*UTERO IN AFFITTO, DI LEO (STEADFAST): CON OGGI LA CAMERA DEI DEPUTATI FA UN PASSO IN AVANTI PER L’ABOLIZIONE UNIVERSALE DELLA MATERNITÀ SURROGATA. L’ITALIA INTERVIENE CON FERMEZZA PER CONTRASTARE LO SFRUTTAMENTO DI DONNE E BAMBINI.*

Roma 26 luglio 2023 - «Siamo felici che la Camera dei Deputati, abbia compreso l’importanza di estendere il reato di maternità surrogata anche se commesso all’estero. Questo è un nuovo inizio verso l’abolizione universale di una pratica spietata che fa del corpo della donna e del bambino, una merce di scambio» - così Emmanuele Di Leo, Presidente di Steadfast, Organizzazione umanitaria in difesa dei diritti umani.

«Già più volte - continua Di Leo - abbiamo ribadito la nostra condanna alla maternità surrogata e al grande commercio che, in molte parti del mondo, monetizza su donne e bambini. Un business che sviluppa un volume d’affari superiore ai 9 miliardi di dollari all’anno. Dalle fabbriche di bambino in Nigeria, all’inarrestabile business di Kiev che né guerra e né pandemia ha smorzato; dalle madri surrogate commerciate in Sud America ai bambini venduti nel continente asiatico. Nel report “Raising Awareness on Gestational Surrogacy Among Vulnerable Women in Developing Countries” (https://www.steadfast.ngo/wp-content/uploads/2022/11/Raising-Awareness-on-Gestational-Surrogacy-3.16.21.pdf), che abbiamo recentemente pubblicato, descriviamo chiaramente i pericoli e lo sviluppo di questa ignobile pratica. Una vera emergenza internazionale alla quale la coscienza collettiva non può rimanere in silenzio ed oggi la politica italiana ha chiaramente dimostrato di voler intervenire con fermezza su questo abominio.»

 

 

*SVILUPPO E MIGRAZIONI, DI LEO (STEADFAST): BENISSIMO LA MELONI OGGI ALLA FARNESINA. FINALMENTE UN RAPPORTO TRA PARI CON POLITICHE IDONEE A RENDERE L’AFRICA INDIPENDENTE E AUTONOMA.*

Roma 23 luglio 2023 - «Oltre 20 stati presenti al “Processo di Roma", un percorso iniziato oggi per un dialogo costruttivo tra pari. Benissimo Giorgia Meloni oggi alla Farnesina, nella Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni. Il Piano Mattei continua ad avanzare e siamo molto soddisfatti che lo stia facendo efficacemente. Contrasto all'immigrazione clandestina, rafforzare il rapporto tra i Paesi africani e l'Italia e soprattutto potenziare la cooperazione internazionale. Quest'ultimo punto è fondamentale per non rendere vano tutto il lavoro che l’Italia sta attuando in questi ultimi mesi. Lo sviluppo dell'Africa è di fondamentale importanza! Quello proposto oggi dalla Premier è il potenziamento di corridoi umanitari legali, una collaborazione ad ampio raggio per sostenere lo sviluppo in Africa e verso i paesi di provenienza dei migranti. Il modello Meloni è proprio quello che ci auspichiamo da molto tempo: affrontare alla radice le cause profonde delle migrazioni con una pianificazione e realizzazione congiunta di progetti strutturali su sei settori principali: agricoltura, energia, infrastrutture, educazione e formazione, sanità, acqua ed igiene.

La proposta di un fondo per lo sviluppo che preveda una gestione decisa anche attraverso il contributo dei paesi che utilizzeranno quelle risorse, come obiettivo di medio termine, riteniamo sia un passo molto importante. Un partenariato fondato su solidarietà, sovranità di ciascun Paese, che sia orizzontale, non predatorio, con un rapporto di fiducia reciproco. Anche in vista dei risultati del nostro Congresso internazionale svolto dal 17 al 22 luglio a Roma, che ha visto la partecipazione di delegazioni provenienti da Nigeria, Camerun, Congo, Lesotho, Senegal, Congo Brazzaville, Kenia, Costa d’Avorio, Marocco ed Etiopia, siamo decisamente convinti che il percorso tracciato ed iniziato da questo Governo, sia la strada efficace da percorrere. Come sempre Steadfast, continuerà il suo lavoro di cooperazione ed aiuto, ma con una speranza in più: quella di vedere, finalmente, l’attuazione di idonee politiche atte rendere l’Africa un continente autonomo e indipendente.»

Sono le parole di Emmanuele Di Leo, Presidente di Steadfast, Organizzazione umanitaria in difesa dei diritti umani.

LA CRESCITA ECONOMICA SECONDO IL PARADIGMA DELL’UNIONE EUROPEA:

FOCUS SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

di Alessandra Di Giovambattista

Recentemente, in occasione del XXX anniversario della nascita del Mercato Unico Europeo

(1 gennaio del 1993), la Commissione europea ha presentato due comunicazioni; con la prima,

guardando al passato, ha ripercorso i risultati conseguiti con l’istituzione del mercato unico, con la

seconda si è posta l’obiettivo di rafforzare ed approfondire il mercato unico, garantendone la

competitività a lungo termine. I risultati conseguiti in questi 30 anni di mercato unico europeo, che

nel suo insieme rappresenta il 15% del PIL mondiale, sono riconducibili a benefici per i cittadini e

le imprese che devono però continuare a consolidarsi attraverso modifiche ed adattamenti alle

nuove realtà, con un potenziale di miglioramento che potrebbe assicurare 713 mld di euro di valore

aggiunto entro la fine del 2029. Con la seconda comunicazione la commissione europea si è

confrontata con l’obiettivo di migliorare il flusso commerciale dei beni e servizi all’interno

dell’Unione europea (UE) fondato su un modello di crescita economica che utilizzi la competitività

sostenibile, la sicurezza, l’autonomia strategica e la concorrenza leale. Pertanto la commissione si è

proposta di lavorare su nove tematiche: 1) il mercato unico funzionante; 2) l’ accesso al capitale

privato e agli investimenti, con particolare riguardo all’approfondimento dell'Unione dei mercati dei

capitali e al completamento dell'Unione bancaria; 3) gli investimenti pubblici e le infrastrutture; 4)

la ricerca e l’ innovazione; 5) l’energia; 6) la circolarità; 7) la digitalizzazione; 8) l’istruzione e le

competenze; 9) il commercio e l’autonomia strategica aperta.

