorale, abbiamo fatto nostro il compito di suggerire qualche applicazione alla vita concreta in vista di una maturità formativa, pensando sempre alla realtà delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa. In questo terzo e l’ultimo capitolo abbiamo messo in luce i protagonisti del discernimento vocazionale delle suore Minime, come in tutti gli ambiti formativi organizzati. Alcuni autori nell’ambito di psicologia, pedagogia e pastorale ci hanno aiutato per una ricerca utile nella materia. Tutto questo per arrivare allo svolgimento di un buon discernimento vocazionale dell’Istituto, come scrive Méthode G. nel suo libro Programmare e Valutare…, perché “L’attuazione dell’itinerario formativo esige la presenza di risorse umane o di protagonisti cioè attori competenti”20. Poiché il discernimento vocazionale delle suore Minime sia un vero passaggio di una comunità educativa, i protagonisti di essa sono educatori e educandi (Maestri e candidate in formazione). In esso il percorso di accompagnamento come dice il prof. Crea nel suo libro psicologia del discernimento, nel processo di discernimento o in un itinerario formativo, l’accoglienza e l’accettazione reciproca rende gli individui capaci di investire creativamente nel modo di essere aperti a riconoscere i segni della chiamata, passando dalle buone intenzioni ai fatti, e imparando così a essere dono, non solo per sé stessi ma anche per gli altri21.

VALUTAZIONE e I LIMITI
- Il tema è stato molto interessante e ampio che si può sviluppare in tanti percorsi formativi, perché ed è utile non soltanto per la formazione consacrata ma anche per tutta la vita ordinaria.
- Come tutte esseri umani, mi sono trovata limitata in tante cose in questa ricerca, in anzi tutto con la scusa di Covid, non ho potuto aver alcune informazioni utili che volevo e ho cambiato più volte l’idea iniziale…
Detto questo, ho finito, vi ringrazio di vero cuore.


