Zambia

Lo Zambia si trova nell'Africa meridionale ed il suo territorio è dato in maggior parte da altopiani sui 1.000-1.500 metri d'altezza; l'economia di questo Paese è incentrata sullo sfruttamento delle risorse del sottosuolo (rame in primo luogo) e sull'agricoltura di piantagione.

 

 

 

 

Forma di governo Repubblica presidenziale
Superficie 752.612 Km²
Popolazione 19.611.000 ab. (censimento 2022)
Densità 26 ab/Km²

Capitale Lusaka (2.204.000 ab., 3.270.000 aggl. urbano)
Moneta Kwacha dello Zambia
Indice di sviluppo umano 0,565 (154° posto)
Lingua Inglese (ufficiale), idiomi bantu regionali
Speranza di vita M 60 anni, F 66 anni

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo Zambia, nella zona Sud dell'Africa, è un Paese senza sbocco sul mare caratterizzato da un territorio impervio e diverse specie di animali. Qui si trovano numerosi parchi e zone safari. Al confine con lo Zimbabwe sorgono le famose Cascate Vittoria, che gli indigeni chiamano Mosi-oa-Tunya, "il fumo che tuona". Le cascate si gettano per 108 m nel Batoka Gorge, provocando una caratteristica nebbiolina fatta di piccole gocce d'acqua. Poco dopo le cascate, il fiume Zambesi è attraversato da un ponte che offre una vista spettacolare.

 

Confini:

Repubblica Democratica del Congo

NORD
Tanzania aNORD-EST
Malawi adEST
Mozambico aSUD-EST
ZimbabweBotswana e Namibia aSUD
Angola a OVEST

 


Il confine fra Zambia e Botswana, lungo il fiume Zambesi, è il più corto al Mondo, dato che misura appena 150 metri; nel 2021 è stata completata la costruzione del Ponte Kazungula, che collega direttamente i due Paesi e che ha sostituito il servizio di traghetti precedentemente in funzione

Buona parte del territorio dello Zambia è caratterizzato dall'alternarsi di una serie di altopiani, con altezze in genere di poco superiori ai mille metri; questi sono interrotti da valli fluviali, zone collinari e modeste catene montuose che in poche occasioni superano, ma non di molto, i duemila metri, specialmente verso il confine nord-orientale col Malawi, dove troviamo le cime più elevate del Paese, nelle Mafinga Hills (2.339 m. come altezza massima).

Lo Zambia è abbastanza ricco di acque, sia per quanto riguarda i fiumi, che per quel che concerne i laghi; lo Zambesi (2.700 Km in totale) è di gran lunga il fiume principale (quarto per lunghezza in Africa), dato che raccoglie buona parte delle acque del Paese, esso nasce nello Zambia, ma dopo poche decine di chilometri entra in Angola, prima di ritornare in Zambia e segnare poi a sud una parte del confine con la Namibia ed interamente quelli con Botswana (150 metri soltanto in realtà) e Zimbabwe, quindi entra in Mozambico e si getta infine nell'
Oceano Indiano; Kafue (1.600 Km) e Luangwa (800 Km) sono invece i corsi d'acqua più lunghi a scorrere interamente nel Paese, entrambi sono affluenti dello Zambesi.

Nella parte nord-orientale del Paese sono presenti diversi bacini lacustri naturali, a partire dal Lago Tanganica (2.100 Km² la parte dello Zambia, 32.893 Km² in totale), il secondo più grande dell'Africa, di cui lo Zambia ha però solo l'estremità meridionale; più ad ovest troviamo poi il Lago Mweru (5.120 Km² in totale), condiviso con la Rep. Democratica del Congo ed il poco profondo (appena 5 metri al massimo) Lago Mweru Wantipa (1.500 Km²); abbiamo inoltre, circa 200 chilometri più a sud, il Lago Bangweulu (3.000 Km²), altro bacino con profondità modeste, ma che durante la stagione delle piogge si espande nelle vicine zone paludose fino ad un massimo di circa 15.000 Km²; importante infine per motivi energetici il Lago Kariba (5.580 Km² in totale), bacino artificiale diviso con lo Zimbabwe.



