IL VALORE DELLA CULTURA: UNO DEI MOTORI DELL’ECONOMIA ITALIANA
di Alessandra Di Giovambattista

La cultura, concetto pieno di significato e riconducibile alle conoscenze, esperienze, storia, vissuto di una collettività, propulsore dello sviluppo umano, è fisicamente rappresentata e quindi resa fruibile e concreta, anche in ambito economico, dai beni culturali singoli (ogni opera d’arte) o collettivi (musei, biblioteche, pinacoteche, siti archeologici, e via dicendo) che hanno un altissimo valore, non solamente monetario. Tuttavia spesso riesce impossibile fare una stima delle opere d’arte; comunemente si usa la locuzione “non ha valore” per sottolineare l’unicità di ognuna di esse nel patrimonio dell’umanità. Ecco quindi di frequente la difficoltà di attribuire un valore ai beni che formano il patrimonio collettivo di una comunità.
Ma come viviamo oggi le nostre radici culturali? Secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di statistica (ISTAT) gli italiani per una quota del 45,3% sono fruitori di spettacoli cinematografici, ma non tutti si recano al cinema; infatti aumenta il numero dei soggetti che vedono film via web o in TV e questa è una tendenza che si osserva da diverso tempo. Successivamente si registra una discreta propensione per la lettura, per una percentuale poco più del 41,4%, che implica però che più della metà dei soggetti, nel tempo libero, non legge neanche un libro l’anno. Seguono poi le visite presso i musei e le mostre e successivamente le visite a siti archeologici e monumenti. Il confronto con i popoli dell’Europa ci pone in netta minoranza circa le presenze a teatro, concerti e balletti classici: a fronte della nostra percentuale del 25,3% abbiamo una quota europea media del 42%, con valori pari al 32,7% in Spagna ed al 54,8% in Francia. Medesime differenze si registrano per le visite ai musei, siti archeologici e monumenti.
Ma per comprende meglio il valore della cultura possiamo essere aiutati dai contenuti di un’altra indagine individuata nel rapporto “Io sono cultura 2023”, relativo ai dati di settore registrati nel 2022, promosso dalla fondazione Symbola e da Unioncamere, in collaborazione con l’Istituto per il Credito sportivo ed il Ministero della Cultura, con il Centro studi Tagliacarne a Roma (fondazione della stessa Unioncamere) e la Fondazione Fitzcarraldo di Torino. Da tale indagine è emerso che cultura e bellezza sono aspetti ormai radicati nella società e nell’economia italiana; la forte relazione con la manifattura ha permesso di creare un robusto sodalizio produttivo: il made in Italy. Il settore culturale ha sofferto più degli altri negli anni della pandemia, ma sembra che stia rinascendo più solido anche perché ha sviluppato nuove forme di fruizione dei servizi; quindi si assiste ad una forte ripresa economica e sociale del comparto che sta creando ricchezza e posti di lavoro, confermando così il suo ruolo economico centrale.
Nell’ambito produttivo la cultura si coniuga bene con l’innovazione e la creatività che immesse nei processi produttivi manifatturieri rappresentano dei fattori che hanno contribuito al successo di molti prodotti italiani, anche ecosostenibili. In più la cultura potenzia il settore turistico e quello enogastronomico. Il rapporto viene redatto ogni anno e quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale. Il sistema produttivo culturale e creativo si compone di tutti gli operatori economici che producono beni e servizi di natura culturale ma anche tutto l’indotto che utilizza la cultura come fattore produttivo per accrescere il valore dei prodotti e quindi la competitività sul mercato. Nel settore riconosciamo le attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (biblioteche, emeroteche, archivi, musei) di arti visive e prestazioni artistiche (teatri, concerti, balletti) e tutto ciò che vi ruota intorno dai video giochi alla stampa, ai media radio televisivi, alla critica, all’architettura al design, alla moda.
Nel 2022 la filiera ha prodotto complessivamente un valore aggiunto pari a 95,5 miliardi di euro, in aumento del 6,8% rispetto all’anno 2021 e del 4,4% rispetto al 2019, recuperando anche i posti di lavoro che si erano persi durante il periodo della pandemia e facendo registrare un aumento del 3% rispetto ad una media nazionale dell’1,7%.
Molto interessante notare che contribuisce, in modo sostanzioso, all’incremento del valore aggiunto del settore della cultura e del suo indotto, anche il comparto dei videogiochi e dei software che rappresenta il mercato digitale delle prestazioni artistiche c.d. performing arts e delle arti visive con il quale si è creato un sodalizio con le attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico. A mero titolo di esempio si pensi alla realtà aumentata (AR) che permette di riprodurre attraverso appositi strumenti definiti di “realtà virtuale” - VR (virtual reality) situazioni, spettacoli ed eventi che avvenivano nell’antichità; un esempio è fornito a Roma dall’esperienza di realtà aumentata presso il Circo Massimo dove attraverso sofisticati software è possibile rivisitare il sito in tutte le sue fasi storiche e sentirsi immersi nelle varie realtà del passato.
