I pro ed i contro della flat fax.

 Al fine di poter essere in grado di formarci un’opinione personale, ma più oggettiva possibile si evidenziano i PRO Ed i CONTRO  supportata da elementi sociali, economici e fiscali.
In prima analisi è opportuno rammentare che l’economia non è una scienza esatta e le sue teorie sono sempre soggette a presupposti e concetti di base dai quali dipende la giustezza o meno della teoria stessa. Ed infatti occorre evidenziare che non esistono ricette preconfezionate, ma ogni nazione, in ragione della congiuntura e delle caratteristiche sociali, di mercato ed economiche (legate essenzialmente alla tipologia e quantità dei fattori della produzione), dovrebbe ragionare in maniera autonoma ed indipendente, traendo piuttosto spunti di riflessione da possibili misure analoghe, implementate in paesi diversi, analizzandone gli elementi di successo o di fallimento.

Icontro sono i seguenti: da diversi soggetti, anche istituzionali (in particolare si vedano i contributi dell’ufficio parlamentare di bilancio – UPB – sul tema) è emerso come un tale sistema possa creare effetti 

distorsivi, frenare la crescita dimensionale delle imprese ed incentivare la sotto-fatturazione e l’evasione. Gli effetti distorsivi, che pongono problemi di equità, si rinvengono quando si parla di redistribuzione di risorse dai contribuenti più ricchi a quelli più poveri; tale obiettivo viene maggiormente conseguito in un sistema impositivo progressivo (così come oggi è l’IRPEF basata sull’imposizione per scaglioni di reddito). Va da sé che un sistema proporzionale così come quello della flat tax non sembra permettere di raggiungere l’obiettivo della redistribuzione, con ciò determinando un maggior peso, in termini di utilità marginale, delle imposte sui più poveri rispetto ai più ricchi.
La soglia degli 85.000 euro entro i quali si può godere del regime agevolativo sembra porre un freno alla crescita in quanto il contribuente pur di rimanere al di sotto del limite massimo può decidere di non espandere la propria attività in modo autonomo e legittimo; ma potrebbe essere anche incentivato alla sotto-fatturazione, con ciò introducendo pratiche non legali di incassi non registrati e non fatturati (c.d. incassi in nero che generano il fenomeno dell’economia sommersa) sempre al fine di non superare il limite che garantisce il regime in esame.
È evidente che in caso si verifichino tali presupposti il gettito per l’erario, a parità di condizioni diminuirebbe, con possibile contrazione delle spese pubbliche tra cui quelle a favore del walfare. Questa considerazione conduce all’aspetto più generale di possibile incostituzionalità di un sistema basato su un’aliquota proporzionale il quale non garantisce il principio per cui “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Infine, con un semplice calcolo matematico è possibile confrontare i due regimi all’esame, quello della flat tax, cioè imposta proporzionale calcolata su un reddito forfetario (redditi di lavoro autonomo al di sotto della soglia degli 85.000 euro), e l’imposta progressiva per scaglioni (redditi di lavoro dipendente e altri redditi compresi quelli da lavoro autonomo al di sopra della soglia). Con reddito di 50.000 euro il contribuente flat tax con coefficiente di redditività del 40% pagherà IRPEF per 3.000, il contribuente con coefficiente di redditività del 78% pagherà IRPEF per 5.850 euro, mentre un lavoratore dipendente con reddito di 50.000 euro, per effetto degli scaglioni pagherà IRPEF per 14.400 euro (con aliquota media del 28,8%). Si faccia attenzione al fatto che questo semplice calcolo è basato sui soli redditi percepiti, ma guardando l’aspetto fiscale come fenomeno macroeconomico occorre tener presenti anche altre variabili, come dopo vedremo; se queste ultime non vengono considerate adeguatamente, si rischia di rappresentare in modo distorto il problema e di ingigantire il gap fiscale tra i due diversi gruppi di contribuenti.
I punti a favore sono i seguenti: gli argomenti che spingono all’utilizzo di tale tassazione proporzionale sono: una diminuzione della pressione fiscale, il contrasto all’evasione fiscale, e la semplificazione degli adempimenti.
I fautori della tassa piatta sostengono che una riduzione del carico fiscale potrebbe indurre un calo dell’evasione fiscale; in tal modo si avrebbe una compensazione tra perdite di gettito dovute alla diminuzione dell’aliquota fiscale ed incremento del gettito derivante dall’emersione di una parte dell’attuale economia sommersa (evasione fiscale). Nel merito tuttavia occorre evidenziare che le analisi empiriche hanno registrato un effetto netto di perdita di gettito.
Altro aspetto di favore è la notevole semplificazione degli adempimenti fiscali e contabili, rivolta agli imprenditori di piccole dimensioni; in questo senso occorre ricordare i limiti di accesso con riferimento al personale dipendente (20.000 euro lordi). Si ricordi anche che in tale situazione il reddito tassabile non si determina con il metodo analitico, ma applicando delle aliquote di redditività (che vanno di un minimo del 40% ad un massimo dell’86%), per cui i costi sono decurtati a forfait.
La diminuzione della pressione fiscale per famiglie e piccole imprese rappresenta uno degli obiettivi cardine del sistema; il contribuente deve percepire che lo sforzo che sostiene per contribuire alle spese dello Stato è ripagato da un livello di servizi adeguato al carico erariale sostenuto (deve essere garantito un equilibrato rapporto costi/benefici). Tale obiettivo deve però assicurare anche la progressività dell’imposta, per cui a tale diminuzione deve conseguire un ripensamento generale della fiscalità a favore dell’equità fiscale. Per tale ragione al fianco della tassa proporzionale i fautori di essa includono un sistema con una no tax area totalmente esente dall’imposizione, e sistemi di deduzione/detrazione più aderenti alle reali condizioni del contribuente.
Nel prossimo articolo fornirò degli ulteriori elementi di analisi per provare ad aiutarvi nel discernimento.

 

Alessandra Di Giovambattista