Non potevo mancare a questo incontro dopo aver conosciuto la figlia di Nelson Mandela lo scorso anno ed aver toccato con mano la storia del Suf Africa che tanto ci ha toccato in quegli anni. Noi facevamo di tutto per ostacolare l’apartheid dal di fuori del paese, con i mezzi a disposizione, pochi rispetto ad oggi.
E così la vergogna di vedere una tale dissipazione dell’animo umano ci attanagliava … increduli nel vedere panchine predisposte per alcuni uomini invece di altri…
Increduli continuavamo a lottare in tutto il mondo.
Ma la lotta è durata troppo… fino a quando un uomo, Nelson Mandela, si fa Grande e con la sua forza riesce a sconfiggere la follia di quei tempi. E vince su tutti e di tutto.

Presente alla manifestazione Davide Bomben, che dedica la sua vita a difendere gli animali in via di estinzione, oggetto di bracconaggio continuo da parte di esseri umani in cerca di soldi facili.
Sempre in prima fila Davide ha donato le pergamene ai ragazzi premiati dal CONI per aver ottenuto una nuova vita Grazie al trapianto del cuore.
Ma non è finita…

L’Africa è grande fonte di ispirazione per l’arte. Così Angiolina Marchese è presente con Sergio Bonafaccia nella giornata di Nelson Mandela, il 18 luglio al CONI stadio olimpico.

sopratutto i grandi eroi come Nelson Mandela trovano dimora nel cuore di artisti italiani come Sergio Bonafaccia che così diviene tutt’uno con il Nostro, nella giornata a lui dedicata, riproducendone con eleganza e precisone il suo volto, le sue fattezze fisiche e psicologiche, che permettono di far emergere appieno la sua forza e la sua umanità, propria dei grandi della Terra. Nelson Si erge sopra a tutti, superando l’odio, il razzismo, pronunciando parole di pace e di rispetto reciproco.
L’Africa ancora una volta unisce le nostra anime!
Bellissima giornata dedicata a Nelson Mandela coronata dalla premiazione di ragazzi che hanno ricevuto un nuovo cuore… appunto, il primo trapianto di cuore fu in Sud Africa ormai tanti anni fa.
Grazie ad Angiolina Marchese per aver promosso l’arte italiana in questa calda giornata estiva, rendendola un sogno di mezza estate…
Con il tocco di artista
Emanuela Scarponi

LA CRESCITA ECONOMICA SECONDO IL PARADIGMA DELL’UNIONE EUROPEA:

FOCUS SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

di Alessandra Di Giovambattista

 

19-07-2023

Recentemente, in occasione del XXX anniversario della nascita del Mercato Unico Europeo(1 gennaio del 1993), la Commissione europea ha presentato due comunicazioni; con la prima, guardando al passato, ha ripercorso i risultati conseguiti con l’istituzione del mercato unico, con la seconda si è posta l’obiettivo di rafforzare ed approfondire il mercato unico, garantendone la competitività a lungo termine. I risultati conseguiti in questi 30 anni di mercato unico europeo, che  nel suo insieme rappresenta il 15% del PIL mondiale, sono riconducibili a benefici per i cittadini e le imprese che devono però continuare a consolidarsi attraverso modifiche ed adattamenti alle nuove realtà, con un potenziale di miglioramento che potrebbe assicurare 713 mld di euro di valore aggiunto entro la fine del 2029. Con la seconda comunicazione la commissione europea si è confrontata con l’obiettivo di migliorare il flusso commerciale dei beni e servizi all’interno dell’Unione europea (UE) fondato su un modello di crescita economica che utilizzi la competitività sostenibile, la sicurezza, l’autonomia strategica e la concorrenza leale. Pertanto la commissione si è proposta di lavorare su nove tematiche: 1) il mercato unico funzionante; 2) l’ accesso al capitale privato e agli investimenti, con particolare riguardo all’approfondimento dell'Unione dei mercati dei capitali e al completamento dell'Unione bancaria; 3) gli investimenti pubblici e le infrastrutture; 4)la ricerca e l’ innovazione; 5) l’energia; 6) la circolarità; 7) la digitalizzazione; 8) l’istruzione e le competenze; 9) il commercio e l’autonomia strategica aperta. Tra i vari argomenti si vuol porre, oggi, l’attenzione sull’intelligenza artificiale: croce e delizia di questo nostro tempo che ha attraversato il mondo del reale approdando su quello virtuale ed impattando trasversalmente sulle nostre vite e sui nostri interessi. Uno studio del Parlamento europeo ha evidenziato i rischi connessi all’intelligenza artificiale; in sintesi riconducibili alla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, con particolare riferimento alla discriminazione, alla protezione dei dati ed alla vita privata. Secondo la Commissione europea, i sistemi di intelligenza artificiale presentano in via generale, le seguenti caratteristiche: a) opacità (cioè limitata capacità della mente umana di comprendere il funzionamento di determinati sistemi di intelligenza artificiale), b) la complessità, c) l’adattamento continuo e l’imprevedibilità, d) il comportamento autonomo, e) i dati (cioè dipendenza funzionale dai dati utilizzati ed immessi e dalla loro qualità).

Inoltre una nuova ondata di tecnologie riconducibili all’intelligenza artificiale per finalità generali, con capacità generative, come ChatGPT, sta trasformando rapidamente il modo in cui tali sistemi di intelligenza sono costruiti e diffusi e solleva una serie di preoccupazioni in merito alla privacy, ai diritti di proprietà intellettuale e alla diffusione della disinformazione. In particolare la tecnologia generativa, come ChatGPT, utilizza grandi modelli linguistici per dare vita ad opere d’arte, musica, opere letterarie che dovrebbero essere soggetti ad obblighi rigorosi di trasparenza; in particolare bisognerebbe imporre ai fornitori di tali tecnologie generative di specificare che le opere sono frutto dell’insieme di informazioni caricate sull’intelligenza artificiale e non sono opere generate da esseri umani, nonché di formare e progettare i modelli escludendo che questi a loro volta possano generare contenuti illegali e pubblicare in modo trasparente informazioni circa l’uso di dati protetti dal diritto d’autore.In materia di intelligenza artificiale la Commissione europea ha pubblicato un Libro bianco in cui ha evidenziato la necessità di un quadro legislativo orientato agli investimenti in tali tecnologie con il doppio obiettivo di promuovere l’adozione dell’intelligenza artificiale e di affrontare e possibilmente risolvere, nel contempo, i rischi riconducibili all’applicazione di queste nuove tecnologie. All’origine la Commissione europea, nel 2019, aveva dato indicazioni non vincolanti con delle linee guida etiche, al fine di garantire un’intelligenza artificiale affidabile, basate su delle mere raccomandazioni politiche e di investimento. Successivamente, nel 2021, con  la comunicazione “Favorire un approccio europeo all’intelligenza artificiale” la Commissione europea ha posto il focus sui vincoli legislativi. Poiché la normativa vigente che protegge i diritti fondamentali e garantisce la sicurezza ed i diritti dei consumatori – con particolare riferimento alleleggi sulla protezione dei dati e sulla non discriminazione – non sembra adeguata per affrontare i rischi riconducibili alle tecnologie relative all’intelligenza artificiale, la Commissione europea ha proposto l’adozione di regole armonizzate per lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso dellenuove tecnologie. In particolare le disposizioni si basano su una classificazione fondata sul rischio, andando ad indicare i requisiti e gli obblighi necessari per l’implementazione dell’intelligenza artificiale. Questo approccio si basa su una sorta di “piramide del rischio” ascendente (cioè con situazioni che vanno dal rischio basso/medio a quello più elevato fino ad individuare un rischio inaccettabile) per classificare una serie di pratiche generali e di impieghi specifici in determinati settori, a cui la Commissione riconduce differenti misure di attenuazione, o addirittura divieti di alcune azioni ed attività di intelligenza artificiale. I divieti individuati riguardano un insieme limitato di utilizzi dell’intelligenza artificiale ritenuti non compatibili con i valori che l’Unione europea tutela e che sono riconducibili ai diritti fondamentali contenuti nella Carta europea. Alcuni sistemi di tecnologia artificiale presentano dei rischi non tollerabili per la sicurezza delle persone e la garanzia dei diritti fondamentali; un esempio di rischi non accettabili si ritrova nelle “tecniche subliminali” che consentono modalità dannose di manipolazione o l’identificazione biometrica remota “in tempo reale” (come ad esempio il riconoscimento facciale) in spazi accessibili al pubblico per finalità di contrasto delle azioni illecite. In tali circostanze sarebbero vietate le tecniche di intelligenza artificiale, tranne che per pochi limitati casi. Infatti sarebbero autorizzati sistemi “ad alto rischio” riconducibili a tali tecnologie a condizione che rispettino una serie di requisiti ed obblighi, come ad esempio la valutazione della conformità, e siano riconducibili a particolari settori,come ad esempio l’istruzione, l’occupazione, le attività di contrasto di illeciti e la giustizia. Tuttavia sistemi di intelligenza artificiale che presentano un “rischio limitato” sarebbero soggetti a obblighi di trasparenza meno rigidi: come il caso di uso di chatbot (un programma che simula conversazioni umane), oppure dei sistemi di riconoscimento delle emozioni o “deep fake” che utilizzano foto, video, audio, creati da intelligenza artificiale i quali, partendo da situazioni reali, riescono a modificare o ricreare in modo realistico le caratteristiche ed i movimenti di un essere umano nonchéla sua voce.