Tra i vari argomenti si vuol porre, oggi, l’attenzione sull’intelligenza artificiale: croce e

delizia di questo nostro tempo che ha attraversato il mondo del reale approdando su quello virtuale

ed impattando trasversalmente sulle nostre vite e sui nostri interessi. Uno studio del Parlamento

europeo ha evidenziato i rischi connessi all’intelligenza artificiale; in sintesi riconducibili alla tutela

dei diritti umani e delle libertà fondamentali, con particolare riferimento alla discriminazione, alla

protezione dei dati ed alla vita privata. Secondo la Commissione europea, i sistemi di intelligenza

artificiale presentano in via generale, le seguenti caratteristiche: a) opacità (cioè limitata capacità

della mente umana di comprendere il funzionamento di determinati sistemi di intelligenza

artificiale), b) la complessità, c) l’adattamento continuo e l’imprevedibilità, d) il comportamento

autonomo, e) i dati (cioè dipendenza funzionale dai dati utilizzati ed immessi e dalla loro qualità).

Inoltre una nuova ondata di tecnologie riconducibili all’intelligenza artificiale per finalità generali,

con capacità generative, come ChatGPT, sta trasformando rapidamente il modo in cui tali sistemi di

intelligenza sono costruiti e diffusi e solleva una serie di preoccupazioni in merito alla privacy, ai

diritti di proprietà intellettuale e alla diffusione della disinformazione. In particolare la tecnologia

generativa, come ChatGPT, utilizza grandi modelli linguistici per dare vita ad opere d’arte, musica,

opere letterarie che dovrebbero essere soggetti ad obblighi rigorosi di trasparenza; in particolare

bisognerebbe imporre ai fornitori di tali tecnologie generative di specificare che le opere sono frutto

dell’insieme di informazioni caricate sull’intelligenza artificiale e non sono opere generate da esseri

umani, nonché di formare e progettare i modelli escludendo che questi a loro volta possano generare

contenuti illegali e pubblicare in modo trasparente informazioni circa l’uso di dati protetti dal diritto

d’autore.

In materia di intelligenza artificiale la Commissione europea ha pubblicato un Libro bianco

in cui ha evidenziato la necessità di un quadro legislativo orientato agli investimenti in tali

tecnologie con il doppio obiettivo di promuovere l’adozione dell’intelligenza artificiale e di

affrontare e possibilmente risolvere, nel contempo, i rischi riconducibili all’applicazione di queste

nuove tecnologie. All’origine la Commissione europea, nel 2019, aveva dato indicazioni non

vincolanti con delle linee guida etiche, al fine di garantire un’intelligenza artificiale affidabile,

basate su delle mere raccomandazioni politiche e di investimento. Successivamente, nel 2021, con

 la comunicazione “Favorire un approccio europeo all’intelligenza artificiale” la Commissione

europea ha posto il focus sui vincoli legislativi. Poiché la normativa vigente che protegge i diritti

fondamentali e garantisce la sicurezza ed i diritti dei consumatori – con particolare riferimento alle

leggi sulla protezione dei dati e sulla non discriminazione – non sembra adeguata per affrontare i

rischi riconducibili alle tecnologie relative all’intelligenza artificiale, la Commissione europea ha

proposto l’adozione di regole armonizzate per lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso delle

nuove tecnologie. In particolare le disposizioni si basano su una classificazione fondata sul rischio,

andando ad indicare i requisiti e gli obblighi necessari per l’implementazione dell’intelligenza

artificiale. Questo approccio si basa su una sorta di “piramide del rischio” ascendente (cioè con

situazioni che vanno dal rischio basso/medio a quello più elevato fino ad individuare un rischio

inaccettabile) per classificare una serie di pratiche generali e di impieghi specifici in determinati

settori, a cui la Commissione riconduce differenti misure di attenuazione, o addirittura divieti di

alcune azioni ed attività di intelligenza artificiale. I divieti individuati riguardano un insieme

limitato di utilizzi dell’intelligenza artificiale ritenuti non compatibili con i valori che l’Unione

europea tutela e che sono riconducibili ai diritti fondamentali contenuti nella Carta europea. Alcuni

sistemi di tecnologia artificiale presentano dei rischi non tollerabili per la sicurezza delle persone e

la garanzia dei diritti fondamentali; un esempio di rischi non accettabili si ritrova nelle “tecniche

subliminali” che consentono modalità dannose di manipolazione o l’identificazione biometrica

remota “in tempo reale” (come ad esempio il riconoscimento facciale) in spazi accessibili al

pubblico per finalità di contrasto delle azioni illecite. In tali circostanze sarebbero vietate le tecniche

di intelligenza artificiale, tranne che per pochi limitati casi. Infatti sarebbero autorizzati sistemi “ad

alto rischio” riconducibili a tali tecnologie a condizione che rispettino una serie di requisiti ed

obblighi, come ad esempio la valutazione della conformità, e siano riconducibili a particolari settori,

come ad esempio l’istruzione, l’occupazione, le attività di contrasto di illeciti e la giustizia. Tuttavia

sistemi di intelligenza artificiale che presentano un “rischio limitato” sarebbero soggetti a obblighi

di trasparenza meno rigidi: come il caso di uso di chatbot (un programma che simula conversazioni

umane), oppure dei sistemi di riconoscimento delle emozioni o “deep fake” che utilizzano foto,

video, audio, creati da intelligenza artificiale i quali, partendo da situazioni reali, riescono a

modificare o ricreare in modo realistico le caratteristiche ed i movimenti di un essere umano nonché

la sua voce.

