Kathe Kollwitz la pittrice del dolore

di Alessandra Di Giovambattista

 

10-12-2024

Copenaghen 5 dicembre 2024, mattinata grigia, fredda ed umida come nella maggioranza dei giorni di autunno e inverno danesi dove il periodo di luce è inferiore al nostro di circa due ore complessive: 45 minuti circa la mattina e più di un’ora nel pomeriggio. La strategia dei giorni uggiosi e freddi del turista solitario è di vagare per musei; e la scelta è caduta sulla Galleria Nazione della Danimarca. Il primo impatto positivo ha riguardato l’affluenza e la tipologia delle persone: adulti e molti giovani studenti e non. La Galleria offre in visione permanente dipinti e sculture a partire dal 1300 con diverse opere di artisti fiamminghi, olandesi (massimo esponente nella mostra è Rembrandt), francesi (presenti anche con diverse tele di Matisse), scandinavi, spagnoli (alcune tele di Pablo Picasso) e alcune opere di artisti italiani - la maggior parte dei quali di minore fama - tra le quali però spiccano una tela del Parmigianino, del Tiepolo, del Tintoretto, un busto di bronzo scolpito da Gianlorenzo Bernini, alcune tele di Salvator Rosa, e due tele di Amedeo Modigliani.

Ma la sorpresa maggiore sono state due mostre temporanee ospitate dalla Galleria, la prima dal titolo “Against all odds” tradotto in “Contro ogni aspettativa” che ha portato all’attenzione dei visitatori diversi quadri di 24 artiste femminili nordiche che durante un quarantennio, dal 1870 al 1910, hanno dipinto opere ed avuto successo, appunto al di là di ogni aspettativa, considerando il clima ancora fortemente maschile e maschilista presente nel settore dell’arte pittorica. Il successo nella loro epoca è legato come ad un filo rosso che le ha condotte tutte lontano dalla propria patria, alla ricerca di miglioramento e di riconoscimento artistico, portandole dal freddo nord Europa verso paesi come la Germania, la Francia, l’Italia, la Grecia. In tali ambienti, sicuramente all’epoca più vivaci dal punto di vista culturale, hanno avuto modo di confrontarsi con altre artiste che vivevano la loro stessa condizione di emarginazione professionale. Ma come il più delle volte accade le donne - che hanno una naturale inclinazione verso l’accoglienza, la condivisione, l’attenzione verso l’altro e la capacità di riuscire a conciliare problematiche diverse offrendo soluzioni originali e rispettose dei diritti delle persone – sono capaci di darsi solidarietà e di andare oltre ogni aspettativa; all’epoca hanno fatto rete tra di loro e uscendo dalle loro zone di origine hanno potuto migliorare e lavorare come artiste riconosciute nel mondo dell’arte pittorica. Nonostante la fama riscossa nel loro tempo le 24 artiste sono poi però state tutte dimenticate dalla storia in una sorta di oblio non facilmente giustificabile. Probabilmente dopo la prima guerra mondiale, si assiste ad una reazione conservatrice verso le donne, particolarmente le artiste, di cui non è facile comprendere le ragioni. Ed è su questa incapacità di dare risposte che all’interno della mostra si vive un colpo di scena inatteso, almeno per me: la scelta di cercare attraverso l’intelligenza artificiale di dare immortalità artistica alle opere ed alle vite delle 24 donne pittrici utilizzando le nuove frontiere dell’informatica. La sfida riguarda non tanto la possibilità di restituire loro il giusto peso nell’ambito della storia dell’arte pittorica, quanto quello di dar loro vita nella storia pittorica del futuro, attraverso modi differenti di riscrivere gli eventi passati. È così che le opere d’arte, attraverso il linguaggio informatico, vengono destrutturate e ricondotte a punti di colore che si uniscono tra loro in reti neurali, quasi a formare delle sinapsi, che assumono forme astratte e che circondano il visitatore e reagiscono ai suoi movimenti (se si è interessati si può visitare il sito di Ix Shells, l’artista che ha curato la rappresentazione informatica).

