Masterclass “L’arte del trasformismo” con il regista Kim Jee-woon e l’attore Song Kang-ho.

Dalla Masterclass tenutasi a Firenze nell’ambito del FKFF, dal titolo “L’arte del trasformismo”, sono emersi ulteriori interessanti elementi per conoscere meglio le personalità del regista e dell’attore protagonista del film “Cobweb”.

Il Regista

Kim Jee-woon, nato nel 1964, inizialmente attratto da una carriera teatrale, dopo essere entrato nella prestigiosa Università Nazionale di Seul ha deciso di abbandonare gli studi. Ha scritto e diretto alcune opere teatrali, dopo di che è passato al cinema, di cui conosceva i classici europei fin dall'infanzia. Vince, nel 1997, un concorso di sceneggiatura, che gli permetterà di debuttare come regista con “The Quiet Family” (1998), una commedia nera che racconta di una famiglia che gestisce un ostello di montagna e viene coinvolta in una serie di morti. È questa la sua prima collaborazione con l’attore Song Kang-ho.

Kim Jee-woon prosegue sperimentando le regole dei film di genere con un serie di film che spaziano dallhorror, con “A Tale Of Two Sisters” (2003), al noir, con “A Bittersweet Life” (2005), al western, con “The Good, The Bad, And The Weird” (2008).

La lunga serie di film acclamati dalla critica lo ha portato ad essere invitato in numerosi festival in tutto il mondo e finanche a debuttare a Hollywood, nel 2013, con “The Last Stand” (2013), con protagonista l’attore Arnold Schwarzenegger. Dell’esperienza americana Kim Jee-woon ha un ricordo positivo, per le risorse umane ed economiche, il budget e l’efficienza, tutto notevole, tuttavia evidenzia come, a differenza dai set coreani, dove si lavora con una gerarchia verticale, con a capo il regista, negli Stati Uniti viga una “gerarchia orizzontale”, per cui il regista sostanzialmente non ha la libertà di prendere le decisioni che occorrono sul momento. Hollywood è una fabbrica di sogni, ma “quando un film va male”, afferma il regista Kim, con il sistema americano “non si sa a chi dare la colpa”.

Tornato in Corea, gira con Song Kang-ho “The Age of Shadows”, definito “un'impeccabile spy-story diretta con il virtuosismo di De Palma e la coralità di Coppola”, che vede l’attore Gong Yoo nei panni del leader di un movimento indipendentista nella Corea occupata dal Giappone: un film di grande successo, che ha totalizzato 7,5 milioni di spettatori nella sola Corea.

Kim Jee-woon sostiene di essere stato influenzato dal cinema occidentale e cita Rossellini e Visconti, ma anche Bertolucci, cui si è ispirato per “The Age of Shadows”, Sergio Leone, cui ha guardato nel girare il suo western, Tarantino, con il quale si avvertono affinità in “Cobweb”.

Il maestro della sperimentazione nell’ambito dei generi cinematografici ha una interessante visione del film quale catarsi delle paure umane: “I film sono una maniera di esplorare le nostre paure” afferma Kim Jee-woon: “L'horror rappresenta la paura verso l'ignoto, la fantascienza la paura del futuro, i film romantici rispecchiano la paura di perdere la persona amata" e così via. Forse grazie a questa visione il cinema coreano riesce con successo a mescolare più generi nello stesso film, delineando magistralmente i personaggi, che risultano sempre complessi.

Quando gli è stato chiesto se ritenga ci sia un fondo di verità nella affermazione del regista Kim Yeol di “Cobweb”, che la critica è la vendetta di chi non sa fare arte, Kim Jee-woon ha risposto che in realtà questa battuta è una reinterpretazione di un concetto contenuto in un essay che trattava del rapporto tra gli artisti e gli accademici. “Sicuramente” dice Kim Jee-woon “alcune dichiarazioni scritte dai critici mi hanno provocato ferite, ci sono rimasto male e ho provato dispiacere”, però “credo che se non fosse per l’esistenza dei critici, i registi si potrebbero sentire molto soli”. “Se andiamo a vedere i periodi in cui il cinema ha avuto un rinascimento, con tanti successi, in quei periodi anche la critica aveva tanto potere”. “Sono due forze che vanno di pari passo”. Quindi lamenta: “ultimamente noto con dispiacere che la critica si è indebolita molto e mi piacerebbe vedere una rinascita anche della critica”, concludendo: “quasi mi mancano i periodi in cui facevo a botte con i critici”.

L’attore Song Kang-ho ha detto di lui: “quando lo ho incontrato per la prima volta 27 anni fa, ho pensato: che persona moderna! Mi ha davvero impressionato questa sua maniera di essere”. “In 27 anni abbiamo collaborato più volte e una cosa che apprezzo tanto e un po’ invidio di Kim Jee-woon è che lui non si mette a urlare al mondo; in altre parole, è una persona che non impone il proprio pensiero, semplicemente ricrea dinamiche” in modo che si possano vedere “tutte le scale emotive: rabbia, tristezza, felicità, in maniera molto naturale”. “Lui è la prima persona capace di fare una cosa del genere in Corea”. E ha aggiunto: “Kim Jee-woon è una persona che non sa rinunciare facilmente”, “ha sempre voglia di lottare per quello in cui crede ed è davvero difficile trovare una persona così di questi tempi”.

