Le comunità energetiche verso il futuro: funzionamento, costi, benefici
di Alessandra Di Giovambattista
Continuiamo l’approfondimento sulle comunità energetiche, siano esse CER (comunità energetiche rinnovabili) oppure AC (gruppi di autoconsumo collettivo); abbiamo visto che il concetto di energia condivisa implica la possibilità di utilizzo anche da parte di soggetti che si trovano in prossimità del punto di produzione, pur non essendo essi stessi produttori di energia rinnovabile. Si evidenzia che in tal caso la direttiva comunitaria prevede anche degli incentivi. Il concetto di condivisione è definito sia da un fattore spaziale sia temporale: la contemporaneità tra produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e consumo che avviene per il tramite della rete nazionale. Oltre a AC e CER, esistono gli auto consumatori individuali a distanza, direttamente connessi tra loro o collegati dalla rete di distribuzione e le Comunità Energetiche dei cittadini (CEC) già previste dalla Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica (Direttiva UE 2019/944). Si tratta però di realtà al momento marginali.
Per quanto riguarda i vantaggi derivanti dalla comunità energetiche, in qualunque forma esse si presentino, occorre evidenziare sin da subito che non può parlarsi di soli benefici economici, ma anche di tipo sociale ed ambientale. Secondo le indicazioni contenute nella direttiva UE, le comunità energetiche devono rappresentare un valore per il singolo, per la sua casa e per l’ambite circostante, proprio grazie all’uso di fonti di energia rinnovabile ed al ruolo primario della condivisione che presenta un valore educativo e sociale.
Dal punto di vista dei vantaggi economici si evidenzia che l’adesione ad una CER comporta:
- il risparmio sulla spesa energetica: chi auto produce ed auto consuma non preleva energia dalla rete ed ha quindi il massimo del risparmio; questo incentivo è definito premio di ritorno ed ha lo scopo di incentivare i partecipanti a spostare i loro consumi in sincronia con la produzione. Ogni ora il Gestore dei servizi elettrici (GSE) valuta l’energia condivisa a cui corrisponde un premio di ritorno che varia, al massimo, tra i 10 ed i 14 € per KWh a seconda delle caratteristiche della comunità. Ovviamente il premio di ritorno è nullo qualora non si produca energia (nel caso del fotovoltaico è dopo in tramonto e fino all’alba). E’ il GSE che mensilmente produce i calcoli sommando i premi orari e versa la somma totale al referente della Comunità; da sottolineare che la rete ed i contatori rimangono in mano esclusivamente al distributore locale per cui i consumatori pagheranno al venditore i consumi in bolletta come in precedenza, salvo poi il GSE fare i conteggi ed inviare, a posteriori, gli incentivi.
- La remunerazione per l’energia immessa in rete e non consumata o non condivisa con i partecipanti alla CER; essa prende il nome di incentivo per la vendita diretta. L’energia prodotta in eccesso viene ceduta al GSE che è obbligato a comprarla, ma ad un prezzo che è ben minore (dalla metà ad un terzo) del prezzo al quale viene venduta l’energia ai consumatori. Il GSE registra l’energia in eccesso immessa in rete dai membri attivi e poi, fatti i conteggi mensili, versa periodicamente alla Comunità il ricavo della vendita. In teoria la Comunità potrebbe vendere ad altri l’energia immessa in rete, ma questa soluzione non è ancora praticamente perseguibile.
- un incentivo calcolato in favore di tutti i partecipanti alla CER basato sull’energia condivisa e sul tipo di contratto sottoscritto dai partecipanti; in questo tipo di incentivo si comprende anche il compenso per la riduzione delle perdite in rete grazie al fatto che l’energia condivisa alleggerisce il carico della rete.
I vantaggi sociali, che pertanto riguardano la collettività nel suo insieme, risiedono proprio nella forma collaborativa di gestione e valorizzazione dell'energia. Quest'ultima diventa un bene comune, condiviso, in grado di creare un valore economico che sarà redistribuito tra i membri della comunità che vi partecipano: privati, pubbliche amministrazioni e imprese.
Le pubbliche amministrazioni, in particolare, oltre a risparmiare sul costo per l’energia, avranno un ulteriore vantaggio: potranno sfruttare la loro presenza territoriale per fungere da aggregatori sociali, con l’ulteriore specificità di utilizzare un valido supporto per combattere la povertà energetica. Un tema, quest'ultimo, che è stato a lungo oggetto di dibattito proprio per la sua ricaduta sulla società grazie alla capacità di innescare vere e proprie forme c.d. di “sharing economy”, cioè modelli di produzione e consumo che si fondano sulla condivisione.