Le norme europee individuano inoltre spazi di sperimentazione al fine di promuovere l’innovazione nel settore dell’intelligenza artificiale creando un ambiente controllato per testare e monitorare tecnologie innovative, per un periodo di tempo limitato, con la finalità di sostenere le imprese innovative, le PMI e le start-up. Infine lo scorso 14 giugno il Parlamento europeo ha votato alcuni emendamenti al testo della Commissione europea ed una delle modifiche ha riguardato l’inserimento, nella lista dei sistemi ad alto rischio, delle tecnologie usate per influenzare gli elettori e la metodologia implementata per esaminare l’esito delle elezioni (exit poll) e dei sistemi di raccomandazione usati dai social media con più di 45 milioni di utenti (quest’ultimo aspetto riguarda i venditori online e le aziende dell'intrattenimento che utilizzano i suggerimenti in tempo reale o mostrano pubblicità basate su cosa il cliente sta guardando o ascoltando. I social network come LinkedIn e Facebook consigliano, ad esempio, connessioni o amici in base alla tipologia del proprio network). Si apre ora il processo di dibattito che prevede che le discussioni iniziali si concentrino specialmente sull’accoglimento parziale delle questioni più delicate e pressanti, al fine di tutelare diritti e principi non negoziabili comunitari, prima che i legislatori dei diversi paesi raggiungano un accordo definitivo, che potrebbe arrivare anche molto in là nel tempo, lasciando quindi incustodita una grande fascia di diritti e garanzie che l’intelligenza artificiale potrebbeminare e modificare fino al punto di annullare.

Pertanto a chiusura di questo approfondimento si vorrebbero sottolineare le criticità riconducibili all’intelligenza artificiale: Dipendenza: l’essere umano, nella maggioranza dei casi, ha un atteggiamento di pigrizia finalizzato all’economia delle energie; affidarsi all’intelligenza artificiale può significare perdere la capacità creativa e critica che sono le caratteristiche che hanno permesso alle civiltà di evolversi e svilupparsi.  Aumento delle disuguaglianze: questo problema è alimentato dalle diverse possibilità di utilizzo da parte dei singoli utenti. Infatti diversi saranno gli obiettivi ed i vantaggi che potrà trarre un’azienda rispetto ad un semplice privato nell’uso delle tecnologie. Privacy: molti degli attuali sistemi di intelligenza artificiale si basano su masse di informazioni carpite su internet in modo casuale e senza che alcuni sappiano dell’uso di tali dati, in violazione della privacy dei singoli.

- Mancanza di legame con la realtà: il mondo dell’intelligenza artificiale non permette più una separazione netta tra mondo reale e mondo virtuale e questo alla lunga può portare a disorientamento e problematiche di tipo relazionali e psicologiche, con perdita delle

relazioni interpersonali ed umane.

- Disinformazione: i dati che utilizza l’intelligenza artificiale sono dati grezzi, presi in maniera randomica sul web (altrimenti una analisi ed una cernita dei dati da parte degli esseri umani porterebbe a rallentare l’alimentazione del software con conseguenze in termini di aumento dei costi). Ciò implica che potrebbero essere diffuse notizie false e del tutto incoerenti (come spesso fa chatGPT) che inoltre non potrebbero essere corrette in tempo reale.

- Uso scorretto dell’intelligenza artificiale: nel caso si verifichi tale evenienza, possono sorgere problemi di tipo etico; infatti il software, essendo un prodotto informatico, non è

possibile impostarlo su problematiche di tipo etico/morale. Ciò comporta che le risposte ottenibili da tali strumenti non compiano un processo di discernimento tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Questo aspetto apre a richieste da parte degli utenti di conoscere le modalità per compiere illeciti, a cui il software può dare risposta, senza distinguere ovviamente tra ciò che è legale e ciò che non lo è, perdendo di vista anche problematiche connesse con la responsabilità delle azioni commesse.

- Perdita di lavoro: questo è un rischio concreto in considerazione del fatto che molti posti dilavoro si sono già persi con la sostituzione di software di intelligenza artificiale. Si pensi ai chatbot che assistono la clientela, spesso anche con molto poco successo, che hanno preso il posto degli esseri umani; è vero che ogni epoca, ad iniziare dalla rivoluzione industriale, ha visto la sostituzione del lavoro umano con quello artificiale, però oggi i tempi di sostituzione sono davvero molto stretti e la rapidità del cambiamento potrebbe non garantire la transizione della perdita del vecchio lavoro con ingaggi in attività di nuova tipologia.

- Mercato finanziario: già in uso, strumenti come BloombergGPT hanno rivoluzionato il settore del mercato finanziario dove si manovrano grandi masse di risorse monetarie con il mero obiettivo della speculazione. Siamo di fronte ad un agire senza etica da parte di queste tecnologie che generano solo del male sia per le aziende sia per i risparmiatori, essendo di fatto utilizzate solo da grandi investitori speculativi. Operazioni di tale portata potrebbero generare delle profonde crisi finanziarie con perdita, per gli operatori economici meno tutelati, di valori cospicui.

- Creazione di armi autonome: è già iniziata la produzione di armi autonome che si basano sull’intelligenza artificiale. si pensi alle armi intelligenti, ai droni, e a tutte le tecnologie che hanno come obiettivo la distruzione, senza saper e poter guardare negli occhi degli esser umani. Il futuro che si presenta potrebbe essere davvero orribile; già oggi le armi nucleari in mano a degli esseri umani fanno paura, ma in mano a macchinari autonomi la strada da percorrere sarebbe solo a senso unico, senza ritorno.