Siamo poi passate nel salone dove era allestita la seconda mostra temporanea, dedicata sempre ad una donna; l’artista tedesca Kathe Kollwitz (1867 – 1945). È su di lei che intendo soffermarmi non perché ne conosca vita ed opere, anzi era per me una perfetta sconosciuta, ma perché i suoi lavori hanno fatto vibrare nel profondo la mia anima e hanno suscitato un sentimento di compassione mai provato fino ad ora. Le sue opere, per la maggior parte quadri in bianco e nero, litografie e sculture in metallo, generano nel cuore dell’osservatore un sentimento di grande tristezza e di sbigottimento nel vedere rappresentato in modo magistrale e diretto il dolore di persone, spesso genitori ma soprattutto madri, che perdono per sempre i loro affetti più grandi: i figli. L’autrice disegna la sofferenza quotidiana, lo strazio della perdita, del distacco, del lutto in una Germania prima dell’avvento del partito nazional socialista. Racconta la situazione delle classi più povere e la loro miseria che porta uomini e donne spesso a somigliare a degli animali, abbrutiti da una vita senza speranza e senza gioie. La quasi totale assenza di colore nelle sue opere rende ancora più aspra la realtà di miseria che vivevano i tedeschi all’inizio del secolo XX. Il suo messaggio lo affida essenzialmente ai tratti della matita giocando su contrasti di nero e sfumature di grigio, senza però escludere la luminosità del colore bianco che spesso viene utilizzato per mettere in evidenza i corpi ormai esanimi delle vittime. Vittime di un periodo storico dove la rivoluzione industriale, l’accentramento dei lavoratori nei grandi agglomerati urbani, l’anonimato e l’egoismo, dettato dalla necessità di sopravvivenza, di ciascuno nei confronti dell’altro rendono la vita difficile e distaccata da qualsiasi sentimento umano.

Lei poteva rappresentare bene la tristezza ed i volti privi di speranza di persone immerse nel quotidiano sconforto perché aveva sposato un medico che lavorava a Berlino e aiutava, per quanto poteva, le persone in stato di totale indigenza e vedeva quindi scorrere davanti ai suoi occhi, ogni giorno, le più diverse forme di strazio che la maggior parte delle volte era inconsolabile per l’impossibilità di fornire cure sia mediche sia affettive. Ma arriva il giorno in cui anche lei, pur facendo parte della Germania borghese, incontra il lutto, la disperazione, la depressione per la perdita di uno dei suoi figli nella prima guerra mondiale. In un periodo storico dove si sviluppano le correnti pittoriche dell’astrattismo lei sceglie la strada dell’arte cruda raffigurativa e realista, cercando, e secondo me cogliendo in pieno l’obiettivo, di far immergere e comunicare allo spettatore il dolore dell’essere umano, specialmente quello femminile, e della classe operaia. I suoi ritratti di donna sono spesso autoritratti dove le linee del nero ed i suoi chiaroscuri irrompono negli occhi e passano immediatamente al cuore generando un sentimento di forte coinvolgimento nella vita di persone disperate, anonime ma tra le quali potremmo riconoscere ognuno di noi. La sua produzione artistica è un contributo significativo per l’impegno a favore degli ultimi e contro ogni totalitarismo. Coinvolta anche in tal ultimo senso poiché il marito, prima della vittoria del nazional socialismo, aveva scritto una lettera aperta sottoscritta da altre 33 autorevoli firme, tra cui anche Albert Einstein, nella quale si evidenziava il pericolo dell’ascesa dei governi estremisti e dittatoriali; per tale aperto contrasto e per le sue idee solidali e di difesa della classe operaia, Kathe perderà il suo lavoro di insegnante presso l’accademia femminile dell’Associazione delle artiste di Berlino. Il suo è soprattutto un messaggio di pace e di solidarietà che non può che passare attraverso il dolore e la sofferenza perché l’uomo (che creatura strana!) si rende prossimo all’altro solo nelle condizioni più estreme perdendo di vista la bellezza e l’appagamento della condivisione e della solidarietà in tutti i momenti della propria esistenza.