Lo Zambia è uno dei Paesi africani senza sbocchi sul mare, ma ha comunque diverse isole nei laghi appena citati, spesso vere e proprie oasi per la fauna selvatica, le maggiori sono Kilwa nel Lago Mweru e Mbabala nel Bangweulu, più altre nel Kariba, originatesi in contemporanea alla nascita di questo bacino artificiale.



Il clima è tropicale, temperato in buona parte del Paese dall'altitudine e vede la successione di due stagioni, una secca fra Aprile ed Ottobre ed una umida e piovosa fra Novembre e Marzo, con temperature medie comprese fra i 15°C di Luglio ed i 23°C di Ottobre e Novembre per quanto riguarda la capitale, che sorge a quasi 1.300 metri d'altezza; le precipitazioni sono nel complesso discrete, maggiori nell'area più settentrionale dello Zambia e più ridotte a sud-ovest dove troviamo zone più aride.

 Lo Zambia è suddiviso a livello amministrativo in 10 province ed ha un tasso di urbanizzazione del 40%, in leggera crescita negli ultimi anni; il centro urbano più importante è la capitale Lusaka (2.204.000 ab., 3.270.000 aggl. urbano), l'altra zona più popolata è quella mineraria vicina alla Repubblica Democratica del Congo, a nord di Lusaka, dove si trovano Kitwe (662.000 ab.) e Ndola (625.000 ab.), le altre due città che superano il mezzo milione di abitanti.

Nel Paese vivono una settantina di gruppi etnici differenti, quasi tutti di origine bantu (90%), di questi i più numerosi sono i Bemba (21%), i Tonga (13,5%) ed i Chewa (7,5%), vi sono poi piccole minoranze europee ed asiatiche; lo Zambia dal 1996 è costituzionalmente una Nazione cristiana, in maggior parte protestante (75%) ed in misura minore cattolica (20%), anche se diverse persone praticano tuttora riti animisti tradizionali, mentre il 2% è musulmano.

 

 Nell'Africa meridionale lo Zambia è il Paese che presenta la maggiore diversità di fauna ed inoltre ha ancora ampie zone modificate nel tempo solo marginalmente dall'uomo, può inoltre contare su paesaggi notevoli, primo fra tutti quello delle Cascate Vittoria lungo il corso dello Zambesi.

 

Nel periodo 1852-56 Livingstone esplorò l'entroterra africano, scoprendo, lungo il corso del fiume Zambesi, le cascate Vittoria, cui diede il nome dell'allora regina d'Inghilterra. Livingstone fu uno dei primi europei a fare un viaggio transcontinentale attraverso l'Africa. Lo scopo del suo viaggio era di aprire nuove vie commerciali e di accumulare informazioni utili sul continente africano. In particolare, Livingstone era un sostenitore delle missioni e del commercio nell'Africa centrale. Tornò in Inghilterra per ottenere un sostegno a queste sue idee e per pubblicare un libro sui suoi viaggi. Fu in questo periodo che si dimise dalla società missionaria alla quale apparteneva.


Livingstone ritornò in Africa a capo di una spedizione con lo scopo di esplorare il fiume Zambesi. Mentre esplorava lo Zambesi, le missioni da lui volute in Africa centrale e orientale si estinsero in modo disastroso, con quasi tutti i missionari morti di malaria o di altre malattie. Il fiume Zambesi si rivelò essere non navigabile per lunghi tratti, a causa di una serie di cateratte e rapide che Livingstone non era riuscito a esplorare nei suoi viaggi precedenti.

