Lunedì, 19 Maggio 2025

     

 

 

editore: APN ong - c.f. 97788610588

Presidente: Ing. Maurizio Scarponi 

Presidente onorario: Prof. emerito Gianluigi Rossi 

sede legale Via Ulisse Aldrovandi 16 00195 Roma Italia 

associata UNAR-USPI-CNR 

www.silkstreet.it 

Direttore responsabile: dott.ssa Emanuela Scarponi, giornalista 

registrato presso Tribunale di Roma - settore Stampa

n. 111/2019 del 1 agosto 2019

ufficio stampa: Emanuela lrace, Maria Pia Bovi, Roberto Pablo Esparza, Andrea Menaglia,  Mark Lowe 

www.africanpeoplescientificnews.it   

registrato presso Tribunale di Roma-settore Stampa 202/2015 2 Dicembre 2015 

Direttore Scientifico: Ing. Maurizio Scarponi, iscritto Albo speciale 

ISSN : 2283-5041

www.notiziedventiroma.it   

registrato presso Tribunale di Roma - settore Stampa n.  140/24 ottobre 2019

direttore responsabile:               Emanuele Barrachìa 

 

 

 

         

 

 

 

AFRICANPEOPLE ONG

 

24h PRESS AGENCY AFRICANPEOPLE

 

AFRICANPEOPLE SCIENTIFIC NEWS

 

NOTIZIE D'EVENTI ROMA PRESS

 

Sidebar

Off-Canvas Sidebar

The new Off-Canvas sidebar is designed for multi-purposes. You can now display menu or modules in Off-Canvas sidebar.

  • Home
  • Radio news
  • WebTV
  • Prima pagina
  • AfricanPeople O.N.G.

Il Festival della diplomazia

22-10-2019

                                                                                                Il Festival della diplomazia

     Oggi 22 Ottobre, nell’ambito della 10° edizione del “Festival della diplomazia”, organizzato dalla “Rubbettino Editore”, si è svolto l’incontro intitolato “Scriviamo di Cina: incontro con gli autori”.
       In particolare, nella cornice della Sala Italia presso la sede dell’ “UNAR” (Unione Associazioni Regionali di Roma e del Lazio) e promossa dall’“Associazione dei Piemontesi a Roma” in via Aldrovandi, sono intervenuti Antonio Malaschini e Marco Lupis, autori rispettivamente dei volumi “Come si governa la Cina – Le istituzioni della Repubblica Popolare Cinese” ed “I cannibali di Mao – La nuova Cina alla conquista del mondo”.
Moderati dal noto economista e sinologo Romeo Orlandi, vice presidente di “Osservatorio Asia”, gli autori hanno dato vita ad un incontro che ha permesso di approfondire da punti di vista assai diversi l’attualità cinese nelle sue dinamiche politiche, economiche e culturali.Se infatti da una parte Malaschini ha privilegiato attraverso il suo lavoro un approccio alla conoscenza della cultura cinese basato prioritariamente sugli aspetti “strutturali” del sistema organizzativo politico cinese, Lupis ha invece percorso la direzione della conoscenza “on the road” (“sulla strada” come dallo stesso sottolineato).
       D’altra parte Malaschini ha mantenuto un approccio degno di una conoscenza assai approfondita della materia “tecnica” organizzativa, economica e giuridica, maturata sin dalla formazione culturale e dalla pluridecennale attività, ai più alti livelli, presso le nostre istituzioni, mentre Marco Lupis ha tenuto l’approccio giornalistico che lo caratterizza da sempre nella sua attività di corrispondente ed inviato speciale per conto delle più importanti testate giornalistiche italiane.
       Di certo colpisce la conoscenza dettagliata dei sistemi istituzionale e partitico cinesi descritti nel testo da Malaschini, che analizza non solo l’evoluzione storica recente della Cina moderna (dalla generazione di Mao a quella di Xi, passando per Deng, Jiang Zemin ed Hu Jintau), ma anche e soprattutto l’attuale funzionamento del potere reale che controlla ogni aspetto della vita cinese. Un’analisi dei parallelismi e delle connessioni tra la struttura del partito comunista e quella dell’Istituzione, nell’ottica di una sovrapposizione che consente la gestione diretta dell’economia, della finanza, della cultura, dello sviluppo e comunque di ogni aspetto organizzativo del paese da parte del Comitato centrale.
      Una organizzazione fortemente verticistica oggi impersonata da Xi che, attraverso la selezione dei gruppi dirigenti (certamente caratterizzati dalla assoluta ortodossia al pensiero dominante, ma anche da specifiche competenze) e l’azione di gruppi ristretti di guida e dipartimenti organizzativi con speciali poteri, controlla i risultati soprattutto economici e ne guida lo sviluppo. Il tutto, come sottolineato dall’autore, nell’ottica di un pensiero che affonda le proprie radici nel confucianesimo e che si contrappone indiscutibilmente alle origini occidentali basate sulla “democrazia” greca classica. In altre parole, una logica che vede prevalere gli interessi del gruppo d’appartenenza rispetto a quelli individuali e che predilige i risultati (“output”) rispetto ai processi.
     L’autore non dà conclusioni in merito ad un eventuale modello da confrontare; si sofferma solo sul termine “autoritarismo”, che certamente continua a contraddistinguere la Cina oggi, pur nella consapevolezza di un’evoluzione che sta permettendo a milioni di persone di affrancarsi dalla loro condizione di povertà assoluta. Ed ancora non affronta il problema del futuro della Cina che, secondo le previsioni di molti, dovrà certamente fare i conti con i diritti politici, civili, economici e sociali. Forse nel solco dell’antica tradizione.
     Concludendo, un lavoro di notevole spessore che, impostato su solide basi “tecniche” che evidenziano l’estrema competenza specifica dell’autore, si pone sempre all’interno di una linea di pensiero culturale, storica e filosofica, che permette di descrivere lo sviluppo cinese secondo un’analisi complessivamente ampia ed un taglio certamente “colto”.
Del tutto capovolto l’approccio di Lupis che, attraverso l’esperienza diretta vissuta per anni in Cina (ma anche in molte altre parti del mondo), cita evidenze narrate da un tipico giornalismo di cronaca riferito ai cambiamenti ravvisati dal 1975 ad oggi ed ai confronti con la cultura cristiana.
Lupis si sofferma sul problema di un’espansione militare violenta, che non ritiene però tipica della cultura cinese, caratterizzata invece da metodi espansivi soprattutto economici ispirati da “calma e pazienza”. Con il metodo del “prenditi tempo e nascondi la tua forza” la Cina è infatti già penetrata commercialmente in Africa e si appresta a consolidare la propria economia in Europa attraverso la nuova “via della seta”.
    Nella parte finale dell’incontro, il moderatore ha introdotto la questione chiave oggi forse più dibattuta, ovvero se nel modello cinese, emerso tra la fine del modello socialista reale e la grave crisi che attanaglia il capitalismo liberista, è possibile individuare una “terza via” che garantisca uno sviluppo economico ed una ricchezza sociale diffusa, pur nella limitazione delle libertà e dei diritti individuali e ed in generale della partecipazione democratica.
Gli autori, pur nel ritenere impossibile nelle condizioni attuali, per l’occidente, condividere uno sviluppo sulla base del modello cinese (nessun occidentale rinuncerebbe ai diritti acquisiti grazie all’adozione dei principi tradizionalmente democratici), modello di cui peraltro si cominciano ad evidenziare incrinature sempre più evidenti, hanno comunque convenuto sull’innegabilità dei risultati economici raggiunti conseguenza dell’efficienza dei metodi organizzativi adottati in Cina.
Rimandando i lettori a prossimi convegni, ricordo che la “Silk Street press” (di APN publisher-UNAR) ha patrocinato l'evento.
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
22 Ottobre 2019