Di fronte alla sue opere le mie percezioni più profonde sono state quelle di voler essere lì, provare a sentire la stretta ultima di una madre disperata, provare a condividere quell’immenso dolore cercando di consolare con la presenza silenziosa ma carica di compassione: vivere un dolore attraverso interposte persone è forse il modo migliore per cercare di non volerlo mai provare o provocare! Indubbiamente per me l’opera più coinvolgente è stata quella della “donna con il figlio morto” (rappresentato qui sotto) in cui la protagonista stringe con intensità straziante il corpicino del bimbo e ne annusa l’odore che è rimasto sul suo collo, un ultimo gesto per cercare di trattenere i ricordi non solo visivi e tattili, ma anche olfattivi, in un modo molto istintivo così come usano fare anche gli animali per riconoscere i propri cuccioli. Vedere questi spaccati di dolore attraverso il ricordo di giorni neri e bui, per ora passati almeno nella gran parte dell’Europa, dovrebbe servire come monito per cercare di comprendere quanto il male faccia male, quanto ogni azione che genera dolore nella propria e nell’altrui vita non produce luce ma tenebra e cattiveria e che ognuno di noi non dovrebbe volerla né per sé né per gli altri. La solidarietà, la generosità, l’altruismo sono atteggiamenti che creano una condizione di benessere che forse l’autrice prova a far passare attraverso le tinte chiare; ed in effetti una mia personalissima lettura del messaggio che ho percepito nell’intensità pittorica delle sue opere sta proprio nell’analisi delle tinte più chiare in alcuni casi anche sfolgoranti. Nella tristezza c’è sempre speranza; la mia speranza l’ho trovata in quelle tinte più luminose dove i corpi, ormai privi di vita, si rivestono come di una veste bianca sfolgorante, in un passaggio verso un aldilà, una vita ultraterrena che distacca dal peso della tristezza e del dolore più profondo. In definitiva un bellissimo e luminoso messaggio di sintesi tra istinto e soprannaturalità divina che ben rappresenta la vera essenza dell’uomo!

 

 

 

IL REPORT INTEGRATO: LA SINTESI PIU’ RECENTE DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA

di Alessandra Di Giovambattista

 05-12-2024

Le diverse tipologie di rendicontazione aziendale - dal bilancio di esercizio al bilancio di sostenibilità, passando per il bilancio sociale – finora utilizzate dalla prassi contabile, evidenziano dati ed informazioni numerose ma non forniscono un quadro integrato di sintesi, bensì evidenziano notizie parziali e frammentarie che solo in apparenza sembrano tra loro non collegate. Quindi le strategie relative al cambiamento climatico, alle questioni dello sviluppo nel rispetto dei principi sociali ed umani e in generale alla ricerca delle soluzioni circa le problematiche concernenti la crescita armoniosa dell’azienda rispetto all’ambiente che la circonda non sono mai state trattate in modo complessivo; ciò non ha permesso di fornire una comprensione chiara ed univoca delle strategie aziendali. Tale situazione ovviamente genera disorientamento tra gli interessati alla gestione dell’azienda (c.d. stakeholders) che non riescono ad avere una visione trasparente circa le più concrete capacità dell’azienda di perdurare nel tempo, nel rispetto del principio di economicità, da raggiungere attraverso strategie e pratiche di governo aziendale (c.d. governance).