Le norme europee individuano inoltre spazi di sperimentazione al fine di promuovere

l’innovazione nel settore dell’intelligenza artificiale creando un ambiente controllato per testare e

monitorare tecnologie innovative, per un periodo di tempo limitato, con la finalità di sostenere le

imprese innovative, le PMI e le start-up. Infine lo scorso 14 giugno il Parlamento europeo ha votato

alcuni emendamenti al testo della Commissione europea ed una delle modifiche ha riguardato

l’inserimento, nella lista dei sistemi ad alto rischio, delle tecnologie usate per influenzare gli elettori

e la metodologia implementata per esaminare l’esito delle elezioni (exit poll) e dei sistemi di

raccomandazione usati dai social media con più di 45 milioni di utenti (quest’ultimo aspetto

riguarda i venditori online e le aziende dell'intrattenimento che utilizzano i suggerimenti in tempo

reale o mostrano pubblicità basate su cosa il cliente sta guardando o ascoltando. I social network

come LinkedIn e Facebook consigliano, ad esempio, connessioni o amici in base alla tipologia del

proprio network). Si apre ora il processo di dibattito che prevede che le discussioni iniziali si

concentrino specialmente sull’accoglimento parziale delle questioni più delicate e pressanti, al fine

di tutelare diritti e principi non negoziabili comunitari, prima che i legislatori dei diversi paesi

raggiungano un accordo definitivo, che potrebbe arrivare anche molto in là nel tempo, lasciando

quindi incustodita una grande fascia di diritti e garanzie che l’intelligenza artificiale potrebbe

minare e modificare fino al punto di annullare.

Pertanto a chiusura di questo approfondimento si vorrebbero sottolineare le criticità

riconducibili all’intelligenza artificiale:

- Dipendenza: l’essere umano, nella maggioranza dei casi, ha un atteggiamento di pigrizia

finalizzato all’economia delle energie; affidarsi all’intelligenza artificiale può significare

perdere la capacità creativa e critica che sono le caratteristiche che hanno permesso alle

civiltà di evolversi e svilupparsi.

- Aumento delle disuguaglianze: questo problema è alimentato dalle diverse possibilità di

utilizzo da parte dei singoli utenti. Infatti diversi saranno gli obiettivi ed i vantaggi che potrà

trarre un’azienda rispetto ad un semplice privato nell’uso delle tecnologie.

- Privacy: molti degli attuali sistemi di intelligenza artificiale si basano su masse di

informazioni carpite su internet in modo casuale e senza che alcuni sappiano dell’uso di tali

dati, in violazione della privacy dei singoli.

- Mancanza di legame con la realtà: il mondo dell’intelligenza artificiale non permette più una

separazione netta tra mondo reale e mondo virtuale e questo alla lunga può portare a

disorientamento e problematiche di tipo relazionali e psicologiche, con perdita delle

relazioni interpersonali ed umane.

- Disinformazione: i dati che utilizza l’intelligenza artificiale sono dati grezzi, presi in

maniera randomica sul web (altrimenti una analisi ed una cernita dei dati da parte degli

esseri umani porterebbe a rallentare l’alimentazione del software con conseguenze in termini

di aumento dei costi). Ciò implica che potrebbero essere diffuse notizie false e del tutto

incoerenti (come spesso fa chatGPT) che inoltre non potrebbero essere corrette in tempo

reale.

- Uso scorretto dell’intelligenza artificiale: nel caso si verifichi tale evenienza, possono

sorgere problemi di tipo etico; infatti il software, essendo un prodotto informatico, non è

possibile impostarlo su problematiche di tipo etico/morale. Ciò comporta che le risposte

ottenibili da tali strumenti non compiano un processo di discernimento tra ciò che è giusto e

ciò che non lo è. Questo aspetto apre a richieste da parte degli utenti di conoscere le

modalità per compiere illeciti, a cui il software può dare risposta, senza distinguere

ovviamente tra ciò che è legale e ciò che non lo è, perdendo di vista anche problematiche

connesse con la responsabilità delle azioni commesse.

- Perdita di lavoro: questo è un rischio concreto in considerazione del fatto che molti posti di

lavoro si sono già persi con la sostituzione di software di intelligenza artificiale. Si pensi ai

chatbot che assistono la clientela, spesso anche con molto poco successo, che hanno preso il

posto degli esseri umani; è vero che ogni epoca, ad iniziare dalla rivoluzione industriale, ha

visto la sostituzione del lavoro umano con quello artificiale, però oggi i tempi di sostituzione

sono davvero molto stretti e la rapidità del cambiamento potrebbe non garantire la

transizione della perdita del vecchio lavoro con ingaggi in attività di nuova tipologia.

- Mercato finanziario: già in uso, strumenti come BloombergGPT hanno rivoluzionato il

settore del mercato finanziario dove si manovrano grandi masse di risorse monetarie con il

mero obiettivo della speculazione. Siamo di fronte ad un agire senza etica da parte di queste

tecnologie che generano solo del male sia per le aziende sia per i risparmiatori, essendo di

fatto utilizzate solo da grandi investitori speculativi. Operazioni di tale portata potrebbero

generare delle profonde crisi finanziarie con perdita, per gli operatori economici meno

tutelati, di valori cospicui.