Islanda: orsi polari

26-01-2020

 

                                                                                         Islanda: orsi polari
    Dopo aver attraversato il villaggio di Kirkjubaejarlaustur, proseguiamo lungo la costa meridionale verso il Parco Nazionale di Skaftafell, un’oasi verde fra le lingue di ghiaccio che precipitano dai ghiacciai Oraefajokull e Vatnajokull fino all’oceano, per perdersi nella laguna glaciale di Jokulsarlon.
    Qui gli iceberg galleggianti creano un’atmosfera magica poiché capita che trasportino orsi polari provenienti dalla lontana Groenlandia, naufraghi sulle coste islandesi a bordo di "scialuppe" di ghiaccio. Ciò accade a causa del surriscaldamento del Pianeta Terra e dello scioglimento dei ghiacciai eterni.
Sono immagini per me nuove di un paesaggio incantato, lontano dalla nostra vecchia Europa: siamo vicini al Polo Nord ed assistiamo al miracoloso spettacolo del tramonto artico, visibile solo grazie ad un fortunoso cielo splendente, fenomeno assai raro a queste latitudini.
     Cielo e acqua si incontrano in un susseguirsi di gradazioni del colore blu, che sembrano richiamare le infinite sfaccettature dell'animo umano, dal celeste del cielo al blu profondo del Mare Artico, nel quale sono numerose le foche che nuotano e che smuovono acque altrimenti immobili, e sullo sfondo del quale un orso silenzioso e quieto le attende mimetizzato. Il paesaggio è surreale e ricorda l'ambientazione propria delle antiche Saghe Vichinghe.
      Comincio a scattare fotografie senza sosta, come un vero esploratore che d'improvviso si perde nell'immensità della bellezza del paesaggio celestiale che ha di fronte, abitato da fate, elfi, gnomi e folletti.
     Come in un incantesimo mi sento sospesa tra cielo e acqua, sorretta dai ghiacciai eterni sotto di me, su cui sosto immobile, e dai trasparenti iceberg delle forme più variegate, che galleggiano elegantemente sulle acque fredde, scolpiti dai venti forti del Nord e dal calore del sole che, penetrandoli, creano meravigliosi giochi di luci e di ombre: su di essi puntello le mie scarpe da trekking per andare un po' più in là....e camminare sulle fredde acque del Mare Artico, timorosa di scivolare e perdermi per sempre nel blu profondo sotto di me.
    A tratti, in questo paesaggio artico, si intravede il colore marrone intenso della nostra amata terra...
    Ma, ad una osservazione più attenta, propria di una antica cacciatrice vichinga, che le mie fattezze ricordano secondo Margaret, la mia guida islandese, emerge - immobile come roccia - un enorme animale dalla coltre pelliccia marrone a chiazze più chiare e più scure....è l'orso polare!
    Si volta, probabilmente tormentato dal flash della mia macchinetta fotografica, ed il suo muso scuro finisce per rispecchiarsi nelle acque limpide ed immobili del mare sottostante, a distanza ravvicinata dalle foche che nuotano indisturbate, ignare della presenza del loro predatore.
    Una lunga ed ampia distesa di ghiacciai eterni sullo sfondo, situata tra antichi vulcani e terre desolate e piatte, ricoperte di lava innevata, fa da cornice a questo paesaggio incantato...siamo al Polo Nord!
    Un ultimo scatto prima di lasciare questo paradiso incantato....presto
il sole tramonterà dietro l'orizzonte polare e la leggendaria stella Vega si ergerà luminosa per guidare i viaggiatori nella lunga notte artica, forse per ricordarci che non esistono confini nel ricercare la vita e l’amore e le bellezze nelle molteplici forme e sembianze in cui si manifestano, sul nostro pianeta come su altri.
     Mentre tutto sembra acquietarsi nella lunga notte artica, ecco d'improvviso l'aurora boreale colorare di verde smeraldo la volta del cielo, effetto dei venti solari che attratti dai poli magnetici terrestri, rendono il paesaggio artico incantato.

Emanuela Scarponi
 

 

 

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
26 Gennaio 2020

Emanuela Scarponi incontra Wole Soyinka

25-11-2020
                                                                                                                        Emanuela Scarponi incontra Wole Soyinka

        Dopo aver letto l'opera ricca e multiforme di Soyinka si è aperto alla mia mente un mondo nuovo, al tempo stesso reale e fantastico, che gradualmente mi ha fatto penetrare nel vivo di una avventurosa esperienza di vita, e di una concezione poetica estremamente interessante e suggestiva. Sin dai primi anni del '60, quando la sua attività artistica è iniziata, Wole Soyinka si è imposto all'attenzione sia della critica anglosassone, sia di quella africana; espressione di tale unanime riconoscimento è la recente assegnazione del premio Nobel per la letteratura.
       Questi suoi anni vissuti in Nigeria hanno coinciso con quelli delle fervide battaglie politiche e ideologiche per l'indipendenza, quando si sognava e si progettava la nuova Africa.; Soyinka fu appunto uno di quegli intellettuali, maturati attraverso l'impegno sociale e politico, che furono testimoni delle vicende complesse del passaggio dal colonialismo all'Africa delle nazioni. Questa sua complessità di pensiero e di formazione culturale è stata caratterizzata da un critico mediante un'espressione significativa, "meteoric" , che appropriatamente definisce la carriera del Nostro.