A conclusione di queste osservazioni c’è da porsi una domanda: la razza umana è in pericolo di estinzione? A ben vedere sì; pensiamo all’educazione sempre meno religiosa, etica e morale che diamo ai nostri giovani, alla cultura del mordi e fuggi, alla ineducazione verso il futuro e le prospettive umane e lavorative, all’inverno demografico, alla mancanza di responsabilità. Sono tutte situazioni che portano a pensare l’uomo come limitato sull’asse temporale della vita, verso una strada senza ritorno dove basteranno poche persone potenti che potranno godere di un mondo più o meno florido con alle loro dipendenze macchine senza cuore e senza intelligenza, se non quella rubata a millenni di civiltà, ma finite e limitate anche loro nelle proprie possibilità di sviluppo perché alla fine verrà a mancare la materia prima dei loro dati ed informazioni: larazza umana. Quindi il richiamo verso l’attenzione e la delicatezza della questione porta a considerazioni drastiche: non facciamoci abbindolare da un futuro fantascientifico, smettiamola di fornire consensi all’uso dei nostri dati biometrici e non (pensiamo anche a tutelarci nelle azioni più banali della vita quotidiana, come quella, ad esempio, di sottoscrivere tessere nei supermercati dove ti chiedono notizie, le più disparate che poco hanno a che fare con la richiesta di una semplice carta finalizzata a discutibili sconti), la vita è ora e deve rispondere anche ad una concreta e vivibile speranza nel futuro, e va goduta nel modo più naturale possibile nel

rispetto del creato, tutto, uomini, animali ed ambiente e lasciando che le macchine e gli automatismi ci aiutino nei lavori quotidiani più pesanti, ma non ci sostituiscano in nessuna delle nostre umane funzioni ed azioni, le uniche capaci di proiettarci verso un futuro migliore per i nostri giovani, la vera ed unica ricchezza dell’umanità.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Roma 5 giugno ’23

Il giorno 8 aprile u.s. la dottoressa Emanuela Scarponi ha intervistato il dottor Andrea Pandolfi, ricercatore di studi comportamentali, Università Roma tre.



Andrea Pandolfi con uno studio condotto sui San, detti anche Khwe, Basarwa o Boscimani mette in luce

la lingua click parlata dagli abitanti nel deserto dei Kalahari. Le consonanti clic o click sono delle consonanti non dai polmoni ma con piena sonorità e diversi movimenti sono prodotte facendo schioccare la lingua sul palato o contro i denti. Dopo aver chiuso il cavo orale con la lingua o con le labbra aspirano l’aria nei polmoni e la rilasciano immediatamente. Questi suoni vengono solitamente trascritti in simboli non alfabetici come ad esempio un punto esclamativo.

Sono presenti in lingue africane della famiglia khoisan, dette appunto “lingue clic”. Il minore phylum linguistico africano.

Il ricercatore parla del suo lavoro: il perché è fondamentale per rispondere a domande del chi siamo e che cosa facciamo, perché la terra: è un pianeta diverso dagli altri. Per comprendere il linguaggio, la semantica, le neuro scienze e la biologia.

Non sempre quello che ci riporta la scienza ufficiale è di aiuto, pur dandoci dei riferimenti convenzionali.

La scienza di confine può dare altro.

Ho avuto modo di entrare nella conoscenza di questo popolo particolare, cerco spiegare perché particolare.

La lingua dei San è strutturata in codice.

In una pubblicazione del 2011, si attesta che migliaia di lingue ed altrettanti dialetti sono originari dall’Africa. La lingua è di 50.000 anni fa. (Focus.it 19 aprile 2011).

La lingua originaria sembrerebbe proprio il linguaggio parlato dai San.

Dall’inizio fu un click. Le lingue ancestrali scoperte dai ricercatori e tutte con una strana lettera.

Gli abitanti del deserto dei Kalahari usano un linguaggio articolato che è dai primissimi millenni dell’umanità.

In un’altra pubblicazione del 2006 l’archeologa norvegese Sheila Coulson pubblica le prove del culto del pitone dei San, che veniva compiuto 70.000 anni fa.

Apparentemente questo studio centra poco con il linguaggio, in tal modo consideriamo il comunicare che risale da 70.000 anni e non da 50.000.

Sheila Coulson mentre stava studiando l’antico gruppo etnico dei San, allocati nella regione Ngamiland, acquisisce prove che gli esseri umani, gli homo Sapiens compivano ritualità sette millenni di anni orsono.

All’interno del deserto del Kalahari, denominate le colline del Tsodilo, vi sono innumerevoli incisioni rupestri. Le colline di Tsodilo rappresentano un luogo sacro per i San, che le denominarono “le montagne degli dei” o “la montagna che bisbiglia”.

Il rito considerato dalla Coulson riguarda il pitone, che avrebbe generato gli esseri umani, nati dalle uova che il serpente portava con sé, in un sacco.

I suoni emessi dai San sono un messaggio nel messaggio, sono sette e raccontano la storia del pitone.

La scienza ufficiale fa un po' d’acqua, la scienza di confine dà una estensione.

Consideriamo i codici genetici. Noi conteniamo una gamma di informazioni.

Osserviamo questa popolazione, dai tratti caratteristici: corpi esili, pelle non scura, diversa struttura e lineamenti hanno le donne che per il ricercatore discendono dall’uomo di Neanderthal, mentre gli uomini sembra provengano dalla Siberia.

La scienza ortodossa ci dice che ci sono dei legami tra i due.

Certamente la scienza ufficiale non attesta che noi umani siano la parte terminale degli esperimenti prodotti dai sette suoni della lingua dei San.

Ritornando alla lingua dei sette suoni. Un linguaggio codice. Il numero sette è un numero ricorrente.

Sette sono i giorni della settimana, le meraviglie del mondo, lo troviamo scritto nella Bibbia è il numero della perfezione e sette per sette, quarantanove: il divino.

La sequenza genetica recepisce agisce e retroagisce.

Secondo un rabbino, mentre noi parliamo facciamo danno ai noi stessi e a chi ci ascolta.

La voce dà degli effetti per chi ascolta.

Sentendo i San, la sonorità si riflette sul codice genetico. Comportamento e codice genetico vanno a braccetto.

Il suono della lingua degli abitanti dei San imposta l’abc dei nostri codici genetici, ci dice lo studioso.

Secondo il mito del pitone, sembra che una matrice aliena ha generato una forza lavoro.

Certi siti archeologici, presenti alcuni in Egitto, sono punti di osservatori astronomici di alcune costellazioni e durante le stagioni è possibile vederli: il Toro, il Drago, le Pleiadi che sono sette, Orione e il Cane. Sono i riferimenti delle matrici.



Dall’antico Egitto sono partite due matrici. Hanno iniziato un percorso di colonizzazione di tutto il resto.

I San sono portatori dei codici delle matrici delle costellazioni. Con particolare riferimento a quattro costellazioni: Toro, Drago, Orione e Cane.

Con i suoni della lingua click, i San portano equilibrio al nostro linguaggio parlato.

Interviene la dottoressa Emanuela Scarponi affascinata da Boscimani, molto interessata alle sculture rupestri che sono 3.500. L’enciclopedia dell’epoca, dice che questa lingua arcaica non ha ancora sviluppato le vocali.

La lingua dei San è una lingua aliena, ridimensionata come lingua arcaica.

Le vocali risponde il ricercatore sono giovani. Costantino 1.500 anni fa estrapolò dall’alfabeto ebraico, cinque consonanti e le adattò come vocali.

Il dott. Andrea Pandolfi ci spiega: tutto è suono, matrice allo stato puro, se analizziamo il Dna sembrerebbe originato da una matrice aliena.