CONCLUSIONE GENERALE
Al termine di questo lavoro vogliamo precisare che il capitolo I è stato un lavoro lungo e complesso, che abbiamo voluto riportare alcune linee guida teoriche del magistero ed i contributi di alcune voci esperte alla vita consacrata. L’esercizio del discernimento vocazionale in questo lavoro (Discernimento nella Formazione Iniziale con alcuni aspetti psicologici- pastorali/spirituali e pedagogici) è risultato come un processo formativo ed educativo che non si limita solo alla formazione iniziale. Infatti, la propria ricerca di amore è in continuo aggiornamento, con il contributo supremo di Dio padre fonte e culmine della ricerca vocazionale. Abbiamo così sottolineato nel primo capitolo che è di natura fenomenologica ed abbiamo provato a descrivere l’esperienza che fa l’uomo di Dio, sperimentata e conosciuta mediante la realtà vocazionale, formativa ed il conseguente discernimento. Seguendo alcuni itinerari di natura pedagogica pastorale, ci si può ricollegare a taluni aspetti segnalati nel documento partire da «Nuove vocazioni per una nuova Europa», le scelte strategiche e urgenti, che O.M. Llanos presenta nel suo libro22… “iniziare a seminare al tempo giusto (preadolescenza, adolescenza e cultura vocazionale), la promozione della vocazione specifica e il contributo della donna nella pedagogia vocazionale odierna”. Qui si rivolge proprio a noi ed abbiamo anche messo in luce il confronto dell’esperienza di una riflessione critico-teologica che è stata descritta, nella prima parte, con il vissuto ecclesiale. In seguito è stato evidenziato anche l’elemento di ogni vocazione, in particolare la chiamata alla vita religiosa che chiede dunque di essere “affrontata”, verificata nella preghiera e con la Parola di Dio. Richiede altresì uno sguardo onesto e sincero su sé stessi e quindi una conoscenza e una consapevolezza di sé; esige un cammino di discernimento serio; matura e si rivela nell’accompagnamento spirituale ed umano accanto a delle buone guide.
Per comprendere la propria vocazione serve tanta umiltà23, disponibilità, pazienza, voglia di mettersi in gioco e rischiare, ascolto e ricerca di ciò che è essenziale, docilità nel farsi guidare e accompagnare ... Occorre mettersi in strada… Serve farsi pellegrini e mendicanti… per poter riconoscere un giorno e dire che sono stato un servo inutile ma il Signore mi ha esaltato. In seguito, con la parte ermeneutica nel secondo capitolo, abbiamo cercato di andare oltre la descrizione e comprendere la complessità delle implicanze psicologiche e pastorali nel processo formativo dell’Istituto delle suore Minime. Successivamente l’interpretazione del processo formativo, alla luce della psicologia e della pastorale, abbiamo fatto nostro il compito di suggerire qualche applicazione alla vita concreta in vista di una maturità formativa riformata, pensando alla realtà delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa. Senz’altro è un contributo in dialogo con gli studi fatti durante la formazione specializzata della pedagogia delle vocazioni o dei formatori- animatori vocazionale all’Università Salesiana di Roma. Abbiamo avuto anche la necessità di riprogettare e rielaborare il progetto formativo dell’Istituto per una splendida adattazione in Africa dove l’Istituto rinasce per adesso, per il bene della congregazione secondo le costituzioni, i regolamenti propri e della Chiesa universale. Il cammino vocazionale che parte dai più giovani, «La preadolescenza è stata chiamata “la prefigurazione emotiva” del divenire vocazionale»24, perciò «l’approccio ideale della pedagogia è quello di “camminare insieme” nelle situazioni reali» del preadolescente.
Confrontando la ricerca con gli orientamenti del Magistero della Chiesa, possiamo aggiungere in sintesi di tutto ciò che abbiamo studiato nel tema, il brano del libro dell’anno della vita consacrata in cui: “Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in quest’opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all’azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. Per questo occorre formarsi a saper comprendere i segni della volontà di Dio e della sua Parola, che si fa voce urlante negli eventi della propria storia e nei segni dei tempi. E. Bianchi nel suo libro, dice che il “discernimento vuol dire esercitarsi a rimanere, a sostare saldamente e con fiducia nella Parola che è Cristo”25. I formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario. Attenti all’azione della grazia, essi sapranno indicare gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie. Ai lumi della sapienza spirituale si uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d’aiuto sia nel discernimento vocazionale, sia nella formazione dell’uomo nuovo, perché divenga autenticamente libero. Strumento basilare di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come uso di insostituibile e collaudata efficacia. Di fronte a compiti tanto delicati appare veramente importante la formazione di formatori idonei, che assicurino nel loro servizio una grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa. È stato sottolineato anche l’importanza di creare adeguate strutture per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale.
In quest’opera formativa gli Istituti già meglio radicati devono dare un aiuto agli Istituti di più recente fondazione o quelli in difficoltà, grazie al contributo di alcuni dei loro membri migliori”26. Qui possiamo aggiungere che ci mancano proprio i formatori esperti con la scusa delle mancanze di vocazioni negli istituti. Di questo fatto, gli istituti e l’intera Chiesa è in continuo lamento per la scarsa formazione dei formatori che genera la mancanza delle vocazioni. In questa ricerca possiamo proporre che non dobbiamo scoraggiarci per le poche vocazioni che abbiamo, possiamo offrire delle occasioni formative adeguate a un futuro migliore di ogni Istituto per il bene della Chiesa. Come si dice nel linguaggio popolare “pochi, ma bravi! O ancora “pochi ma di buona qualità, senza cercare tante vocazioni dalla qualità scarsa che ne combinano sempre o quelle che nessuno riesce a gestire, per poi trasmettere delle eresie al popolo di Dio anziché la buona testimonianza cristiana” o ancora dei consacrati che rovinano delle vocazioni e fanno vuotare le comunità. La Congregazione delle suore Minime come tanti altri Istituti è in crisi vocazionale, in Europa, Argentina e Colombia ci sono missioni da tanti anni, ma le difficoltà non sono solo a livello culturale, perché, in Africa ad esempio, c’è il vero problema degli abbandoni dell’Istituto sia nella formazione iniziale che dopo la professione perpetua.
Questo problema non fa solo parte di una cultura o di un continente; piuttosto, possiamo anche ben dire come Papa Francesco che in “questo momento la fedeltà è messa alla prova […]. Siamo di fronte ad una “emorragia” che indebolisce la vita consacrata e la vita stessa della Chiesa. Gli abbandoni nella vita consacrata ci preoccupano. È vero che alcuni lasciano per un atto di coerenza, perché riconoscono, dopo un discernimento serio, di non avere mai avuto la vocazione; però altri con il passare del tempo vengono meno alla fedeltà, molte volte solo pochi anni dopo la professione perpetua. Che cosa è accaduto?»27. L’interrogativo sollevato da Papa Francesco non può cadere nel vuoto. Di fronte al fenomeno degli abbandoni dello stato di vita consacrata e clericale, denominatore di situazioni diversificate, da tempo la Chiesa si interroga sull’atteggiamento da assumere28. La stessa vita consacrata è stata più volte sollecitata a riconoscere, discernere ed accompagnare situazioni di disagio o di crisi e a non ridurre il fenomeno solo ad un allarmante quadro statistico senza allo stesso tempo, interrogarsi sul senso e sulle implicazioni della fedeltà e perseveranza di una vocazione alla sequela Christi. Che consiste in un cammino di conversione e di purificazione che aiuti a riscoprire il fondamento e l’identità della propria chiamata, senza lasciarsi andare al pessimismo o alla frustrazione logorante di chi si sente impotente e si prepara al peggio. «La tentazione della sopravvivenza trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia ciò che il Signore ci presenta come un’opportunità per la missione. Questo atteggiamento non è proprio soltanto della vita consacrata, ma in modo particolare siamo invitati a guardarci dal cadere in essa»29. Il mondo è in difficoltà, la guerra in tante parti del mondo, il Covid-19, le calamità naturali, la morte e le malattie diffuse dappertutto, le crisi economiche nella società intera, tutto ciò genera la scarsa vocazione.
«La fiducia deve crescere - afferma Papa Francesco - proprio quando le circostanze ci buttano a terra»30. L’altra cosa più importante che possiamo prendere in considerazione con molta attenzione in questa ricerca è che nonostante tutte le teorie e le pratiche riportate, suggerite, ritenute ed imparate nella tesi, la psicologia, pedagogia, pastorale, teologia o spiritualità sono i fattori principali che dovrebbero aiutare ogni candidata ad intraprendere al meglio il suo percorso decisionale. Assieme alle altre scienze umane è necessario collaborare per modellare, trasformare e formare lo sposo o la sposa chi si prepara per incontrare giorno dopo giorno il suo sposo Gesù: che è Maestro per eccellenza di ogni vocazione e di ogni scelta di vita umana. Poiché questa scelta come scelta di matrimonio ha bisogno di una persona matura umanamente e spiritualmente per poter sopravvivere nella lotta della propria scelta. La lotta la può vincere solo una persona preparata molto bene con una formazione integrale. Siamo tutti chiamati a lottare e collaborare per andare avanti per bene in tutti i punti delle nostre scelte. Pregando e sostenendoci gli uni con gli altri, aiutandoci progressivamente avvicenda nel portare la propria croce. Preghiamo il Signore che ci sostenga e ci accompagni sempre nell’esercizio di qualsiasi discernimento e soprattutto quando siamo chiamati ad aiutare gli altri nello scegliere la propria vocazione. Non possiamo concludere questa ricerca senza sottolineare che la Minima si forma anche nella missione dell’Istituto in cui collabora per la promozione della donna ma condividendo la vita con le persone a lei affidate dall’Istituto stesso, dall’educazione dei più piccoli fino all’accompagnamento delle persone anziane in fin di vita.