        Scrittore sempre in linea con i tempi, svolge una funzione di intellettuale nel suo Paese, ma non è disattento al mondo esterno che lo conosce, lo ammira e lo guarda sempre con grande attenzione e rispetto. 
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
25 Novembre 2020

La bicicletta in Africa

17-02-2021

 


                                                                                                                  La bicicletta in Africa


Il mio primo pensiero è andato al film di Bernardo Bertolucci "Il the nel deserto" del 1990, che credo abbia dato il via all'idea di girare il Nord Africa in bicicletta:" nessuno potrà mai dimenticare l'immagine dei due protagonisti, Port e Ki, che si recano in bicicletta su un'altura limitrofa, e lì ritrovano l'armonia dello stare insieme".
Pensare, però, alla bicicletta in Africa appare a prima vista arduo. Ma di certo i tempi cambiano ed oggi vediamo gli immigrati africani che giungono in Italia fare prevalentemente uso di biciclette. Nel 2018 è stata infatti istituita la Giornata mondiale della bicicletta, che ricorre ogni 3 giugno. È stata approvata, in un Risoluzione del 12 aprile 2018, come giornata ufficiale delle Nazioni unite per la consapevolezza dei benefici sociali derivante dal suo uso.
La bicicletta viene, infatti, usata dagli Africani per trasportare merce (mattoni, pacchi, animali), essendo spesso l'unico mezzo di trasporto economico, di cui possono avvalersi, sena sostenere altre spese.
Ma chi va in bicicletta in Africa? Le strade asfaltate sono pochissime e spesso si snodano nel mezzo della savana: è riuscito nell'impresa Obes Grandini, un italiano, che ha scritto un libro sul suo difficile viaggio dal titolo:“Due ruote attraverso l’Africa”. In questo libro, racconta il passaggio attraverso il continente africano iniziato il 24 maggio del 2010 da Città del Capo in Sud Africa, attraversando Sud Africa, Zambia, Malawi, Tanzania, Burundi, Ruanda, Uganda, Sudan del Sud, Sudan ed Egitto, completando il rientro passando per Giordania, Siria, Turchia, Grecia, Albania, Montenegro, Croazia e Slovenia. Il 27 maggio 2011 ha appoggiato la bicicletta al muro di casa dopo circa 20450 km percorsi.
Ci sono a ben vedere una infinità di vantaggi nel percorrere le strade su una bicicletta, si apprezza meglio il paesaggio che non passa come un film dal finestrino, si é vicini alla popolazione locale (che usa la bicicletta spesso come principale mezzo di locomozione) si ha un impatto negativo inferiore sull’ambiente. Si può ricevere un passaggio in camion, in barca, in aereo senza grossi problemi. Di contro si può spesso essere troppo “vulnerabili all’ambiente esterno”, alcune tappe risultano impossibili da realizzare in un continente come quello africano, si ha una autonomia ridotta, il clima lo si sperimenta sulla propria pelle (polvere, sabbia, sale, sole..). Il problema principale è che spesso le distanze sono notevoli e se non si ha un mezzo d’appoggio non è pensabile percorrere cosi grandi spazi a meno di ricevere un passaggio. Queste limitazioni hanno rilegato le pedalate spesso in limitate aree (Marocco, Tunisia, Togo, Benin) dove l’autonomia e le distanze sono più alla portata dei ciclisti.
Ebbene, per una viaggiatrice come me sarebbe plausibile utilizzare i propri piedi per girovagare, senza sosta, per il mondo. Ma non avrei mai immaginato che potesse esistere qualcuno in grado di attraversare l'Africa con le due ruote come mezzo di trasporto. Per me l'impresa sarebbe impossibile, ma di certo può rappresentare un modo nuovo ed economico per viaggiare, con grande tranquillità e serenità interiore, alternandolo magari all'utilizzo del treno o degli autobus in un continente enorme come l'Africa. Specialmente in terre sconfinate e senza traffico viaggiare su due ruote è effettivamente una esperienza unica. E forse oggi con l'energia solare si può pensare di utilizzare la bicicletta con meno fatica.
Ho viaggiato in bicicletta per brevi tratti in Paesi del Nord Africa ed in Medio Oriente e funziona. Anzi, il clima è perfetto per le due ruote. La sensazione più bella è quella di sentire il rumore del vento del deserto, nel totale silenzio delle terre antiche africane. In questi panorami mozzafiato, come l'altura rinvenibile nel film il “The nel deserto” del Nord Africa pensare di percorrere le strade per lo più sterrate su due ruote significa imparare ad ascoltare l'essenza della vita, della natura, significa diventare parte della stessa natura ancestrale e silente dell'Africa, il vento tra i capelli, la sabbia che assume forme diverse sotto le ruote, i versi di piccoli esseri viventi nascosti sotto un ciuffo d'erba, silenti agli occhi dei più ma pur vitali. Laddove ci si accosta in punta di piedi a questi fenomeni, essi rendono assolutamente nuovo il tutto: è come entrare in un mondo sconosciuto con la lente di ingrandimento.
In Africa il rapporto uomo-ambiente è molto più forte che da noi in Europa. È questo che gli Europei cercano quando esplorano l'Africa. Ebbene, la possibilità di avvicinarsi in punta di piedi ed entrare negli anfiteatri naturali africani, dove micromondi s'incontrano in una pace senza tempo ed in un silenzio totalizzanti, fanno il viaggio di per sé, che acquisisce così di significato filosofico.
Questo è il momento a cui l'Uomo deve tendere quando viaggia perché la mente si apra alla bellezza ed all'armonia della vita naturale. Prende vita la dimensione più profonda del nostro essere, nascosta, che nella routine quotidiana purtroppo non percepiamo più.
Emanuela Scarponi 

 

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
17 Febbraio 2021

Cenni di dialogo mediterraneo attraverso la storia antica"