- Creazione di armi autonome: è già iniziata la produzione di armi autonome che si basano

sull’intelligenza artificiale. si pensi alle armi intelligenti, ai droni, e a tutte le tecnologie che

hanno come obiettivo la distruzione, senza saper e poter guardare negli occhi degli esseri

umani. Il futuro che si presenta potrebbe essere davvero orribile; già oggi le armi nucleari in

mano a degli esseri umani fanno paura, ma in mano a macchinari autonomi la strada da

percorrere sarebbe solo a senso unico, senza ritorno.

A conclusione di queste osservazioni c’è da porsi una domanda: la razza umana è in pericolo

di estinzione? A ben vedere sì; pensiamo all’educazione sempre meno religiosa, etica e morale

che diamo ai nostri giovani, alla cultura del mordi e fuggi, alla ineducazione verso il futuro e le

prospettive umane e lavorative, all’inverno demografico, alla mancanza di responsabilità. Sono

tutte situazioni che portano a pensare l’uomo come limitato sull’asse temporale della vita, verso

una strada senza ritorno dove basteranno poche persone potenti che potranno godere di un

mondo più o meno florido con alle loro dipendenze macchine senza cuore e senza intelligenza,

se non quella rubata a millenni di civiltà, ma finite e limitate anche loro nelle proprie possibilità

di sviluppo perché alla fine verrà a mancare la materia prima dei loro dati ed informazioni: la

razza umana. Quindi il richiamo verso l’attenzione e la delicatezza della questione porta a

considerazioni drastiche: non facciamoci abbindolare da un futuro fantascientifico, smettiamola

di fornire consensi all’uso dei nostri dati biometrici e non (pensiamo anche a tutelarci nelle

azioni più banali della vita quotidiana, come quella, ad esempio, di sottoscrivere tessere nei

supermercati dove ti chiedono notizie, le più disparate che poco hanno a che fare con la richiesta

di una semplice carta finalizzata a discutibili sconti), la vita è ora e deve rispondere anche ad

una concreta e vivibile speranza nel futuro, e va goduta nel modo più naturale possibile nel

rispetto del creato, tutto, uomini, animali ed ambiente e lasciando che le macchine e gli

automatismi ci aiutino nei lavori quotidiani più pesanti, ma non ci sostituiscano in nessuna delle

nostre umane funzioni ed azioni, le uniche capaci di proiettarci verso un futuro migliore per i

nostri giovani, la vera ed unica ricchezza dell’umanità.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

AFRICA WEEK E UNA INIZIATIVA DI  EDMOND UGWU AGBO EMMANUELE DI LEO ong Steadfast 

prevalentemente nigeriano l'incontro  culturale conta la presenza della dottoressa Schettino per la Società geografica italiana,, tra gli altri, incentrata sulla presentazione di progetti europei. 

Emanuela Scarponi presenta la sua tesi su Wole Soyinka, Premio Nobel letteratura 1986, anno della sua laurea, e la sua press Agency Africanpeolenews, molto apprezzata dai presenti.

Tra gli altri sono presenti l'ambasciatore del Lesotho, l'avvocato immigrazionista, Annalisa Avagliano, e la dott.ssa Claudia Polveroni per la testata Africanpeoplenews.

Estremamente interessante l'intervento sul tragitto degli immigrati dall'Africa e Medio Oriente in Italia  di Emmanuele Di Leo e il l progetto per combattere la tratta di donne destinate al mercato della prostituzione in Europa ed in Italia. 

 

 

 

 

LA LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2022/2023: IL REGOLAMENTO SUI FLUSSI DI CONTANTE

di Alessandra Di Giovambattista

 

Il 15 giugno 2023 il Consiglio dei Ministri ha comunicato di voler seguire il percorso dell’approvazione con procedura d’urgenza del disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle Direttive Europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione Europea (UE) per il periodo 2022/2023 (la c.d. legge di delegazione europea); in particolare il disegno di legge è complementare al decreto legge n. 69 del 13 giugno 2023. Tale prassi è stata scelta per velocizzare l’iter parlamentare consentendo l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello europeo e prevenendo altresì l’apertura di procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive UE e non corretta attuazione di regolamenti.

Il testo permette il recepimento di 19 direttive e l'adeguamento, con interventi di carattere sistemico, dell'ordinamento nazionale a 4 regolamenti europei. 

Nel dettaglio, il Capo I (articoli 1 e 2) contiene le disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione Europea, secondo i termini, le procedure, i princìpi e criteri direttivi previsti dalla legislazione vigente.

Il Capo II (articoli da 3 a 9) contiene i princìpi e criteri direttivi specifici per il recepimento di alcune direttive concernenti diversi ambiti, tra cui le misure volte: ad incrementare il grado di resilienza dei soggetti pubblici e privati in vari settori, alla protezione dei consumatori e dei lavoratori, all’armonizzazione della legislazione in tema di apparecchiature radio al fine di limitare la frammentazione delle interfacce di ricarica dei telefoni cellulari, alle modalità di uso di materiali atti alla moltiplicazione delle piante da frutto e sulle piante da frutto, alla riduzione delle emissioni di gas serra in tutti i settori, ed in particolare in quello del trasporto aereo, con l’istituzione di un sistema di scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nell’Unione.

Infine il capo III (articoli da 10 a 13) contiene le disposizioni relative all'attuazione di 4 regolamenti europei:

 

 

  • regolamento (UE) n. 2022/2036  sul trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale;

  •  regolamento (UE) n. 2018/1672  finalizzato a migliorare i controlli sui flussi di denaro in contante sia in entrata che in uscita dal territorio dell'Unione Europea, armonizzando le misure volte al monitoraggio del trasporto transfrontaliero di denaro contante, nonché quelle volte alla condivisione e utilizzazione delle relative informazioni;

  •  regolamento (UE) n. 2022/2554 volto a conseguire un elevato livello di resilienza operativa digitale per le entità finanziarie regolamentate;

  • regolamento (UE) n. 2022/868 finalizzato a migliorare ulteriormente le condizioni per la condivisione dei dati nel mercato interno, creando un quadro armonizzato per gli scambi di dati e stabilendo alcuni requisiti di base per la governance dei dati, allo scopo di facilitare la cooperazione tra gli Stati membri.

