14-07-2021
Dialoghi mediterranei in transizione
La mia generazione è figlia dell'Europa. Quindi, con grande rammarico e tristezza bisogna pur ammettere che l'Europa con l'introduzione dell'euro ha determinato grossi problemi economici nei Paesi del Sud Europa, economicamente meno ricchi di quelli del Nord. La moneta è divenuta la priorità assoluta dell'Europa, rispetto al valore di “casa comune europea” a cui i nostri Padri costituenti si sono ispirati.
Si sente dire spesso che l'Europa è comandata dalle banche, che hanno preso la supremazia su tutto il resto. Questo è il problema. Questo cosa ci porta a fare?
Sempre più partiti politici mettono in dubbio l'opportunità di restare in Europa. A mio parere, è importante restare nell'Unione europea, come dimostra l'ultimo anno che abbiamo trascorso, con la lotta al covid. Sarebbe stata una tragedia colossale per l'Italia lottare da soli contro questo nemico invisibile che ha colpito l'umanità intera su scala globale. Non è più tempo di ragionare al singolare. La globalizzazione ha portato ad inquadrare i problemi nuovi in modo nuovo.
E come sempre accade, di fronte ai problemi colossali, il bisogno di unità risorge. Persino la Gran Bretagna continua a collaborare con l'Europa, malgrado l'esito del referendum in materia.
Preso atto che l'Europa comunque vive una forte crisi, sarebbe auspicabile aprire una finestra al Sud in modo da creare nuovi rapporti con i Paesi africani, sviluppando quella politica di cooperazione allo sviluppo iniziata anni addietro.
L’Africa è un continente giovane e pieno di opportunità, da cui l’Italia potrebbe anche guadagnare. Anche se presenta tante fragilità e contraddizioni, infatti, non possiamo continuare a vedere l'Africa con la lente offuscata dagli stereotipi del passato. Occorre un’azione più incisiva rispetto al passato per cogliere i frutti di questa nuova fase di crescita. I Paesi africani devono essere al centro dell’attenzione della diplomazia italiana e delle aziende italiane anche per il sostegno al rilancio dell’economia nazionale e all’internazionalizzazione delle imprese. L’Italia, solo così, potrà così svolgere un ruolo da protagonista tra Europa ed Africa.
Se è radicalmente cambiata l’Africa, deve perciò radicalmente cambiare anche l’approccio dell’Italia all’Africa.
Mentre nel 1986 si parlava di Africanistica come di una materia astratta, scientifica, d'interesse di nicchia, tematica solo ed esclusiva dei più grandi studiosi accademici italiani, oggi è una necessità. Che cosa è successo? La crisi economica occidentale in atto e del capitalismo in genere, ormai da lungo tempo, si riflette sui Paesi del Nord Africa che vivono in modo interdipendente dall'Europa, che lo si voglia o no. Questo ha portato ripercussioni economiche anche sui Paesi del Nord Africa ed a tutti problemi che si sono susseguiti negli ultimi anni: “Le primavere del mondo arabo, la nascita dell'Isis, lo scoppio delle guerre, l'inizio della immigrazione clandestina di essere umani provenienti dai Paesi in guerra”.
L'Italia, Paese al centro del Mediterraneo, era assolutamente impreparata e così digiuna di politica estera per affrontare questo tipo di problematiche. Per quanto riguarda i dialoghi mediterranei, infine, ritengo opportuno volgere la nostra attenzione alla nuova prospettiva che si apre con la Via della seta, che può fungere da volano all'economia italiana, per attivare scambi e commercio, come fu nel passato.
Emanuela Scarponi