Il processo di lobbying: storia e significato
di Alessandra Di Giovambattista
L’attività di lobbying, ossia il tentativo da parte di gruppi o singoli individui di influenzare l’attività e le decisioni del Governo di una Paese, sembra abbia origine nel XVIII secolo negli attuali Stati Uniti d’America. Il termine inglese lobby traduce specificatamente la “loggia”, ossia il luogo considerato come tribuna parlamentare riservata al pubblico. I soggetti portatori di interessi propri o di gruppo, svolgono attività di influenza e pressione sul sistema politico; tale modalità di azione viene definita lobbying, in italiano lobbismo. Lobby è una parola che deriva dal tardo latino, medioevale: “laubia” con significato di loggia, portico. Secondo alcuni autori la parola lobby venne usata per la prima volta da Thomas Becon, nel seconda metà del 1500, poi sembra ripresa da William Shakespeare nell’opera Enrico IV, volendo indicare il “passaggio”, il “corridoio”. Altri fanno derivare la parola inglese lobby dall’antica lingua tedesca “lauba” (chiaramente derivata dal tardo latino, come su detto) con il significato di deposito di documenti. Tuttavia fu nel XIX secolo (intorno al 1830) che il termine lobby andò ad indicare, nella “Camera dei Comuni”, la grande anticamera in cui i membri del parlamento inglese usavano esprimere il proprio voto durante una sessione di “division”, ossia di votazione. Successivamente il termine fu usato per individuare la zona del Parlamento in cui i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del Parlamento per perorare i propri interessi; con il termine lobby furono quindi indicate le anticamere di fronte alle aule in cui le decisioni parlamentari venivano prese. Si iniziò così, durante il XIX secolo, ad utilizzare il termine lobbyist e lobbying per indicare rispettivamente i soggetti portatori di interessi specifici e le loro attività.
Quindi in senso lato la parola lobby indica il gruppo di pressione che si riunisce per incontrare i parlamentari e portare avanti interessi di gruppi o personali. Così il termine è approdato anche nella nostra lingua che, con terminologia essenzialmente giornalistica, indica i gruppi di potere/interesse con lobbies, i soggetti come lobbisti, e le attività di pressione in attività di lobbying. I gruppi di pressione, spesso rappresentati anche da ditte professioniste specializzate nell’offrire servizi di lobbying, sono quindi gruppi organizzati di individui o aziende che tentano, con varie strategie di influenzare le decisioni che le istituzioni intendono prendere per favorire determinati interessi; molti sono i modi e le forme in cui tali gruppi provano a condizionare il potere legislativo. Alcune volte le modalità di azione possono non essere sempre trasparenti o legali, ad esempio si possono usare pratiche di corruzione, traffico di influenze illecite per corrompere pubblici ufficiali, divulgazione di notizie propagandistiche attraverso i media con la finalità di raggiungere determinati obiettivi.
In Italia, come anche nel resto dei paesi Europei, il lavoro del lobbista non gode di buona fama, spesso viene ricondotto a scandali, alla corruzione ed alla concussione, ed i lobbisti sono considerati solo come portatori di interessi particolari, contrari a quelli generali; in particolare, l’associazione internazionale contro la corruzione - la Trasparency International Italia – ha individuato tre cause che fanno intravedere l’attività di lobbying come un’attività riconducibile a discutibili pratiche di influenza socio-politica. Una prima causa, di natura storica, è riconducibile al peso che la rivoluzione francese ed il pensiero di Rousseau hanno avuto sulle modalità di espressione della volontà popolare: quest’ultima è considerata come il prodotto della volontà dello Stato espressa unicamente attraverso l’attività legislativa e non già come possibile mediazione tra parti rappresentanti differenti interessi. Altro aspetto, riconducibile ai criteri dettati dalla Costituzione italiana, si ritrova nel fatto che i partiti politici sono visti come gli unici attori che possono intervenire e mediare con le istituzioni. Il terzo motivo risiede nella mancanza di regolamentazione e di trasparenza delle attività di rappresentanza di interessi che le fanno percepire come pratiche non lecite e negative. Indubbiamente in Italia e nel mondo non mancano scandali che contribuiscono a conferire un’alea di negatività alle attività di lobbying; si rammentano gli scandali legati ad associazioni segrete finalizzate al controllo e all’ingerenza negli appalti e negli incarichi pubblici che hanno coinvolto politici, magistrati ed imprenditori (le cosiddette logge “P3” e “P4”, fenomeni degli anni 2010/2011), o più recentemente gli scandali che hanno creato il caso di “Mafia Capitale” nel 2015, che ha evidenziato il legame tra politica e criminalità organizzata sul territorio romano.