RINGRAZIAMENTI
Ringrazio anzitutto il Signore guida delle mie azioni, che mi ha sempre sostenuto in tutto con il suo Spirito Santo; ringrazio i miei Defunti che invisibilmente ho confermato di aver scritto la tesi insieme a loro. Grazie al mio angelo custode ormai in cielo Padre Jean Paul Avokandoto con cui ho scelto questo tema, confrontandoci assieme fino all’elaborazione del progetto approvato; senza dimenticare la nostra santa collaborazione in tutto, pensando ogni giorno alla perfezione per la vita eterna, fino ad ora mi è stato sempre vicino. Tra le tante fatiche dell’apostolato e del cammino verso l’UPS, ci siamo riconosciuti Angeli Custodi a vicenda per cinque ultimi anni del suo pellegrinaggio terreste. Lo sostenevo quando era vivo ed ancora oggi continuo a confermare che egli è stato un Santo anche se il mondo non lo ha conosciuto, conoscendo i suoi limiti, i suoi peccati e la sua bravura posso credere che sia accanto a Gesù e Maria, che ha servito e amato. Chiedo a lui di continuare a pregare per me come faccio anche io per lui.
Ringrazio il mio relatore, il Prof. Giuseppe Crea; posso esprimere solo la mia gratitudine per avermi guidata con tanta pazienza ed essere stato sempre pronto ad aiutarmi a riportare il meglio. Grazie al Prof. Mario Llanos, il mio correlatore, che con tanta pazienza mi ha trasmesso circa la metà del sapere pastorale e vocazionale professionale del percorso universitario. Ringrazio il Prof. Tognacci Stefano, presidente di questa discussione, grazie di cuore; il Prof Roggia e tutto il gruppo gestore del nostro Curriculum grazie di tutto. Ringraziamenti alla precedente Madre Generale Chiara con il suo consiglio, la ringrazio di vero cuore per l’opportunità di questo percorso formativo che mi hanno offerto, per il mio bene ed il bene del nostro Istituto. Mi hanno orientato in questo percorso più impegnativo e penitenziale, non ero convinta all’inizio, ma mi rendo conto che le materie apprese mi hanno salvato la vita e la vocazione. Grazie anche all’attuale Madre Generale Monica, insieme al suo consiglio per la finizione del mio percorso accademico. Grazie alle due mie comunità della Casa Speranza e Torre Maura per la loro pazienza, preghiera e buona volontà. Un grazie particolare a suor Maria Aurora che è stata la mia maestra d’italiano per il primo Capitolo ed a suor Maria Paola a Brazzaville che mi ha incoraggiato e aiutato all’ultimo capitolo. Un grande grazie particolare a Lorenzo e Francesca che hanno curato nell’ultimo minuto l’Italiano di tutta la tesi. Grazie di tutto alla mia università ed ai miei cari colleghi studenti per la collaborazione; grazie ai miei collaboratori privati per la loro buona volontà e multiplo sostegno.
Infine, ringrazio con affetto tutti voi per la vostra presenza e fraternità, vi abbraccio. Che Dio, fonte di ogni bene, vi ricompensi tutti e vi benedica nel nome di Gesù e Maria.

INDICE……………………………………………………………………………2
INTRODUZIONE………………………………………………………………..8
CAPITOLO I
Formazione e discernimento…………...………………………………………10
1. Discernimento nella formazione iniziale…………………………………….11
1.1. Cos’è il discernimento, contenuti e precisazioni…………………………11
1.2. Natura, finalità e responsabilità del discernimento……………………… 16
1.3. L’importanza del discernimento nelle prime fasi formative……………...18
1.4. Discernimento, spiritualità e formazione…………………………………21
2. L’esperienza della formazione iniziale ………………………………………24
2. 1. Fasi della formazione iniziale……………………………………………24
2. 2. Sfide nel discernimento e nella formazione ……………………………..26
3. Discernimento e decisioni…………………………………………………….29
3.1. La relazione personale con Dio …………………………………………..30
3.2. Prima di decidersi: come prepararsi spiritualmente………………………32
3.3. Le tappe del discernimento spirituale…………………………………….34
3.4. La verifica dopo il discernimento………………………………………...37

CAPITOLO II
Processi decisionali e relazionali (attivi, emotivi) ……………………………40
1. Formazione come qualcosa di significativo…………………………………40
1.1. Percezione di sé…………………………………………………………..40
1.2. Alterità e relazionalità……………………………………………………43
1.3. Continuità e progettualità………………………………………………...46
2. Discernimento e processi decisionali………………………………………...48
2.1. Elementi del discernimento………………………………………………48
2.2. Il Discernimento nell’ottica di Papa Francesco…………………………..53
2.3. Discernimento e situazioni difficili………………………………………57
2.4. Formazione al discernimento…………………………………………….61
3. Formazione come tempo di grazia per la lotta della vita consacrata.………65
3.1. Alla scuola dello Spirito………………………………………………….65
3.2. Crescita armonica e integrale…………………………………………….67
3.3. In continuo rinnovamento………………………………………………..70

CAPITOLO III
I protagonisti del discernimento e la prospettiva progettuale delle suore Minime di Nostra signora del Suffragio in Africa………………………………………74
1. I protagonisti del discernimento……………………………………………..76
1.1. La centralità della persona in formazione……………………………….76
1.2. Formatori competenti e lavoro di equipe………………………………..79
2. Prospettiva progettuale……………………………………………………...82
2.1. Avviare processi decisionali…………………………………………….83
2.2. Progetto e discernimento………………………………………………..85
2.3. Principali linee del Metodo utilizzato…………………………………..89
2.4. La valutazione della ricerca o verifica/ analisi…………………………..93

CONCLUSIONE GENERALE……………………………………………….94
RINGRAZIAMENTI………………………………………………………….97
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………99

 

 

LA RIEDUCAZIONE DEI DETENUTI MINORENNI: UNA RIFLESSIONE di Alessandra Di Giovambattista 