Molti pensano che il riferimento del Dna è: il meteorite, caduto a Terra e ritrovato in un determinato luogo.



Il Dna è di matrice aliena dunque.

Non abbiamo molti studi sui Boscimani, si è studiato il Dna degli Unit, una popolazione della Groenlandia.

Gli Unuit sono un popolo dell’Artico, proveniente dalle regioni costiere artiche e subartiche dell’America

Settentrionale e dalla punta nord orientale della Siberia.

Gli Unit sembra abbiano a che fare con i San.

Aggiungendo nuovi dati all’informazione che la scienza ci ha dato, dovremmo riscrivere tutto.

Ad esempio nella Bibbia parliamo della costola di Adamo. Mentre la scienza di confine parla di doppio.

La verità un obiettivo molto difficile. Capire è determinante per giungere alla realtà.

Il ricercatore dott. A. Pandolfi parla dei San popolo antichissimo, incroci tra popolazioni tali da far perdere le tracce della provenienza.

I San che sopravvivono nel deserto del Kalahari discendono da una popolazione che ha origine dall’albero genealogico dell’umanità.

Sono arrivati a noi per esperimento di ingegneria genetica.

Portatori sani di informazioni, non sono ben visti al Nord né al Sud.

Emanuela Scarponi con il ricercatore osserva che i San sembrano più intelligenti dei Bantu, razza molto bella per altro.

Molti sono i rinvenimenti da rituali di resti umani, con corpo minuto e testa grande.

La fondazione Rockfeller nella sua mission compie studi comportamentali.

Sono attivi numerosi programmi di ricerca in svariati campi, la fondazione nasce nel 1913.

Nel 1938 con studi compiuti ha coniato il termine lavori: bio-molecolari.

Royal Society ha origini ancora più antiche, si costituisce nel 1662. Curò l’incremento delle scienze fisico- matematiche per la promozione degli studi comportamentali e del linguaggio.

Le due fondazioni sono consultate per interessi nazionali da autorità pubbliche e private.

Il popolo San è in via di estinzione in Namibia. Portatori del famoso codice x per l’influsso di una delle costellazioni.

Quattro i riferimenti delle costellazioni Toro e Drago, Orione e Cane.

Orione lascia Cane e si unisce alle altre due, portando il codice della matrice che aveva originato con la costellazione precedente.

La dottoressa Scarponi parla della terra dove vivono i Boscimani, che oggi è stata privatizzata, per essere coltivata. I Boscimani nomadi da tempo, non possono molto circolare ed è stata richiesta una istruzione scolastica. Al momento la loro vita resta complicata.

Tutto ciò che l’Africa è in grado di preservare, riuscirà a sopravvivere.

Nel documentario che Emanuela Scarponi ha girato durante il viaggio in Namibia possiamo ammirare la bellezza del deserto del Kalahari e la presenza dei San che si esprimono con la lingua dei suoni.

Noi quello che abbiamo sul nostro pianeta non è negli altri pianeti. Discute il dottore Andrea Pandolfi, educatore bio-comportamentale.

La diversità del nostro pianeta e sicuramente più bello ha incuriosito il ricercatore che attentamente osserva la terra: un laboratorio da cui sono stati strutturati gli esseri umani. Le matrici di specie aliene viaggiano sulle costellazioni ed hanno influssi su pianeta.

Se è vero quello di oggi e vero quello di ieri. Gli abitanti del deserto del Kalahari portatori sani di notevoli informazioni.

Con i suoni della loro lingua potrebbero essere la svolta per determinate ricerche, sono un popolo in via di estinzione e che forse potremmo salvaguardare.



Lavorando sul suono, sulle onde plastiche, ascoltando il linguaggio semplice dei San è possibile risalire ad una stirpe particolarmente antica.

L’Africa e la Siberia sono punti cardine per la provenienza.

La natura dell’Africa genera armonia, in sintonia con la forza vitale, un continente fortemente esteso difficilmente percorribile, sicuramente per le condizioni climatiche. Tutte ragioni che lo rendono poco conosciuto.

L’Africa spesso riportata sulle carte geografiche a dimensioni molto ridotte su scala.

Se fosse valorizzata nelle risorse potrebbe provvedere al sostentamento dell’intero pianeta Terra.

 

Recensione dell’intervista del dottor Andrea Pandolfi.

A cura di Claudia Polveroni Apn Publisher

LA LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2022/2023: IL REGOLAMENTO SUI FLUSSI DI CONTANTE

di Alessandra Di Giovambattista

 03-07-2023

Il 15 giugno 2023 il Consiglio dei Ministri ha comunicato di voler seguire il percorso dell’approvazione con procedura d’urgenza del disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle Direttive Europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione Europea (UE) per il periodo 2022/2023 (la c.d. legge di delegazione europea); in particolare il disegno di legge è complementare al decreto legge n. 69 del 13 giugno 2023. Tale prassi è stata scelta per velocizzare l’iter parlamentare consentendo l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello europeo e prevenendo altresì l’apertura di procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive UE e non corretta attuazione di regolamenti.

Il testo permette il recepimento di 19 direttive e l'adeguamento, con interventi di carattere sistemico, dell'ordinamento nazionale a 4 regolamenti europei. 

Nel dettaglio, il Capo I (articoli 1 e 2) contiene le disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione Europea, secondo i termini, le procedure, i princìpi e criteri direttivi previsti dalla legislazione vigente.

Il Capo II (articoli da 3 a 9) contiene i princìpi e criteri direttivi specifici per il recepimento di alcune direttive concernenti diversi ambiti, tra cui le misure volte: ad incrementare il grado di resilienza dei soggetti pubblici e privati in vari settori, alla protezione dei consumatori e dei lavoratori, all’armonizzazione della legislazione in tema di apparecchiature radio al fine di limitare la frammentazione delle interfacce di ricarica dei telefoni cellulari, alle modalità di uso di materiali atti alla moltiplicazione delle piante da frutto e sulle piante da frutto, alla riduzione delle emissioni di gas serra in tutti i settori, ed in particolare in quello del trasporto aereo, con l’istituzione di un sistema di scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nell’Unione.

Infine il capo III (articoli da 10 a 13) contiene le disposizioni relative all'attuazione di 4 regolamenti europei:

 

 

  • regolamento (UE) n. 2022/2036  sul trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale;

  •  regolamento (UE) n. 2018/1672  finalizzato a migliorare i controlli sui flussi di denaro in contante sia in entrata che in uscita dal territorio dell'Unione Europea, armonizzando le misure volte al monitoraggio del trasporto transfrontaliero di denaro contante, nonché quelle volte alla condivisione e utilizzazione delle relative informazioni;

  •  regolamento (UE) n. 2022/2554 volto a conseguire un elevato livello di resilienza operativa digitale per le entità finanziarie regolamentate;

  • regolamento (UE) n. 2022/868 finalizzato a migliorare ulteriormente le condizioni per la condivisione dei dati nel mercato interno, creando un quadro armonizzato per gli scambi di dati e stabilendo alcuni requisiti di base per la governance dei dati, allo scopo di facilitare la cooperazione tra gli Stati membri.

L’approfondimento che qui si vuol fare riguarda il regolamento UE 2018/1672 relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il precedente regolamento CE n. 1889/2005 nonché le disposizioni attuative contenute nel regolamento di esecuzione UE n. 2021/776.