L'artista Thomas Baines fu cacciato dalla spedizione con l'accusa di furto, che egli respinse sempre con vigore. Ad eccezione di un ingegnere di nome George Rae, gli altri occidentali o morirono o rinunciarono. Mary, la moglie di Livingstone, morì il 27 aprile 1862 di malaria cerebrale, ma Livingstone continuò le sue esplorazioni e infine tornò in Inghilterra nel 1864. La spedizione fu considerata un fallimento da molti giornali britannici del tempo e Livingstone ebbe grosse difficoltà a raccogliere fondi per esplorare ulteriormente l'Africa.

Nel marzo 1866 Livingstone tornò in Africa, in Tanganica, da dove cominciò a cercare la sorgente del NiloRichard Francis BurtonJohn Hanning SpekeSamuel Baker avevano in precedenza quasi correttamente identificato sia il lago Alberto sia il lago Vittoria come sorgenti, ma la questione era ancora dibattuta. Nel cercare la sorgente del Nilo, Livingstone si spinse in realtà troppo ad ovest, fino a raggiungere il fiume Lualaba, che altro non è che la parte iniziale del fiume Congo, ma che egli erroneamente considerò essere il Nilo.

a ricerca da parte di Stanley, malattia e morte[modifica | modifica wikitesto]

La missione del 1866 alla ricerca della sorgente del Nilo aveva una durata prevista di due anni; ne passarono cinque e non si avevano più sue notizie da molto tempo e molti pensarono fosse morto.

In realtà era vivo, malato e debilitato dai viaggi e dall’ennesima malaria, scriveva lettere per mettersi in contatto con la madrepatria, che però non arrivavano ai destinatari, o che comunque non le condividevano. Solo uno dei suoi 44 dispacci arrivò fino a Zanzibar.

Nel 1869 il direttore e fondatore del New York Herald incaricò Henry Morton Stanley di “trovare Livingstone”, intuendo la notevole portata di un articolo sul ritrovamento dell’esploratore.

Stanley non era mai stato in Africa, ma si organizzò e in breve partì per il continente. Fece una prima sosta in Egitto, dove era appena stato inaugurato il Canale di Suez. In una lettera mandata al giornale scrisse: «Se è vivo, sentirete quel che ha da dire. Se è morto, lo troverò e vi porterò le sue ossa».

Henry Morton Stanley trovò Livingstone nella città di Ujiji, sulle sponde del lago Tanganica il 10 novembre 1871 dove, secondo le ultime informazioni di cui era entrato in possesso, poteva trovarlo.

Trovò il famoso esploratore circondato da molte persone incuriosite dall’arrivo di un altro bianco. Secondo quello che Stanley scrisse in seguito nel libro How I Found Livingstone[2] (che nella versione italiana è Come ritrovai Livingstone in Africa centrale), così si svolse il primo colloquio tra i due esploratori:



«Dr Livingstone, I presume?»

 

«Il dr. Livingstone, presumo»

(chiese Stanley)

() 

«Yes, I feel thankful that I am here to welcome you.»

() 

«Sì, e sono grato di essere qui a darvi il benvenuto»

(rispose Livingstone)



Questo episodio è rimasto famoso per le parole con le quali si dice che Stanley abbia per la prima volta salutato Livingstone: i due erano gli unici due europei in Africa nel raggio di centinaia di chilometri e si salutarono come se si vedessero a un ricevimento. Un episodio riportato in seguito più volte come esempio di quanto la formale e seria morale vittoriana fosse compenetrata e assimilata nel popolo britannico.

I dubbi sul fatto che quell’incontro sia avvenuto in quel modo, con quelle esatte parole, hanno diverse motivazioni: principalmente perché nel diario di Livingstone non se ne fa menzione; inoltre è un po' sospetto che dal diario di Stanley manchino proprio le pagine su quel momento, forse perché strappate. Secondo gli appunti di Livingstone ci sono i motivi per credere che l'incontro fosse avvenuto anche un po' di tempo prima, ovvero negli ultimi giorni di ottobre.