9-2-2023

La legge n. 103 del 2017, in tema di modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, contiene al suo interno anche delle deleghe; tra esse ci si vuol soffermare su quella che detta specifici principi e criteri direttivi per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minorenni, con particolare attenzione all'istruzione ed ai contatti con la società esterna, in funzione del futuro reinserimento sociale del minore. Il provvedimento introduce e disciplina le misure penali di comunità, quali misure alternative alla detenzione rivolte esclusivamente ai condannati minorenni e ai giovani adulti (quelli di età inferiore ai 25 anni). Si tratta di: affidamento in prova al servizio sociale, affidamento in prova con detenzione domiciliare, detenzione domiciliare, semilibertà e affidamento in prova in casi particolari (cosiddetto affidamento terapeutico). Il collocamento del minore può avvenire in comunità pubbliche o del privato sociale, anche in gestione mista con enti locali.
La questione da porsi è se il carcere minorile e le pene inflitte al minore riescano effettivamente a risolvere le problematiche che hanno spinto il soggetto a delinquere. Nella maggior parte dei casi la risposta è negativa; si assiste molto spesso a situazioni in cui la struttura carceraria può addirittura aggravare le problematiche che hanno indotto il minore a compiere il reato, creando e/o consolidando uno stato di emarginazione e di auto esclusione rispetto al mondo esterno. Peraltro la pena detentiva favorisce la segregazione del minore in un ambiente in cui è forte e stretto il contatto con la delinquenza, rafforzando così i legami malavitosi ed accentuando il rapporto conflittuale con la società.
Da qui la necessità di ripensare le pene detentive inflitte ai minorenni; in particolare la detenzione deve rappresentare una misura residuale e applicabile solamente nel caso in cui le misure alternative siano fallite. Quindi le norme rivolte alla rieducazione dei minori devono avere un carattere di autonomia e specificità rispetto al complessivo sistema delle pene detentive in quanto per i minorenni è fondamentale individuare il trattamento che meglio risponda alla situazione psico-sociale del condannato, escludendo ogni rigido automatismo e favorendo, piuttosto, il ricorso alle misure alternative risocializzanti, che meglio possono contribuire al reinserimento del soggetto nella società e impedire che possa tornare a commettere nuovi reati.
Secondo gli ultimi dati tratti da ISTAT e dal Ministero della Giustizia, i detenuti presenti negli istituti penali per i minorenni, al 15 Dicembre 2022, sono 400 (390 uomini e 10 donne); 206 sono minorenni, mentre i restanti 194 hanno tra i 18 ed i 24 anni. Sono 199 gli italiani e 201 gli stranieri. Al 31 dicembre 2021 i detenuti presenti negli stessi istituti erano 318 (311 uomini e 7 donne); 136 erano minorenni e i restanti 182 avevano un’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Del totale dei detenuti, il 42 per cento è straniero.
I dati sono in crescita e in generale si assiste ad un’emergenza educativa che spesso sfocia in situazioni di delinquenza minorile, espressa in diverse forme: bullismo, cyberbullismo, violenze fisiche, furti, scippi, spaccio di sostanze stupefacenti, prostituzione, e così via. Dalle ultime rilevazioni si evidenzia che occorre distribuire uniformemente sul territorio italiano i minori stranieri non accompagnati accolti in Italia, in quanto questi sono ragazzi vulnerabili: su 10 ragazzi scomparsi in Italia 9 sono minori stranieri non accompagnati. Dove finiscono? Spesso sono vittime di violenza, sono reclutati dalla malavita, sbandati ed abbandonati. Comunque, in generale, il problema riguarda tutti gli adolescenti; secondo la relazione del 2017 presentata dall’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, i minori, adolescenti, sono “sempre più soli, bambini che chiedono di essere ascoltati e di giocare, con un utilizzo non consapevole dei social media; adulti sempre più distratti o assenti rappresentano indizi di una vera e propria emergenza educativa”. Più di recente, lo stesso organismo ha riportato all’attenzione - a ridosso dell’episodio che ha visto la fuga dall’istituto penale per minori Cesare Beccaria di sette ragazzi il giorno di Natale del 2022 - i temi del disagio e della devianza giovanile; pur riconoscendo che il nostro sistema penale minorile rappresenta un’eccellenza in Europa, va sottolineato che ora la sfida si gioca sulle modalità di pene alternative al carcere. La soluzione non può essere rappresentata esclusivamente dalla detenzione, occorre invece valorizzare le pene alternative; inoltre le sanzioni devono essere commisurate all’età del minore – egli si trova in un’età che vede un incompleto processo formativo, con la personalità ancora in corso di sviluppo ed evoluzione - e deve essere promossa la giustizia riparativa al fine di prevenire ed evitare il processo penale. In tale ambito si ricorda come uno dei principi fondamentali del Codice di Procedura Minorile sia la residualità della detenzione: tale misura è da utilizzare solo nel caso in cui le misure alternative siano fallite, costituendo la summa maxima del procedimento di emarginazione del soggetto.
Funzione rilevante viene svolta anche dai servizi del Ministero della Giustizia, nonché dai servizi sociali degli enti locali; questi ultimi riescono ad individuare le problematiche del minorenne, realizzando progetti di recupero in seguito ad un costante ascolto e in forza di una strutturata comunicazione con il minorenne e la sua famiglia. Il servizio sociale opera su aree diverse, sviluppando un notevole impegno nell’attività di sostegno e di recupero dei minorenni devianti, cercando di comprendere quali possano essere i provvedimenti più idonei da attuare.
Altro aspetto che riguarda il mondo degli adolescenti è la costante crescita della povertà nei nuclei familiari con bambini, specialmente nelle famiglie con tre o più figli minorenni. La povertà economica si traduce, facilmente, in povertà educativa creando ragazzi sempre più distanti dalla realtà che li circonda, sempre più disimpegnati e carichi di rabbia che spesso sfocia in violenza verso tutti, coetanei e non. Quindi una riflessione sull’aspetto educativo è prodromica se si vuol comprendere ed arginare il problema della delinquenza minorile e se si vogliono analizzare quanto siano proficue ed efficaci le possibili modalità di recupero dei minorenni detenuti o affidati alle strutture che implementano le misure alternative.