La disciplina interessa il sistema di controlli sul denaro contante di valore pari o superiore a 10.000 euro in entrata o in uscita dall'Unione che dovrà integrare il quadro giuridico per la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (contenuto nella direttiva UE n. 2015/849). Per la legislazione odierna è già previsto che chiunque entri o esca dal territorio nazionale trasportando denaro contante per importi superiori a 10.000 euro deve presentare dichiarazione all’Agenzia delle Dogane. Le indicazioni contenute nella legge di delegazione europea prevedono interventi di tipo sostanziale e formale, oltre ad attribuire all’Agenzia delle Dogane ed alla Guardia di Finanza, la facoltà di esercitare, nell’attività di controllo, i poteri di cui sono titolari in materia fiscale. Vengono quindi definiti gli elementi informativi che deve contenere la nuova modulistica - come ad esempio i dati anagrafici del dichiarante, del proprietario, del mittene e del destinatario, i numeri identificativi e di registrazione nonché il paese di registrazione, di partenza e di invio, ecc. - con la finalità: di ridurre il rischio di errori relativi all’identità, di ridurre il rischio di ritardi in fase di verifica successiva, di migliorare l’azione di contrasto all’evasione/finanziamento del terrorismo mediante l’uso dell’analisi del rischio. Tale analisi costituisce il presupposto determinante per gestione un’azione di carattere sia preventivo che repressivo nei confronti delle frodi e del finanziamento terroristico: il sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante ne rappresenta un corollario imprescindibile.

È evidente che il sistema di sorveglianza si realizza anche attraverso l'adozione di forme armonizzate di collaborazione e di scambio di informazioni tra le autorità competenti dei diversi Paesi - compresa anche la Commissione europea - utilizzando specifici supporti informatici, ogni qual volta ci sia il sospetto di movimenti di denaro contante connessi ad attività illecite di riciclaggio, di fronde e di finanziamento del terrorismo.

Per raggiungere tali obiettivi la legge di delegazione prevede che il Governo adotti dei decreti legislativi di adeguamento della normativa interna con quanto disposto dal regolamento n. 2018/1672, nonché emani disposizioni integrative e correttive per la migliore armonizzazione delle norme interne con quelle comunitarie. Ribadisce poi che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di Finanza possono esercitare i poteri e le facoltà loro riconosciuti dall’ordinamento nazionale al fine di verificare l’osservanza dell’obbligo di dichiarazione al fine di garantire la celerità, l’economicità e l’efficacia dei controlli. Al riguardo si sottolinea che già oggi la Guardia di finanza, con le proprie capacità investigative, garantisce l’efficacia e la rapidità delle azioni di verifica e controllo, volte a reprimere atti illeciti, proprio mediante l’uso e lo sviluppo costante della metodologia dell’analisi dei rischi. Gli uffici di controllo non possono non tener conto del fatto che la disciplina valutaria pur apparendo autonoma da quella fiscale presenta indubbiamente dei punti di contatto con quest’ultima in quanto il più delle volte le azioni illecite sono tra loro agganciate e a violazioni di tipo valutario si riconducono, spesso, anche violazioni di tipo fiscale.

Indubbiamente a tali considerazioni occorre aggiungere che in un sistema finanziario in continua evoluzione, anche in termini di creazione di nuovi negozi giuridici non sempre disciplinati espressamente dai singoli ordinamenti, l’attenzione che pone il legislatore comunitario alle attività illecite in senso lato, sono condivisibili in quanto il riciclaggio di proventi illeciti nel sistema economico e l’uso del denaro per finanziare attività illegali creano distorsioni e svantaggi competitivi per i cittadini e le imprese rispettosi della legge e rappresentano, quindi, una minaccia per il funzionamento del mercato interno. Si tratta di preoccupazioni sempre presenti sul mercato reale e dei capitali e non descrivono certo delle situazioni nuove tuttavia, oggi, il grado di complessità delle problematiche legate all’uso del denaro si è incrementato rispetto al passato. Basti pensare all’introduzione della moneta virtuale che crea problemi di monitoraggio e di contrasto degli illeciti riconducibili al suo uso ed al suo scambio; oppure alle situazioni che si vengono a creare con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale che consente di creare realtà virtuali e parallele ai mercati finanziari con l’uso di algoritmi appositamente impostati. Poiché tali situazioni, che spesso celano atti criminali e terroristici, coinvolgono non più singoli Stati, bensì più soggetti tra loro collegati, l’UE ha deciso di porre mano alla materia anche a scopi cautelativi

Ha pertanto previsto ed introdotto una serie di misure ed obblighi per gli enti finanziari, le persone giuridiche e talune professioni al fine di garantire la trasparenza e la conservazione di registri delle movimentazioni in entrata ed in uscita, oltre a disporre, ulteriormente, di norme che avranno come obiettivo quello di approfondire la conoscenza dei propri clienti. Sono pertanto state istituite delle unità di informazione finanziaria nazionali (UIF), con l’obiettivo di far pervenire loro le transazioni sospette al fine di monitorarle e controllarle e valutare se coinvolgere nel processo di controllo e di valutazione anche parti terze presenti in altri Paesi e se necessario informare le autorità giudiziarie. La previsione di sorvegliare i movimenti transfrontalieri di denaro contante anche ai movimenti tra l’Italia e gli altri Stati membri è di elevata rilevanza anche se non rappresenta una innovazione per il nostro sistema di controllo per il già rilevato rapporto che intercorre tra riciclaggio ed evasione fiscale, un ambito attenzionato dai nostri organi finanziari da ormai molto tempo.

Il Governo è poi delegato a definire il sistema sanzionatorio per la violazione degli obblighi di dichiarazione attraverso la previsione di sanzioni amministrative dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni commesse, evidenziando, indirettamente, una inadeguatezza del vigente sistema giuridico in tema di sanzioni. Tuttavia nella delega non sono fornite informazioni circa i criteri ed i principi specifici che dovranno essere seguiti. A tal fine sarebbe auspicabile evitare duplicazioni di controlli e sovrapposizioni di obblighi dichiarativi che potrebbero, in qualche modo, rendere meno efficaci le forme di contrasto agli illeciti e, conseguentemente, rendere confuse le sanzioni amministrative applicabili. In tal senso si sa che dove si possono aprire falle nel sistema sanzionatorio l’attività di contrasto all’evasione, al riciclaggio ed al terrorismo rischia di perdere proprio le caratteristiche che la delega intende rafforzare e cioè: l’efficacia, la celerità e l’economicità dell’azione amministrativa.

 

 

Le comunità energetiche: un fenomeno recente?

di Alessandra Di Giovambattista

 16-06-2023 

Un argomento di attualità, ancora però sconosciuto ai più, riguarda le comunità energetiche rinnovabili (CER). In particolare con il termine CER si indica un gruppo di soggetti che si organizzano per produrre e condividere localmente l'energia prodotta da fonti rinnovabili. Quindi rappresenta una vera e propria comunità costituita da enti privati, singoli cittadini, associazioni ed enti pubblici che decidono di associarsi per produrre sul loro territorio energia derivante da fonti rinnovabili (per esempio fotovoltaico ed eolico), per poi condividerla tra loro.

A Roma, la prima CER, chiamata “Le vele” è stata individuata grazie alla collaborazione tra l’Istituto Leonarda Vaccari – grazie alla sensibilità e disponibilità della nipote della fondatrice, oggi presidente dell’istituto - che si occupa di riabilitazione psico-fisica e integrazione didattica e sociale delle persone diversamente abili, la Federconsumatori Lazio ed il Municipio Roma I centro; essa si concretizza in un impianto da 90KW che produrrà circa 120 mila KWH.