Stanley si unì a Livingstone e i due per un anno continuarono insieme a esplorare il nord del Tanganica, poi Stanley partì. Chiese più volte a Livingstone di andarsene con lui, ma il dottore, a dispetto delle sue sollecitazioni, era determinato a non lasciare l'Africa fino a quando la sua missione non fosse stata completata. Dopo essersene andato, Stanley s'impegnò perché all'esploratore arrivassero provviste e medici, ma nel 1873 Livingstone morì in Zambiadi malaria e per una emorragia interna. Gli furono tolti sangue e viscere, lo coprirono di sale, facendolo seccare al sole e poi fu portato per oltre mille miglia dai suoi leali assistenti Chumah e Susi fino a Zanzibar. Infine la salma ritornò in Inghilterra per essere sepolta nell'abbazia di Westminster; il suo cuore venne invece sepolto nel luogo dov'era morto, sul lago Bangweulu, a Chitombal.

Grandi imprese

Durante i suoi viaggi percorse un totale di quasi 50 000 chilometri, una distanza superiore alla lunghezza dell’Equatore.

Fu il primo occidentale a raggiungere le cascate Vittoria, nominate così da lui in omaggio alla regina britannica di allora.

UIII



Fu il primo occidentale ad attraversare l’Africa in orizzontale, dall’odierna Angola fino al Mozambico.

Attraversò per due volte la regione desertica del Kalahari, di cui la seconda con la moglie e alcuni bambini piccoli.

Trovò la sorgente del fiume Congo.

Mappò il corso del fiume Zambesi e fornì svariate informazioni su luoghi di cui l'Europa non sapeva nulla.


La ricerca di Livingstone da parte di Stanley viene rappresentata nel film Stanley and Livingstone (L'esploratore scomparso) di Henry King del 1939, con Spencer Tracy nel ruolo di Stanley.

  • La storia del rapporto tra Livingstone e Stanley è raccontata nel film per la televisione di Simon Langton del 1997 Forbidden Territory: Stanley's Search For Livingstone (in versione italiana: Terra proibita: in cerca di Livingstone).

  • Il personaggio di Livingstone ha un ruolo nel film Le montagne della luna di Bob Rafelson (1990), in cui accredita

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Chi era livingstone





Livingstone era nato a Blantyre, nel mezzo della Scozia, nel 1813. Secondo di sette figli, già a dieci anni fu mandato a lavorare in cotonificio, dove il suo compito era stare sdraiato sotto ai macchinari per unire tra loro i fili di tessuto che si rompevano. Era un ragazzino ed era un lavoraccio, ma quel cotonificio era comunque migliore di altri perché, dopo i suoi lunghi turni, gli permetteva di frequentare una scuola. Il giovane Livingstone si appassionò allo studio, imparò il latino, mise da parte qualche soldo e si iscrisse all’università di Glasgow per studiare medicina.Intanto, era diventato anche un convinto cristiano, cosa che lo indusse a fare il missionario. La sua idea iniziale era di andare a evangelizzare in Asia, ma la prima delle due guerre dell’oppio, combattuta tra il 1839 e il 1842, gli fece cambiare piani. Partì quindi per l’Africa e nel 1841 arrivò a Città del Capo, nell’odierno Sudafrica.

Tuttavia, come ha raccontato Historic UK, il suo obiettivo non era solo convertire quanti più africani possibile. «Puntava anche a scoprire la sorgente del Nilo Bianco (a quella del più piccolo Nilo Azzurro già ci era arrivato un secolo prima un altro scozzese)». Non trovò mai la sorgente, e pare peraltro sia stato un missionario di scarsissima efficacia. Ma fu comunque un grande esploratore, forse il più grande tra quelli che nell’Ottocento andarono in Africa, e per una bizzarra via traversa fu comunque responsabile della diffusione del cristianesimo in una zona del continente.