L’approfondimento che qui si vuol fare riguarda il regolamento UE 2018/1672 relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il precedente regolamento CE n. 1889/2005 nonché le disposizioni attuative contenute nel regolamento di esecuzione UE n. 2021/776.

La disciplina interessa il sistema di controlli sul denaro contante di valore pari o superiore a 10.000 euro in entrata o in uscita dall'Unione che dovrà integrare il quadro giuridico per la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (contenuto nella direttiva UE n. 2015/849). Per la legislazione odierna è già previsto che chiunque entri o esca dal territorio nazionale trasportando denaro contante per importi superiori a 10.000 euro deve presentare dichiarazione all’Agenzia delle Dogane. Le indicazioni contenute nella legge di delegazione europea prevedono interventi di tipo sostanziale e formale, oltre ad attribuire all’Agenzia delle Dogane ed alla Guardia di Finanza, la facoltà di esercitare, nell’attività di controllo, i poteri di cui sono titolari in materia fiscale. Vengono quindi definiti gli elementi informativi che deve contenere la nuova modulistica - come ad esempio i dati anagrafici del dichiarante, del proprietario, del mittene e del destinatario, i numeri identificativi e di registrazione nonché il paese di registrazione, di partenza e di invio, ecc. - con la finalità: di ridurre il rischio di errori relativi all’identità, di ridurre il rischio di ritardi in fase di verifica successiva, di migliorare l’azione di contrasto all’evasione/finanziamento del terrorismo mediante l’uso dell’analisi del rischio. Tale analisi costituisce il presupposto determinante per gestione un’azione di carattere sia preventivo che repressivo nei confronti delle frodi e del finanziamento terroristico: il sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante ne rappresenta un corollario imprescindibile.

È evidente che il sistema di sorveglianza si realizza anche attraverso l'adozione di forme armonizzate di collaborazione e di scambio di informazioni tra le autorità competenti dei diversi Paesi - compresa anche la Commissione europea - utilizzando specifici supporti informatici, ogni qual volta ci sia il sospetto di movimenti di denaro contante connessi ad attività illecite di riciclaggio, di fronde e di finanziamento del terrorismo.

Per raggiungere tali obiettivi la legge di delegazione prevede che il Governo adotti dei decreti legislativi di adeguamento della normativa interna con quanto disposto dal regolamento n. 2018/1672, nonché emani disposizioni integrative e correttive per la migliore armonizzazione delle norme interne con quelle comunitarie. Ribadisce poi che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di Finanza possono esercitare i poteri e le facoltà loro riconosciuti dall’ordinamento nazionale al fine di verificare l’osservanza dell’obbligo di dichiarazione al fine di garantire la celerità, l’economicità e l’efficacia dei controlli. Al riguardo si sottolinea che già oggi la Guardia di finanza, con le proprie capacità investigative, garantisce l’efficacia e la rapidità delle azioni di verifica e controllo, volte a reprimere atti illeciti, proprio mediante l’uso e lo sviluppo costante della metodologia dell’analisi dei rischi. Gli uffici di controllo non possono non tener conto del fatto che la disciplina valutaria pur apparendo autonoma da quella fiscale presenta indubbiamente dei punti di contatto con quest’ultima in quanto il più delle volte le azioni illecite sono tra loro agganciate e a violazioni di tipo valutario si riconducono, spesso, anche violazioni di tipo fiscale.

Indubbiamente a tali considerazioni occorre aggiungere che in un sistema finanziario in continua evoluzione, anche in termini di creazione di nuovi negozi giuridici non sempre disciplinati espressamente dai singoli ordinamenti, l’attenzione che pone il legislatore comunitario alle attività illecite in senso lato, sono condivisibili in quanto il riciclaggio di proventi illeciti nel sistema economico e l’uso del denaro per finanziare attività illegali creano distorsioni e svantaggi competitivi per i cittadini e le imprese rispettosi della legge e rappresentano, quindi, una minaccia per il funzionamento del mercato interno. Si tratta di preoccupazioni sempre presenti sul mercato reale e dei capitali e non descrivono certo delle situazioni nuove tuttavia, oggi, il grado di complessità delle problematiche legate all’uso del denaro si è incrementato rispetto al passato. Basti pensare all’introduzione della moneta virtuale che crea problemi di monitoraggio e di contrasto degli illeciti riconducibili al suo uso ed al suo scambio; oppure alle situazioni che si vengono a creare con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale che consente di creare realtà virtuali e parallele ai mercati finanziari con l’uso di algoritmi appositamente impostati. Poiché tali situazioni, che spesso celano atti criminali e terroristici, coinvolgono non più singoli Stati, bensì più soggetti tra loro collegati, l’UE ha deciso di porre mano alla materia anche a scopi cautelativi

Ha pertanto previsto ed introdotto una serie di misure ed obblighi per gli enti finanziari, le persone giuridiche e talune professioni al fine di garantire la trasparenza e la conservazione di registri delle movimentazioni in entrata ed in uscita, oltre a disporre, ulteriormente, di norme che avranno come obiettivo quello di approfondire la conoscenza dei propri clienti. Sono pertanto state istituite delle unità di informazione finanziaria nazionali (UIF), con l’obiettivo di far pervenire loro le transazioni sospette al fine di monitorarle e controllarle e valutare se coinvolgere nel processo di controllo e di valutazione anche parti terze presenti in altri Paesi e se necessario informare le autorità giudiziarie. La previsione di sorvegliare i movimenti transfrontalieri di denaro contante anche ai movimenti tra l’Italia e gli altri Stati membri è di elevata rilevanza anche se non rappresenta una innovazione per il nostro sistema di controllo per il già rilevato rapporto che intercorre tra riciclaggio ed evasione fiscale, un ambito attenzionato dai nostri organi finanziari da ormai molto tempo.