L’attenzione va posta soprattutto nel contesto di vita dei minori: esistono periferie che sono ghetti, dove l’unica cosa che i giovani possono fare è delinquere; non viene loro offerta alcuna alternativa sana che sia una palestra, un teatro, dei laboratori artigianali e creativi, degli oratori, ecc. Così come anche il troppo benessere induce i giovani benestanti alla ricerca di esperienze nuove spesso al limite della legalità che li possono condurre a commettere atti delinquenziali. Occorre quindi porre attenzione a tutte le forme di disagio e sarebbe auspicabile che in primis la scuola offrisse dei percorsi professionalizzanti e improntati su concrete possibilità di occupazione, affiancata dalle associazioni sportive, dalle parrocchie nonché dalle associazioni del terzo settore con la finalità di svolgere un ruolo aggregante, alternativo ed arginante della malavita. Sarebbe quindi necessario creare spazi di lavoro per i ragazzi che non intendono proseguire gli studi con la possibilità di poter accedere al mercato dei capitali con forme di finanziamento alternative e dirette, come ad esempio il crowfounding, che potrebbe assumere il connotato di “crowfoundig sociale - giovani”, magari con forme di garanzia dello Stato o degli enti locali.
Se un soggetto sceglie di delinquere solitamente è condizionato dall’ambiente in cui è cresciuto: può essersi trovato in un ambiente con poche regole o può aver subito l’indifferenza totale dei genitori; si potrebbe però trattare anche di famiglie con troppe regole, da cui l’adolescente vuole scappare perché si sente oppresso, o anche di situazioni svantaggiate in cui il minore potrebbe essere cresciuto, da cui vuole riscattarsi commettendo crimini per arricchirsi facilmente e velocemente. È importante comprendere, oggi più che mai, che l’indifferenza non educa; i bambini hanno bisogno di certezze ed apprendono le regole essenzialmente dai modelli e dall’insegnamento dei genitori e delle altre figure educative con cui vengono a contatto ed interiorizzano le regole attraverso l’esempio, la testimonianza ricevuta. Occorre anche sottolineare che gli esempi che oggi vengono offerti, specialmente dai media sempre meno indipendenti, si basano su una società c.d. “liquida” dove non c’è più certezza, neanche negli ambiti delle scienze naturali dove, in alcuni casi, le risposte sono nette ed oggettive. Quindi il disorientamento, specialmente per i giovani, è forte ed in alcuni casi sempre meno gestibile. E da qui l’importanza della presenza costruttiva e coraggiosa dei genitori, degli insegnanti, ma anche dei referenti degli ambienti aggreganti quali: palestre (quindi degli istruttori sportivi), oratori (i sacerdoti ed i catechisti nonché gli animatori), centri culturali in genere (pertanto i referenti degli ambienti artistici, dello spettacolo e dell’intrattenimento). Albert Bandura ha sottolineato come i bambini spesso imitano ciò che li circonda e questa è la dimostrazione della teoria dell’apprendimento sociale. Questa teoria sottolinea ancora di più l’importanza dell’educazione per prevenire i reati dei minori fin dalla tenera età. I bambini quasi sempre copiano i comportamenti che apprendono da chi sta loro intorno e le prime esperienze sono quelle che si vivono a casa e a scuola. Per questo motivo bisogna educare i giovani al rispetto delle regole fin da subito, per evitare che imparino comportamenti sbagliati ritenendoli corretti.
Occorre poi che il bambino tragga insegnamento anche dagli errori che può commettere (in questo mi sembra molto educativo lo sport, e specialmente quello di squadra, dove si impara il rispetto, la condivisione e la solidarietà) ed è importante che gli educatori concedano una seconda possibilità al fine di far capire che anche l’impegno volto a riparare lo sbaglio viene riconosciuto; il minore a casa, a scuola, così come nel procedimento penale, deve essere messo nella condizione di imparare dai propri errori e capire che ciò che ha fatto è sbagliato e che può agire in maniera diversa per non incorrere in una punizione futura. La parola fondamentale è la parola “fiducia”, “fede”, che permette a chi la concede e a colui a cui viene concessa di poter fare un passo avanti, di poter crescere e migliorare, di poter confidare in sé stessi e negli altri. Spesso le lacune più grandi si trovano proprio nella spiritualità, nell’interiorità dei giovani che sembra che nessuno voglia provare a riempire: mancano genitori presenti e credibili, educatori seri, che sappiano mettersi in gioco con atteggiamenti costruttivi, che forniscano esempi e indichino poche regole, serie e chiare mediante le quali il minore sappia con certezza quando ha ragione e quando è in errore; in mancanza di ciò si apre la strada alla malavita. Forse un nuovo San Giovanni Bosco, oggi, potrebbe fare molto di più di tanti pseudo educatori.
Ma l’aspetto legato alla fiducia è forse quello che avvicina di più all’esperienza sacerdotale, i cappellani dei carceri minorili incontrano quotidianamente giovani che hanno ferito e che sono a loro volta feriti; in tali contesti i minori non debbono essere nuovamente giudicati, ma piuttosto ascoltati, compresi. Sono le pietre scartate da cui forse si può provare a ricostruire. I cappellani rappresentano delle figure significative per tutti i ragazzi in quanto il loro servizio si basa sull’ascolto e sull’accoglienza, sul prospettare dei punti di vista diversi, non punitivi o giudicanti, ma costruttivi nella ricerca interiore del rispetto e della fiducia. È importante suscitare nel minore il sentimento del sincero pentimento per l’azione commessa; questo potrà essere il vero punto di svolta: comprendere il dolore ed il dramma creato e cercare di riparare, mettendo in gioco qualunque componente personale sia materiale che spirituale, riflettendo anche sulla propria afflizione, causata dal reato commesso.