Nel progetto si evidenzia che lo scopo, oltre al beneficio ambientale, è quello di finanziare, con i risparmi ottenuti dalla produzione di energia rinnovabile e con i proventi derivanti dagli incentivi, interventi sociali a favore delle persone presenti nella comunità del Municipio e che si trovano in difficoltà e specifici progetti rivolti ai pazienti dell’istituto per rafforzare la politica di assistenza e recupero. Si noti che l’Istituto Leonarda Vaccari è stato premiato per ben quattro volte con la Medaglia d’Oro al merito della Sanità pubblica.

Se questa può sembrare un’innovazione in realtà, facendo un salto indietro nella storia, vediamo che le origini di questo nuovo mondo sono da ricercare nelle "vecchie" cooperative energetiche. Un tempo, alla fine dell'Ottocento, l'elettricità veniva prodotta da piccole centrali costruite nei pressi delle fabbriche e quella in eccesso era data al vicinato. All'epoca nessuno le chiamava comunità energetiche, perché non esistevano ancora le reti centralizzate di distribuzione. Era semplicemente la forma più diffusa di distribuzione dell’energia. Così nacquero le prime cooperative; regolate da una legge del Regno d’Italia era permesso ai soci di produrre e distribuire energia. Così queste cooperative gestivano centrali idroelettriche ed i soci, privati, industrie, enti pubblici locali, beneficiavano dell’energia prodotta. Alcune di queste realtà sopravvivono ancora oggi nel nord Italia - fra le altre a Brunico, Dobbiaco, Prato allo Stelvio, Funes, dove nessuno ha sottoscritto contratti con distributori nazionali in quanto l’energia prodotta in loco è a prezzi molto bassi, essendosi anche aggiunte, oltre all’idroelettrico, forme di produzione di energia rinnovabile quali il fotovoltaico e l’eolico – mentre nel nord Europa, ed in particolare in Germania, Belgio e Danimarca, tali organizzazioni sono sopravvissute e si sono diffuse. Sono proprio queste realtà, ed il modello che incarnano, che hanno ispirato l'idea delle comunità energetiche vere e proprie a partire dal 2010.

Ricordiamo inoltre che negli anni novanta in Italia sono nate le grandi concessionarie di distribuzione separate dalla produzione; tuttavia alle cooperative storiche è stato permesso di continuare ad operare, forse perché in nord Europa sono tanto diffuse e di grandi dimensioni. Tuttavia è ancora vietato fondarne di nuove. Il fenomeno dell’accentramento in grandi reti nazionali, secondo Brian Janous, general manager di Microsoft, era un processo inevitabile, in quanto l’unico a garantire una distribuzione a bassi costi finalizzata all’uso da parte di tutti e un servizio il più omogeneo possibile. Tali obiettivi previsti per l’energia elettrica, ora si vogliono raggiungere anche nel traffico dei dati, attività che sta curando Microsoft; tuttavia poiché la distribuzione elettrica sta incrementando l’energia solare ed eolica, si sta puntando l’attenzione sul ruolo determinante delle batterie per immagazzinarla e dell’intelligenza artificiale per gestirne al meglio consumi, picchi e potenza di calcolo.

Le comunità energetiche di cui parliamo oggi arrivano venti anni dopo, anche grazie all’avvento dei pannelli solari, con l’idea nata dal basso nelle associazioni ambientaliste e dalla federazione europea delle cooperative Rescooop. 

Ma è solo nel 2018 che viene impressa una spinta sostanziale, con la direttiva europea che sancisce il diritto all'autoconsumo energetico approvata per bloccare iniziative dei singoli stati contro il fotovoltaico. Nel 2015, infatti, il governo spagnolo di Mariano Rajoy, del Partito Popolare, aveva pubblicato il Regio Decreto 900/2015, con il quale si applicavano una serie di complicazioni amministrative, tasse e sovrattasse alle installazioni di rinnovabili per proprio consumo (venne battezzata la "tassa sul sole"). Di qui l'articolo 21 della direttiva europea (UE) 2018/2001 che dà potere ai consumatori consentendo loro un autoconsumo "senza restrizioni indebite e di essere remunerati per l'elettricità che immettono nella rete". Le fonti rinnovabili, come il fotovoltaico e l’eolico, che per loro natura si prestano poco alla centralizzazione e molto di più alla produzione e all’uso locale, hanno fatto tornare a guardare con favore alla produzione e condivisione dell’energia nel modo delle vecchie cooperative energetiche.

La citata Direttiva UE 2018/2001 dispone che gli Stati membri provvedono collettivamente a far sì che nel 2030, la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell’Unione sia almeno pari al 32% e la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti sia almeno pari al 14% del consumo finale in tale settore. Ogni stato membro deve fissare i contributi nazionali per conseguire collettivamente l’obiettivo vincolante del 2030 ognuno nell’ambito dei propri piani nazionali integrati per l’energia ed il clima-PNIEC. Gli obiettivi del piano che nello specifico dovrà conseguire l’Italia entro il 2030 riguardano: il raggiungimento di una percentuale di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali lordi pari al 30%; una quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti pari al 22% dei consumi finali lordi (bisogna tener presente l’obiettivo complessivo UE si attesta sul 14%) che dovrà essere garantita dai fornitori di carburante. La direttiva regola anche i principi ed i criteri per disciplinare: il sostegno finanziario all’energia elettrica da fonti rinnovabili, l’autoconsumo dell’energia elettrica prodotta dalle rinnovabili, l’uso di tale energia nel settore del riscaldamento e raffrescamento e nel settore dei trasporti, la cooperazione tra gli stati membri e paesi terzi su progetti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, la garanzia di origine dell’energia, le procedure amministrative per agevolare le fonti rinnovabili, l’informazione e la formazione su di esse. La direttiva in argomento fissa anche i criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per i biocarburanti, i bioliquidi ed i combustibili da biomassa.

Gli stati membri sono stati obbligati a recepire nel diritto nazionale la direttiva entro il 30 giugno 2021 ed è entrata in vigore il 1 luglio dello stesso anno.

Chiariti questi primi aspetti cerchiamo di muovere i primi passi nel mondo delle comunità energetiche rinnovabili, approfondendo alcuni aspetti. Intanto le CER sono un modello di produzione e consumo nate per la gestione dell’energia da fonti rinnovabili. La normativa esistente ha cercato di favorire due modelli di costituzione di tali comunità: le CER vere e proprie, ed i gruppi di autoconsumo collettivo (AC). In ambedue le tipologie troviamo la partecipazione di soggetti diversi ed il decentramento della produzione con la finalità di generare e consumare autonomamente, nello stesso sito, energia elettrica derivante da fonti rinnovabili. Nella gran parte dei casi questo è possibile attraverso l’utilizzo di impianti fotovoltaici che possono essere installati da uno o più partecipanti alla Comunità Energetica, con una serie di benefici economici, sociali e ambientali che ricadono su tutti gli aderenti e sulla collettività. Nello specifico le CER possono essere di diverse tipologie in ragione della fonte di energia utilizzata. Nella gran parte dei casi, si basano sul fotovoltaico e sull’unione di più prosumer, cioè produttori-auto consumatori di energia, e di consumer che all’interno delle CER trovano il modo più efficace di impiegare l’energia elettrica. La costituzione delle CER è strettamente collegata alla figura del prosumer: sarà centrale l’auto produzione di energia e l’autoconsumo per soddisfare prima di tutto il proprio fabbisogno energetico. Sono pertanto delle reti virtuali tra più unità produttive e di consumo siano quest’ultime persone fisiche private, aziende, edifici pubblici o di culto, condomini; in tal modo si individua un’isola di produzione/consumo in un ambito territoriale ben definito.

