LA CULTURA COME VALORE PER L’UMANITA’: UNA RIFLESSIONE
di Alessandra Di Giovambattista
 
Italia: la nazione che più fa pensare al trionfo della cultura. Il suo passato basato sulle tradizioni, sul pensiero e sulle conoscenze degli etruschi, dei greci, dei latini, è testimoniato in ogni angolo del territorio italico, nei suoi splendidi musei ricchi di inestimabili bellezze e nelle chiese che oltre al patrimonio interno sono veri e propri gioielli di architetture di diverse epoche storiche.
Ma nel nostro sentire quotidiano, cosa vuol dire cultura? È una parola complessa e piena di sinergie: deriva dal latino, “colere” participio passato di cultus, cioè coltivare. Ed effettivamente una persona colta è una persona ricca di esperienze di studio e di vita, capace di elaborare le nozioni, comprenderne fino in fondo il significato, essere critico ed applicare le esperienze acquisite in tutte le situazioni: praticamente coltivare il proprio terreno esistenziale, nutrirlo con la spiritualità, le arti, il gusto per il bello, il luminoso, il trasparente, per far fiorire una vita ricca di saggezza, educazione, morale, etica, pazienza, attenzione ed accoglienza verso l’altro. Si può quindi dire che la cultura riesce a plasmare l’uomo con tutto il suo bagaglio di esperienze rendendolo anima sensibile e superiore rispetto a tutto le forme di vita del Creato.
Quindi sarebbe importante esplorare il concetto di cultura come approfondimento della vita degli esseri umani nello scambio antropologico di esperienze, nei modi di pensare, comportarsi ed esprimersi nella società e nei singoli rapporti interpersonali. Il processo culturale nasce con gli esseri umani ed è un concetto costantemente mutevole. I latini, come già visto, fanno derivare il termine dalla parola “coltivare” in una sorta di rapporto imprescindibile e sinergico tra uomo e natura, dove l’uomo è visto come terreno fertile su cui far crescere qualunque tipo di esperienza e conoscenza che possa far sviluppare anima, mente e corpo, mediante una serie di processi di apprendimento tra loro interconnessi. L’anima va nutrita e coltivata come il terreno affinché l’essere umano impari a convivere in società organizzate; quindi il concetto richiama anche l’attenzione affinché tutto si presenti curato, ordinato, ben lavorato e gestito, escludendo quindi situazioni di caos, disordine e mancanza di cura. Proprio per gli svariati ambiti in cui può esprimersi il valore della cultura riconosciamo nella terminologia comune la cultura letteraria, quella scientifica, religiosa, artistica, musicale, gastronomica, e via dicendo.
Nei tempi più recenti il termine cultura è stato associato al processo di formazione della personalità umana e della sua capacità di sviluppo, quindi ben al di là dal semplice procedimento di acquisizione e accumulo di dati, informazioni e notizie. Quest’ultimo forse lo si può riferire più appropriatamente ad una macchina capace di incamerare infiniti files in memorie sterili e meccaniche senza possibilità di elaborazione, critica, etica, morale, compassione e umanità (la c.c. intelligenza artificiale). Ecco perché è estremamente fuorviante pensare che più si è eruditi e più si è colti; la cultura non è solo conoscenza di nozioni e teorie, ma è in più, e maggiormente, conoscenza di vita, capacità di osservazione critica ed esperienziale. Dire che oggi il livello di scolarizzazione rende più colti i giovani contemporanei rispetto a quelli del passato è un’affermazione sviante se non errata. Piuttosto l’umanità si è retta ed evoluta attraverso processi sperimentali dettati da curiosità antropologica e scientifica indotti dalla necessità di miglioramento delle proprie condizioni di vita in un processo in cui le scelte sono state fatte in modo ponderato, cercando di non sbagliare, ma dove anche l’errore e le capacità di saperlo accettare e correggere rappresentano un valore aggiunto ed un ottimo indicatore del livello culturale acquisito.  
Un altro significato di cultura è quello che si riferisce non solo alla cultura umana in generale, ma alle differenti culture presenti nelle diverse zone geografiche – che per l’appunto si sono sviluppate anche in ragione del territorio sul quale le popolazioni si trovavano a dover convivere (appunto il terreno) - che possono ricondursi alle regole che sorreggono una società e ne presiedono il comportamento concreto, nonché alla previsione di sanzioni in caso di comportamento divergente. In tal modo la cultura diviene un elemento che plasma la personalità degli individui, entra nel loro modo di vivere e di rapportarsi così che, a seconda delle culture in cui l’uomo è cresciuto, si sviluppa una differente personalità specifica dell’ambiente, definita “personalità fondamentale” rispetto alla quale i singoli rappresentano delle variazioni, dei sottoinsiemi. In tale accezione va ricercata la difficoltà con cui persone di etnia differente non riescono a ben comprendersi sulle modalità di vita e di reazione a determinate situazioni.