I vantaggi ambientali possono riassumersi in ricadute positive sulle emissioni; le CER sono state indicate dalla UE come un valido strumento per l’incremento delle fonti rinnovabili a cui si affianca un modello operativo/gestionale capace di sviluppare un consapevole ed efficiente utilizzo delle fonti energetiche, che ha quale obiettivo la diminuzione delle emissioni, e di imprimere un valore educativo e formativo nei soggetti coinvolti.
Dal punto di vista più strettamente operativo il primo passo è quello della costituzione del soggetto giuridico; sottolineiamo che i condomini non hanno bisogno di costituzione essendo essi stessi dei soggetti giuridici già esistenti. Negli altri casi occorrerà:
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costituire il soggetto giuridico: ad oggi non c’è una definizione univoca di quale sia la migliore forma giuridica per costituire le CER; indubbiamente quella che più si presta è la forma della cooperativa. In ogni caso si tratta di un contratto privato tra diversi partecipanti che sono liberi di ripartire gli oneri, gli incentivi ed i guadagni in ragione di diversi parametri.
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Prevedere una fase di avvio che implica la progettazione e la costituzione della CER secondo gli adempimenti prevista dal GSE, e che termina con l’installazione degli impianti.
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Organizzare la gestione dell’impianto che prevederà sia la manutenzione, sia la gestione amministrativa, il controllo economico ed il monitoraggio della redistribuzione di tutti i benefit riconosciuti in favore dei soggetti aderenti alla CER.
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Ottimizzare l’uso dell’energia condivisa implementando eventuali sistemi di stoccaggio ed istituendo sistemi c.d. di “load management” per la redistribuzione e l’utilizzo efficiente dei carichi.
I requisiti richiesti perché si possa attivare una CER, oltre alla tipologia di soggetti che possono parteciparvi - e che ricordiamo essere privati, enti pubblici, associazioni, piccole e medie imprese (purché per queste ultime la partecipazione alla CER non rappresenti l’attività commerciale o industriale principale) - sono:
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titolarità di un POD, cioè di un punto di prelievo di energia dalla rete;
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adesione di almeno due soggetti: il prosumer ed il consumer che devono essere forniti dalla stessa cabina primaria;
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installazione di nuovi impianti con una potenza complessiva inferiore ad 1 MW; tuttavia nelle CER possono partecipare anche impianti già esistenti purché non superino il 30% della potenza complessiva;
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L’energia deve essere condivisa utilizzando la rete nazionale di distribuzione.
Un aspetto importante da approfondire riguarda i costi per l’organizzazione delle comunità energetiche; i fattori determinanti risiedono nei soggetti che finanziano gli impianti fotovoltaici, i quali rappresentano la voce di costo più consistente, nonché le modalità di organizzazione e lo scopo finale. Esistono, ad esempio, Comunità Energetiche promosse da enti pubblici con la finalità di valorizzare le fonti rinnovabili e combattere la povertà energetica che non richiedono alcun contributo economico ai singoli cittadini. Inoltre è possibile ricevere contributi dedicati a promuovere lo sviluppo delle CER erogati sia da soggetti pubblici - mediante partecipazione a bandi regionali o utilizzando i fondi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR approvato il 13 luglio 2021) - sia da soggetti privati - tra cui anche le fondazioni bancarie le quali erogano gli aiuti nel rispetto di determinate condizioni che le comunità devono possedere – i quali contribuiscono al sostenimento dei costi per la progettazione e la messa in esercizio degli impianti.
Dal 2020, in Italia le Comunità Energetiche hanno acquisito caratteristiche proprie e ben definite e i progetti presentati hanno attirato l’interesse crescente dei media; tuttavia viene accusato un ritardo nel decollo di tali realtà, in considerazione della complessità del processo normativo, che ha implicato una fase sperimentale durata circa due anni. In questo periodo, pertanto, i progetti realizzati sul territorio nazionale sono stati un numero ridotto: secondo Legambiente (nel suo ultimo report di maggio 2022) le realtà operative in Italia sono 35, mentre 41 sono in fase di progettazione. Ci si attende però una crescita con il perfezionamento del quadro normativo.
Dal punto di vista normativo si rammenta che solo di recente l'Italia ha recepito la Direttiva europea, peraltro in più riprese, a partire dall'emendamento al Decreto Milleproroghe, convertito nella legge n. 8 del 28 febbraio 2020, che di fatto ha aperto la strada alla costituzione di Comunità Energetiche fissandone anche i limiti di potenza.