Sabato 11 febbraio, u.s. nella sala Italia dell’Unar di Roma, per African People Scientific News si è tenuta una interessante conferenza: “Cambiamenti Climatici e Migrazioni”.
Perché assistiamo ai cambiamenti climatici.
Molto c’è da comprendere dei meccanismi della Terra, che governano gli eventi estremi, come quelli di medio-lungo periodo, indotti dai cambiamenti climatici.
Sulle criticità, per attuare un contenimento dei rischi, professori e progettisti in conferenza, con il loro saperi.
L’ingegnere Maurizio Scarponi, Presidente dell’ong Africanpeople, presenta il professore Gianluigi Rossi, emerito di Storia delle relazioni internazionali e Storia dell’Africa che tratterà: “Cambiamenti climatici e Migrazioni: il caso d’Africa”.
L’Africa contribuisce ai cambiamenti climatici, un fattore importante che stimola i flussi migratori. Il fenomeno all’interno è di gran lunga superiore, a quello esterno.
L’Africa presenta una grande variazione ambientale e un profilo climatico. Cinquantaquattro stati ultimamente si è aggiunto il Sud-Sudan, tutti differenti.
Il Congo è un caso a sé, uno scrigno pieno di risorse. La Somalia uno dei paesi più poveri.
Molte le differenze da un punto di vista climatico ed in più paesi esiste un clima ottimale.
L’isola della Sicilia subisce effetti del clima, un processo di tropicalizzazione.
I cambiamenti climatici favoriscono l’esodo. La stessa guerra In Ucraina ha incoraggiato i flussi verso l’esterno per l’esportazione dei cereali.
L’Ucraina considerata il granaio d’Europa con l’incertezza per l’approvvigionamento, verso la migrazione.
Favorire il progresso dell’Africa, per limitare i flussi emigratori dall’Africa.
Le relazioni tra Italia, Europa e Africa sono in primo piano, fin d’ora e nei prossimi anni per rinsaldare il Partenariato tra gli stati.
La popolazione africana nel 2060 si stima al doppio dell’attuale e il rapporto africano va rilanciato in vista degli interessi permanenti.
Dal 1960 c’è l’indipendenza degli stati africani, è arrivato il momento di un nuovo rapporto euro-africano.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il professore Gianluigi Rossi per “il Caso d’Africa” nella contemporaneità.
Il professore Alessandro Bianchi: urbanista presenta la sua relazione: “Città e migrazioni”.
Le città dell’Africa risentono e continueranno a risentire dei cambiamenti climatici.
Rapporto di causa ed effetto delle migrazioni e dei cambiamenti climatici. Il continente Africano e l’Europa. Causa di migrazione all’interno dell’Africa, le città e le migrazioni.
Dal 1750 c’è stata un’esplosione demografica, dovuta a diversi fattori.
La popolazione mondiale ha iniziato a crescere fino 1,25 miliardi.
Nel 1950 è di 2,5 miliardi, 7,9 miliardi nel 2022. Nel 2050 sarà di 9 miliardi.
Aumento di popolazione che si è distribuito in maniera diseguale.
Nel 1950 la popolazione europea era il doppio di quella africana.
Nel 2050 ci sarà il 28% di conseguenze rilevanti.
L’insediamento dalle aree rurali in città determina agglomerati di costruzioni nelle principali città d’Africa. Nairobi, Cairo, Manshiet
Fetta di popolazione che vive in assenza di reti fognarie, con scarsezza di condizioni igieniche in bidonvilles, effetto degli spostamenti dalle zone limitrofe alle città.
800.000 sono arrivati in Europa provenienti dalle rive Sud Marocco, Libia Tunisia, Algeria sbarcano in parte Grecia e Spagna e per lo più in Italia.
Siamo distanti da una cultura multietnica, multirazziale, multireligiosa e poliglotta.
Poca inclusività.
I migranti nei vari paesi di accoglienza, centri di segregazione. Migranti in transito in condizioni precarie.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il professore Alessandro Bianchi per una presa diretta sulle: “Città e migrazioni”.
Presente tra i relatori il professore Claudio Margottini, geologo, addetto scientifico all’Ambasciata del Cairo con:”Quando il clima cambia la storia dell’uomo”.
Le principali ere, i mutamenti climatici nei secoli e come il clima cambia la storia dell’uomo.
Più di una ragione spinge gli uomini ai movimenti, all’interno ed all’esterno, di un paese.
Migliorare lo stato di esistenza, una esigenza avvertita per nuove forme di dignità, viaggi per fenomeni ambientali, sociali, economici e culturali.
Il clima è visto come un forzante che condiziona la sopravvivenza.
Le tradizioni delle popolazioni nomadi, la non residenzialità, movimenti ed insediamenti hanno peculiarità proprie: espansioni, migrazioni, carestie, e disastri ambientali.
L’homo Sapiens appare circa 200.000 fa.
Il Clima diviene più instabile.
L’homo di Neandertal visse nel periodo paleolitico tra i 200.000 e i 40.000 anni fa. Restano tracce del DNA dell’homo di Neandertal.
Nel continente europeo, in Asia ed in Africa il periodo Paleolitico superiore si estende tra 41mila e 12mila anni fa.
Fu un periodo di glaciazioni e di grande esplosione creativa, nel quale si estinse l’homo di Neanderthal e l’homo Sapiens. Molte le colonizzazioni sui territori che si muovevano per i cambiamenti climatici.