Sembrerà paradossale ma il problema dei conflitti culturali a mio avviso è da ricondurre a problematiche di scarsa cultura; infatti l’aspetto più importante che aiuta a comprendere lo spessore culturale di una persona e di una collettività è quello dell’accoglienza dell’altro perché tale caratteristica implica la capacità di comprensione e di dialogo che parte prima di tutto dal rispetto, ma al tempo stesso richiede reciprocità in un atteggiamento di libera espressione di pensiero. In una situazione di globalizzazione gli scontri tra culture sono inevitabili, ma il problema fondamentale è spesso rappresentato dalla non valorizzazione di un proficuo e pacifico scambio di relazioni di crescita e di miglioramento sinergico finalizzato al rispetto dell’altro. È indubbio poi che la popolazione che accoglie persone di culture diverse deve fare di tutto per integrarle offrendo lavoro e dignità, aspetti che aiutano a comprendere e a sviluppare un processo di considerazione del substrato culturale presente nel paese ospitante. La persona ospite abbandonata a sé stessa, non aiutata a comprende i valori fondanti di una società ospitante che vive in modo differente a ragione della diversa evoluzione territoriale, rimarrà isolata e maturerà un senso di ostilità verso una collettività non compresa e non inclusiva.
In tal senso sarebbe auspicabile che la persona che emigra in un territorio culturalmente distante dalle proprie abitudini di vita e di pensiero trovi strutture che l’aiutino a conoscere e a capire: andrebbero organizzati corsi di formazione di lingua, religione, educazione civica e didattica che supportino l’individuo a comprendere le differenze, senza pretendere la passiva ed immediata accettazione per obbligo o necessità. Se l’uomo si rende cosciente delle proprie scelte è ben disposto a cambiamenti ed integrazione; se non integrato consapevolmente diventa violento, con un atteggiamento di ostilità verso una collettività distante e sconosciuta. Per contro il dannoso rovescio della medaglia si trova nella società ospitante che si trova disorientata di fronte a persone che, non integrate, cercano di sovvertire il consolidato schema culturale che si è formato nel tempo, in una sorta di rivoluzione di pensiero che, come tutte le rivoluzioni, lascia sempre sul campo delle vittime: l’ospite viene percepito come un alieno che attenta ad un equilibrio culturale consolidatosi nel processo evolutivo! E in tale situazione le vittime sono i più giovani che non hanno avuto il tempo di irrobustire il proprio sentire e non hanno avuto modo di poter scegliere in maniera consapevole e si sa, dove c’è violenza la prima reazione è usare il metodo “occhio per occhio, dente per dente” innescando una spirale senza fine di rabbia e di odio interculturale.
La realtà è che oggi si assiste ad un delirio di onnipotenza, dove le uniche variabili in gioco sono il denaro ed il potere, dove la cultura - che aiuta a comprendere e ad affrontare meglio le differenze, il dolore, la sofferenza, le sconfitte - non ha più valore, o ne ha sempre molto meno, in un lento e continuo processo di marginalizzazione che conduce a società povere e fragili sotto diversi profili, non solo economici. Laddove invece si ritrovano Paesi dove la cultura e le proprie radici rappresentano un elemento fondante di costruzione della società civile si assiste a comunità ricche di valori e con livelli di qualità della vita, quindi non solo economici, elevati.
Pertanto bisogna porre l’attenzione ad un’accezione di cultura che non guardi solo alla formazione della personalità umana, ma generi ricchezza e prosperità in tutta la comunità. Ad esempio la nostra nazione che ha una posizione primaria nel mondo in termini di patrimonio culturale, può usufruire di notevoli risorse, forse inesauribili, che noi, generazioni attuali, abbiamo acquisito a costo zero. Per questo andrebbe valorizzata la cultura, soprattutto attraverso adeguate politiche di formazione e di riscoperta del suo valore intrinseco che genera benessere nella società; sarebbero opportune delle misure atte a far maturare e rinascere, soprattutto nei giovani, la voglia di essere individuai curiosi, proiettati verso il futuro, etici, rispettosi, amanti della bellezza e soprattutto consapevoli delle proprie radici. Questo potrebbe forse essere il modo per cercare di recuperare una società fin troppo svilita, superficiale e buia dove non viene attribuito alcun peso alla cultura anzi, in alcuni contesti, essa sembra rappresentare sempre più un disvalore e questo in Italia come nella maggioranza dei paesi.
I nostri media, soprattutto televisivi, non programmano nei palinsesti rappresentazioni teatrali, concerti, letture di opere letterarie, pubblicità di eventi artistici, scientifici e formativi, bensì programmi in cui si vuol far vivere la vita di altri (peraltro con rappresentazioni false e costruite) fomentando giudizi e distaccando i singoli dalle responsabilità della propria esistenza, rendendoli partecipi e cooprotagonisti di vite parallele e virtuali.
Per quanto attiene all’ambito politico l’obiettivo dovrebbe essere rappresentato da politiche di potenziamento della cultura vista come un possibile fattore di investimento, prima di tutto nei giovani, ricchi di tanta forza di innovazione, fantasia e cambiamento. Occorre sostenere finanziariamente il settore culturale affinché diventi un elemento fondante della società e del processo di produzione del valore economico: la cultura stessa deve essere ripensata come vero e proprio valore, come elemento a cui tutta la popolazione, ed ognuno singolarmente, deve aspirare, perché dove c’è cultura si vive meglio nel rispetto reciproco e nella certezza del diritto. Riconosciuta come valore allora sarà più facile identificarla come guida e fattore orientante delle scelte dei singoli e della collettività e garantirà la vera libertà dell’uomo nel rispetto delle differenze.