TRAGHETTATI NELL’IMPENSABILE: LA FINESTRA DI OVERTON

di Alessandra di Giovambattista

 

Nell’universo del potere politico e della comunicazione sociale, uno degli argomenti che più incuriosisce, intriga e purtroppo preoccupa è la finestra di Overton; in estrema sintesi essa palesa una strategia psico-sociologica che tende alla percezione prima, ed alla persuasione poi, di idee ancora non presenti in una collettività ma di cui se ne vuole l’adesione nell’immediato futuro. Il padre di tale teoria di ingegneria sociale fu il sociologo statunitense Joseph P. Overton (ingegnere e studioso di diritto; 1960 – 2003) che lavorò dapprima nel Centro studi statunitense Mackinac Center for Public Policy (associazione senza scopo di lucro che analizza le politiche pubbliche a tutto tondo) e successivamente ne divenne il vice presidente. Morì in circostanza tragiche, in un incidente aereo alla guida di un ultraleggero; tuttavia prima di morire era riuscito a rendere pubblica la sua teoria circa gli effetti sulla popolazione dei “centri di influenza del pensiero” ideando uno schema di ingegneria psico-sociale che porta il suo nome: la finestra di Overton (The Overton window).

Per comprendere la sua teoria occorre immaginare le idee, presenti in una determinata società e in un preciso momento, come flussi che attraversano liberamente una ipotetica finestra. Il fatto che tali idee passino attraverso questa finestra è legato all’accettazione di esse da parte della maggioranza delle persone; se un’idea non passa, cioè non fluisce attraverso la finestra e - con un’immagine molto fisica - si scontra sul suo telaio, è perché non è popolare e quindi è considerata inaccettabile. Tuttavia la posizione della finestra non è fissa, ma scorre nel tempo, così come non è fisso il suo telaio che può ampliarsi o restringersi in modo da aumentare o ridurre il flusso di idee considerate ammissibili. Quindi la finestra di Overton è un modello che rappresenta le idee e le teorie presenti ed accettate da una collettività in uno specifico momento: al centro della finestra si trovano le idee più condivise ed accettate, mentre andando verso i lati si incontrano le ipotesi meno popolari, fino ad arrivare a quelle definite come “impensabili ed inaccettabili”.

Overton ha evidenziato che negli Stati Uniti, ma anche altrove, sono state costruite campagne a favore di idee non accettate e considerate inammissibili attraverso un percorso graduale in cui è stato possibile individuare delle precise fasi che conducono, alla fine, alla persuasione delle masse da parte dei poteri politico economici. Esso rappresenta quindi uno dei modi tramite il quale si rendono progressivamente possibili i cambiamenti nell’opinione pubblica al fine di far accettare pienamente delle nuove idee - al momento attuale non volute, impensabili e respinte - e trasformarle in leggi. Tuttavia la problematica più rilevante, e forse più allarmante, riguarda il fatto che spesso le nuove impostazioni nascono da un gruppo molto ristretto di soggetti i quali saranno anche i beneficiari esclusivi dei vantaggi rivenienti dalle novità, a discapito del resto della collettività.