Da esploratore Livingstone fece tre grandi viaggi, durante i quali percorse un totale di quasi 50mila chilometri, una distanza superiore alla lunghezza dell’equatore. Fu il primo occidentale a raggiungere quelle che scelse di chiamare Cascate Vittoria in omaggio alla regina britannica di allora. Fu, sempre per quanto ne sappiamo, il primo occidentale ad attraversare l’Africa in orizzontale, dall’odierna Angola fino a quello che oggi è il Mozambico. Attraversò per due volte la regione desertica del Kalahari (la seconda delle quali con la moglie e alcuni bambini piccoli), trovò la sorgente del fiume Congo e, da ottimo cartografo quale era, mappò il corso del fiume Zambesi e fornì svariate informazioni su luoghi di cui l’Europa non sapeva nien«Non è esagerato dire» ha scritto Historic UK «che i primissimi astronauti che andarono sulla Luna conoscevano più cose su quel posto di quante non ne sapessero gli esploratori vittoriani sul centro dell’Africa».

In riferimento invece alle attività di proselitismo di Livingstone, qualche anno fa BBC scrisse: «le stime sul numero delle persone che convertì durante i tre decenni passati in Africa variano da uno a nessuno, e la variazione dipende dal fatto che Livingstone stesso rinnegò la persona che aveva convertito giusto qualche mese dopo averla battezzata». Il convertito era Sechele, leader di una tribù in cui Livingstone andò come missionario. Pare che si guadagnò le simpatie di Sechele dopo aver causato involontariamente la morte di un suo rivale, donandogli polvere da sparo, insegnandogli poi a scrivere e convincendolo a convertirsi.

Emersero però due problemi. Il primo era che Livingstone era contrario alla pratica di riti propiziatori per invocare la pioggia, e sembra che quello fosse un periodo di siccità e che proprio Sechele fosse solito guidare quei rituali. Il secondo era che Sechele palesò una certa insofferenza all’idea di rinunciare a quattro delle sue cinque mogli. Livingstone desistette e rinnegò la conversione di Sechele.

Oltre che per le esplorazioni e le mancate conversioni, Livingstone è noto perché – seppur con certe incoerenze e con una mentalità da uomo del suo tempo – era contrario alla schiavitù. Cercava comunicazione e collaborazione con le popolazioni indigene e credeva nella sostituzione della schiavitù con pratiche commerciali meno disumane. Un suo motto, tra l’altro scritto vicino al suo monumento nei pressi delle Cascate Vittoria era: «cristianità, commercio e civilizzazione».

 

 

 

Anche dopo essere diventato famoso e assai richiesto quando gli capitava di tornare nel Regno Unito, Livingstone continuò a viaggiare e nel 1866 partì per una nuova spedizione verso la sorgente del Nilo Bianco. La missione aveva una durata prevista di due anni, ma ne passarono cinque senza sue notizie e molti pensarono fosse morto. In realtà era vivo, anche se malato e debilitato dai viaggi e dall’ennesima malaria. Scriveva pure lettere, che però non arrivavano ai destinatari, o che comunque non le condividevano.

 

 

 

 

 

 

 

Chi era Stanley

Arrivò invece da lui Stanley, dopo una vita altrettanto movimentata.

Henry Morton Stanley era nato a a Denbigh, nel nord del Galles, nel 1841, l’anno in cui Livingstone partiva per la prima volta per l’Africa. Allora, però, Stanley si chiamava John Rowlands. Ebbe un’infanzia difficile e un’adolescenza non semplice, e a 17 anni trovò lavoro su una nave diretta verso l’America. Una volta arrivato prese piuttosto alla lettera il concetto di “farsi una nuova vita” e sostennedi essere Henry Morton Stanley, il figlio adottivo di un mercante di cotone. Il mercante esisteva davvero, ma non è certo che i due si siano mai incontrati né tantomeno che l’avesse adottato.

L’uomo ormai noto come Henry Morton Stanley finì a combattere nella Guerra di secessione americana, prima con i Confederati e poi con gli unionisti. Dopodiché disertò, fece il marinaio, abbandonò la nave, girò il West e finì a fare il giornalista. Nel 1869 il direttore e fondatore del New York Herald gli disse di “trovare Livingstone”, intuendo la notevole portata di un articolo sul ritrovamento dell’esploratore.

