02-05-2020
La rappresentazione scenica dei drammi in Wole Soyinka
Allo scopo di valutare appieno la produzione artistica di Wole Soyinka riteniamo importante a questo punto, ricondurre le sue opere drammatiche al luogo ad esse espressamente destinate: il teatro. E’ questo l'ambito che ci consente di recuperare quel la prospettiva tridimensionale in cui risiede, essenzialmente, il potere evocativo dell'arte soyinkiana. Le opere di Soyinka non sono tecnicamente facili da mettere in scena, sia per gli ambienti, sia per i personaggi, sia per le situazioni che egli intende rappresentare simbolicamente. Di tutte le sue opere, si ritiene che A Dance of the Forest sia quella più difficile da mettere in scena. Essa richiede un set e uno scenario che possano effettuare la transizione da un mondo all'altro tramite trasformazioni quasi istantanee. Inoltre richiede una scena separatamente illuminata sullo sfondo, per le transizioni dalla foresta all'umida radura primitiva, e dalla foresta alla corte di Mata Kharibu.
Lo scenario deve offrire le chiavi visive istantanee in rapporto alla realtà che evoca: una tela naturale per la foresta, con i suoi effetti sonori contrastanti deve coesistere sia con uno scenario soprannaturale e misterioso sia con lo splendore barbarico della corte del re di Mata Kharibu. Anche i personaggi sono oggetto di attento studio: alcuni di essi devono incarnare contemporaneamente gli stessi personaggi nel passato e nel presente? Essi, pertanto, devono avere dei simboli evidenti del loro stato specifico, facilmente individuabili dal pubblico. Costumi, trucchi e gesti, devono essere inventati per rendere riconoscibili istantaneamente tali medium. L'intera sequenza ha bisogno inoltre di una coreografia attenta e ben costruita. Kongi's Harvest è invece molto più semplice; si tratta di teatro totale, brillantemente costruito per articolare un confronto dialettico tra il vecchio e il nuovo, non tanto un'azione drammatica, quanto grazie ai mezzi teatrali. Il significato è infatti comunicato dal disegno, dalla musica, dai costumi, dallo stile del gesto che porta a scoprire il dialogo all'interno dell'azione. La scena necessita di una forma trittica, in cui il vecchio e il nuovo siano posti l'uno di fronte all'altro, mediati attraverso uno stadio che è la loro sintesi. La produzione richiede quindi un set statico, con tre distinte aree, illuminate e arredate ciascuna in forma tipica. La scena finale occuperà tutto il palco.
La musica è sempre molto importante: il vecchio capo sarà costantemente accompagnato dal tamburellare e dai canti tradizionali, mentre il nuovo dittatore sarà accompagnato dalla musica della marcia rituale amplificata elettronicamente. Costumi e colori sottolineano ancora il contrasto; le luci devono essere indipendenti l'una dall'altra per la rapidità del cambiamento dei campi d'azione.
The Road e Madmen and Specialists sono più complessi a causa del loro messaggio ambiguo, L'opera The Road è ambientata nei pressi di un parcheggio di camion ed ha lo scopo di evocare la vita quotidiana diana nigeriana; mentre Madmen and Specialists, invece,non è legato ad alcun ambiente specifico, quindi potrebbe essere ambientato dovunque ci sia una moderna guerra ideologica. The Road, a causa dei suoi riferimenti geografici, richiede un naturalismo stilizzato della scena e della recitazione. Ogni sforzo deve essere fatto per mettere insieme il colore locale mediante il ritmo, l'ingegno e le tematiche che. I flash-back della masquerade dovrebbero essere chiaramente evidenziati attraverso un cambiamento di luci e rallentamento dell'azione. Madmen and Specialist invece è più astratto; dovrebbe essere realizzata in stile cabarettistico, molto ritmico, corredato da attente coreografie. Dovrebbe esserci inoltre un lento e monotono rullo di tamburi che rievochi l'ambiente dell'Africa occidentale. La tentazione più facile nell'interpretare i drammi brillanti di Soyinka sulla scena è quella di sviluppare eminentemente il loro aspetto realistico, a scapito della pregnanza simbolica dei contenuti; è a questa dimensione, invece, che dobbiamo ricondurci se intendiamo diamo cogliere il valore universale dell'opera soyinkiana.
Emanuela Scarponi