Le due configurazioni presentano le seguenti caratteristiche: le CER sono rappresentate solitamente da un condominio, ma anche da parrocchie o scuole, trattate come un unico soggetto che condivide l’energia prodotta dal proprio impianto fotovoltaico anche con le singole abitazioni che lo compongono, mentre le AC sono definite come una più ampia associazione di soggetti, produttori e consumatori geograficamente vicini in modo da poter unire più impianti di energie rinnovabili (essenzialmente fotovoltaico). La direttiva UE specifica le caratteristiche principali delle “comunità di energia rinnovabile”: devono essere un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria che è autonomo e soggiace a una vicinanza dei membri agli impianti di produzione. In tale modo è abbastanza evidente l’accostamento tra queste tipologie di soggetti e la realtà giuridica delle nostre cooperative. I partecipanti sono persone fisiche, piccole e medie imprese, o autorità locali comprese le amministrazioni comunali che hanno come obiettivo quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, direttamente ai partecipanti, o alle aree locali in cui operano. In questa visione, il principio di autoconsumo viene espanso ad un concetto più ampio: quello di energia condivisa. Non è più necessario, infatti, consumare l'energia nello stesso punto in cui questa è stata prodotta, ma può essere condivisa virtualmente con chi è in prossimità della produzione. Così si ottimizza l’auto consumo di ogni prosumer il quale potrà rivendere l’energia in eccesso a beneficio degli altri partecipanti alla comunità e presenti sul territorio (energia condivisa).

 

 

Le comunità energetiche verso il futuro: funzionamento, costi, benefici

di Alessandra Di Giovambattista

22-06-2023

Continuiamo l’approfondimento sulle comunità energetiche, siano esse CER (comunità energetiche rinnovabili) oppure AC (gruppi di autoconsumo collettivo); abbiamo visto che il concetto di energia condivisa implica la possibilità di utilizzo anche da parte di soggetti che si trovano in prossimità del punto di produzione, pur non essendo essi stessi produttori di energia rinnovabile. Si evidenzia che in tal caso la direttiva comunitaria prevede anche degli incentivi. Il concetto di condivisione è definito sia da un fattore spaziale sia temporale: la contemporaneità tra produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e consumo che avviene per il tramite della rete nazionale. Oltre a AC e CER, esistono gli auto consumatori individuali a distanza, direttamente connessi tra loro o collegati dalla rete di distribuzione e le Comunità Energetiche dei cittadini (CEC) già previste dalla Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica (Direttiva UE 2019/944).  Si tratta però di realtà al momento marginali. 

Per quanto riguarda i vantaggi derivanti dalla comunità energetiche, in qualunque forma esse si presentino, occorre evidenziare sin da subito che non può parlarsi di soli benefici economici, ma anche di tipo sociale ed ambientale. Secondo le indicazioni contenute nella direttiva UE, le comunità energetiche devono rappresentare un valore per il singolo, per la sua casa e per l’ambite circostante, proprio grazie all’uso di fonti di energia rinnovabile ed al ruolo primario della condivisione che presenta un valore educativo e sociale.

Dal punto di vista dei vantaggi economici si evidenzia che l’adesione ad una CER comporta:

- il risparmio sulla spesa energetica: chi auto produce ed auto consuma non preleva energia dalla rete ed ha quindi il massimo del risparmio; questo incentivo è definito premio di ritorno ed ha lo scopo di incentivare i partecipanti a spostare i loro consumi in sincronia con la produzione. Ogni ora il Gestore dei servizi elettrici (GSE) valuta l’energia condivisa a cui corrisponde un premio di ritorno che varia, al massimo, tra i 10 ed i 14 € per KWh a seconda delle caratteristiche della comunità. Ovviamente il premio di ritorno è nullo qualora non si produca energia (nel caso del fotovoltaico è dopo in tramonto e fino all’alba). E’ il GSE che mensilmente produce i calcoli sommando i premi orari e versa la somma totale al referente della Comunità; da sottolineare che la rete ed i contatori rimangono in mano esclusivamente al distributore locale per cui i consumatori pagheranno al venditore i consumi in bolletta come in precedenza, salvo poi il GSE fare i conteggi ed inviare, a posteriori, gli incentivi.

- La remunerazione per l’energia immessa in rete e non consumata o non condivisa con i partecipanti alla CER; essa prende il nome di incentivo per la vendita diretta. L’energia prodotta in eccesso viene ceduta al GSE che è obbligato a comprarla, ma ad un prezzo che è ben minore (dalla metà ad un terzo) del prezzo al quale viene venduta l’energia ai consumatori. Il GSE registra l’energia in eccesso immessa in rete dai membri attivi e poi, fatti i conteggi mensili, versa periodicamente alla Comunità il ricavo della vendita. In teoria la Comunità potrebbe vendere ad altri l’energia immessa in rete, ma questa soluzione non è ancora praticamente perseguibile.

- un incentivo calcolato in favore di tutti i partecipanti alla CER basato sull’energia condivisa e sul tipo di contratto sottoscritto dai partecipanti; in questo tipo di incentivo si comprende anche il compenso per la riduzione delle perdite in rete grazie al fatto che l’energia condivisa alleggerisce il carico della rete.

I vantaggi sociali, che pertanto riguardano la collettività nel suo insieme, risiedono proprio nella forma collaborativa di gestione e valorizzazione dell'energia. Quest'ultima diventa un bene comune, condiviso, in grado di creare un valore economico che sarà redistribuito tra i membri della comunità che vi partecipano: privati, pubbliche amministrazioni e imprese.

Le pubbliche amministrazioni, in particolare, oltre a risparmiare sul costo per l’energia, avranno un ulteriore vantaggio: potranno sfruttare la loro presenza territoriale per fungere da aggregatori sociali, con l’ulteriore specificità di utilizzare un valido supporto per combattere la povertà energetica. Un tema, quest'ultimo, che è stato a lungo oggetto di dibattito proprio per la sua ricaduta sulla società grazie alla capacità di innescare vere e proprie forme c.d. di “sharing economy”, cioè modelli di produzione e consumo che si fondano sulla condivisione.

I vantaggi ambientali possono riassumersi in ricadute positive sulle emissioni; le CER sono state indicate dalla UE come un valido strumento per l’incremento delle fonti rinnovabili a cui si affianca un modello operativo/gestionale capace di sviluppare un consapevole ed efficiente utilizzo delle fonti energetiche, che ha quale obiettivo la diminuzione delle emissioni, e di imprimere un valore educativo e formativo nei soggetti coinvolti.

Dal punto di vista più strettamente operativo il primo passo è quello della costituzione del soggetto giuridico; sottolineiamo che i condomini non hanno bisogno di costituzione essendo essi stessi dei soggetti giuridici già esistenti. Negli altri casi occorrerà:

  • costituire il soggetto giuridico: ad oggi non c’è una definizione univoca di quale sia la migliore forma giuridica per costituire le CER; indubbiamente quella che più si presta è la forma della cooperativa. In ogni caso si tratta di un contratto privato tra diversi partecipanti che sono liberi di ripartire gli oneri, gli incentivi ed i guadagni in ragione di diversi parametri.

  • Prevedere una fase di avvio che implica la progettazione e la costituzione della CER secondo gli adempimenti prevista dal GSE, e che termina con l’installazione degli impianti.

  • Organizzare la gestione dell’impianto che prevederà sia la manutenzione, sia la gestione amministrativa, il controllo economico ed il monitoraggio della redistribuzione di tutti i benefit riconosciuti in favore dei soggetti aderenti alla CER.

  • Ottimizzare l’uso dell’energia condivisa implementando eventuali sistemi di stoccaggio ed istituendo sistemi c.d. di “load management” per la redistribuzione e l’utilizzo efficiente dei carichi.