Il Governo è poi delegato a definire il sistema sanzionatorio per la violazione degli obblighi di dichiarazione attraverso la previsione di sanzioni amministrative dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni commesse, evidenziando, indirettamente, una inadeguatezza del vigente sistema giuridico in tema di sanzioni. Tuttavia nella delega non sono fornite informazioni circa i criteri ed i principi specifici che dovranno essere seguiti. A tal fine sarebbe auspicabile evitare duplicazioni di controlli e sovrapposizioni di obblighi dichiarativi che potrebbero, in qualche modo, rendere meno efficaci le forme di contrasto agli illeciti e, conseguentemente, rendere confuse le sanzioni amministrative applicabili. In tal senso si sa che dove si possono aprire falle nel sistema sanzionatorio l’attività di contrasto all’evasione, al riciclaggio ed al terrorismo rischia di perdere proprio le caratteristiche che la delega intende rafforzare e cioè: l’efficacia, la celerità e l’economicità dell’azione amministrativa.

 

 

Non potevo mancare a questo incontro dopo aver conosciuto la figlia di Nelson Mandela lo scorso anno ed aver toccato con mano la storia del Suf Africa che tanto ci ha toccato in quegli anni. Noi facevamo di tutto per ostacolare l’apartheid dal di fuori del paese, con i mezzi a disposizione, pochi rispetto ad oggi.
E così la vergogna di vedere una tale dissipazione dell’animo umano ci attanagliava … increduli nel vedere panchine predisposte per alcuni uomini invece di altri…
Increduli continuavamo a lottare in tutto il mondo.
Ma la lotta è durata troppo… fino a quando un uomo, Nelson Mandela, si fa Grande e con la sua forza riesce a sconfiggere la follia di quei tempi. E vince su tutti e di tutto.

Presente alla manifestazione Davide Bomben, che dedica la sua vita a difendere gli animali in via di estinzione, oggetto di bracconaggio continuo da parte di esseri umani in cerca di soldi facili.
Sempre in prima fila Davide ha donato le pergamene ai ragazzi premiati dal CONI per aver ottenuto una nuova vita Grazie al trapianto del cuore.
Ma non è finita…

L’Africa è grande fonte di ispirazione per l’arte. Così Angiolina Marchese è presente con Sergio Bonafaccia nella giornata di Nelson Mandela, il 18 luglio al CONI stadio olimpico.

sopratutto i grandi eroi come Nelson Mandela trovano dimora nel cuore di artisti italiani come Sergio Bonafaccia che così diviene tutt’uno con il Nostro, nella giornata a lui dedicata, riproducendone con eleganza e precisone il suo volto, le sue fattezze fisiche e psicologiche, che permettono di far emergere appieno la sua forza e la sua umanità, propria dei grandi della Terra. Nelson Si erge sopra a tutti, superando l’odio, il razzismo, pronunciando parole di pace e di rispetto reciproco.
L’Africa ancora una volta unisce le nostra anime!
Bellissima giornata dedicata a Nelson Mandela coronata dalla premiazione di ragazzi che hanno ricevuto un nuovo cuore… appunto, il primo trapianto di cuore fu in Sud Africa ormai tanti anni fa.
Grazie ad Angiolina Marchese per aver promosso l’arte italiana in questa calda giornata estiva, rendendola un sogno di mezza estate…
Con il tocco di artista
Emanuela Scarponi

Le comunità energetiche verso il futuro: funzionamento, costi, benefici

di Alessandra Di Giovambattista

Continuiamo l’approfondimento sulle comunità energetiche, siano esse CER (comunità energetiche rinnovabili) oppure AC (gruppi di autoconsumo collettivo); abbiamo visto che il concetto di energia condivisa implica la possibilità di utilizzo anche da parte di soggetti che si trovano in prossimità del punto di produzione, pur non essendo essi stessi produttori di energia rinnovabile. Si evidenzia che in tal caso la direttiva comunitaria prevede anche degli incentivi. Il concetto di condivisione è definito sia da un fattore spaziale sia temporale: la contemporaneità tra produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e consumo che avviene per il tramite della rete nazionale. Oltre a AC e CER, esistono gli auto consumatori individuali a distanza, direttamente connessi tra loro o collegati dalla rete di distribuzione e le Comunità Energetiche dei cittadini (CEC) già previste dalla Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica (Direttiva UE 2019/944).  Si tratta però di realtà al momento marginali. 

Per quanto riguarda i vantaggi derivanti dalla comunità energetiche, in qualunque forma esse si presentino, occorre evidenziare sin da subito che non può parlarsi di soli benefici economici, ma anche di tipo sociale ed ambientale. Secondo le indicazioni contenute nella direttiva UE, le comunità energetiche devono rappresentare un valore per il singolo, per la sua casa e per l’ambite circostante, proprio grazie all’uso di fonti di energia rinnovabile ed al ruolo primario della condivisione che presenta un valore educativo e sociale.

Dal punto di vista dei vantaggi economici si evidenzia che l’adesione ad una CER comporta:

- il risparmio sulla spesa energetica: chi auto produce ed auto consuma non preleva energia dalla rete ed ha quindi il massimo del risparmio; questo incentivo è definito premio di ritorno ed ha lo scopo di incentivare i partecipanti a spostare i loro consumi in sincronia con la produzione. Ogni ora il Gestore dei servizi elettrici (GSE) valuta l’energia condivisa a cui corrisponde un premio di ritorno che varia, al massimo, tra i 10 ed i 14 € per KWh a seconda delle caratteristiche della comunità. Ovviamente il premio di ritorno è nullo qualora non si produca energia (nel caso del fotovoltaico è dopo in tramonto e fino all’alba). E’ il GSE che mensilmente produce i calcoli sommando i premi orari e versa la somma totale al referente della Comunità; da sottolineare che la rete ed i contatori rimangono in mano esclusivamente al distributore locale per cui i consumatori pagheranno al venditore i consumi in bolletta come in precedenza, salvo poi il GSE fare i conteggi ed inviare, a posteriori, gli incentivi.