26-12-2019


                                                                      Cenni di dialogo mediterranei attraverso la storia antica

       Moltissimi sono gli argomenti che costituiscono oggetto di studio della storia antica, medievale, moderna e contemporanea del Mediterraneo. Tra quelli di maggiore interesse oggi notoriamente trattati sono “Le mille vie della seta”, il Mediterraneo neoprotagonista nel continente euroasiaticoafricano, la belt and road Initiative, la tratta di esseri umani attraverso le rotte del Mediterraneo. Il mio interesse primario resta l'Africa e di conseguenza il rapporto che oggi esiste tra l'Italia, il mio Paese, e questo continente attraverso il Mare nostrum, da sempre ponte indissolubile tra i popoli che abitano le sponde opposte dello stesso mare, senza distinzione di razza.
       A dimostrazione di ciò, ho inteso ripercorrere brevemente la storia antica di Roma, ed il suo rapporto con l'Africa. Vale a questo punto fare un breve excursus sugli antichi rapporti storici che legano la nostra storia a quella del Nord Africa al tempo dei Romani e con i Paesi del Sud Sahara nel Medio Evo.
        La cultura afroromana risale all'814 a.C., anno della fondazione di Cartagine, con la fine dell’esplorazione del Maghreb orientale l’avvio della colonizzazione.
       La nascita della città punica, chiamata Qart Hadasht (ossia «città nuova») da cui poi il nome Cartagine, è tramandata anche da una leggenda, secondo la quale la principessa Didone, a causa delle discordie politiche maturate a Tiro in Fenicia, si allontanò dalla patria con parte della popolazione e, approdata al lago di Tunisi allora navigabile, vi fondò una nuova città. Quando, infine, riuscì a impadronirsi di Messina (270), si trovò a contatto diretto con Roma: l'incontro con la città laziale, già allora in piena espansione, si tradusse presto in un lungo conflitto armato che, nonostante le eroiche gesta prima di Amilcare e poi di Annibale, la vide alla fine soccombere per opera di Scipione l'Africano nel 146 a.C. Per la moderna Tunisia l'età cartaginese non fu solo l'affermarsi di una civiltà di mercanti sensibili al gusto ellenico, ma anche l'avvento di un'epoca cruciale grazie alla quale la regione dei Berberi fu definitivamente integrata nel mondo mediterraneo. Il predominio di Roma su quella che fu denominata «Africa proconsolare» si risolse, almeno agli inizi, in uno sforzo di contenimento militare delle pressioni provenienti dalla Numidia: la costruzione di una fossa regia tra le attuali Tabarka e Sfax ebbe lo scopo di proteggere la Sicilia. 
      Lo sviluppo economico dell'Africa romana divenne florido specialmente sotto gli imperatori Flavi e Severi, quando alcune regioni si caratterizzarono per la produzione di grano (attorno a Dougga e Ammaedara) e di olio (nei pressi di Hadrumetum), favorendo la nascita dì numerose città, porti e mercati. La stessa Cartagine ne subì un influsso benefico: già favorita nella rinascita da Caio Gracco, Cesare e Augusto, nel corso del III sec. d. C. divenne un porto tanto importante da trasformare la città nel secondo centro urbano dell'Impero. Si sviluppò allora una corrente artistica «afro-romana» che si affermò in particolare nelle composizioni decorative e nei mosaici che possiamo rinvenire ancora oggi nella maggior parte dei siti archeologici dei Paesi del Nord Africa. 
     Il Medioevo non fu affatto un periodo buio, ma al contrario fu un'epoca in cui i commerci, soprattutto marittimi, ebbero uno sviluppo eccezionale e non fu certo l'Islam a bloccare la continuità commerciale del Mediterraneo. Possiamo infatti considerare in parte errata la teoria di Henri Pirenne riguardo la stagnazione dei commerci tra le sponde del Mare Nostrum dopo l'affermazione dell'Islam nel suo massimo splendore. Importantissimi furono i contatti che ebbero le principali città marinare (Genova, Pisa, Venezia, Barcellona) con la costa dell'Africa settentrionale e con il Medio Oriente. I principali porti islamici (importanti per la loro posizione strategica per le rotte commerciali e per ricchezza di prodotti) erano Ceuta, Tunisi, Algeri, Bugìa e Alessandria. E dal Sudan Occidentale proveniva la maggior parte dell'oro che il vecchio continente importava grazie al controllo dei porti sulla costa magrebina. Le testimonianze riguardo a questo Impero Africano le abbiamo da un grande geografo musulmano del XI secolo El-Bekrì; ed è grazie a lui che si è potuti risalire alla derivazione del nome del regno: Ghana, o Kana nella lingua Malinke significa Capo. Il Geografo musulmano ci dice che la Capitale del regno, che prende il nome dello stato stesso, era abitata da musulmani convertiti abbastanza recentemente.
      La forza dell'Impero africano si basava quasi esclusivamente sull'estrazione di oro che veniva ridotto in polvere e trasportato attraverso tutto il deserto del Sahara fino ai porti della costa settentrionale africana per essere caricato in navi mercantili dirette verso i porti europei. Ma vendevano anche il sale, la frutta secca (aveva un valore altissimo nel Medioevo e addirittura veniva usata per scambiarla con l'oro), il corallo e le tinte per tingere i vestiti. Numerosissimi erano i mercanti che raggiungevano il Sudan Occidentale per trattare direttamente accordi per scambi commerciali e accaparrarsi i migliori prodotti da poter rivendere poi nei mercati europei. El-Bekrì ci dice anche che l'oro estratto dalle miniere dell'Impero del Ghana era il più puro che lui avesse mai visto. La maggior parte via carovaniera, detta anche via dell'oro, aveva come inizio appunto il Ghana e arrivava fino alla città di Sijilmassa (e poi a Fez e poi Tangeri o Ceuta) dove fu stabilita una zecca fatimide, coniando monete d'oro contro il potere abbaside.
La qualità della moneta era talmente alta e di ottima fattura che venne richiesta fino in Oriente; il successo dei dinar fatimidei di Sijilmassa persero la loro importanza quando la dinastia in Spagna degli Omeiade produssero una nuova moneta che soppiantò quella dei fatimidi.
El-Bekrì ci parla anche della società ghanese, e ci dice che la potenza economica dell'Impero veniva manifestata con splendidi edifici, in primis il palazzo reale costruito sul Niger, che sottolineavano la grandezza del sovrano e di tutto il regno.
     Un altro geografo musulmano sempre dell'XI secolo fu al-Idrìsì, che chiamò il territorio del Ghana il "paese dell'oro". Le descrizioni sul"paese dei Neri" e sull'Impero e sulla sua collocazione geografica (Sudan Occidentale), vennero a conoscenza del mondo cristiano grazie all'opera Kitab, di Al Idrisì, in cui si scopre che la popolazione del Ghana era dedita anche all'agricoltura e alla razzia.Dopo il 1077-1078, la capitale dell'Impero subì un saccheggio distruttivo da parte degli Almoravidi che portarono ad un declino del Regno inarrestabile, fino al punto che il regno del Mali lo soppiantò completamente. Bisogna aspettare il XII secolo per veder riprendere l'economia di tutta l'Europa, perché ritorna presente l'oro, e di conseguenza si sviluppano i commerci a lungo raggio che erano scomparsi dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Ho voluto evidenziare questi due particolari fasi della storia antica che ci legano all'Africa per dimostrare come in realtà il legame del Mediterraneo è molto antico, molto di più del pensare comune che riduce tutto in termini di immigrazione clandestina e colonialismo, la cui analisi attenta e meticolosa lascio agli studiosi del settore.
Per guardare alla situazione attuale, vorrei ricordare la OUA, l'Organizzazione dell'Unione africana, le sue funzioni e la sua evoluzione, nel processo di autodeterminazione dei popoli dei Paesi del Nord Africa in evoluzione, che stanno realizzando il passaggio da regime totalitario a democratico. Auspico che questa Organizzazione oggi più che mai sia potenziata di contenuti e di autorità per accompagnare il processo di modernizzazione, in base ad autogoverno, democrazia, frutto del processo di globalizzazione dovuto ai nuovi mezzi di comunicazione di massa quali Internet ed all'avvicinamento sempre più massiccio degli Africani all'Europa.
      Auspico che l'Italia possa, posizionata come è al centro del Mediterraneo, condurre pertanto una funzione guida, tesa a promuovere la cooperazione e lo sviluppo di questi Paesi vicinissimi, capovolgendo il fenomeno di immigrazione clandestina e trasformandolo in un vantaggio per l'Italia, interrompendo questo processo - che sembra irreversibile - di migliaia e migliaia di disperati che rischiano la vita nell'attraversamento del mare con imbarcazioni disagiate, promuovendo in questi Paesi progetti di sviluppo del territorio che possano finalmente rendere vivibili le zone più aride, con l'apporto dei nostri tecnici e scienziati di ogni settore, su cui certamente si può contare.
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
26 Dicembre 2019