I requisiti richiesti perché si possa attivare una CER, oltre alla tipologia di soggetti che possono parteciparvi - e che ricordiamo essere privati, enti pubblici, associazioni, piccole e medie imprese (purché per queste ultime la partecipazione alla CER non rappresenti l’attività commerciale o industriale principale) - sono:

  • titolarità di un POD, cioè di un punto di prelievo di energia dalla rete;

  • adesione di almeno due soggetti: il prosumer ed il consumer che devono essere forniti dalla stessa cabina primaria;

  • installazione di nuovi impianti con una potenza complessiva inferiore ad 1 MW; tuttavia nelle CER possono partecipare anche impianti già esistenti purché non superino il 30% della potenza complessiva;

  • L’energia deve essere condivisa utilizzando la rete nazionale di distribuzione.

Un aspetto importante da approfondire riguarda i costi per l’organizzazione delle comunità energetiche; i fattori determinanti risiedono nei soggetti che finanziano gli impianti fotovoltaici, i quali rappresentano la voce di costo più consistente, nonché le modalità di organizzazione e lo scopo finale. Esistono, ad esempio, Comunità Energetiche promosse da enti pubblici con la finalità di valorizzare le fonti rinnovabili e combattere la povertà energetica che non richiedono alcun contributo economico ai singoli cittadini. Inoltre è possibile ricevere contributi dedicati a promuovere lo sviluppo delle CER erogati sia da soggetti pubblici - mediante partecipazione a bandi regionali o utilizzando i fondi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR approvato il 13 luglio 2021) - sia da soggetti privati - tra cui anche le fondazioni bancarie le quali erogano gli aiuti nel rispetto di determinate condizioni che le comunità devono possedere – i quali contribuiscono al sostenimento dei costi per la progettazione e la messa in esercizio degli impianti.

Dal 2020, in Italia le Comunità Energetiche hanno acquisito caratteristiche proprie e ben definite e i progetti presentati hanno attirato l’interesse crescente dei media; tuttavia viene accusato un ritardo nel decollo di tali realtà, in considerazione della complessità del processo normativo, che ha implicato una fase sperimentale durata circa due anni. In questo periodo, pertanto, i progetti realizzati sul territorio nazionale sono stati un numero ridotto: secondo Legambiente (nel suo ultimo report di maggio 2022) le realtà operative in Italia sono 35, mentre 41 sono in fase di progettazione. Ci si attende però una crescita con il perfezionamento del quadro normativo.

Dal punto di vista normativo si rammenta che solo di recente l'Italia ha recepito la Direttiva europea, peraltro in più riprese, a partire dall'emendamento al Decreto Milleproroghe, convertito nella legge n. 8 del 28 febbraio 2020, che di fatto ha aperto la strada alla costituzione di Comunità Energetiche fissandone anche i limiti di potenza.

Dal punto di vista regolatorio si è invece mossa l’Autorità per l’energia (ARERA) con delibera 318/2020/R/eel ed il Ministero dello sviluppo economico con il DM 16 settembre 2020; mediante tali atti si sono regolati gli aspetti economici per il ritiro dell’energia e fissata la tariffa incentivante per l’auto consumo elettrico collettivo, alternativa agli incentivi attualmente previsti e/o al meccanismo dello scambio sul posto. Le regole tecniche per accedervi sono state fissate in un documento del GSE pubblicato il 22 dicembre 2020, contestualmente alla guida per l’invio delle istanze preliminari di accesso tramite l’apposito portale predisposto sempre dal GSE.

Infine la direttiva UE 2018/2001 è stata portata a compimento con il decreto legislativo n. 199 dell’8 novembre 2021 che ha anche ampliato il limite di potenza degli impianti e l’orizzonte geografico. Dal punto di vista della disponibilità delle risorse finanziarie si evidenzia che il PNRR ha destinato oltre 2 mld di euro allo sviluppo delle CER, riconoscendone il valore di strumento atto ad aumentare la produzione complessiva di energia rinnovabile.

Ora poniamoci la domanda se può convenire o meno istituire una comunità energetica in una delle forme suddette: il primo passo è costruire, nel modo più verosimile possibile, un progetto tecnico-economico che valuti l’ammontare degli investimenti necessari ed i costi di gestione al fine di quantificare i tempi di recupero degli investimenti. Prima di tutto occorre dare una valutazione sull’energia producibile dall’impianto e il conseguente ricavo derivante dalla vendita al GSE. Sarà poi importante valutare anche l’incentivo di ritorno che dipenderà dal comportamento dei consumatori di energia con riferimento alle ore di produzione; in tal senso sarà d’aiuto l’uso delle moderne metodiche della domotica in quanto saranno programmate le azioni più efficaci e rapide in termini di utilizzo dell’energia prodotta. Si sottolinea in questo contesto che nel caso dei condomini bisognerà valutare adeguatamente la disponibilità dei residenti a spostare i propri consumi nelle ore più convenienti, quelle in cui la comunità produce l’energia. Secondo analisi effettuate da centri specializzati è molto probabile recuperare un investimento in circa 6 - 8 anni.

Se però si approfondisce l’argomento ci si accorge che le comunità energetiche sembrano non ancora ben normate per consentire loro di cogliere le opportunità dello sviluppo delle energie rinnovabili; infatti il mercato dell’energia a monte delle CER si presenta con prezzi vincolati che esprimono una grande forza da parte dei distributori di energia, a fronte di un mercato di utenti non adeguatamente protetto. Tale condizione potrebbe implicare un controllo ed un’invasione di competenze, da parte dei grandi colossi della distribuzione, nei confronti del mercato a valle, degli utenti/produttori, ostacolando ogni innovazione suscettibile di dare anche un potere concorrenziale al mercato formato dalle CER. E’ facile ipotizzare che i protagonisti del mercato dei contatori e della distribuzione faranno l’impossibile per presidiare e controllare in tutti i modi il mercato degli utenti, agendo su strategie che daranno loro ancora più potere e meno libertà, per le CER, di innovare anche il mercato della distribuzione.

Il grande potenziale economico per le CER è rappresentato sia dagli aspetti energetici, sia da quelli economici di recupero/remunerazione; in diversi paesi si stanno preparando piattaforme digitali per consentire alle CER di partecipare anche ai mercati accessori della capacità, della flessibilità, del controllo della tensione e della frequenza, finalizzati al miglior utilizzo dell’energia prodotta. Negli USA, ad esempio, sono state emanate delle disposizioni che impongono al mercato elettrico l’apertura totale nei confronti di queste aggregazioni, rimuovendo le barriere che limitano le loro azioni. La finalità va verso l’incentivazione della ricerca ed innovazione a vantaggio degli utenti, evitando di limitare le convenienze economiche e lo sviluppo delle forme di energia rinnovabile.

Pertanto possiamo concludere evidenziando la necessità di una normativa interna che esalti tali realtà e le affranchi dalle aggregazioni più consolidate e presenti sul mercato che rischiano di invadere spazi economici e produttivi delle CER, impedendo loro di entrare ad armi pari sul mercato delle risorse energetiche. Il nostro paese sembra fermo alla strenua difesa della esclusività delle concessioni ai distributori, la cui salute economica va certamente salvaguardata, ma senza penalizzare irragionevolmente gli utenti. Solo la politica e l’innovazione normativa di settore potrà migliorare il rapporto di forza tra il mercato odierno fatto di poche grandi realtà oligopolistiche e le nuove realtà delle CER fatte da utenti che hanno a cuore sia l’aspetto economico sia quello ecologico.