L’Attore

Song Kang-ho, nato nel 1967, mentre studia televisione al Busan Kyungsang College, si accosta al teatro sociale ed entra a far parte di una delle più importanti compagnie teatrali coreane. Scegliere questo attore dalla recitazione raffinata per il ruolo principale garantisce quasi sempre un successo al botteghino. La sua abilità unica nella recitazione comica, mostrata già in “The Quiet Family” di Kim Jee-woon, ha ricevuto recensioni entusiastiche dal pubblico, ma lo stesso hanno fatto le sue interpretazioni più drammatiche come in “Joint Security Area (JSA)” di Park Chan-wook. Molto amato da registi di grande fama, tra cui Bong Joon-ho e il maestro giapponese Koreeda, Song Kang-ho conserva un profilo umile e sostiene di cercare un tratto distintivo nella “semplicità”. Interrogato sulla sua formazione, ha risposto: “Sono fortunato ad aver potuto collaborare con tanti nomi importanti. La loro influenza mi ha permesso di migliorare costantemente e di avere un'ottima formazione."

Tra i suoi lavori ricordiamo anche il thriller d'azione dell’Era Coloniale “The Age of Shadows”, prima produzione coreana dello studio di Hollywood Warner Brothers, il dramma storico, basato su eventi realmente accaduti, “Taxi Driver” (2017), che ha superato la soglia simbolica di 10 milioni di spettatori, e “Parasite” (2019), vincitore di Oscar. La sola produzione non coreana cui ha collaborato è “Broker” (2022) di Koreeda Hirokazu, per il cui ruolo ha vinto il premio come miglior attore al Festival di Cannes del 2022.

Dopo 35 anni di recitazione, Song Kang-ho confessa: “non credo di aver iniziato pensando di diventare un attore cinematografico”. “Il mio primo approccio con i film è stato “The day a pig fell into the well”, film di esordio del regista Hong Sang-soo del 1995, uscito nel 1996. Era un ruolo molto piccolo” racconta. “Ho cominciato a cimentarmi con il lavoro cinematografico attraverso il film “Green Fish” di Lee Chang-dong e sì, forse da quel momento, ho smesso il lavoro a teatro”. Tuttavia, “Durante la mia carriera cinematografica mi sono accorto che tutto quello che avevo imparato recitando in teatro, l’energia che ha un attore teatrale, la capacità di analizzare il testo e la situazione, la sua espressività, piano piano è venuto a galla”.

Circa il rapporto con il regista Bong Joon-ho, che sembra tenda ad attribuirgli sempre il ruolo di uomo mediocre, anche se capace di grande umanità, Song Kang-ho racconta che si conoscono da molti anni e confessa: “Una volta ho preso Bong Joon-ho e gli ho chiesto: ma perché mi affidi sempre personaggi così mediocri? Perché?”. Poi ironizza: “quando per la prima volta mi propose di recitare in Parasite ero straconvinto che sarei stato il personaggio del papà della famiglia ricca. Ma niente, sono stato cacciato nel sotterraneo!”.

Per accettare una parte, Song Kang-ho deve percepire un legame con il ruolo da interpretare, a livello sia di aurea esterna che umano; l’aura esterna è costituita dalla originalità e dal fascino del personaggio, mentre il legame umano nasce da una affinità con la persona dell’attore. Se queste condizioni ci sono tutte, Song Kang-ho è disposto a recitare qualsiasi tipo di personaggio.

Quanto alla sua ritrosia ad accettare parti in produzioni cinematografiche straniere, Song Kang-ho ha spiegato che “recitare non è imparare a memoria e imitare”. “Dietro alle parole, c’è la cultura di un popolo e occorre avere una conoscenza alta della cultura e della popolazione che sono all’origine di una sceneggiatura per poter accettare un ruolo. Per questa ragione ho detto tanti no. Se un giorno dovessi arrivare ad un giusto livello di conoscenza e comprensione della cultura straniera sottesa al film, non avrei motivo di rifiutare la proposta del regista”.

Il regista Kim Jee-woon ha detto di lui: “Credo che Song Kang-ho sia troppo umile per rispondere correttamente” a domande sulle sue capacità recitative. “Lui ha una capacità di immedesimarsi e credere che quella di quel momento sia la realtà, che è strabiliante.” “Se dovessi elencare tutte le qualità dell’attore che lo rendono unico potrei parlare ore; le prime che mi vengono in mente sono la sua capacità di immedesimazione totale, il tempismo e la maniera delle battute, il senso che dà alle battute: tutto eccellente. Ma soprattutto, la capacità di raffreddare una stanza in un attimo e poi di rilassare l’atmosfera e di fare questo perché vuole. Ha cioè una capacità unica di gestire l’atmosfera della scena” che consente anche una repentina alternanza dei generi.