La città di Antrodoco e la sua posizione naturale, strategica anche religiosa.


24-06-2021


                                                                                                 La città di Antrodoco e la sua posizione naturale, strategica anche religiosa.

           Durante la mia infanzia e poi nella mia fanciullezza ero solita trascorrere le vacanze in questo piccolo centro di montagna, posto sulla Via Salaria con un’altitudine di circa 550 metri e poche migliaia di abitanti. Mentre nel passato, fino all'anno 1927 apparteneva all’Abruzzo, poi è diventata Provincia di Rieti e fa parte dell’Alta Sabina.
Da anni è zona termale, grazie alle sue acque solfuree, dislocate un po’ dappertutto e quindi è tuttora rinomata come zona di villeggiatura.
Antrodoco si trova proprio al centro dell’Italia in una posizione naturale, strategica ed anche religiosa, da tutti riconosciuta: naturale perché situata tra le alte montagne dell’Abruzzo, sugli Appennini tra la Salaria da cui viene attraversata e la Sabina ed entrambe le vie si addentrano in scabrose gole.
Infatti a monte del paese lungo la Salaria, la valle corre tra le pareti precipiti del Terminillo e del Monte Giano, mentre lungo la strada dell’Aquila tra le gole del Monte Giano e del Monte Nuria.
            Lungo entrambe le vie si incontrano svariati paesaggi di monti, con alberi di alto fusto come castagni, pioppi, abeti e larici; colline con olivi e frutteti e tanta vegetazione, con ricchezza interminabile di acque che compaiono in rii e cascatelle che poi scompaiono in profondi inghiottitoi. Antrodoco è un importante centro storico e strategico, conosciuto da tutti.
Tra i primi insediamenti ritroviamo l’antico popolo dei Sabini: questi dalle aree del Gran Sasso occupano prima dell’era Cristiana un tracciato di comunicazione che conduce dall'Appennino abruzzese al Lazio centrale ed alla costa tirrenica.
Lungo questo tracciato sorge ad opera di Mario Curio Dentato la Via consolare denominata “Via Salaria”, cioè come scritto in tutti gli annali storici “la famosa “Via del sale” che congiungeva le saline adriatiche “il campus salinarunm“ con Roma e, attraverso la Via Campana, con i porti commerciali dell’Urbe.
             La via consolare usciva attraverso la Porta Salaria verso la Sabina, costeggiava il fiume Turano ed arrivava a Cotilia “vicus reatinum“ e quindi a Borgo Velino ed Androdoco, dove qui si dipartiva in due rami: in direzione Nord-Est per giungere ad Ascolum “Ascoli Piceno” e quindi alla costa adriatica presso “Castrum Truentinum“ cioè Martinsicuro; l’altra diramazione verso Amiternum, uno dei centri sabini più antichi e meta di visitatori.
Di Antrodoco, città di origine osca, “ocre” in latino, cioè montagna aspra, sassosa, ricca di cime, ne parlano molti poeti romani ed anche il geografo greco Strabone del I secolo a.C. che narra quanto segue: “Tra Amiterno e Reate trovasi il borgo di Interocrea, le acque fredde di Cotilia, buone da bere e anche da bagnarsi per guarire da certi mali“. Successivamente Antonino Pio registrò le tappe e le distanze tra una località e l’altra ed “Interocrio“ viene segnalato al LXIV miglio della Salaria.
Lungo l’itinerario, Antrodoco funge fino al tardo Medioevo da importante “Mansio”, cioé stazione di posta e di cambio.
            I Romani costruirono importanti ville, grazie alle acque termali, presenti nella zona. Tra gli imperatori vengono ricordati Vespasiano ed i suoi figli, Tito e Domiziano. Le rovine delle loro ville sono visibili e visitabili in quanto molto interessanti, con guide esperte.
Tutta la zona e quindi la Salaria diventa anche la via attraverso cui la nuova religione, il Cristianesimo, si diffonde nella Sabina. Sono significative le testimonianze di questo processo religioso, avvenuto a partire dal II e III secolo in poi.Chiese, aree cimiteriali, lapidi, pilastri,e miriadi di iscrizioni sono visibili in molte zone.
Nei dialoghi di Papa Gregorio Magno vengono menzionati uomini santi per la loro vita e per i miracoli da essi compiuti; Tra essi troviamo “Severo” che insieme ai cosiddetti “uomini di Dio” godeva fama di santità grazie alla sua vita esemplare di amore e di aiuto verso gli altri.
          Si racconta che venne chiamato presso un malato per la confessione, mentre era intento a lavorare nella vigna. Volle finire il lavoro ma, mentre lo raggiungeva, seppe che oramai era morto. Recatosi nel luogo, cominciò a pregare e a piangere disperatamente, attribuendosi la fine del poveraccio. Però, grazie alle preghiere di Severo, il defunto risuscitò e narrò come fosse stato liberato dai demoni.
Detto questo, si confessò e dopo sette giorni di penitenza morì, ma in grazia di Dio. Un’altra attestazione di cristianità ad Antrodoco proviene da un testo letterario di Sant'Eusonio, martire che fece sosta nella Chiesa della Beata, Vergine e Maria, dove sono molti corpi di santi. Nell’Alto Medioevo il territorio antrodocano fa parte del Ducato di Spoleto, poi diventa sede di uno dei cinque castaldati minori della Regione. Divenne anche possesso dell’Abbazia di Farfa e, dopo svariate conquiste, perdite e sconfitte, fu acquistato dalla regina Giovanna II di Napoli.
         In epoca moderna Antrodoco e le sue gole ricordano la prima battaglia del Risorgimento tra il 7 e il 9 marzo del 1821, capeggiata da Guglielmo Pepe contro l’esercito austriaco. Fu un grande scontro dove trovarono la morte molti giovani antrodocani. Dai documenti pervenuti risultano combattenti e morti, anche alcuni miei antenati.
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
24 Giugno 2021