E’ a causa di questi presupposti che la prassi e la dottrina contabile hanno cercato di ricorrere ad un pensiero e ad una visione integrali che riuscissero a coniugare informazioni finanziarie e non finanziarie, alla ricerca di un modello di governo delle strategie (modello di business) complessivo. Si è arrivati a pensare quindi a tipologie di analisi che esaminassero in modo interdipendente e connesso i diversi fattori produttivi materiali ed immateriali. Nasce dunque il report integrato le cui linee guida sono dettate da un’articolata struttura regolamentare internazionale (il c.d. integrated reporting framework- IRF). Uno dei vantaggi principali di tale tipologia di informazioni mediante indicatori di diversa natura (il c.d. reporting) è la sua capacità di adattabilità ai continui cambiamenti delle normative globali e dei valori normali di riferimento (c.d. standard) che si basano su principi e concetti condivisi. L’obiettivo è comunque univoco e mira a comunicare in modo accurato e sintetico le motivazioni e gli scopi che spingono un’organizzazione ad agire sul mercato nonché le modalità con cui crea, preserva o erode valore nel breve, medio e lungo periodo, per sé stessa e per tutti gli stakeholders. Naturalmente avendo fornito le linee guida di costruzione del report integrato saranno le aziende stesse, in ragione della propria attività, del proprio modello di gestione e degli obiettivi che intendono raggiungere, a creare e a gestire uno specifico sistema di indicatori, che funzioni come un pannello di controllo. In esso sono palesati il modello di business, le strategie, i rischi e le opportunità in modo da fornire un’attenta disamina dei valori che permetteranno agli osservatori di indagare sulla capacità dell’azienda di sopravvivere sul mercato e di rispettare l’ambiente in cui essa opera.

Dal punto di vista storico si evidenzia che il primo Stato che chiese di utilizzare una rendicontazione integrata fu il Sud Africa nel 2011; nel particolare chiese alle aziende di applicare il nuovo report integrato e per contro, qualora avessero deciso di non accettarne la compilazione, di motivare la scelta di rifiuto. Per quanto riguarda invece le prime aziende che hanno utilizzato dei report integrati di dati finanziari e informazioni di diverso tipo troviamo, in Europa, due aziende danesi, la Novozymes e la Novo Nordisk, mentre nel continente americano la brasiliana Natura. Il loro obiettivo era quello fornire una modalità efficace per comunicare aglistakeholders la propria capacità di raggiungere risultati in grado di garantire lo sviluppo nel lungo periodo dell’attività produttiva in termini non solo economico-finanziari ma anche di sostenibilità e di rispetto dei principi e dei diritti sociali ed umani.

Con riferimento agli organismi che hanno contribuito a costruire il report integrato occorre partire dal Global Reporting Initiative (GRI) che è un’organizzazione internazionale indipendente che ha sviluppato un insieme di norme e regolamenti che le aziende di qualsiasi dimensione e settore possono seguire per la redazione di report sull’economicità aziendale, sulla sostenibilità e sul rispetto dei principi sociali ed umani per fornire una visione complessiva ed olistica dell’attività imprenditoriale. Altre organizzazioni sono: la Susteinabilty Accounting Standards Board (SASB), con sede negli Stati Uniti, che opera come azienda no profit per creare sistemi basati sugli standard di sostenibilità e per condividere con le imprese stesse gli impatti derivanti dalle strategie in ambito economico, sociale ed ambientale; la Climate Disclosure Standards Board (CDSB) organizzazione che nel 2011 presentò delle previsioni sugli eventi riguardanti i cambiamenti climatici, e su come questi avrebbero coinvolto direttamente gli investitori e indirettamente i risultati finanziari delle aziende, che si dimostrarono dei perfetti esempi del modo come le previsioni contenute nel report integrato possano dirigere le strategie aziendali; la Global Initiative for Sustenaibility Ratings (GISR) che ha redatto un insieme di indicatori validi per le aziende che vogliano confrontare politiche e strategie con i risultati attesi e le performance effettivamente sostenibili e raggiungibili; l’Association of Chartered Certified Accountants (ACCA) che, inserendo il report integrato nell’insieme della documentazione da produrre per ottenere la certificazione finale di sostenibilità, ha introdotto il tema della cultura complessiva aziendale e delle ricadute delle scelte attuali rispetto alle generazioni future ed alla loro tutela; ed infine la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) un’organizzazione che sotto la guida di Michael Bloomberg si pone come obiettivo di incentivare la rendicontazione oggettiva sull’andamento del clima e delle sue modificazioni così che gli investitori dispongano in modo trasparente di tutti i dati necessari per scegliere consapevolmente come dirigere i propri investimenti a favore delle aziende più meritorie.

