IL REPORT INTEGRATO: LA SINTESI PIU’ RECENTE DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA

di Alessandra Di Giovambattista

 

Le diverse tipologie di rendicontazione aziendale - dal bilancio di esercizio al bilancio di sostenibilità, passando per il bilancio sociale – finora utilizzate dalla prassi contabile, evidenziano dati ed informazioni numerose ma non forniscono un quadro integrato di sintesi, bensì evidenziano notizie parziali e frammentarie che solo in apparenza sembrano tra loro non collegate. Quindi le strategie relative al cambiamento climatico, alle questioni dello sviluppo nel rispetto dei principi sociali ed umani e in generale alla ricerca delle soluzioni circa le problematiche concernenti la crescita armoniosa dell’azienda rispetto all’ambiente che la circonda non sono mai state trattate in modo complessivo; ciò non ha permesso di fornire una comprensione chiara ed univoca delle strategie aziendali. Tale situazione ovviamente genera disorientamento tra gli interessati alla gestione dell’azienda (c.d. stakeholders) che non riescono ad avere una visione trasparente circa le più concrete capacità dell’azienda di perdurare nel tempo, nel rispetto del principio di economicità, da raggiungere attraverso strategie e pratiche di governo aziendale (c.d. governance).

E’ a causa di questi presupposti che la prassi e la dottrina contabile hanno cercato di ricorrere ad un pensiero e ad una visione integrali che riuscissero a coniugare informazioni finanziarie e non finanziarie, alla ricerca di un modello di governo delle strategie (modello di business) complessivo. Si è arrivati a pensare quindi a tipologie di analisi che esaminassero in modo interdipendente e connesso i diversi fattori produttivi materiali ed immateriali. Nasce dunque il report integrato le cui linee guida sono dettate da un’articolata struttura regolamentare internazionale (il c.d. integrated reporting framework- IRF). Uno dei vantaggi principali di tale tipologia di informazioni mediante indicatori di diversa natura (il c.d. reporting) è la sua capacità di adattabilità ai continui cambiamenti delle normative globali e dei valori normali di riferimento (c.d. standard) che si basano su principi e concetti condivisi. L’obiettivo è comunque univoco e mira a comunicare in modo accurato e sintetico le motivazioni e gli scopi che spingono un’organizzazione ad agire sul mercato nonché le modalità con cui crea, preserva o erode valore nel breve, medio e lungo periodo, per sé stessa e per tutti gli stakeholders. Naturalmente avendo fornito le linee guida di costruzione del report integrato saranno le aziende stesse, in ragione della propria attività, del proprio modello di gestione e degli obiettivi che intendono raggiungere, a creare e a gestire uno specifico sistema di indicatori, che funzioni come un pannello di controllo. In esso sono palesati il modello di business, le strategie, i rischi e le opportunità in modo da fornire un’attenta disamina dei valori che permetteranno agli osservatori di indagare sulla capacità dell’azienda di sopravvivere sul mercato e di rispettare l’ambiente in cui essa opera.

Dal punto di vista storico si evidenzia che il primo Stato che chiese di utilizzare una rendicontazione integrata fu il Sud Africa nel 2011; nel particolare chiese alle aziende di applicare il nuovo report integrato e per contro, qualora avessero deciso di non accettarne la compilazione, di motivare la scelta di rifiuto. Per quanto riguarda invece le prime aziende che hanno utilizzato dei report integrati di dati finanziari e informazioni di diverso tipo troviamo, in Europa, due aziende danesi, la Novozymes e la Novo Nordisk, mentre nel continente americano la brasiliana Natura. Il loro obiettivo era quello fornire una modalità efficace per comunicare aglistakeholders la propria capacità di raggiungere risultati in grado di garantire lo sviluppo nel lungo periodo dell’attività produttiva in termini non solo economico-finanziari ma anche di sostenibilità e di rispetto dei principi e dei diritti sociali ed umani.

Con riferimento agli organismi che hanno contribuito a costruire il report integrato occorre partire dal Global Reporting Initiative (GRI) che è un’organizzazione internazionale indipendente che ha sviluppato un insieme di norme e regolamenti che le aziende di qualsiasi dimensione e settore possono seguire per la redazione di report sull’economicità aziendale, sulla sostenibilità e sul rispetto dei principi sociali ed umani per fornire una visione complessiva ed olistica dell’attività imprenditoriale. Altre organizzazioni sono: la Susteinabilty Accounting Standards Board (SASB), con sede negli Stati Uniti, che opera come azienda no profit per creare sistemi basati sugli standard di sostenibilità e per condividere con le imprese stesse gli impatti derivanti dalle strategie in ambito economico, sociale ed ambientale; la Climate Disclosure Standards Board (CDSB) organizzazione che nel 2011 presentò delle previsioni sugli eventi riguardanti i cambiamenti climatici, e su come questi avrebbero coinvolto direttamente gli investitori e indirettamente i risultati finanziari delle aziende, che si dimostrarono dei perfetti esempi del modo come le previsioni contenute nel report integrato possano dirigere le strategie aziendali; la Global Initiative for Sustenaibility Ratings (GISR) che ha redatto un insieme di indicatori validi per le aziende che vogliano confrontare politiche e strategie con i risultati attesi e le performance effettivamente sostenibili e raggiungibili; l’Association of Chartered Certified Accountants (ACCA) che, inserendo il report integrato nell’insieme della documentazione da produrre per ottenere la certificazione finale di sostenibilità, ha introdotto il tema della cultura complessiva aziendale e delle ricadute delle scelte attuali rispetto alle generazioni future ed alla loro tutela; ed infine la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) un’organizzazione che sotto la guida di Michael Bloomberg si pone come obiettivo di incentivare la rendicontazione oggettiva sull’andamento del clima e delle sue modificazioni così che gli investitori dispongano in modo trasparente di tutti i dati necessari per scegliere consapevolmente come dirigere i propri investimenti a favore delle aziende più meritorie.