Tuttavia il fenomeno del lobbismo non può essere relegato e ricondotto frettolosamente alle pratiche malavitose, ci sono di fatto organizzazioni che cercano di stabilire delle regole di trasparenza e responsabilità alle attività di lobbying al fine di cooperare con la sfera politica e la società civile anche in ambiti meritori quali l’ambiente, la giustizia, l’equità e l’uguaglianza: è il caso di “The good lobby”. Quest’ultima è un’organizzazione non profit la cui missione, così come la autodefiniscono, è quella di democratizzare l’accesso alle decisioni pubbliche; cerca di realizzare l’obiettivo attraverso la sensibilizzazione dei cittadini, dei movimenti, dei gruppi e delle organizzazioni del terzo settore sull’importanza di occuparsi della politica economica, al fine di influenzare le scelte dei decisori pubblici verso le migliori opportunità. Sottolinea ancora che la loro attività è in primis rivolta alla formazione dei soggetti che seppur portatori di interessi condivisi faticano ad essere coinvolti nei processi decisionali o non hanno risorse e strutture per poterlo fare.
Quindi un gruppo di interesse si attiva con la finalità di influenzare le decisioni del potere legislativo ed esecutivo, delle Authority e degli enti pubblici e più in generale della pubblica amministrazione tutta. In Europa tale attività si verifica presso la Commissione europea a Bruxelles e in misura inferiore presso il Parlamento a Strasburgo; negli Stati Uniti d’America i gruppi di interesse agiscono sul Congresso e sui vertici dell’esecutivo, a cui capo troviamo il presidente degli USA. Qui i lobbisti hanno un elevato ed eterogeneo grado di istruzione - spaziando dalla formazione giuridica a quella più specifica in medicina, biologia, ingegneria, ecc – e retribuzioni molto alte; circa la metà dei parlamentari che non vengono riconfermati nelle elezioni successive diventano lobbisti, andando ad aumentare la schiera di soggetti rappresentanti di imprese, università, professioni, associazioni, enti, nazionali ed esteri (così creando il fenomeno delle “porte girevoli” evidenziato in Europa, come vedremo). Seguendo questo sistema di produzione di leggi – così come sostiene un aneddoto diffuso nel Congresso Americano – per conoscere a fondo un progetto di legge è utile ascoltare sia li lobbista a favore sia quello contrario al provvedimento!
Secondo Luigi Graziano, politologo e professore universitario, il lobbying si presenta come “libero mercato dei gruppi di pressione organizzati in competizione pura e perfetta per ottenere accoglimento dell’interesse rappresentato presso il decisore politico”; le lobbies viste finora come sinonimo di corruzione, incominciano invece a prendere il loro spazio e sono sempre più presenti nella vita dei sistemi democratici, per lo più dei sistemi politici di tipo liberal democratico, come quello degli USA in cui lo Stato ha una presenza minimale, mentre la società civile, molto attiva, presenta una maggiore articolazione degli interessi ed una grande capacità di aggregarli in finalità comuni e dai connotati socio-economici.
Pertanto oggi lo studio dei processi di lobbying assume un grande rilievo per capire il funzionamento delle democrazie moderne; soprattutto in questa epoca di globalizzazione in cui per le aziende il dialogo diretto con la compagine politica diviene anche un campo per ottenere vantaggi competitivi e sviluppare tattiche finora non sperimentate. In un contesto di buona regolamentazione le attività di pressione possono svolgere un attivo e positivo processo di sviluppo; in mancanza di regole invece questo stesso processo può divenire foriero di ingiustizie e di creazione di leggi contrarie all’interesse pubblico ed al bene sociale.
In Italia, fino a poco tempo fa, non si aveva una regolamentazione delle attività di pressione e quindi la visibilità del fenomeno era ricondotta alla suddette pratiche illegittime e poco trasparenti, con il conseguente rigetto delle figure dei lobbisti e del loro operato. Il primo serio esercizio di regolamentazione del lobbismo si ha con il regolamento della Camera dei deputati, dove i gruppi di interesse sono stati normati nel regolamento parlamentare che pur avendo perso di efficacia nel 2017, ha continuato ad essere rispettato in mancanza di altro. Si introducono diversi parametri per cercare di definire varie situazioni e soggetti: viene definita in primo luogo la figura del lobbista; si introduce un registro elettronico pubblico obbligatorio per chi vuole avere un incontro con i parlamentari; si prevede il divieto di iscrizione per coloro che sono stati condannati in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione; si obbligano gli iscritti al registro a presentare ogni anno una relazione sull’attività di rappresentanza degli interessi. Finora quindi in Italia la regolamentazione del fenomeno delle lobbies non è completa e rigorosa in quanto manca: una legislazione nazionale, un registro nazionale per i lobbisti, una regolamentazione delle sanzioni applicabili a coloro che non rispettano le norme in materia, un codice di condotta che si applichi sia ai lobbisti sia ai parlamentari e ai funzionari governativi. Il 12 gennaio del 2022, in Italia, è stato approvato dalla Camera dei deputati un disegno di legge che regolamenta l’attività di lobbying.