Ma vediamo come funziona effettivamente questa strategia di comunicazione politico sociale che si muove percorrendo specifici stadi, seguendo un percorso che avvicina la collettività all’obiettivo passo dopo passo, somministrando, quasi giornalmente, piccole dosi di indottrinamento. All’inizio del percorso l’idea che si vuole introdurre risulta assurda, immorale o vietata (fase dell’inconcepibile/impensabile). Il gradino successivo è rappresentato da un iniziale dibattito riservato a ristretti circoli di c.d. “esperti” (scienziati, giuristi, medici, storici, economisti, ingegneri, ecc) che iniziano a divulgare l’idea attraverso convegni e dibattiti; si costituiscono anche organizzazioni o associazioni a favore del pensiero innovativo (fase del radicale dove cioè il nuovo pensiero rimane vietato ma iniziano a crearsi delle eccezioni). Il terzo stadio coinvolge i mezzi di comunicazione di massa che iniziano un pubblico dibattito ma ne parlano inserendo dei distinguo nell’ambito della discussione, cercando di coniare anche terminologie nuove e meno dirette ed impattanti rispetto al problema iniziale - che si percepiva come inconcepibile – e mettendo in evidenza anche i precedenti storici (fase dell’accettabile). Il passo successivo vede coinvolti alcuni studiosi ed esperti che hanno il compito di iniziare a presentare l’idea come accettabile solo in casi di estrema necessità o di eccezionalità; è in questo momento che viene infranto il velo dell’impensabile o impossibile (fase in cui l’idea diventa ragionevole). Da qui in poi l’argomento fa il suo ingresso in dibattiti sempre più ampi dove partecipano anche persone non esperte, opinionisti e persone comuni; si girano film o spot pubblicitari e incominciano a separarsi i gruppi in favorevoli, contrari o disinteressati. Personaggi famosi dello spettacolo, dello sport, della moda e gli influencer iniziano a schierarsi, peraltro sottolineando il concetto di relatività dello pseudo diritto, della libertà a tutti i costi di seguire qualsiasi idea anche qualora fosse estremamente aberrante, con la finalità di indurre la maggioranza a ritenere accettabile e condivisibile il nuovo pensiero. A questo punto il dibattito acquisterà una valenza politica: si chiederà al mondo politico di normare la nuova fattispecie (fase popolare). L’ultima fase vede la formazione di gruppi di potere che liberalizzano e legittimano del tutto l’iniziale idea considerata inconcepibile, ed anzi stigmatizzano i contrari accusandoli di intolleranza e di arretratezza culturale, dando luogo a dibattiti polemici; si promulgano leggi che consentono di insegnare nelle scuole le nuove impostazioni per far entrare definitivamente la nuova idea nel pensiero comune e di massa, in un percorso che porta verso forme di pensiero unico (fase politica della legalizzazione in cui la nuova idea diviene dogma).

La sequenza delle varie fasi evidenzia un percorso che va oltre il lavaggio del cervello; utilizzando sottili tecniche psico-sociologiche si induce il soggetto a ritenere che sia egli stesso ad avere quella determinata idea, e che il potere politico l’ha solo esplicitata e resa fruibile: è di fatto una manipolazione della coscienza di massa. Anzi alcune volte, attraverso la connivenza di personaggi che hanno molta popolarità ma davvero poco spessore umano e culturale, si fingono dei dibattiti, anche degli scontri estremi, con parti ben organizzate per trainare l’opinione pubblica verso ciò che il potere effettivamente vuole. In questo teatrino di assurdità, sarebbe interessante indagare, in modo approfondito, sui processi e gli stimoli psicologici che inducono la collettività a farsi trascinare da personaggi anche abbastanza discutibili, in una sorta di cieco e superficiale atteggiamento di affidamento.

Quindi la teoria di Overton sottolinea che in un determinato periodo si apre una finestra che, attraverso le fasi viste, può far fluire ed accettare idee o fatti sociali che altrimenti non sarebbero mai stati legittimati. Inoltre questa strategia offre una falsa visione del soggetto di potere che sembrerebbe trainato dagli eventi ma che in realtà ne è il subdolo sostenitore e se non avesse proceduto in questo modo non avrebbe potuto raggiungere l’obiettivo prefissato in quanto avrebbe potuto perdere il consenso sociale perché accusato di estremismo.