Dal punto di vista regolatorio si è invece mossa l’Autorità per l’energia (ARERA) con delibera 318/2020/R/eel ed il Ministero dello sviluppo economico con il DM 16 settembre 2020; mediante tali atti si sono regolati gli aspetti economici per il ritiro dell’energia e fissata la tariffa incentivante per l’auto consumo elettrico collettivo, alternativa agli incentivi attualmente previsti e/o al meccanismo dello scambio sul posto. Le regole tecniche per accedervi sono state fissate in un documento del GSE pubblicato il 22 dicembre 2020, contestualmente alla guida per l’invio delle istanze preliminari di accesso tramite l’apposito portale predisposto sempre dal GSE.
Infine la direttiva UE 2018/2001 è stata portata a compimento con il decreto legislativo n. 199 dell’8 novembre 2021 che ha anche ampliato il limite di potenza degli impianti e l’orizzonte geografico. Dal punto di vista della disponibilità delle risorse finanziarie si evidenzia che il PNRR ha destinato oltre 2 mld di euro allo sviluppo delle CER, riconoscendone il valore di strumento atto ad aumentare la produzione complessiva di energia rinnovabile.
Ora poniamoci la domanda se può convenire o meno istituire una comunità energetica in una delle forme suddette: il primo passo è costruire, nel modo più verosimile possibile, un progetto tecnico-economico che valuti l’ammontare degli investimenti necessari ed i costi di gestione al fine di quantificare i tempi di recupero degli investimenti. Prima di tutto occorre dare una valutazione sull’energia producibile dall’impianto e il conseguente ricavo derivante dalla vendita al GSE. Sarà poi importante valutare anche l’incentivo di ritorno che dipenderà dal comportamento dei consumatori di energia con riferimento alle ore di produzione; in tal senso sarà d’aiuto l’uso delle moderne metodiche della domotica in quanto saranno programmate le azioni più efficaci e rapide in termini di utilizzo dell’energia prodotta. Si sottolinea in questo contesto che nel caso dei condomini bisognerà valutare adeguatamente la disponibilità dei residenti a spostare i propri consumi nelle ore più convenienti, quelle in cui la comunità produce l’energia. Secondo analisi effettuate da centri specializzati è molto probabile recuperare un investimento in circa 6 - 8 anni.
Se però si approfondisce l’argomento ci si accorge che le comunità energetiche sembrano non ancora ben normate per consentire loro di cogliere le opportunità dello sviluppo delle energie rinnovabili; infatti il mercato dell’energia a monte delle CER si presenta con prezzi vincolati che esprimono una grande forza da parte dei distributori di energia, a fronte di un mercato di utenti non adeguatamente protetto. Tale condizione potrebbe implicare un controllo ed un’invasione di competenze, da parte dei grandi colossi della distribuzione, nei confronti del mercato a valle, degli utenti/produttori, ostacolando ogni innovazione suscettibile di dare anche un potere concorrenziale al mercato formato dalle CER. E’ facile ipotizzare che i protagonisti del mercato dei contatori e della distribuzione faranno l’impossibile per presidiare e controllare in tutti i modi il mercato degli utenti, agendo su strategie che daranno loro ancora più potere e meno libertà, per le CER, di innovare anche il mercato della distribuzione.
Il grande potenziale economico per le CER è rappresentato sia dagli aspetti energetici, sia da quelli economici di recupero/remunerazione; in diversi paesi si stanno preparando piattaforme digitali per consentire alle CER di partecipare anche ai mercati accessori della capacità, della flessibilità, del controllo della tensione e della frequenza, finalizzati al miglior utilizzo dell’energia prodotta. Negli USA, ad esempio, sono state emanate delle disposizioni che impongono al mercato elettrico l’apertura totale nei confronti di queste aggregazioni, rimuovendo le barriere che limitano le loro azioni. La finalità va verso l’incentivazione della ricerca ed innovazione a vantaggio degli utenti, evitando di limitare le convenienze economiche e lo sviluppo delle forme di energia rinnovabile.
Pertanto possiamo concludere evidenziando la necessità di una normativa interna che esalti tali realtà e le affranchi dalle aggregazioni più consolidate e presenti sul mercato che rischiano di invadere spazi economici e produttivi delle CER, impedendo loro di entrare ad armi pari sul mercato delle risorse energetiche. Il nostro paese sembra fermo alla strenua difesa della esclusività delle concessioni ai distributori, la cui salute economica va certamente salvaguardata, ma senza penalizzare irragionevolmente gli utenti. Solo la politica e l’innovazione normativa di settore potrà migliorare il rapporto di forza tra il mercato odierno fatto di poche grandi realtà oligopolistiche e le nuove realtà delle CER fatte da utenti che hanno a cuore sia l’aspetto economico sia quello ecologico.