LA RIEDUCAZIONE DEI DETENUTI MINORENNI: UNA RIFLESSIONE

La legge n. 103 del 2017, in tema di modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, contiene al suo interno anche delle deleghe; tra esse ci si vuol soffermare su quella che detta specifici principi e criteri direttivi per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minorenni, con particolare attenzione all'istruzione ed ai contatti con la società esterna, in funzione del futuro reinserimento sociale del minore. Il provvedimento introduce e disciplina le misure penali di comunità, quali misure alternative alla detenzione rivolte esclusivamente ai condannati minorenni e ai giovani adulti (quelli di età inferiore ai 25 anni). Si tratta di: affidamento in prova al servizio sociale, affidamento in prova con detenzione domiciliare, detenzione domiciliare, semilibertà e affidamento in prova in casi particolari (cosiddetto affidamento terapeutico). Il collocamento del minore può avvenire in comunità pubbliche o del privato sociale, anche in gestione mista con enti locali.
La questione da porsi è se il carcere minorile e le pene inflitte al minore riescano effettivamente a risolvere le problematiche che hanno spinto il soggetto a delinquere. Nella maggior parte dei casi la risposta è negativa; si assiste molto spesso a situazioni in cui la struttura carceraria può addirittura aggravare le problematiche che hanno indotto il minore a compiere il reato, creando e/o consolidando uno stato di emarginazione e di auto esclusione rispetto al mondo esterno. Peraltro la pena detentiva favorisce la segregazione del minore in un ambiente in cui è forte e stretto il contatto con la delinquenza, rafforzando così i legami malavitosi ed accentuando il rapporto conflittuale con la società.
Da qui la necessità di ripensare le pene detentive inflitte ai minorenni; in particolare la detenzione deve rappresentare una misura residuale e applicabile solamente nel caso in cui le misure alternative siano fallite. Quindi le norme rivolte alla rieducazione dei minori devono avere un carattere di autonomia e specificità rispetto al complessivo sistema delle pene detentive in quanto per i minorenni è fondamentale individuare il trattamento che meglio risponda alla situazione psico-sociale del condannato, escludendo ogni rigido automatismo e favorendo, piuttosto, il ricorso alle misure alternative risocializzanti, che meglio possono contribuire al reinserimento del soggetto nella società e impedire che possa tornare a commettere nuovi reati.
Secondo gli ultimi dati tratti da ISTAT e dal Ministero della Giustizia, i detenuti presenti negli istituti penali per i minorenni, al 15 Dicembre 2022, sono 400 (390 uomini e 10 donne); 206 sono minorenni, mentre i restanti 194 hanno tra i 18 ed i 24 anni. Sono 199 gli italiani e 201 gli stranieri. Al 31 dicembre 2021 i detenuti presenti negli stessi istituti erano 318 (311 uomini e 7 donne); 136 erano minorenni e i restanti 182 avevano un’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Del totale dei detenuti, il 42 per cento è straniero.
I dati sono in crescita e in generale si assiste ad un’emergenza educativa che spesso sfocia in situazioni di delinquenza minorile, espressa in diverse forme: bullismo, cyberbullismo, violenze fisiche, furti, scippi, spaccio di sostanze stupefacenti, prostituzione, e così via. Dalle ultime rilevazioni si evidenzia che occorre distribuire uniformemente sul territorio italiano i minori stranieri non accompagnati accolti in Italia, in quanto questi sono ragazzi vulnerabili: su 10 ragazzi scomparsi in Italia 9 sono minori stranieri non accompagnati. Dove finiscono? Spesso sono vittime di violenza, sono reclutati dalla malavita, sbandati ed abbandonati. Comunque, in generale, il problema riguarda tutti gli adolescenti; secondo la relazione del 2017 presentata dall’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, i minori, adolescenti, sono “sempre più soli, bambini che chiedono di essere ascoltati e di giocare, con un utilizzo non consapevole dei social media; adulti sempre più distratti o assenti rappresentano indizi di una vera e propria emergenza educativa”. Più di recente, lo stesso organismo ha riportato all’attenzione - a ridosso dell’episodio che ha visto la fuga dall’istituto penale per minori Cesare Beccaria di sette ragazzi il giorno di Natale del 2022 - i temi del disagio e della devianza giovanile; pur riconoscendo che il nostro sistema penale minorile rappresenta un’eccellenza in Europa, va sottolineato che ora la sfida si gioca sulle modalità di pene alternative al carcere. La soluzione non può essere rappresentata esclusivamente dalla detenzione, occorre invece valorizzare le pene alternative; inoltre le sanzioni devono essere commisurate all’età del minore – egli si trova in un’età che vede un incompleto processo formativo, con la personalità ancora in corso di sviluppo ed evoluzione - e deve essere promossa la giustizia riparativa al fine di prevenire ed evitare il processo penale. In tale ambito si ricorda come uno dei principi fondamentali del Codice di Procedura Minorile sia la residualità della detenzione: tale misura è da utilizzare solo nel caso in cui le misure alternative siano fallite, costituendo la summa maxima del procedimento di emarginazione del soggetto.
