IL PIANO MATTEI: UN PO’ DI STORIA
di Alessandra Di Giovambattista

La recente approvazione del DL n. 161 del 15 novembre 2023 in tema di partenariato tra Italia ed alcuni paesi dell’Africa, ha riportato alla memoria la figura di Enrico Mattei, con riferimento ai principi ispiratori delle sue politiche industriale ed economico-sociale estera nell’ambito del mercato degli idrocarburi.
La figura storica di Enrico Mattei è stata dibattuta; chi lo ha considerato un geniale economista, che ha svolto la sua attività anche in un’ottica di giustizia sociale, chi invece lo ha ritenuto un incapace, imbroglione e truffatore da strapazzo (come lo definì Indro Montanelli sul Corriere della Sera), il simbolo negativo della politica italiana e del capitalismo di Stato. Anche di recente, alcuni politici italiani hanno espresso pareri negativi sul suo operato, guidati più da un atteggiamento a favore delle privatizzazioni e a tutela dei propri interessi che da una reale analisi delle capacità manageriali e dei risultati positivi raggiunti da Mattei e dalle sue strategie politico-economiche.
Ed invece è opportuno recuperare l’immagine di Mattei quale imprenditore italiano che ha saputo contrastare le pressioni interne ed estere in nome di un patriottismo che guardava all’Italia come una Nazione che doveva e poteva risorgere dalle ceneri della seconda guerra mondiale. Di fatto il primo presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), da lui fondato nel 1953, è sempre stato un personaggio scomodo; pieno di intuizioni, di iniziative volte a valorizzare lo sfruttamento, il trasporto, l’impiego estensivo del metano che le grandi compagnie petrolifere preferivano bruciare in aria o abbandonare sui terreni perché troppo costoso da gestire con ingenti danni anche dal punto di vista ambientale. Il ruolo di ENI e della Società Nazionale Metanodotti (Snam) sul mercato del metano ha consentito all’Italia, nel 1960, di ridurre notevolmente le importazioni di gas naturale liquefatto dalla Russia rafforzando la capacità di rigassificazione. Ciò ha sottolineato la valenza strategica delle società sotto il controllo pubblico a fronte di chi ne voleva la privatizzazione nell’ottica di una non ben mai chiarita e verificata concorrenza di mercato, di cui oggi noi tutti paghiamo le conseguenze con bollette che sembra non si arrestino nella corsa al rincaro. La sua azione fu meritoria anche nella strategia politica e industriale verso i paesi produttori di idrocarburi in cui operava ENI e le sue controllate; la strategia era quella di garantire un pieno diritto allo sfruttamento delle risorse prelevate nei propri territori destinando parte dei proventi alla crescita interna dei paesi africani. L’approccio di Mattei era quello dell’avvio di un processo di affrancamento dalle potenze coloniali e dalle grandi compagnie petrolifere essenzialmente franco-anglo-americane che ne rappresentavano la longa manus.
Enrico Mattei, dopo un’iniziale militanza nel partito fascista, divenne, durante la seconda guerra mondiale, un comandante partigiano e fu insignito anche della medaglia d’oro; può essere considerato un protagonista fondamentale del boom economico nonché artefice della politica estera italiana, nel periodo post bellico, grazie al rilievo che l’ENI guadagnò in ambito internazionale.