Le aziende che, a partire dal 2011/2012, hanno presentato il report integrato hanno individuato quattro benefici riconducibili a questo sistema di indicatori: il primo riguarda l’esplicitazione della relazione tra elementi finanziari ed elementi che riguardano aspetti quali lo sviluppo, la crescita e la continuità nel tempo, la sostenibilità ambientale, il rispetto dei diritti umani e sociali, la possibilità di garantire un lavoro adeguato e duraturo nel tempo ai lavoratori delle aziende; il secondo riguarda la trasparenza e la chiarezza delle strategie implementate in ambito di sostenibilità ambientale. Altro beneficio riconducibile al report integrato riguarda la formazione di un legame con gli stakeholders di qualunque tipo essi siano, sia quelli interessati direttamente alla gestione efficiente dell’impresa (quali ad esempio gli investitori) sia quelli più coinvolti dalla ricaduta positiva delle politiche strategiche sull’ambiente e la collettività (come le associazioni, lo Stato, gli Enti locali, i clienti in generale). In questo senso il report permette di colloquiare in modo unitario con le diverse parti tutte differenti tra di loro, con diversi interessi ma, con un obiettivo comune: la prosperità dell’azienda nel tempo per garantire i legami positivi che si sono costruiti. Infine altro beneficio concerne il fatto che diminuisce il rischio di possibili scandali o di compromissione della reputazione in quanto il report integrato espone diversi indicatori di differente natura, le cui variabili permettono di monitorare costantemente le varie situazioni rendendo quindi più difficile registrare problemi di errata valutazione da parte degli analisti del mercato. In sintesi è possibile evidenziare che un reportintegrato, oltre a fornire differenti modalità di aggregazione dei valori – come fanno il bilancio di esercizio, consolidato, di sostenibilità, sociale - di fatto rende chiara e trasparente la connessione delle informazioni tra loro, in un moto circolare, bidirezionale e di azione e reazione, così da permettere di conoscere, o quantomeno di rendere più esplicito, il percorso che l’azienda intende intraprendere per garantire la formazione di valore nel medio lungo periodo.

Quindi partendo da quanto affermato dalle aziende che hanno presentato il report integrato si può sinteticamente sostenere che tale documento tende a fornire informazioni approfondite sull’ambiente esterno, sulle risorse utilizzate e le relazioni create con tutti i soggetti interessati alla gestione aziendale per poter valutare e validare la missione di lungo periodo che l’impresa cerca di perseguire. In tale ottica l’aspetto più importante è monitorare la creazione di valore che consegue dall’attività aziendale e che genera la variazione del capitale; occorre così valutare il valore creato e che rimane interno all’azienda (che genera autofinanziamento e remunerazione diretta degli investitori) rispetto a quello che viene diretto verso l’esterno (attraverso il pagamento dei lavoratori, dei manager, la vendita di beni e servizi, il consumo ed il riciclo delle materie prime, il tasso di inquinamento, i tributi versati, la variazione socio-ambientale della collettività). Ed in effetti con il termine capitale si individuano diverse tipologie: capitale finanziario (derivante dagli investimenti da parte di terzi esterni o di soci interni all’azienda), produttivo (beni strumentali quali macchinari, edifici, impianti), intellettuale (marchi, brevetti, proprietà intellettuali, software), umano (capacità profuse in azienda dai diversi soggetti che vi lavorano), di relazione sociale e ambientale (l’insieme delle relazioni create all’interno ed all’esterno dell’azienda) e se ne studiano le variazioni dello stock dovute all’attività aziendale. Tali mutazioni sono variabili nel tempo con riferimento alla loro destinazione ed ammontare, nonostante rimangano sicuramente inalterati i flussi verso ciascuna tipologia di capitale.