Funzione rilevante viene svolta anche dai servizi del Ministero della Giustizia, nonché dai servizi sociali degli enti locali; questi ultimi riescono ad individuare le problematiche del minorenne, realizzando progetti di recupero in seguito ad un costante ascolto e in forza di una strutturata comunicazione con il minorenne e la sua famiglia. Il servizio sociale opera su aree diverse, sviluppando un notevole impegno nell’attività di sostegno e di recupero dei minorenni devianti, cercando di comprendere quali possano essere i provvedimenti più idonei da attuare.
Altro aspetto che riguarda il mondo degli adolescenti è la costante crescita della povertà nei nuclei familiari con bambini, specialmente nelle famiglie con tre o più figli minorenni. La povertà economica si traduce, facilmente, in povertà educativa creando ragazzi sempre più distanti dalla realtà che li circonda, sempre più disimpegnati e carichi di rabbia che spesso sfocia in violenza verso tutti, coetanei e non. Quindi una riflessione sull’aspetto educativo è prodromica se si vuol comprendere ed arginare il problema della delinquenza minorile e se si vogliono analizzare quanto siano proficue ed efficaci le possibili modalità di recupero dei minorenni detenuti o affidati alle strutture che implementano le misure alternative.
L’attenzione va posta soprattutto nel contesto di vita dei minori: esistono periferie che sono ghetti, dove l’unica cosa che i giovani possono fare è delinquere; non viene loro offerta alcuna alternativa sana che sia una palestra, un teatro, dei laboratori artigianali e creativi, degli oratori, ecc. Così come anche il troppo benessere induce i giovani benestanti alla ricerca di esperienze nuove spesso al limite della legalità che li possono condurre a commettere atti delinquenziali. Occorre quindi porre attenzione a tutte le forme di disagio e sarebbe auspicabile che in primis la scuola offrisse dei percorsi professionalizzanti e improntati su concrete possibilità di occupazione, affiancata dalle associazioni sportive, dalle parrocchie nonché dalle associazioni del terzo settore con la finalità di svolgere un ruolo aggregante, alternativo ed arginante della malavita. Sarebbe quindi necessario creare spazi di lavoro per i ragazzi che non intendono proseguire gli studi con la possibilità di poter accedere al mercato dei capitali con forme di finanziamento alternative e dirette, come ad esempio il crowfounding, che potrebbe assumere il connotato di “crowfoundig sociale - giovani”, magari con forme di garanzia dello Stato o degli enti locali.