- La remunerazione per l’energia immessa in rete e non consumata o non condivisa con i partecipanti alla CER; essa prende il nome di incentivo per la vendita diretta. L’energia prodotta in eccesso viene ceduta al GSE che è obbligato a comprarla, ma ad un prezzo che è ben minore (dalla metà ad un terzo) del prezzo al quale viene venduta l’energia ai consumatori. Il GSE registra l’energia in eccesso immessa in rete dai membri attivi e poi, fatti i conteggi mensili, versa periodicamente alla Comunità il ricavo della vendita. In teoria la Comunità potrebbe vendere ad altri l’energia immessa in rete, ma questa soluzione non è ancora praticamente perseguibile.

- un incentivo calcolato in favore di tutti i partecipanti alla CER basato sull’energia condivisa e sul tipo di contratto sottoscritto dai partecipanti; in questo tipo di incentivo si comprende anche il compenso per la riduzione delle perdite in rete grazie al fatto che l’energia condivisa alleggerisce il carico della rete.

I vantaggi sociali, che pertanto riguardano la collettività nel suo insieme, risiedono proprio nella forma collaborativa di gestione e valorizzazione dell'energia. Quest'ultima diventa un bene comune, condiviso, in grado di creare un valore economico che sarà redistribuito tra i membri della comunità che vi partecipano: privati, pubbliche amministrazioni e imprese.

Le pubbliche amministrazioni, in particolare, oltre a risparmiare sul costo per l’energia, avranno un ulteriore vantaggio: potranno sfruttare la loro presenza territoriale per fungere da aggregatori sociali, con l’ulteriore specificità di utilizzare un valido supporto per combattere la povertà energetica. Un tema, quest'ultimo, che è stato a lungo oggetto di dibattito proprio per la sua ricaduta sulla società grazie alla capacità di innescare vere e proprie forme c.d. di “sharing economy”, cioè modelli di produzione e consumo che si fondano sulla condivisione.

I vantaggi ambientali possono riassumersi in ricadute positive sulle emissioni; le CER sono state indicate dalla UE come un valido strumento per l’incremento delle fonti rinnovabili a cui si affianca un modello operativo/gestionale capace di sviluppare un consapevole ed efficiente utilizzo delle fonti energetiche, che ha quale obiettivo la diminuzione delle emissioni, e di imprimere un valore educativo e formativo nei soggetti coinvolti.

Dal punto di vista più strettamente operativo il primo passo è quello della costituzione del soggetto giuridico; sottolineiamo che i condomini non hanno bisogno di costituzione essendo essi stessi dei soggetti giuridici già esistenti. Negli altri casi occorrerà:

  • costituire il soggetto giuridico: ad oggi non c’è una definizione univoca di quale sia la migliore forma giuridica per costituire le CER; indubbiamente quella che più si presta è la forma della cooperativa. In ogni caso si tratta di un contratto privato tra diversi partecipanti che sono liberi di ripartire gli oneri, gli incentivi ed i guadagni in ragione di diversi parametri.

  • Prevedere una fase di avvio che implica la progettazione e la costituzione della CER secondo gli adempimenti prevista dal GSE, e che termina con l’installazione degli impianti.

  • Organizzare la gestione dell’impianto che prevederà sia la manutenzione, sia la gestione amministrativa, il controllo economico ed il monitoraggio della redistribuzione di tutti i benefit riconosciuti in favore dei soggetti aderenti alla CER.

  • Ottimizzare l’uso dell’energia condivisa implementando eventuali sistemi di stoccaggio ed istituendo sistemi c.d. di “load management” per la redistribuzione e l’utilizzo efficiente dei carichi.

I requisiti richiesti perché si possa attivare una CER, oltre alla tipologia di soggetti che possono parteciparvi - e che ricordiamo essere privati, enti pubblici, associazioni, piccole e medie imprese (purché per queste ultime la partecipazione alla CER non rappresenti l’attività commerciale o industriale principale) - sono:

  • titolarità di un POD, cioè di un punto di prelievo di energia dalla rete;

  • adesione di almeno due soggetti: il prosumer ed il consumer che devono essere forniti dalla stessa cabina primaria;

  • installazione di nuovi impianti con una potenza complessiva inferiore ad 1 MW; tuttavia nelle CER possono partecipare anche impianti già esistenti purché non superino il 30% della potenza complessiva;

  • L’energia deve essere condivisa utilizzando la rete nazionale di distribuzione.

Un aspetto importante da approfondire riguarda i costi per l’organizzazione delle comunità energetiche; i fattori determinanti risiedono nei soggetti che finanziano gli impianti fotovoltaici, i quali rappresentano la voce di costo più consistente, nonché le modalità di organizzazione e lo scopo finale. Esistono, ad esempio, Comunità Energetiche promosse da enti pubblici con la finalità di valorizzare le fonti rinnovabili e combattere la povertà energetica che non richiedono alcun contributo economico ai singoli cittadini. Inoltre è possibile ricevere contributi dedicati a promuovere lo sviluppo delle CER erogati sia da soggetti pubblici - mediante partecipazione a bandi regionali o utilizzando i fondi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR approvato il 13 luglio 2021) - sia da soggetti privati - tra cui anche le fondazioni bancarie le quali erogano gli aiuti nel rispetto di determinate condizioni che le comunità devono possedere – i quali contribuiscono al sostenimento dei costi per la progettazione e la messa in esercizio degli impianti.