Alla luce di quanto detto non può che sottolinearsi l’importanza della reportistica, intesa come momento di sintesi espressiva dell’andamento di variabili che governano l’attività e le strategie aziendali; tuttavia manca ancora un momento di rappresentazione sintetica condivisa da tutti i Paesi che consenta la massima comparabilità e la migliore misurabilità di risorse che divengono sempre più limitate. Inoltre bisogna spesso cercare di infrangere l’atteggiamento di diffidenza delle aziende, specialmente quelle di media piccola dimensione (che presentano indubbiamente degli equilibri più vulnerabili rispetto alle grandi aziende, spesso multinazionali) dimostrando invece come il report integrato possa aiutarle nella scelta delle strategie più consone alle proprie possibilità nel rispetto dell’ambiente e della società al fine di garantire la sopravvivenza del sistema produttivo e sociale nel tempo. In una collettività che si basa sempre di più sulla comunicazione, spesso anche falsa e di parte, diviene quindi importante offrire la giusta visibilità alle realtà più meritorie, alle produzioni più rispettose, in modo che tutti gli interessati possano scegliere con consapevolezza verso chi dirigere i propri capitali e le proprie preferenze. Pertanto il report integrato si presenta come uno strumento verso l’affermazione di una cultura aziendale basata sulla responsabilità e la sostenibilità di medio lungo termine (intendendo per lungo termine anche la prospettiva ultraventennale) che, nel contempo, soddisfi le richieste e le attese di tutti gli stakeholders e renda la gestione dell’azienda consapevole degli impatti socio ambientali, creando così i presupposti per il suo continuo miglioramento interno ed esterno, a garanzia delle generazioni future.

DAL BILANCIO SOCIALE AL BILANCIO INTEGRATO

di Alessandra Di Giovambattista

 

01-12-2024

Quando si vuol analizzare sinteticamente l’attività economico finanziaria di un’azienda, qualunque essa sia, si ricorre all’analisi del conto di sintesi per eccellenza: il Bilancio di esercizio. Negli ultimi 50 anni questo documento, che all’origine riportava essenzialmente le risultanze economico-finanziarie, con il tempo si è arricchito di dati ed informazioni in ragione del sempre più complesso grado di approfondimento richiesto sia dalle aziende stesse sia dal mercato e da tutti gli interessati alla gestione dell’impresa (i c.d. stakeholders).

E’ così che la prassi contabile ha individuato diverse forme di bilancio che la dottrina ha esaminato nel tempo: il primo, il più tradizionale, definito come Bilancio di esercizio (strutturato secondo il principio della competenza economica in cui tutti i costi ed i ricavi sono imputati all’esercizio in ragione dei postulati della realizzazione dei ricavi - quando un ricavo si riferisce ad un ciclo della produzione concluso - e dell’inerenza ad essi dei costi) che consente di dare una valutazione sintetica delle più importanti risultanze economico-finanziarie e patrimoniali.

Successivamente è stata posta molta attenzione al Bilancio sociale (si sottolinea che, mentre per le aziende di produzione questo era facoltativo, per le aziende del terzo settore, ora definite Enti del terzo settore, è oggi uno strumento obbligatorio, almeno per quelle che hanno entrate per almeno 1 milione di euro) con il quale, cercando di indagare il comportamento socialmente responsabile delle aziende, si rappresentano strategie e politiche adottate al fine di far conoscere a tutti gli attori interessati alla gestione dell’azienda - quali gli investitori, i dipendenti, i clienti, i fornitori, ma anche lo Stato, gli Enti Locali, le associazioni di diverso tipo, ecc. - gli obiettivi ed i risultati conseguiti nel tempo in termini non solo quantitativi, ma soprattutto qualitativi (quali ad esempio il miglioramento nelle relazioni interne tra personale e direttivo, azienda e sindacati, valore aggiunto prodotto dai dipendenti, strategie per rendere fedeli clienti e fornitori, ore di straordinari e loro costi e benefici, inserimento e formazione di persone diversamente abili, numero di soggetti ritornati alla scolarizzazione, e via dicendo anche considerando i diversi settori di azione delle aziende). E’ pertanto un conto di sintesi che intende evidenziare il valore creato dall’impresa a favore della collettività, con la finalità di tutelare i diritti delle persone ed il valori riconosciuti come meritevoli di tutela.