Ma andiamo con ordine: dopo la fine della seconda guerra mondiale Enrico Mattei fu nominato commissario dell’Agenzia Generale Italiana Petroli (AGIP), una struttura fascista (costituita nel maggio del 1926) e non più operativa, con il compito specifico di liquidare l’AGIP, vendendo gli immobili e tutte le attività al primo offerente per alleggerire lo Stato da un peso considerato inutile. Mattei dopo aver accettato l’incarico di liquidatore si convinse che era necessario per l’Italia recuperare un piano energetico per la ricostruzione e lo sviluppo del Paese; così, aiutato dai dipendenti ripristinò i vecchi impianti, riportò al lavoro molti operai, in totale disaccordo con le direttive impartite dal Governo. Dopo pochi anni furono scoperti dei giacimenti di metano nella provincia di Lodi e di lì a poco Mattei iniziò un’azione di modernizzazione dello Stato con cui attraverso una rete capillare di metanodotti si rifornivano le case e le industrie con un combustibile a basso prezzo. L’Agip iniziò anche a produrre liquigas per le cucine domestiche e si dotò di camioncini per raggiungere anche i piccoli comuni di montagna; creò le stazioni di servizio, i motel Agip, i bar. Nel 1953 Enrico Mattei costituì l’ENI e fu eletto primo presidente; in breve l’Ente si sarebbe trasformato in un colosso internazionale grazie alla sua politica industriale innovativa. Egli guardò con interesse l’Africa, in particolare l’Algeria tra la metà degli anni 50 e l’inizio degli anni 60, dove sostenne anche la causa dell’indipendenza algerina dal governo di Parigi. Ma c’è di più; Enrico Mattei volle trasformare l’ENI in una realtà con valenza mondiale nel settore degli idrocarburi per contrastare la politica oligopolistica delle c.d. “sette sorelle”, cioè le multinazionali petrolifere essenzialmente anglo-americane: Exxson, Mobil, Shell, Chevron, Gulf, Texaco, BP. Questo cartello trattava con i Governi dei paesi produttori di materie prime con un atteggiamento ancorato al colonialismo; Mattei invece trovò un modo innovativo di coinvolgere i Paesi nell’attività estrattiva creando società miste tra ENI e governi locali; in tal modo contribuiva a migliorare le condizioni di vita dei popoli africani e ne incrementava l’occupazione. La formula Mattei poteva quindi essere riassunta come “Africa per l’Africa” dove predominava la collaborazione rispetto al bieco sfruttamento. L’obiettivo di Mattei era estrarre ed utilizzare le materie prime dei paesi produttori e nel contempo svilupparne la commercializzazione affinché il continente africano crescesse e prosperasse grazie all’uso delle proprie risorse; in particolare l’accesso all’energia avrebbe contribuito a portare sviluppo e stabilità. Nacque così anche la formula di distribuzione degli utili dove ai paesi produttori si riconosceva il 75% degli utili, mentre il 25% andava ad ENI e ciò restituiva il giusto compenso ai paesi africani e medio orientali in un’ottica di una graduale e ordinata crescita di territori con culture e tradizioni proprie. Mattei con questa nuova formula aveva ottenuto concessioni in Somalia, Egitto, Marocco, Libia, Sudan, Tunisia ed Iran. Inoltre, nel 1960 sottoscrisse un accordo con la Russia per un’ingente fornitura di greggio a prezzi molto bassi e ciò segnò l’inizio di una collaborazione commerciale proficua tra ENI e Russia che prevedeva anche l’esportazione di tubi della Findesit, macchine Fiat, cavi Pirelli, tubi e fertilizzanti azotati. In pochi anni l’Agip e l’ENI divennero dei colossi economici e rivestirono un ruolo fondamentale nella ricostruzione, nella crescita e nello sviluppo economico dell’Italia.
Tutto ciò si poteva ricondurre al pensiero illuminato di Enrico Mattei, che seppur ambizioso, vantava mire non personali ma volte allo sviluppo ed al benessere collettivo per sostenere l’Italia nella ricostruzione post bellica. Mattei insieme ad altri esponenti interni al partito della Democrazia Cristiana (DC) propendevano per una sorta di pacifismo cristiano che doveva contrastare i retaggi colonialisti e la forte presenza statunitense che intendeva permeare tutto il modo con le sue logiche spiccatamente capitaliste e il suo predominio nell’Alleanza Atlantica (NATO). Nel corso della cerimonia per il conferimento della laurea honoris causa in economia e commercio ad Urbino (nel 1959), Enrico Mattei sottolineò il ruolo strategico dell’impresa pubblica, nell’ottica dell’interventismo statale di stampo Keynesiano visto come motore dell’economia in periodi di recessione, con ciò contestando il puro liberismo di importazione angloamericana; in quell’occasione fu emblematica la sua frase in cui sottolineò che non avrebbe voluto vivere da ricco in un paese povero!