In termini territoriali la ricerca ha evidenziato che le regioni maggiormente specializzate in beni e servizi culturali e creativi sono la Lombardia ed il Lazio; la prima genera, nel comparto, un valore aggiunto che da solo rappresenta il 27,6% dell’intera filiera, mentre la seconda, quale principale centro turistico – culturale, partecipa per il 15% all’intera produzione del settore. Ambedue le regioni mostrano, rispetto al resto d’Italia una maggiore specializzazione culturale e creativa che genera valore ed influisce positivamente sullo sviluppo del territorio, sia in termini di ricchezza sia in termini occupazionali. Subito dopo troviamo la regione Piemonte, il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto e la Toscana. Tuttavia i migliori risultati in termini di aumento del valore aggiunto rispetto ai periodi precedenti (tra il 2019 ed il 2022) si riscontrano in Liguria, in Basilicata, in Lombardia ed in Campania. Per quanto attiene invece l’aumento di occupazione le migliori performances (per lo stesso triennio di osservazione) sono date dalla Liguria, dalla Campania e dalla Puglia; mentre le regioni Trentino-Alto Adige, Umbria e Sicilia, registrano un calo occupazionale.
È utile sottolineare che fanno parte del settore non solo le imprese private, ma anche le organizzazioni non-profit, cioè aziende che operano sul mercato senza avere come obiettivo un surplus economico (reddito positivo, cioè utile), ed i soggetti pubblici; anzi occorre evidenziare come a fronte delle molte innovazioni in atto rimanga necessario il contributo delle politiche pubbliche nazionali ed europee per cercare di superare le difficoltà finanziarie dovute ai recenti shock sanitari, inflazionistici e ai purtroppo ancora attuali conflitti in Europa e nel Medio oriente.
Dall’unione europea arrivano fondi per finanziare il programma nato per progettare futuri modi di vivere unendo arte, cultura, design, architettura, inclusione sociale, scienza e tecnologia, il c.d. New European Bauhaus (NEB). Con tale piano la comunità europea intende affrontare il problema della sostenibilità supportandolo con i concetti di estetica ed accessibilità, in una sorta di programma multidisciplinare orientato alla transizione ecologica indicata dal piano c.d. Next Generation EU; in due anni l’iniziativa ha creato una comunità attiva di soggetti in tutti gli Stati membri ed ha investito circa 106 milioni di euro per il 2023 ed il 2024. Se l’Italia riuscisse a produrre valore e lavoro nel settore culturale si favorirebbe un’economica più vicina alle necessità umane, più competitiva e più orientata al futuro, così come sostenuto anche nel manifesto di Assisi, e le ricadute si avrebbero in un aumento della domanda di “Italia” da parte dei consumatori provenienti dai diversi Paesi del mondo. In questo senso, un indicatore di gradimento e di attrattività per i visitatori del nostro Paese è la spesa sostenuta per consumi culturali che ha sfiorato i 35 miliardi di euro nel 2022, pari al 44,9% delle spesa turistica complessiva.
Il settore culturale si presenta quindi come un ambito strategico nei processi di trasformazione sostenibile dei modelli di sviluppo per i quali l’Italia si è impegnata a livello internazionale sottoscrivendo l’agenda ONU per il 2030 e a livello europeo con l’adesione al “Green deal” e al citato programma Next Generation EU. Gli impegni sottoscritti in Europa vengono calati nei singoli piani nazionali di ripresa e resilienza (c.d. PNRR) presentati dai differenti Paesi; si vede come la leva culturale stia progressivamente aumentando il peso nelle scelte economiche e in particolare nel comparto turistico nel rispetto della sostenibilità sul territorio e del territorio, della innovazione, del benessere individuale e collettivo e della integrazione e inclusione sociale. Il nostro Governo ha destinato al comparto risorse per circa 6,68 miliardi di euro identificando la missione “digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”; si comprende come le politiche pubbliche intendano incentivare un settore trainante per tutta l’economia nazionale, dove il marchio made in Italy gioca un ruolo fondamentale per la ripresa ed il rafforzamento del tessuto economico. In tal senso si pensi che il solo turismo rappresenta il 12% circa del PIL nazionale.
Gli obiettivi inclusi nel PNRR sono riconducibili alla sostenibilità ambientale ed alla tutela del patrimonio paesaggistico e culturale e le politiche di sviluppo coinvolgono anche le politiche occupazionali in quanto i settori del turismo e della cultura sono tra quelli che registrano una grande forza lavoro in ambito giovanile e femminile e quindi anche in tal senso riescono a cogliere gli obiettivi generazionali e di genere contenuti nel PNRR. Gli investimenti nel settore della cultura individuati nel piano di ripresa e resilienza riguarderanno tutti i siti culturali delle grandi aree metropolitane cercando anche di rigenerare aree abbandonate e periferiche, inoltre non trascureranno i piccoli borghi e le aree rurali, per creare una domanda di esperienze nuove e più legate alla terra ed alla tradizione popolare, così come terranno in debito conto il patrimonio turistico culturale delle isole minori che rimangono sempre troppo al margine delle politiche di sviluppo economico. Anche le misure contenute nella politica di coesione europea per il periodo 2021-2027 si mostrano particolarmente sensibili ai temi della cultura indicando come obiettivo specifico quello del rafforzamento del turismo sostenibile e a sfondo culturale al fine di raggiungere un più elevato livello di sviluppo economico, di inclusione e di innovazione sociale.
Il messaggio che occorre far passare è che siamo una popolazione fortunata, perché godiamo di infinita bellezza: artistica, territoriale, umana, ma non possiamo vivere di ricordi e di rendita, occorre ripensare modelli economico-culturali nuovi e ripensarci come fruitori, consumatori di cultura. Su tutto però sarà sempre indispensabile, anche con l’aiuto delle istituzioni scolastiche, continuare a nutrire l’amore e la passione per tutti gli ambiti culturali che hanno sempre caratterizzato le anime dei nostri grandi antenati italici.