L’aggregato successivo, indagato dalla prassi contabile, è stato il Bilancio di sostenibilità che offre alle aziende dati ed informazioni che consentono di costruire gruppi di indicatori utili per far conoscere e misurare le proprie capacità in ambito economico, finanziario, sociale e ambientale. E’ quindi un bilancio che cerca di coniugare i diversi aspetti considerati dalle precedenti tipologie di conti di sintesi. Rispetto al bilancio sociale quello di sostenibilità indaga, oltre al comportamento ed alle ricadute sociali dell’azione aziendale, l’ambito della sostenibilità, fornendo una analisi di medio lungo periodo circa la sopravvivenza dell’azienda non solo in termini economico-finanziari, ma soprattutto in termini di miglioramento della società presente sul territorio (mediante la misurazione del valore aggiunto, cioè il valore prodotto da un’azienda, attraverso la vendita di beni e servizi, al netto dei consumi dei fattori acquisiti all’esterno; quindi, secondo un’altra angolazione, lo si può definire anche come un fondo dal quale attingere per remunerare tutti i fattori della produzione, quali il lavoro ed il capitale e comprendendo anche lo Stato, gli Enti di qualunque genere e le banche) e di scelta di azioni che siano compatibili con il rispetto dell’ambiente e dell’utilizzo attento ed efficace delle risorse cercando di escludere produzioni e strategie inefficienti, dispendiose e non ecologiche. E’ ormai noto che gli obiettivi posti dai piani di sviluppo sostenibile cercano di coniugare le diverse dimensioni finora viste, cioè quella economica, finanziaria, sociale ed ambientale, che sono legate ed interdipendenti l’una con l’altra in quanto una scelta effettuata in un determinato ambito avrà necessariamente ripercussioni anche sugli altri in una sorta di azione che si propaga in modo ineluttabile poiché l’azienda si presenta come un organismo che influisce sull’ambiente ma che a sua volta ne è anche condizionata. Come si può pensare che una scelta basata esclusivamente su considerazioni e presupposti economici non abbia ripercussioni anche in termini sociali ed ambientali? Ad esempio, la scelta di una produzione che utilizzi fonti di energia non rinnovabili (perché si presenta più economica rispetto ad un’altra alternativa) potrà avere impatti negativi sulla collettività, in termini di utilizzo di risorse limitate, e sul livello di inquinamento ambientale. In questo senso si può affermare che il bilancio di sostenibilità offre informazioni alle aziende ed aglistakeholders circa l’impatto che una strategia gestionale genera nelle diverse aree di analisi in virtù di un processo di interazione.

Si giunge così, in ultima istanza, almeno per ora, alla determinazione di un Bilancio integrato, meglio definito e conosciuto come Report integrato che ha come obiettivo quello di rendicontare in modo coniugato informazioni sia di natura finanziaria, sia di differente tipologia (come quelle ambientali, sociali e di governo aziendale, c.d. governance). Con questo tipo di rendiconto si vede l’ampliamento, rispetto alle precedenti tipologie di bilancio, delle informazioni che si vogliono evidenziare; infatti il focus è incentrato sul valore che l’azienda genera nel breve, medio e lungo periodo, per garantire la sua capacità di perdurare nel tempo. Tale caratteristica è connessa alle strategie di natura economico finanziaria che devono però essere coniugate alla capacità di generare valore apprezzabile da tutti gli stakeholders in modo da renderli fedeli ai prodotti ed alle scelte di gestione aziendale. Ecco che nella complessità delle informazioni necessarie per rispondere alle diverse richieste dei destinatari dei dati occorre fornire il maggior numero di informazioni (stando però ben attenti a non cadere nella trappola di dare un ingente numero di notizie, alcune volte inutili e non funzionali, che indurrebbe a non centrare l’obiettivo della proficua informazione che si basa sui dati necessari ed attinenti, cioè capaci di dare risposte esaustive alle problematiche che si intende indagare, senza appesantire la rappresentazione conoscitiva), che siano però adeguate alle richieste provenienti dal mercato (rappresentato da fornitori, clienti, enti pubblici, associazioni, dipendenti, azionisti, investitori, ecc) che chiede risposte trasparenti e complete sul valore effettivo dell’azienda e sulle sue capacità di creare valore aggiunto.