Dal 2020, in Italia le Comunità Energetiche hanno acquisito caratteristiche proprie e ben definite e i progetti presentati hanno attirato l’interesse crescente dei media; tuttavia viene accusato un ritardo nel decollo di tali realtà, in considerazione della complessità del processo normativo, che ha implicato una fase sperimentale durata circa due anni. In questo periodo, pertanto, i progetti realizzati sul territorio nazionale sono stati un numero ridotto: secondo Legambiente (nel suo ultimo report di maggio 2022) le realtà operative in Italia sono 35, mentre 41 sono in fase di progettazione. Ci si attende però una crescita con il perfezionamento del quadro normativo.

Dal punto di vista normativo si rammenta che solo di recente l'Italia ha recepito la Direttiva europea, peraltro in più riprese, a partire dall'emendamento al Decreto Milleproroghe, convertito nella legge n. 8 del 28 febbraio 2020, che di fatto ha aperto la strada alla costituzione di Comunità Energetiche fissandone anche i limiti di potenza.

Dal punto di vista regolatorio si è invece mossa l’Autorità per l’energia (ARERA) con delibera 318/2020/R/eel ed il Ministero dello sviluppo economico con il DM 16 settembre 2020; mediante tali atti si sono regolati gli aspetti economici per il ritiro dell’energia e fissata la tariffa incentivante per l’auto consumo elettrico collettivo, alternativa agli incentivi attualmente previsti e/o al meccanismo dello scambio sul posto. Le regole tecniche per accedervi sono state fissate in un documento del GSE pubblicato il 22 dicembre 2020, contestualmente alla guida per l’invio delle istanze preliminari di accesso tramite l’apposito portale predisposto sempre dal GSE.

Infine la direttiva UE 2018/2001 è stata portata a compimento con il decreto legislativo n. 199 dell’8 novembre 2021 che ha anche ampliato il limite di potenza degli impianti e l’orizzonte geografico. Dal punto di vista della disponibilità delle risorse finanziarie si evidenzia che il PNRR ha destinato oltre 2 mld di euro allo sviluppo delle CER, riconoscendone il valore di strumento atto ad aumentare la produzione complessiva di energia rinnovabile.

Ora poniamoci la domanda se può convenire o meno istituire una comunità energetica in una delle forme suddette: il primo passo è costruire, nel modo più verosimile possibile, un progetto tecnico-economico che valuti l’ammontare degli investimenti necessari ed i costi di gestione al fine di quantificare i tempi di recupero degli investimenti. Prima di tutto occorre dare una valutazione sull’energia producibile dall’impianto e il conseguente ricavo derivante dalla vendita al GSE. Sarà poi importante valutare anche l’incentivo di ritorno che dipenderà dal comportamento dei consumatori di energia con riferimento alle ore di produzione; in tal senso sarà d’aiuto l’uso delle moderne metodiche della domotica in quanto saranno programmate le azioni più efficaci e rapide in termini di utilizzo dell’energia prodotta. Si sottolinea in questo contesto che nel caso dei condomini bisognerà valutare adeguatamente la disponibilità dei residenti a spostare i propri consumi nelle ore più convenienti, quelle in cui la comunità produce l’energia. Secondo analisi effettuate da centri specializzati è molto probabile recuperare un investimento in circa 6 - 8 anni.

Se però si approfondisce l’argomento ci si accorge che le comunità energetiche sembrano non ancora ben normate per consentire loro di cogliere le opportunità dello sviluppo delle energie rinnovabili; infatti il mercato dell’energia a monte delle CER si presenta con prezzi vincolati che esprimono una grande forza da parte dei distributori di energia, a fronte di un mercato di utenti non adeguatamente protetto. Tale condizione potrebbe implicare un controllo ed un’invasione di competenze, da parte dei grandi colossi della distribuzione, nei confronti del mercato a valle, degli utenti/produttori, ostacolando ogni innovazione suscettibile di dare anche un potere concorrenziale al mercato formato dalle CER. E’ facile ipotizzare che i protagonisti del mercato dei contatori e della distribuzione faranno l’impossibile per presidiare e controllare in tutti i modi il mercato degli utenti, agendo su strategie che daranno loro ancora più potere e meno libertà, per le CER, di innovare anche il mercato della distribuzione.

Il grande potenziale economico per le CER è rappresentato sia dagli aspetti energetici, sia da quelli economici di recupero/remunerazione; in diversi paesi si stanno preparando piattaforme digitali per consentire alle CER di partecipare anche ai mercati accessori della capacità, della flessibilità, del controllo della tensione e della frequenza, finalizzati al miglior utilizzo dell’energia prodotta. Negli USA, ad esempio, sono state emanate delle disposizioni che impongono al mercato elettrico l’apertura totale nei confronti di queste aggregazioni, rimuovendo le barriere che limitano le loro azioni. La finalità va verso l’incentivazione della ricerca ed innovazione a vantaggio degli utenti, evitando di limitare le convenienze economiche e lo sviluppo delle forme di energia rinnovabile.

Pertanto possiamo concludere evidenziando la necessità di una normativa interna che esalti tali realtà e le affranchi dalle aggregazioni più consolidate e presenti sul mercato che rischiano di invadere spazi economici e produttivi delle CER, impedendo loro di entrare ad armi pari sul mercato delle risorse energetiche. Il nostro paese sembra fermo alla strenua difesa della esclusività delle concessioni ai distributori, la cui salute economica va certamente salvaguardata, ma senza penalizzare irragionevolmente gli utenti. Solo la politica e l’innovazione normativa di settore potrà migliorare il rapporto di forza tra il mercato odierno fatto di poche grandi realtà oligopolistiche e le nuove realtà delle CER fatte da utenti che hanno a cuore sia l’aspetto economico sia quello ecologico.