In Europa, tuttavia le cose sono diverse; Bruxelles è la seconda capitale del lobbying dopo Washington; nel 2021 gli organi Europei hanno adottato nuove regole, redendo obbligatoria l’iscrizione dei rappresentanti d’interesse al registro per la trasparenza, nel caso intendano svolgere attività di pressione che puntino ad influenzare gli ambiti legati al processo di decisione e di creazione legislativa e di politica. L’iscrizione al registro è subordinata al rispetto di un codice di condotta comune per tutti i lobbisti, mentre i parlamentari sono obbligati a rendere pubblica la lista degli incontri con i portatori di interesse. Ovviamente non sono tutte rose e fiori; anche in un sistema regolamentato si possono avere delle falle; nel report del 2017 dell’Unione europea, si è evidenziato il problema delle cosiddette “porte girevoli”: i politici e gli ex commissari europei finito il loro mandato entrano a far parte delle organizzazioni di lobbying esprimendo così forza ed influenza nei processi di produzione delle norme, nonostante non siano stati rieletti e sfruttando le conoscenze ed il potere guadagnatosi durante i mandati. Si stima che a Bruxelles siano presenti circa 15.000 lobbisti che difendono ogni forma di interesse; il fenomeno è in costante ascesa e ciò è dovuto al fatto che la legislazione europea è sempre più presente ed invasiva nella sostanza dei procedimenti legislativi delle istituzioni parlamentari nazionali dei diversi Stati europei.
Sicuramente la regolamentazione del fenomeno del lobbismo contribuirà alla trasparenza del sistema di formazione delle leggi e delle pressioni socio/economiche da parte dei gruppi di interesse; tuttavia è innegabile che sarà necessario vigilare perché dove c’è denaro e dove si formano relazioni personali e circolano informazioni, i responsabili politici divengono molto sensibili e vulnerabili. Per sua natura l’attività di lobbying è associata ad un alto rischio di corruzione, conflitto di interessi, traffico di influenze, connivenze e scambi di favore. Gli scandali nel modo del lobbying sono sempre presenti e secondo Trasparency International i livelli di corruzione percepiti in Italia sono molto più elevati che negli altri Paesi europei e si chiede pertanto che norme etiche e trasparenti consentano un recupero di fiducia da parte dei cittadini.
Tuttavia un ruolo importante lo gioca anche l’informazione; qui si apre un altro tasto dolente. Purtroppo il nostro sistema di gestione e somministrazione delle informazioni è esso stesso spesso corrotto e asservito al potere politico-economico: in una simile situazione come si possono raccogliere informazioni trasparenti al fine di verificare la correttezza del comportamento del politico e del responsabile amministrativo? Si vede chiaramente la criticità del sistema laddove il cittadino non può essere messo in grado di conoscere il fatto puro e semplice salvo successivamente farsi un’opinione personale sulla scelta migliore da prendere escludendo dalla mercato delle informazioni ogni sedicente opinionista, il più delle volte assoldato dai poteri forti? Come possiamo noi difenderci da un’informazione malata e nel futuro sempre più controllata da forme di governo delle notizie gestite da intelligenze artificiali a cui si farà dire ciò che i poteri forti vorranno farci credere? Sono i cittadini il vero ago della bilancia che dovrebbero giudicare la correttezza del comportamento dei politici/amministratori della cosa pubblica e quindi dovrebbero poter osservare e giudicare ed avere il diritto di sapere cosa sta realmente accadendo nel processo di elaborazione delle politiche socio-economiche.
In più un sistema equo e trasparente dovrebbe prevedere anche forme di responsabilità immediatamente denunciabili da parte dei cittadini elettori che dovrebbero poter segnalare qualsiasi illecito commesso da funzionari amministrativi e politici ai competenti organi di controllo e giustizia, senza temere ripercussioni o ritorsioni personali.
In mancanza di verità e di trasparenza sui fatti realmente accaduti ed in mancanza di un robusto sistema giudiziario e sanzionatorio, che restituisca e garantisca ad ognuno il dovuto, anche quella parte di informazione pulita ed indipendente non potrà fare molto per denunciare illeciti e corruzione; l’impatto reale di un potente gruppo di interessi potrà così rimanere nascosto ed impunito agli occhi della società, tutta, impedendo una giusta e legittima reazione ad un illecito politico ed amministrativo da parte della società civile.