Questo report permette di utilizzare le diverse informazioni, prima disseminate in diversi documenti tra loro non integrati, e le rende capaci di risposte sinergiche alle problematiche di conoscenza che il mercato si pone. In particolare si presenta come uno strumento di comunicazione che indaga ambiti che permettono di dare una visione complessiva delle scelte strategiche, dei risultati raggiunti (c.d. performance), degli obiettivi futuri e degli eventuali rischi di gestione ad esse connessi. In termini più concreti il report integrato permette una visione generale dell’attività aziendale fornendo notizie su: come si presenta l’azienda al suo interno e rispetto all’ambiente esterno sottolineando eventuali effetti di intersezione e sinergia; i diversi principi e modi di gestione e le procedure adottate per il governo delle società, che generano delle ricadute sociali (la c.d. governance); le diverse strategie ed i modelli di affari (meglio conosciuti come modelli di business) descrivendo in tal modo le logiche organizzative e strategiche attraverso le quali l’impresa crea, distribuisce e utilizza il valore prodotto cercando di ottenere un vantaggio competitivo non solo in termini finanziari ma anche sociali, ambientali e strutturali; le risorse utilizzate (in particolare per risorse si intendono non solo quelle finanziarie e materiali ma anche, e soprattutto quelle relative al capitale umano, intellettuale, sociale e ambientale-ecologico) e le relazioni che tra esse si intrattengono; gli obiettivi raggiunti (c.d. performance) analizzati come risultati non solo economico-finanziari ma anche di impatto ambientale e sociale.

La scelta del report integrato permetterà alle aziende che lo implementano di raggiungere dei vantaggi; infatti fornire notizie in modo trasparente, evidenziando utilizzi efficienti dei capitali e delle risorse a disposizione, consente di aumentare la fiducia degli stakeholders e di sottolineare la capacità dell’azienda di vivere nel tempo. In tale ultimo ambito un’analisi integrata permetterà di offrire strategie per gestire le sfide sui cambiamenti climatici e sulle disuguaglianze sociali, di indirizzare verso le attività più meritorie le risorse finanziarie messe a disposizione dagli investitori, di evidenziare e meglio dividere il valore aggiunto prodotto dall’azienda, di intraprendere strategie di medio lungo termine che consentano all’azienda di durare e svilupparsi nel tempo attraverso una visione complessiva efficiente ed efficace della gestione dei rischi, delle opportunità e dell’organizzazione di governo interno.

Sul fronte dei vantaggi per gli stakeholders si evidenzia che: gli investitori avranno una visione più chiara e consapevole dell’efficienza degli investimenti effettuati; i dipendenti avranno una visione trasparente della stabilità aziendale e ciò contribuirà allo sviluppo della fedeltà e del senso di appartenenza all’azienda; le società avranno una migliore capacità di comprendere l’uso delle risorse nel rispetto della sostenibilità e dell’ambiente sociale in cui operano.

Questo è un processo non di mero assemblaggio di notizie precedentemente racchiuse nei diversi documenti di sintesi, ma è piuttosto il risultato di un’analisi di dati e di informazioni che permette di trovare rapporti biunivoci e di interazione tra informazioni di diversa natura, finanziaria e non, così da offrire un quadro completo e trasparente sull’impegno futuro, sulle reali attività e sui risultati di impatto dell’azienda al suo interno e nell’ambiente circostante, alla ricerca del rispetto delle necessità sociali, di sostenibilità e di creazione di valore.