Se un soggetto sceglie di delinquere solitamente è condizionato dall’ambiente in cui è cresciuto: può essersi trovato in un ambiente con poche regole o può aver subito l’indifferenza totale dei genitori; si potrebbe però trattare anche di famiglie con troppe regole, da cui l’adolescente vuole scappare perché si sente oppresso, o anche di situazioni svantaggiate in cui il minore potrebbe essere cresciuto, da cui vuole riscattarsi commettendo crimini per arricchirsi facilmente e velocemente. È importante comprendere, oggi più che mai, che l’indifferenza non educa; i bambini hanno bisogno di certezze ed apprendono le regole essenzialmente dai modelli e dall’insegnamento dei genitori e delle altre figure educative con cui vengono a contatto ed interiorizzano le regole attraverso l’esempio, la testimonianza ricevuta. Occorre anche sottolineare che gli esempi che oggi vengono offerti, specialmente dai media sempre meno indipendenti, si basano su una società c.d. “liquida” dove non c’è più certezza, neanche negli ambiti delle scienze naturali dove, in alcuni casi, le risposte sono nette ed oggettive. Quindi il disorientamento, specialmente per i giovani, è forte ed in alcuni casi sempre meno gestibile. E da qui l’importanza della presenza costruttiva e coraggiosa dei genitori, degli insegnanti, ma anche dei referenti degli ambienti aggreganti quali: palestre (quindi degli istruttori sportivi), oratori (i sacerdoti ed i catechisti nonché gli animatori), centri culturali in genere (pertanto i referenti degli ambienti artistici, dello spettacolo e dell’intrattenimento). Albert Bandura ha sottolineato come i bambini spesso imitano ciò che li circonda e questa è la dimostrazione della teoria dell’apprendimento sociale. Questa teoria sottolinea ancora di più l’importanza dell’educazione per prevenire i reati dei minori fin dalla tenera età. I bambini quasi sempre copiano i comportamenti che apprendono da chi sta loro intorno e le prime esperienze sono quelle che si vivono a casa e a scuola. Per questo motivo bisogna educare i giovani al rispetto delle regole fin da subito, per evitare che imparino comportamenti sbagliati ritenendoli corretti.
Occorre poi che il bambino tragga insegnamento anche dagli errori che può commettere (in questo mi sembra molto educativo lo sport, e specialmente quello di squadra, dove si impara il rispetto, la condivisione e la solidarietà) ed è importante che gli educatori concedano una seconda possibilità al fine di far capire che anche l’impegno volto a riparare lo sbaglio viene riconosciuto; il minore a casa, a scuola, così come nel procedimento penale, deve essere messo nella condizione di imparare dai propri errori e capire che ciò che ha fatto è sbagliato e che può agire in maniera diversa per non incorrere in una punizione futura. La parola fondamentale è la parola “fiducia”, “fede”, che permette a chi la concede e a colui a cui viene concessa di poter fare un passo avanti, di poter crescere e migliorare, di poter confidare in sé stessi e negli altri. Spesso le lacune più grandi si trovano proprio nella spiritualità, nell’interiorità dei giovani che sembra che nessuno voglia provare a riempire: mancano genitori presenti e credibili, educatori seri, che sappiano mettersi in gioco con atteggiamenti costruttivi, che forniscano esempi e indichino poche regole, serie e chiare mediante le quali il minore sappia con certezza quando ha ragione e quando è in errore; in mancanza di ciò si apre la strada alla malavita. Forse un nuovo San Giovanni Bosco, oggi, potrebbe fare molto di più di tanti pseudo educatori.
Ma l’aspetto legato alla fiducia è forse quello che avvicina di più all’esperienza sacerdotale, i cappellani dei carceri minorili incontrano quotidianamente giovani che hanno ferito e che sono a loro volta feriti; in tali contesti i minori non debbono essere nuovamente giudicati, ma piuttosto ascoltati, compresi. Sono le pietre scartate da cui forse si può provare a ricostruire. I cappellani rappresentano delle figure significative per tutti i ragazzi in quanto il loro servizio si basa sull’ascolto e sull’accoglienza, sul prospettare dei punti di vista diversi, non punitivi o giudicanti, ma costruttivi nella ricerca interiore del rispetto e della fiducia. È importante suscitare nel minore il sentimento del sincero pentimento per l’azione commessa; questo potrà essere il vero punto di svolta: comprendere il dolore ed il dramma creato e cercare di riparare, mettendo in gioco qualunque componente personale sia materiale che spirituale, riflettendo anche sulla propria afflizione, causata dal reato commesso.


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