Stanley, che non era mai stato in Africa, si organizzò e partì per il continente, tra l’altro con una prima sosta in Egitto, dove era stato inaugurato il canale di Suez. In una lettera mandata al giornale scrisse: «Se è vivo, sentirete quel che ha da dire. Se è morto, lo troverò e vi porterò le sue ossa».

 

Dopo un viaggio assai complesso, tra l’ottobre e il novembre 1871 Stanley arrivò, insieme a quel che restava della sua spedizione, nei pressi del lago Tanganica, dove secondo le ultime informazioni che aveva raccolto poteva trovarsi Livingstone.

In effetti c’era, circondato dalle molte persone incuriosite dall’arrivo di un altro bianco. Secondo quanto Stanley avrebbe scritto in seguito, prima per il New York Herald e poi nel libro How I Found Livingstone (che nella versione italiana è Come ritrovai Livingstone in Africa centrale), le prime parole le disse lui. Le pronunciò motivate dall’emozione, dalla deferenza e dall’imbarazzo nel non sapere se abbracciare o meno l’oggetto delle sue ricerche, e furono appunto «Doctor Livingstone, I presume». «Doctor Livingston, suppongo». «Sì, e sono grato di poter essere qui ad accoglierla» rispose Livingstone.

I dubbi sul fatto che quell’incontro avvenne in quel modo, con quelle esatte parole, hanno diverse ragioni. Anzitutto, nel diario di Livingstone non se ne fa menzione. Inoltre è quantomeno sospetto che dal diario di Stanley manchino, forse perché strappate, le pagine su quel momento. Stando agli appunti di Livingstone ci sono inoltre motivi per credere che l’incontro avvenne anche un po’ prima, negli ultimi giorni di ottobre.

Sta di fatto che Stanley trovò Livingstone. I due si fecero compagnia per un po’ e, per quanto lo consentivano le precarie condizioni del secondo, fecero pure qualche giro nei dintorni. Stanley lo invitò a tornare in Europa con lui, ma Livingstone restò lì. Andandosene, Stanley si adoperò perché a Livingstone arrivassero provviste e medicine.

 

Livingstone morì meno di due anni dopo, a sessant’anni, nel maggio del 1873. Quelli che erano stati i suoi assistenti gli tolsero sangue e viscere, lo coprirono di sale, lo fecero seccare al sole e lo portarono  fino a Londra, dove è sepolto a Westminster Abbey.

Stanley tornò, raccolse i frutti del suo grande scoop e descrisse Livingstone con ammirazione e rispetto. «Suo è l’eroismo degli spartani, sua l’inflessibilità dei romani, sua è la perenne risolutezza degli anglosassoni», scrisse.



Nel 1873 tornò in Africa, sempre per conto del New York Herald, come corrispondente di guerra. Dopodiché fu a sua volta esploratore, da un certo punto in poi per conto di Leopoldo II del Belgio, aprendo quindi la strada – non è chiaro quanto volontariamente o quanto invece suo malgrado – alla violenta colonizzazione belga di ampie zone dell’Africa. Gli ultimi anni della sua vita li passò tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia, e morì a Londra nel 1904.


Sechele, invece, vide Livingstone per l’ultima volta nel 1852. Lo incontrarono alcuni anni dopo alcuni missionari arrivati nell’odierno Zimbabwe, piuttosto sorpresi nel vedere che molte persone già conoscevano preghiere e riti cristiani. «Sechele li aveva battuti sul tempo», come scrisse BBC. Convinto della sua personale via al cristianesimo aveva infatti continuato a praticare, convincendo sempre più persone, di sempre più tribù, a fare lo stesso. Alla sua morte, nel 1892, aveva un seguito – religioso, ma non solo – di circa 30mila persone.