Ciò detto gli spunti di riflessione sono tanti; nell’esaminare quanto accaduto negli ultimi decenni potremmo identificare diverse situazioni che hanno visto il passaggio attraverso le varie fasi ipotizzate da Overton, dove si è premuto l’acceleratore soprattutto sul senso di urgenza e sullo screditamento delle notizie e delle informazioni non allineate ai centri di potere (spesso troppo rapidamente e volutamente identificate come fake news): crisi economiche, problemi climatici, questioni biologico-sanitarie, conflitti sociali, frequenti riforme della scuola. Dobbiamo riconoscere che l’esplicitazione di questa architettura sociale apre la mente allo smascheramento del processo di formazione e manipolazione dell’opinione pubblica; con la dovuta attenzione e con spirito critico è possibile comprendere la strategia che il potere politico ed economico usa e che si cela dietro il flusso di opinioni guidate da mass media, influencer e soggetti noti alla maggioranza del pubblico che, il più delle volte e a caro prezzo, si rendono disponibili ai potenti di turno. Di fatto negli anni più recenti abbiamo assistito, in modo più o meno esplicito, alla legittimazione di pensieri ed idee che hanno contribuito a distaccare e a porre in conflitto le generazioni (giovani contro adulti ed anziani e viceversa), a creare caos sociale, ad omologare costumi, radici, culture, gusti dei diversi popoli, appiattendo ed anestetizzando il pensiero dei singoli individui (il grande responsabile si può individuare nel processo di globalizzazione, anch’esso il prodotto dello svolgersi delle fasi individuate da Overton). Se volessimo vedere le persone dall’alto, senza troppo coinvolgimento emotivo, forse vedremmo una massa indistinta ed acritica di soggetti indotti tutti a pensare alla stesso modo, dove scatta la gogna mediatica e si viene emarginati se non ci si adegua a quello che il potere vorrebbe divenisse il pensiero unico: si assiste ad una sorta di demonizzazione delle idee opposte, che sono invece, se civilmente esposte e discusse, alla base del progresso umano (la teoria filosofica della tesi, antitesi, sintesi, produce un processo di crescita del pensiero, della mente e del cuore).

È netta la percezione che oggi si può avere circa la volontà dei centri di influenza del pensiero (centri di potere) di allontanare i giovani, che rappresentano la vera risorsa del futuro, dalle loro famiglie (e viceversa) e renderli il più possibile ignoranti, ma allo stesso tempo infarciti di nozionismo; solo così il popolo diventa manovrabile, perde le sue radici ed il senso di verità e di realtà. Far credere che la scienza e la tecnologia debbano avere il predominio rispetto alla spiritualità, al calore umano ed alla condivisione, è un’impostura. L’uomo è corpo, psiche e anima è una realtà complessa che non può sopravvivere in un mondo di solitudine e di materialismo. Oggi si condividono le informazioni e le notizie a distanza di migliaia di chilometri ma non ci si accorge della sofferenza e del disagio all’interno della propria famiglia. Emerge così un forte senso di individualismo ed egoismo - ci si distacca da una visione di collettività e di socialità - atteggiamenti che traghettano l’uomo verso forme di potere monocratico e verso linguaggi ed atteggiamenti di odio e di violenza.

L’essere umano preso nella sua solitudine è molto più vulnerabile e soggiogabile; se invece si organizza in gruppo può trasformarsi o in una belva violenta, se si nutre di rabbia e risentimento e fa il gioco del potere che intende dominare le masse (il famoso “branco”), oppure in un fascio di luce, in una guida per coloro che si sentono disorientati, se si nutre di sentimenti di condivisione e di fratellanza (le “comunità”). È allora abbastanza evidente che l’essere umano è il prodotto di ciò di cui si alimenta: il pensiero, l’anima, la coscienza se ascoltano e vivono “il bene”, i messaggi spirituali e filosofici (purché siano a favore dell’uomo e ne esaltino i sentimenti di solidarietà e amicizia fraterna), saranno in grado di creare un percorso di condivisione e di serenità. È evidente che occorre anche creare l’ambiente adatto - ognuno di noi è parte della collettività - ma purtroppo se non ci si rende conto di essere diventati tutti dei burattini sarà difficile smascherare i centri di potere; più passa il tempo e più sembra che questa deriva verso il pensiero unico sia inarrestabile. Occorre reagire: creare una coscienza critica e tentare di vedere in realtà chi e cosa ci sia dietro alle informazioni, rifiutare di essere traghettati verso forme di pensiero violente, cattive e buie che l’uomo saggio non può condividere, è necessario cercare di speculare e di approfondire le problematiche; è faticoso ma illumina la mente! Lavorare interiormente - aumentando le conoscenze e incentivando la riflessione, la lettura e l’ascolto - potrà forse aiutare ad arginare il “culto della superficialità e del relativismo” così vivo, purtroppo, nella società odierna.

A questo punto si pone una domanda d’obbligo: quello che oggi e quotidianamente pensiamo è frutto di un individuale, ed originale processo del nostro pensiero o siamo piuttosto imbrigliati in una strategia di manipolazione di massa?