Nel massimo glaciale intorno a 20 mila anni fa il livello marino stazionava circa 120 metri sotto quello di oggi. Con l’aumento della temperatura ci fu lo scioglimento dei ghiacciai confluenti nei corsi di acqua, fino al mare. Con il primo diluvio il livello degli oceani si è alzato tanto da sommergere interi territori.
Il mar mediterraneo 20mila anni fa.
Nascono i popoli del mare che dettero origine a culture e civiltà marinare e a migrazioni.
Per il clima mite del mar mediterraneo, tutti i popoli lungo le sponde divennero abili navigatori nel cercare altrove le risorse, per la loro sopravvivenza.
Prime civiltà del Mediterraneo.
I cambiamenti climatici portarono a nuovi popolamenti di territori a causa delle instabilità e scarsezza di risorse.
Si osservano le varie epoche climatiche.
Ottimo climatico olecenico venne caratterizzato da un periodo caldo tra 9.000 e i 5.000 anni fa.
Ottimo climatico romano indicato come periodo caldo in Europa e nel nord Atlantico dal 259 a.c. al 400 d.c.
Periodo caldo medioevale, con clima relativamente caldo nel nord Atlantico, per 300 anni dal IX al XIV secolo.
Durante questo periodo vi furono insediamenti umani nel nord Europa.
Piccola glaciazione dalla metà del IX secolo alla metà del XIX secolo, durante la quale si registrò una diminuzione della temperatura terrestre.
Effetto del clima più caldo in Italia: lo scioglimento dei ghiacciai. Negli ultimi decenni: maggiore fusione per l’aumento globale delle temperature.
In terre lontane, in Nuova Zelanda la popolazione aborigena, Maori divisa in tribù e clan e la schiavitù non era sconosciuta e ci fu la tratta per la manodopera.
Cartine geografiche che indicano lo stato dei luoghi e clima.
La foto delle Alpi e degli Appennini non innevati e ricchi di verde non risale a data odierna.
Africa un potenziale di risorse umane e materie prime.
Cobalto, uranio, oltre platino e diamanti. Ed in particolare la columbite-tantalite si utilizza il termine coltan per abbreviazione.
Comprendere l’Africa è valorizzarla, un continente da non saccheggiare.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il geologo professore Claudio Margottini, per l’analisi:”Quando il clima cambia la storia dell’Uomo”.
Il colonello Laurenzi non ha bisogno di presentazioni, giornalista meteorologo di Rai1”Uno mattino in famiglia”.
Il colonnello Laurenzi con la tematica: “Un pianeta con i nervi scoperti”.
Aspetti inquietanti della nostra epoca.
Gli stessi cambiamenti climatici ci danno ansia e paura.
Il mondo non si ferma cambia e ci rende incerti, alla ricerca di riferimenti.
Cambiano i mari le correnti, maggiori alluvioni, rischi tellurici, smottamenti, esondazioni.
Inverni rigidi, danni da siccità ci preoccupano.
Le stagioni sono cambiate, nessun giorno è uguale all’altro.
La popolazione mondiale cresce sempre di più e maggiore è il pil.
Aria inquinata, eccesso di anidride carbonica, temperature medie in aumento.
Troppe le domande alle quali non c’è risposta.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il colonello per la complessità del pianeta.
La dott.ssa Laura Patrioli, psicologa con:“Eco-ansia e meteopsiche”.
L’eco-ansia: è la sensazione che le basi ecologiche siano in procinto di crollare.
L’eco-ansia è una preoccupazione generale, uno stress.
Da qualche anno si è iniziato a parlare di eco-ansia, nel riferirsi a forme di inquietudine e depressione, al pensiero del cambiamento climatico ed altre criticità ambientali.
Approcci alla sostenibilità ambientale.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia la dott.ssa Laura Patrioli per le difficoltà dei cambiamenti climatici.
Marco D’Agostini, ricercatore progettista: per una pianificazione agricola di uno dei paesi più poveri dell’Africa: l’Etiopia.
Un problema l’irrigazione dei terreni. Spesso con falle nel percorso di scorrimento idrico.
Recuperare le terre degradate e dare la possibilità di ingresso alle comunità locali al mercato, senza che le coltivazioni siano per scopi industriali.
Le piante indigene per la salvaguardia dei terreni, per la umidità e l’ombra.
I giovani sono alla manodopera, messe da parte le necessarie risorse economiche, lasciano il paese di appartenenza, e migrano.
La partecipazione alle coltivazioni dei terreni contribuirà a rendere accessibile a tutti la risorsa alimentare verso una certa sostenibilità ambientale, fuori dalla longa manus straniera sul territorio.
Si ringrazia Marco D’Agostini, per il progetto agricolo dell’Etiopia, un possibile sviluppo.
In chiusura suor Eveline direttamente dalla Namibia.
Testimone di un compito per il benessere della sua terra.
Presenta il suo paese di origine con un progetto di famiglia estesa. Divulgatrice di conoscenza, impiego ed inclusività.
Attività per migliori aspettative di vita.
Conclude Emanuela Scarponi: In Sudafrica c’è il deserto fiorito e le incisioni rupestri, sito archeologico.
In Primavera in una terra arida con una straordinaria biodiversità nel Namaqualand del Sud Africa e della Namibia, estesa per più di 100 km. sulla costa occidentale dell’oceano Atlantico, nascono tantissime piante.
La creatività nelle incisioni rupestri della Namibia è Patrimonio dell’Umanità. Opere d’arte.
Antica memoria indelebile nel tempo.