Mattei si mosse nell’ambito del modello di sviluppo economico misto, basato sull’intervento pubblico nell’economia, così come in precedenza era successo per la creazione dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI nel 1933) - che si fece carico del sostegno e della rinascita del sistema industriale italiano - dell’Istituto Mobiliare Italiano (IMI nel 1936) – che operò nel credito mobiliare, applicando la separazione tra credito bancario a breve e a lungo termine, a ridosso della crisi delle banche italiane che avevano finanziato le imprese industriali oltre i limiti consentiti dalla natura dei fondi da esse raccolti - e degli altri enti a partecipazione statale che divennero imprenditori seguendo le regole di mercato. Mattei con la sua impronta fece dell’ENI più di un’industria: un luogo dove al fianco delle attività produttive in campo petrolifero si svolgeva anche una vera e propria politica estera. Naturalmente come per qualunque situazione si possono intravedere anche zone d’ombra: per Mattei tutto contribuiva al raggiungimento dei sui scopi, anche la costituzione di fondi neri per il pagamento dei politici, gli affari con il mondo arabo e con l’Unione Sovietica in piena guerra fredda. ENI fu un’azienda pubblica anomala ed in alcuni casi spregiudicata, ma forse questo approccio era necessario in quel momento in cui venivano a delinearsi i potenti attori del mondo, che ancora oggi dominano, in alcuni casi anche in modo arrogante.
Il modello conosciuto come la “terza via” si basava su un’armoniosa sintesi tra privato e pubblico, dove le direttive di politica economica, essendo in mano al Governo - composto allora da politici che sentivano la responsabilità sociale in un modo abbastanza diverso da quelli di oggi - contrastavano i desideri e gli interessi del mercato e delle parti private che detenevano il potere finanziario. In una parola si cercava di mantenere i pilastri dello Stato sociale a tutela dei più deboli; tuttavia nel tempo è prevalsa la spinta alle privatizzazioni che si sono concretizzate in tagli alla sanità, alla pubblica istruzione, ed agli altri servizi sociali che di fatto non hanno contribuito a diminuire il livello delle spese pubbliche ma al contrario hanno foraggiato clientele e interessi personali e creato malcontento nella società. Secondo la visione di Mattei l’ENI doveva essere il braccio operativo dell’Italia per garantire la sicurezza energetica ed il bene comune della Nazione e questo si dimostrò fondamentale durante il boom economico. Mattei vedeva, nelle materie prime e in particolare nell’energia, il vero motore dell’economia e delle relazioni internazionali; il tutto ben distante da ogni pseudo ideale di pace, libertà e democrazia portato avanti dai paesi come Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti D’America ed oggi possiamo aggiungere anche Cina ed India. A questo si unì la chiara volontà di emergere come Paese industrializzato al pari degli altri paesi occidentali, non soggiogato dalla sconfitta della seconda guerra mondiale. Mattei sostenne che la posizione italiana, dopo il trattato di pace, fosse analoga a quella dei paesi del terzo mondo dove i paesi occidentali ne possono depredare le risorse senza favorirne lo sviluppo socio-economico. Quindi Mattei scelse la via del partenariato escludendo atteggiamenti colonialisti tipici delle grandi potenze che sfruttano territori e persone senza offrire possibilità di sviluppo, acuendo anzi i problemi di convivenza tra culture, religioni e tradizioni sostanzialmente molto diverse; ne vediamo oggi le tristi conseguenze. Fondamentalmente il pensiero storico economico di Mattei si può così riassumere: alla necessità di materie prime per uno Stato deve farsi fronte con una politica di partenariato, di accordi da sottoscrivere con i paesi detentori di tali risorse, offrendo loro, così, la possibilità di un equilibrato sviluppo.