20-05-2021
Great Zimbabwe
The name of Great Zimbabwe appeared for the first time in some Portuguese documents only in 1522, but the first settlements in this wonderful place began already around the year 1000.
Two hundred years later, Swahili merchants made their way here from the coast of Mozambique to exchange Chinese porcelain, Persian crockery, Indian jewellery and gold and ivory objects, of which the city was very rich. During this period the inhabitants of Great Zimbabwe, in contact with other cultures, assimilated new habits.
Around 1500 a sort of ecological collapse caused Dan Shona to abandon the city: the forest disappeared, the water tables and the land depleted, the gold mines ended; the population and quantity of cattle, considered more precious than gold and a symbol of power and high social status, dramatically grew. From that moment the city was used as a residence and refuge until 1800.
In 1871, Cari Mauch, the first westerner who came to these places, developed a fascinating theory that would shortly become a legend. Having found fragments of wood in some beams which he believed to be cedar of Lebanon, Mauch gave substance to the thesis that the city must have been an outpost of the reign of the Queen of Sheba, extraordinarily rich in precious mines, from which King Solomon extracted the its gold.
Fifty years of studies and research had to pass on the territory, to understand the true origins of the city. In fact, between 1911 and 1914, the archaeologist Curator Wallace began the excavation campaign and the restoration of the archaeological site. But it was not until 1932 that Gertrude Caton Thompson, after having carefully studied the ruins for three years, scientifically demonstrated that the city had been founded by Bantu populations and the subsequent dating of the finds found by radiocarbon confirmed the deductions of the English archaeologist. Thus, the fanciful theses supported by the Rhodesian government until independence were confirmed, according to which the origins of Great Zimbabwe were not African but Phoenician, Greek, Egyptian, Arab and Jewish, and its foundation dates back to the pre-Christian era.
What about the alleged Lebanese cedar? Two decades later, in 1950, the wood found inside the archaeological area was classified as tamboti wood, a local tree, and not as Lebanese cedar, differently from it was supposed. Thus the hypotheses on the Mediterranean and European origin of the city definitively was definitively abandoned. The restoration continued and was completed in 1982. Four years later, UNESCO included Great Zimbabwe on the World Heritage list.
Emanuela Scarponi
(Il nome Great Zimbabwe comparve per la prima volta in alcuni documenti portoghesi solo nel 1522, ma i primi insediamenti in questo luogo meraviglioso ebbero inizio già intorno all'anno 1000. Duecento anni dopo, i mercanti swahili si spinsero fin qui dalla costa del Mozambico per scambiare porcellane cinesi, terrecotte persiane, gioielli e tessuti indiani con oro e avorio, di cui la città era molto ricca e fu in questo periodo che gli abitanti di Great Zimbabwe, a contatto con culture di altri popoli, assimilarono nuovi usi e abitudini.
Intorno al 1500 una sorta di collasso ecologico provocò l'abbandono della città da parte dei Dan shona: le foreste erano scomparse, le falde d'acqua e i terreni si erano impoveriti, le miniere d'oro erano state esaurite; la popolazione e la quantità di bovini, considerati più preziosi dell'oro e simbolo di potere e di elevato status sociale, era cresciuta a dismisura. La città da quel momento venne usata come dimora e rifugio fino al 1800. Nel 1871, Cari Mauch, il primo occidentale che giunse in questi luoghi, elaborò un'affascinante teoria che di lì a poco sarebbe divenuta leggenda. Avendo rinvenuto in alcune travi dei frammenti di legno che ritenne essere cedro del Libano, Mauch diede corpo alla tesi secondo cui la città doveva essere stata un avamposto del regno della regina di Saba, straordinariamente ricco di miniere preziose, dalle quali il re Salomone estraeva il suo oro. Dovettero trascorrere cinquant'anni di studi e ricerche sul territorio, per capire quali fossero le vere origini della città. Tra il 1911 ed il 1914, infatti, l'archeologo Curator Wallace iniziò la campagna di scavi ed il restauro del sito archeologico. Ma fu solo nel 1932 che Gertrude Caton Thompson, dopo aver studiato accuratamente le rovine per tre anni, dimostrò scientificamente che la città era stata fondata da popolazioni bantu ed anche la successiva datazione con il radiocarbonio dei reperti rinvenuti confermò le deduzioni dell'archeologa inglese. Furono così confutate le tesi fantasiose sostenute dal governo rodesiano fino all'indipendenza, secondo cui Great Zimbabwe avrebbe avuto origini non africane bensì fenicie, greche, egizie, arabe ed ebraiche, e la sua fondazione sarebbe risalita all'era precristiana. E il presunto cedro del Libano? Due decenni più tardi, nel 1950, il legno rinvenuto all'interno dell'area archeologica venne classificato come legno di tamboti, un albero locale, e non come cedro del Libano, contrariamente a quanto fino a quel momento si era supposto. Caddero così definitivamente le ipotesi sull'origine mediterranea ed europea della città. Il restauro proseguì e nel 1982 fu completato. Quattro anni più tardi, l'Unesco inserì il Great Zimbabwe nell'elenco dell’ World Heritage.).