Emanuela Scarponi incontra l'Africa day

21-06-2021

                                                                                                                                       Emanuela Scarponi incontra l'Africa day

         Il 25 maggio 1963, viene firmata la Carta che istituisce l'Organizzazione per l'Unità Africana al fine di promuovere la comprensione reciproca tra i popoli dell'Africa ed una maggiore cooperazione tra gli Stati africani in un'unità più grande che trascende le differenze etniche e nazionali. Con l’Africa day si celebra la pietra miliare della storia dell'Africa nell’ambito della organizzazione continentale. Nata come ricorrenza istituzionale, essa è oggi comunemente celebrata in tutto il mondo dagli Africani con spettacoli, danze, sfilate di moda, rappresentazioni teatrali, film ed iniziative culturali in generale: essa evidenzia così la storia e il patrimonio comuni, la unità e diversità del continente, nonché le sue enormi potenzialità ed il destino comune.
Mentre si celebra l'anniversario dell'OUA/UA, si ripercorre il cammino intrapreso negli anni dalla Organizzazione per trarre insegnamenti dai risultati ottenuti e segnare, le sfide future e tracciare la strada da seguire.
Inutile dire che ci sono stati sicuramente alti e bassi lungo il percorso. Per quanto siano chiari a tutti i successi conseguiti, le insidie che hanno contribuito al nostro stato attuale delle cose sono numerose. È in considerazione di questo fatto che è stato scelto il tema "Panafricanismo e Rinascimento Africano" per avere l'opportunità di guardare al passato, al presente e al futuro dell'Africa.
          Quando nel 1963 è stata fondata l'OUA, c'era davvero molta euforia e molto ottimismo per il ringiovanimento dell'Africa. Quelli erano i giorni esaltanti in cui trentadue Stati africani avevano appena iniziato a godersi la loro libertà e indipendenza guadagnata con fatica e aspirare a un futuro migliore. La Carta dell'OUA è stata l'espressione delle aspirazioni collettive per promuovere l'unità e la solidarietà tra i popoli africani, nonché per coordinare e intensificare la loro cooperazione ed ottenere una vita migliore per i popoli dell'Africa.
           Negli ultimi dieci anni, è incoraggiante che molte economie africane abbiano preso una traiettoria di crescita elevata. I conflitti che devastano il continente africano sono stati lentamente placati se non completamente debellati. Inoltre, stiamo assistendo ad una migliore governance con l'introduzione di una distribuzione democratica in molti Paesi africani. Man mano che andiamo avanti, abbiamo bisogno di riconvertire gli sforzi per assicurare una pace e una stabilità durature, accelerare la crescita economica e approfondire le riforme della governance, con l'obiettivo di definire una solida base per la trasformazione socio-economica dell'Africa.
            Con una leadership lungimirante impegnata a portare avanti il cambiamento, uno stato di sviluppo in grado di giocare un ruolo attivo e dinamico e la mobilitazione di tutte le sezioni del popolo africano, non vi è alcun dubbio sulla piena realizzazione della agenda continentale già nei prossimi decenni. L'auspicio è che quando l'Africa celebrerà nuovamente il centenario dell'OUA nel 2063, avremo un continente libero dal flagello dei conflitti e dalla povertà, dove molti Paesi africani avranno raggiunto uno status di reddito medio-alto e lo standard di vita di grandi popolazioni africane sarà stato notevolmente migliorato. Come le generazioni precedenti sono state ispirate dagli ideali di panafricanismo a combattere per la loro libertà e la dignità, le generazioni attuali e future dovrebbero quindi essere guidate dallo stesso spirito panafricano di lotta per 1'emancipazione socio-economica dell'Africa e realizzare il rinascimento africano. I giorni di festeggiamenti dell'Africa day avvengono con volti, voci, sussurri, invitati, danze, balli e sfilate che si rinnovano di anno in anno.
            Sullo sfondo l'austera Sala Aldo Moro della Farnesina che fa da cornice ai vari interventi.
E così allo Sheraton medesima meravigliosa serata all’insegna dell’Africa: resto seduta accanto ai rappresentanti diplomatici d'Etiopia tra cui l'indimenticabile ambasciatrice Amsalu Alena Adela.
Sono rimasta l’ultima di un gruppo ormai dissolto. Non ci sono più gli africanisti, dispersi nel nulla della disinformazione. Nuovi volti,nuove mode, nuove musiche.
             Questa particolarissima Giornata dell'Africa fa sempre sognare ad occhi aperti per il sapore antico che contiene in sé sia per i lunghi abiti e copricapo dai colori sfavillanti e variopinti indossati dalle imponenti donne africane presenti alla manifestazione, tali da rendere assolutamente autentica l'atmosfera, propria di questo meraviglioso continente. Le signore in rappresentanza delle ambasciate africane indossano meravigliosi vestiti africani colorati e partecipano attivamente alla mostra-conferenza ed ai preparativi culinari per i festeggiamenti della grande soirée che, oltre ad essere ricchissima di degustazioni culinarie di tutti i Paesi africani partecipanti, contempla una bellissima sfilata di moda africana realizzata da bellissime donne e fanciulle. Il programma è stato integrato con la proiezione di tutto il materiale audiovisivo dei documentari "la Namibia e i suoi popoli", "I San del Kalahari" e il "dibattito-conferenza" tenutosi presso la Farnesina il 23 aprile scorso alla presenza del giornalista Yossef Ysmail del Nile News.
             Nel bellissimo Hotel Sheraton di Roma si è pertanto dato avvio a quel tipo di collaborazione attiva tra Italiani e Africani, auspicata nella giornata di stamani alla Farnesina dai rappresentanti diplomatici africani e dai politici italiani. Ebbene, la Giornata dell'Africa si è pertanto sviluppata in tre bellissimi giorni ricchi di spunti e fatti nuovi, che contribuiranno a far crescere l'amicizia tra Italia ed Africa.
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
21 Giugno 2021

Egitto on air

20-06-2021


                                                                                                                     Egitto on air
                                                                                          L’Inverno arabo a dieci anni dalle primavere arabe