Le aziende che, a partire dal 2011/2012, hanno presentato il report integrato hanno individuato quattro benefici riconducibili a questo sistema di indicatori: il primo riguarda l’esplicitazione della relazione tra elementi finanziari ed elementi che riguardano aspetti quali lo sviluppo, la crescita e la continuità nel tempo, la sostenibilità ambientale, il rispetto dei diritti umani e sociali, la possibilità di garantire un lavoro adeguato e duraturo nel tempo ai lavoratori delle aziende; il secondo riguarda la trasparenza e la chiarezza delle strategie implementate in ambito di sostenibilità ambientale. Altro beneficio riconducibile al report integrato riguarda la formazione di un legame con gli stakeholders di qualunque tipo essi siano, sia quelli interessati direttamente alla gestione efficiente dell’impresa (quali ad esempio gli investitori) sia quelli più coinvolti dalla ricaduta positiva delle politiche strategiche sull’ambiente e la collettività (come le associazioni, lo Stato, gli Enti locali, i clienti in generale). In questo senso il report permette di colloquiare in modo unitario con le diverse parti tutte differenti tra di loro, con diversi interessi ma, con un obiettivo comune: la prosperità dell’azienda nel tempo per garantire i legami positivi che si sono costruiti. Infine altro beneficio concerne il fatto che diminuisce il rischio di possibili scandali o di compromissione della reputazione in quanto il report integrato espone diversi indicatori di differente natura, le cui variabili permettono di monitorare costantemente le varie situazioni rendendo quindi più difficile registrare problemi di errata valutazione da parte degli analisti del mercato. In sintesi è possibile evidenziare che un reportintegrato, oltre a fornire differenti modalità di aggregazione dei valori – come fanno il bilancio di esercizio, consolidato, di sostenibilità, sociale - di fatto rende chiara e trasparente la connessione delle informazioni tra loro, in un moto circolare, bidirezionale e di azione e reazione, così da permettere di conoscere, o quantomeno di rendere più esplicito, il percorso che l’azienda intende intraprendere per garantire la formazione di valore nel medio lungo periodo.

Quindi partendo da quanto affermato dalle aziende che hanno presentato il report integrato si può sinteticamente sostenere che tale documento tende a fornire informazioni approfondite sull’ambiente esterno, sulle risorse utilizzate e le relazioni create con tutti i soggetti interessati alla gestione aziendale per poter valutare e validare la missione di lungo periodo che l’impresa cerca di perseguire. In tale ottica l’aspetto più importante è monitorare la creazione di valore che consegue dall’attività aziendale e che genera la variazione del capitale; occorre così valutare il valore creato e che rimane interno all’azienda (che genera autofinanziamento e remunerazione diretta degli investitori) rispetto a quello che viene diretto verso l’esterno (attraverso il pagamento dei lavoratori, dei manager, la vendita di beni e servizi, il consumo ed il riciclo delle materie prime, il tasso di inquinamento, i tributi versati, la variazione socio-ambientale della collettività). Ed in effetti con il termine capitale si individuano diverse tipologie: capitale finanziario (derivante dagli investimenti da parte di terzi esterni o di soci interni all’azienda), produttivo (beni strumentali quali macchinari, edifici, impianti), intellettuale (marchi, brevetti, proprietà intellettuali, software), umano (capacità profuse in azienda dai diversi soggetti che vi lavorano), di relazione sociale e ambientale (l’insieme delle relazioni create all’interno ed all’esterno dell’azienda) e se ne studiano le variazioni dello stock dovute all’attività aziendale. Tali mutazioni sono variabili nel tempo con riferimento alla loro destinazione ed ammontare, nonostante rimangano sicuramente inalterati i flussi verso ciascuna tipologia di capitale.

Alla luce di quanto detto non può che sottolinearsi l’importanza della reportistica, intesa come momento di sintesi espressiva dell’andamento di variabili che governano l’attività e le strategie aziendali; tuttavia manca ancora un momento di rappresentazione sintetica condivisa da tutti i Paesi che consenta la massima comparabilità e la migliore misurabilità di risorse che divengono sempre più limitate. Inoltre bisogna spesso cercare di infrangere l’atteggiamento di diffidenza delle aziende, specialmente quelle di media piccola dimensione (che presentano indubbiamente degli equilibri più vulnerabili rispetto alle grandi aziende, spesso multinazionali) dimostrando invece come il report integrato possa aiutarle nella scelta delle strategie più consone alle proprie possibilità nel rispetto dell’ambiente e della società al fine di garantire la sopravvivenza del sistema produttivo e sociale nel tempo. In una collettività che si basa sempre di più sulla comunicazione, spesso anche falsa e di parte, diviene quindi importante offrire la giusta visibilità alle realtà più meritorie, alle produzioni più rispettose, in modo che tutti gli interessati possano scegliere con consapevolezza verso chi dirigere i propri capitali e le proprie preferenze. Pertanto il report integrato si presenta come uno strumento verso l’affermazione di una cultura aziendale basata sulla responsabilità e la sostenibilità di medio lungo termine (intendendo per lungo termine anche la prospettiva ultraventennale) che, nel contempo, soddisfi le richieste e le attese di tutti gli stakeholders e renda la gestione dell’azienda consapevole degli impatti socio ambientali, creando così i presupposti per il suo continuo miglioramento interno ed esterno, a garanzia delle generazioni future.