 di Claudia Polveroni

Apn pubblisher

 


Chi non conosce Vincent Van Gogh?

Alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, dall’8 ottobre 2022 Palazzo Bonaparte ospita la grande e più attesa mostra dell’anno dedicata al genio di Van Gogh. Attraverso le sue opere più celebri - tra le quali il suo famosissimo Autoritratto (1887) - sarà raccontata la storia dell’artista più conosciuto al mondo.

 



Rare sono le persone che non hanno mai visitato una mostra dedicata a Van Gogh. In tutto il mondo nelle città metropolitane, ma anche in quelle meno importanti questo genio della pittura ha fatto la sua comparsa e non poteva mancare alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, un’ulteriore rappresentazione di alcune sue opere. Fortunatamente qui a Roma, ancora una volta nell’autorevole Palazzo Bonaparte, è stata ospitata questa grande mostra, attesa da tempo.
Sono presenti 50 opere dell’artista provenienti dal prestigioso Museo Kröller Müller di Otterlo dei Paesi Bassi, situato in un villaggio compreso nel Comune di Ede in Gheldria, al centro del parco nazionale De Hoge Veluwe.
Il nome del museo - come viene ampiamente descritto dal documentario comodamente visibile nella prima sala della mostra - deriva da Helene Kröller-Müller, grande collezionista d'arte, moglie di un ricco industriale e tra i primi a riconoscere il genio di Van Gogh e ad acquistare i suoi dipinti, collezione che nel 1935 donò ai Paesi Bassi.
I quadri descrivono i periodi ed i luoghi dove egli visse, come capita spesso nelle pennellate dei pittori, e sono accompagnati da commenti ben articolati e dall’audioguida.
Quindi, oltre ad ammirare lo splendore della sua arte visiva, chiunque può godere e trascorrere bei momenti nelle varie sale, coadiuvati da spiegazioni autorevoli e facili da seguire. Si riesce così ad entrare nella vita di Van Gogh, nel suo amore per la pittura e per i suoi colori che sulla tela si trasformano e si trasformano in opera d’arte.
Come si dice spesso nell’arte, l’opera diviene essa stessa viva, trasmettendo all’esterno le grandi emozioni che il pittore prova nel guardare un paesaggio, prima quello industriale, come nel caso del “Tessitore al telaio”, un dipinto olio su tela, realizzato nel 1884, poi quello contadino come nel caso del “Seminatore al tramonto”, dipinto da Vincent nel 1888, il quale si concentra su personaggi umili, quelli mai guardati dai grandi pittori dell’epoca.
E lui in quei momenti diviene “grande”, facendo divenire protagonisti coloro che fino a quel momento erano stati lasciati da parte, un po’ come accaduto a lui stesso.
Questo è il suo punto di vista rivoluzionario, antesignano di un modo di dipingere irripetibile per la sua bellezza, per la movimentazione dei colori, dell’atmosfera, dei paesaggi rurali, che diventano tutt’uno con i personaggi illustrati, mentre lavorano la terra, arano i campi, fino a divenire indistinguibili ad un primo sguardo, grazie all’aiuto dei colori usati con maestria, perché quello deve essere l’effetto visivo che vuole Van Gogh, secondo la sua visione irrazionale del mondo che ci circonda.
Van Gogh descrive in un suo modo unico il cielo, le stelle, la terra, come un tutt’uno, in continuo movimento. Ed è questo il carattere unico dei suoi meravigliosi dipinti realizzati nella sua maturità artistica.
E cosi via via, mentre si resta incantati ad ammirare i suoi dipinti, nelle splendide sale che si susseguono all’interno del Palazzo, si entra nel personaggio dimenticando Roma, Piazza Venezia, per recarsi con la mente nelle campagne che Van Gogh voleva rendere immortali, e ripercorrere la vita artistica del nostro, che dai disegni in bianco e nero poi passa ad utilizzare e fare suoi i colori, il giallo in particolare, il blu stellato del cielo notturno, il verde ed il marrone della terra arata dai contadini dei Paesi Bassi, e poi tutti assieme, in un unicum dove spazio e tempo smettono di esistere distintamente.
Infatti noi spettatori, in contemplazione, entriamo senza accorgercene, con lo sguardo attraverso i suoi dipinti, nel suo cuore, nella sua anima errante e triste, come se il Nostro fosse lì presente assieme a noi, e diveniamo tutt’uno con lui e con i suoi personaggi: l’arte compie il suo viaggio e raggiunge il visitatore.
Può succedere che, avendo visto in passato i suoi fiori, le iris, le ninfee, le nature morte, i ritratti degli amici di questo celebre pittore, il comune pensare può, errando, ritenere superfluo visitare questa mostra.
Non è così.
Essa si pone come obiettivo un ulteriore passo avanti nella conoscenza di questo grande pittore, mostrando al pubblico una parte meno conosciuta della sua produzione artistica, a parte ovviamente il suo famosissimo autoritratto, cui è dedicata una sala a se stante.
Questi quadri meno conosciuti, nuovi al pubblico, alcuni dei quali in bianco e nero, suscitano nel visitatore un fascino ed un piacere tali da rimanere sconvolti , come sempre.
Insomma, è una scoperta ammirare questi dipinti, meno noti alla platea, che appaiono una novità imperdibile per chiunque: da essi trapela la vita del Nostro, impregnata di angosce, tristezze, tragedie ed anche di delusione, e della speranza di salvarsi, anche dopo essersi sparato all’addome.
Ma quello che arricchisce la mostra sono anche le didascalie, riportate in forma molto particolare, concernenti la sua vita, nei suoi vari periodi artistici, vissuta nelle diverse città europee; quindi i suoi soggiorni, le sue amicizie, i suoi incontri, i suoi difficili amori. Sconvolgenti sono, inoltre, le sue lettere al fratello Theo Van Gogh, riportate fedelmente su schermi posizionati tra i quadri; scritti sublimi, carichi di sentimenti, di affetto, di nostalgia per suo fratello, a cui era molto legato, e grande punto di riferimento per la sua intera vita.
Theo Van Gogh è sicuramente il suo affetto più caro, a cui si rivolge in ogni attimo della sua esistenza. Si avverte in questi scritti una immensa commozione in ogni sua parola, in ogni riga, commozione tradotta poi nelle sue meravigliose pennellate di mille colori.
E’ per tutto questo che la visita di questa originale mostra dovrebbe essere obbligatoria per tutti e per le scuole di ogni ordine e grado in particolare, per permettere a tutti i giovani di conoscere questo pittore straordinario, considerato il più celebre della storia dell’arte. Fu anche il più incompreso, tanto da arrivare prima a tagliarsi un orecchio e poi da arrivare al suicidio, avvenuto fortunatamente per noi, solo dopo aver completato la sua più grande opera artistica, mentre era ricoverato presso l’hôpital Saint-Paul de Mausole a Saint-Rèmy-de-Provence, dove giunge nel 1889 - a seguito di una violenta crisi quando Paul Gaugin lascia la sua casa di Arles - e vi resta fino al 1890.
Alla fine, infatti, cedendo di fronte al pregiudizio di tutti i paesani si fa rinchiudere volontariamente, ritenendosi pericoloso per sé e per gli altri.
E’ proprio dentro la sua piccola stanza d’ospedale che conosce il periodo più intenso dal punto di vista artistico, realizzando circa 150 dipinti e numerosi disegni.
La sua mente, infatti, non smette di viaggiare ed i suoi giardini - da lui frequentati quotidianamente, non potendo uscire - divengono essi stessi fonte di ispirazione per realizzare meravigliose scene, che nelle sue mani e con le sue pennellate rilevano la movimentazione delle forme, delle foglie, dei fiori, degli alberi, della natura che ci circonda che sfuggono al comune mortale, tra cui la “La Notte stellata” e “Le Iris”.
Tra i dipinti più interessanti si evidenziano: Il seminatore (1888), Contadine che zappano patate (1885), Tessitore e bambino su seggiolone (1884), Testa di contadina (1885), Vialetto nel giardino pubblico (1888).
Vale certamente la pena visitare la mostra anche per leggere le sconvolgenti lettere, le parole profonde intrise di emozioni, che si fanno poesia; brani psicologici e letterari, poco conosciuti fino ad oggi riguardanti il nostro Vincent: la Lettera di Vincent van Gogh ad Anthon van Rappard, Hague, 5 marzo 1883; Lettera di Vincent van Gogh ad Arnold Koning, Arles, 30 maggio 1888; Lettera di Vincent van Gogh ad Arnold Koning, Arles, 22 gennaio 1889; Lettera di Vincent van Gogh a Joseph Ginoux, Saint-Rémy-de-Provence, 2 febbraio 1890; Lettera di Vincent van Gogh ad Albert Aurier, Saint-Rémy-de-Provence, 10 febbraio 1890.
Completa la visita una sala meravigliosa, ricca di luci, colori riflessi su specchi illuminati e variopinti dove, quasi ad imitare il gioco di Van Gogh e le movimentazioni dei suoi punti di vista pittorici e grafici, vengono riprodotti i suoi dipinti, le scene, e i fiori; le figure dei suoi più grandi capolavori, con un sottofondo musicale che fa atmosfera.
E’ qui che il visitatore diventa esso stesso protagonista dell’arte di Van Gogh, rispecchiandosi anche lui in mille sfaccettature tipiche di questo labirinto giocoso, che fa girare la testa fino a perdere il senso di sé.
Maria Paola Santopinto