     Non ci sono solo luci in Africa, ma anche ombre. Le transizioni nei Paesi del Nord Africa sono irte di ostacoli e dense di incognite. Esiste anche il rischio che le proteste di piazza siano strumentalizzate da forze regressive che perseguono la destabilizzazione. Che ne è del vento che animò le piazze di Tunisia, Egitto, Libia e tanti altri Paesi dell'area? Le tensioni nel Nord Africa si ripercuotono sui Paesi del Sahel, come il Mali, che ha già subito i contraccolpi della guerra civile libica. Preoccupa la fascia di instabilità che si estende dall’Atlantico al Mar Rosso.
In un territorio a noi molto vicino, la Tunisia, il 17 dicembre 2010 un ambulante tunisino si dette fuoco per protestare contro i soprusi delle autorità. Quelle fiamme accesero le proteste che partendo dalla Tunisia percorsero anche l'Egitto, la Libia, la Siria, l'Iraq, lo Yemen, il Bahrein… Il mondo battezzò quelle proteste “Primavere arabe”.
     La goccia che fece traboccare il vaso fu la salita dei prezzi dei generi alimentari che finì con il generare uno spirito di affermazione delle libertà contro l’oppressione dei regimi totalitari al governo da oltre trent’anni.
Seguì senza sosta la rivolta in Egitto. Il 12 febbraio Mubarak si dimise ed il potere restò in mano militare, con il tripudio della folla. Continuò il governo del Vice Presidente Suleiman. Il Consiglio Supremo impose il rispetto di tutti gli accordi internazionali e sciolse le Camere.  Tuttora, Tunisia ed Egitto sono accumunati da un medesimo fattore, due Stati poveri, oppressi da regimi pluridecennali, autoritari con l’aggravante di una forte densità demografica e da presenze fondamentaliste ben piantate che convivono con i cristiani copti dal 451 d.C.
      Si era ipotizzato che la rivoluzione in Egitto dovesse svolgersi in modo quasi pacifico ed al contrario delle previsioni ha visto forze inarrestabili contro il passato regime che, ha contato numerosissime vittime. Sono emerse delle richieste a sostegno dei diritti umani, la fine dell’autoritarismo, la cessazione dei comportamenti polizieschi e del sistema corrotto e clientelare. L’unione di nuovi aneliti di libertà e diritto ad una pacifica esistenza induce e fa riflettere sull’avvenire democratico dei popoli arabi. La convivenza di cristiani copti e musulmani nel medesimo Paese è fonte di tensione sociale e politica che di certo non fa bene alla stabilità del Paese.Le rivolte a schiera investono, come un evento disastroso, tutta la parte meridionale ed orientale del Mediterraneo.
In Egitto il colpo di Stato militare avviene poco dopo le dimissioni di Mubarack: il ministro della difesa del suo successore, generale Abdel Fattah al-Sisi, si fa confermare al potere nelle elezioni presidenziali del maggio 2014. Il suo mandato verrà rinnovato con un nuovo voto plebiscitario del 2018.
Velocemente il nuovo raìs corre verso la restaurazione di un potere in cui l’Egitto verrà governato da una sola classe di governo, quella dei militari. Il ritorno al passato è compiuto. Partita nel 2011, già con l’elezione di Sisi nel 2014 la rivoluzione è stata cancellata.      Tutto il resto è consolidamento del nuovo/vecchio regime.
      E’ fortemente criticata la politica del regime di al-Sīsī, a causa della frequente brutalità con la quale le forze dell'ordine reprimono le manifestazioni di dissenso provenienti soprattutto da parte dei Fratelli Musulmani, dichiarati fuorilegge dopo il colpo di Stato del 2013 e da allora fatti oggetto di arresti arbitrari, torture e condanne a morte di massa irrogate da una magistratura spesso ligia ai voleri presidenziali e che, con il pretesto della lotta al terrorismo "fondamentalista", non evita di avviare all'occorrenza pesanti azioni giudiziarie contro i più attivi critici del modo di operare del governo.
In questo quadro di grave tensione politica e religiosa, Giulio Regeni viene rapito al Cairo il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di Piazza Tahrir, e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani.
     Dopo tutti questi anni di reticenza, si è tenuta in questi giorni la prima udienza preliminare sul caso dell’omicidio di Giulio Regeni, che ha visto coinvolti i 5 agenti appartenenti ai servizi segreti egiziani accusati del sequestro, della tortura e dell’uccisione del giovane ricercatore italiano, trovato senza vita il 3 febbraio 2016 sul ciglio della statale che dal Cairo porta ad Alessandria.
Il 25 maggio 2021 è arrivato il rinvio a giudizio per gli 007 egiziani, il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati a vario titolo di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate per l’omicidio di Giulio Regeni. Il processo è stato fissato per il prossimo 14 ottobre davanti alla Corte d’Assise di Roma. (La Stampa 25 maggio 2021).
I venti di primavera sono ormai un ricordo quasi del tutto dimenticato e la stabilizzazione dei Paesi del Nord Africa è andata morendo in questi dieci anni passati reprimendo di volta in volta i giovani rivoltosi, di idee e nazionalità diverse.
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
20 Giugno 2021

Il cinema in Africa

07-06-2021

                                                                                                          Il cinema in Africa: Festival Panafricain de Cinéma de Ouagadougou

      Il cinema è giunto in Africa fin dalla fine del XIX secolo ma la produzione cinematografica africana ha iniziato a svilupparsi solo dopo la Seconda guerra mondiale, nel periodo immediatamente precedente la progressiva decolonizzazione del continente.
Anche il Niger lega la nascita del suo cinema alla storia europea.
In Niger gli sviluppi della produzione cinematografica, seppur affrontati con grandi difficoltà soprattutto di ordine economico, portano alla nascita nel 1969 del FESPACO (Festival Panafricain de Cinéma de Ouagadougou) e nel 1970 della FEPACI (Federation Panafricaine des Cinéastes) che riuniva 33 dei Paesi del continente, promuovendo misure governative di protezione per la distribuzione e attività di incremento della produzione cinematografica africana.
     Il Festival Panafricain du Cinéma de Ouagadougou (abbreviato in FES.PA.C.O), veniva allestito ogni due anni a Ouagadougou, in Burkina Faso. Il premio fu istituito nel 1969 ed è stato probabilmente l'evento principale della storia del cinema africano. La visibilità internazionale dell'evento ha permesso a molti giovani registi africani di farsi conoscere nel mondo.
Il Burkina Faso vive dunque la sua âge d'or cinematografica negli anni di presidenza del compianto Thomas Sankara (1983-1987) che sostiene e promuove le attività del Fespaco; dunque è a partire da questi anni che il cinema burkinabé si sviluppa ad opera di illustri esponenti come Gaston Kaboré e Idrissa Ouédraogo.
Wênd Kuuni di Kaboré e i corti di Moustapha Dao si ispirano ai racconti popolari, ma è il genere della commedia grottesca che rende moltissimo in questi autori, che raccontano l'abbandono delle campagne del 1987 per la regia di Emmanuel Sanon, co-produzione Burkina Faso-Cuba.
     Negli anni '90, l’espansione delle cinematografie nazionali dell’Africa ha subìto una serie di colpi di arresto nello sviluppo di alcune industrie cinematografiche nazionali e nella chiusura definitiva di altre, a causa dei cambiamenti nelle politiche implementate dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale nei Paesi in via di sviluppo nei Pas (Programmi di aggiustamento strutturale).
Naturalmente, il settore privato è stato depauperato dei fondi dello Stato, ma ad oltre 20 anni dall’accaduto, dobbiamo ammettere che l'assenza della politica nazionale non ha favorito lo sviluppo di un ambiente propizio all’esercizio dell’attività cinematografica.
La situazione in cui si trova il cinema africano è soprattutto segnato da una produzione estremamente povera, dalle sovvenzioni sempre più rare, da una ridotta offerta nella formazione, dall’inesistenza o la chiusura delle sale cinematografiche, dalla debole presenza di produzioni africane sul mercato ed, infine, dalla pirateria.
     L’obiettivo è, dunque, quello di impegnarsi per far uscire il cinema africano da questa situazione, attivando le risorse pubbliche tramite leggi, finanziamenti, governance, politiche nazionali, accordi, convenzioni, misure ed incentivi ai privati.
     Quali strategie sarebbe necessario adottare per spingere le istituzioni e le amministrazioni pubbliche al fine di sviluppare l'evoluzione del cinema africano?
Questa è la riflessione che fa la Fespaco, fedele ai suoi impegni, sul tema “Cinema africano e politiche pubbliche in Africa”. La riflessione si deve fare attraverso un colloquio internazionale che raggruppa i professionisti, ma anche le ong delle istituzioni internazionali, oltre che gli altri attori della vita politica e della società civile africana. La penultima edizione del Festival si è tenuta il 3 marzo 2007.
Il XXesimo compleanno del FESPACO ha ospitato dibattiti, un workshop per i giovanissimi cineasti africani, due speciali retrospettive sul cinema del Mali e su quello marocchino, un convegno sul tema "Cinema africano e diversità culturale", e tre atelier di approfondimento dedicati rispettivamente ad archivi cinematografici, diritti d'autore e cinema digitale. In totale sono stati selezionati 207 film, di cui 20 ufficialmente in concorso. Il vincitore dell'edizione è stato il film Ezra di Newton Aduaka, storia di un ex bambino-soldato in Sierra Leone, che cerca di sopravvivere alla fine della dolorosa guerra civile. Lo "Stallone d'argento" (il secondo premio) è andato a Les Saignantes del camerunese Jean-Pierre Bekolo, e lo "Stallone di bronzo" a Daratt di Mahamat-Saleh Haroun, che ha vinto anche il cospicuo premio stanziato dell'Unione europea. L'edizione del 2009, XXIesima edizione del Festival, si è tenuta dal 28 febbraio al 7 marzo, col titolo “Cinema africano: turismo e patrimoni culturali”. Sono stati presentati 128 fra lungometraggi, cortometraggi, documentari, fiction e serie televisive.
    La XXIesima edizione ha enfatizzato più delle precedenti la produzione televisiva del continente africano. Fra i titoli più apprezzati dalla critica si segnalano Mah saah-sah del regista camerunese Daniel Kanwa, Fantafanga dei maliani Adama Drabo e Ladji Diakitè, Behind the Rainbow dell'egiziana Jihan El-Tahri e La Traversèe della tunisina Nadia Touijer.
Ad essere premiato come miglior lungometraggio del Festival è stato il film Teza del regista etiope Hailé Gerima, già vincitore del Gran Premio della Giuria al precedente Festival di Venezia. Secondo classificato è stato Nothing but the Truth del sudafricano John Kani, e terzo Mascarades, dell'algerino Lyes Salem. Come miglior cortometraggio è stato selezionato Sektou di Benaissa Khaled (Algeria); secondo e terzo posto sono andati rispettivamente a C'est dimanche! di Samir Guesmi (Algeria) e Waramutseho dei camerunesi Kouemo Yanghu e Bernard Auguste.
    Il premio per il miglior documentario è andato a Nos lieux interdits, della regista marocchina Kilani Leila.L'edizione del 2011, XXIIesima edizione del Festival, si è tenuta dal 26 febbraio al 5 marzo con il titolo: Cinéma africain et marchés.
Nell’era della globalizzazione l’Africa, attraverso la tradizione orale, il griot, la danza, la musica ed i suoi ritmi, la sua arte in genere, oltre ai suoi meravigliosi paesaggi, flora e fauna così differenti dai nostri, deve divenire protagonista di se stessa nelle sue differenti sfaccettature, promuovendo, pertanto, i suoi film in Europa e nel resto dei continenti. Restiamo in attesa che ciò avvenga il più presto possibile.
Emanuela Scarponi

Dettagli
Emanuela Scarponi logo
07 Giugno 2021

Altri articoli...

  1. Panafricanismo e Rinascimento Africano
  2. Warzone universities network: Simona Lanzellotto on air di Emanuela Scarponi
  3. Great Zimbabwe
  4. Antica civiltà kmer
Pagina 48 di 55
  • Inizio
  • Indietro
  • 43
  • 44
  • 45
  • 46
  • 47
  • 48
  • 49
  • 50
  • 51
  • 52
  • Avanti
  • Fine
  1. Sei qui:  
  2. Home

Più letti

Giovedì, 03 Maggio 2018
read
Venerdì, 10 Maggio 2019
Exco fiera di Roma
Lunedì, 07 Ottobre 2019
La primavera di Belgrado
Martedì, 14 Maggio 2019
Exco 2019 15-16.17 maggio 2019
Lunedì, 09 Dicembre 2019
Progetto Africa di Emanuela Scarponi

Ultime news

Giovedì, 15 Maggio 2025
bozza I coperchi del diavolo su Aldo Moro di Raffaele Di Ruberto EdR
Domenica, 11 Maggio 2025
I COPERCHI DEL DIAVOLO SU ALDO MORO VENERDI 9 MAGGIO 2025 ORE 18
Domenica, 11 Maggio 2025
I COPERCHI DEL DIAVOLO SU ALDO MORO VENERDI 9 MAGGIO 2025 ORE 18
Domenica, 11 Maggio 2025
COMUNICATO STAMPA IL GELATO INCONTRA LA SCIENZA AL CONGRESSO SIME 2025
Domenica, 11 Maggio 2025
IL GELATO INCONTRA LA SCIENZA AL CONGRESSO SIME 2025
Copyright © 2025 silkstreet. Tutti i diritti riservati. Project informatica virtualproject.it. Joomla! è un software libero rilasciato sotto licenza GNU/GPL.
Bootstrap is a front-end framework of Twitter, Inc. Code licensed under Apache License v2.0. Font Awesome font licensed under SIL OFL 1.1.