11-11-2019

                                                                           Terre d’Oriente: Kathmandu 25 aprile 20215
               Terre d’Oriente, Kathmandu, frutto d’immagini scelte, vogliono essere un tributo a Subash, la nostra guida nepalese, rimasta miracolosamente incolume con la sua famiglia e suo figlio, al terremoto di Kathmandu del 25 aprile 2015, in cui hanno perso la vita più di 8.000 persone; alla città di Kathmandu, che resta un mito per tutti noi viaggiatori; ai musicisti ed ai danzatori nepalesi che ci hanno accompagnato durante il viaggio con manifestazioni artistiche sacrali, in un vertiginoso carosello di feste tradizionali medievali, che celebrano rituali e danze in maschera per esorcizzare i demoni del male; infine ai miei coraggiosi compagni di viaggio, con i quali ho condiviso questi unici ed indimenticabili momenti; al nostro capogruppo.
        L'obiettivo di questo articolo è di rivisitare la mia esperienza in queste Terre d'Oriente, cercando di meditare sugli insegnamenti di Subash ed Agit, le nostre guide locali, cogliendo il significato più profondo delle filosofie induiste e buddhiste, evidenziando le sensazioni provate “strada facendo” e meditandoci su, nella consapevolezza che "pochi sono gli attimi decisivi ed importanti nell'arco di una vita".
          Il mio viaggio a Kathmandu tra questi, indelebile nella mia memoria, dimostra che il destino guida la nostra esistenza, indipendentemente dalla nostra volontà: "La vita scorre come l'acqua del torrente verso il suo destino e noi uomini non possiamo fare altro che assecondarlo, pur consapevoli dei pericoli che s’intravedono all'orizzonte, delle difficoltà delle strade insinuose, strette e buie, intraprese a volte in modo inspiegabile.
          Tramite queste parole proverò a far rivivere la mia medesima esperienza di viaggio e di vita ripercorrendo secondo flash e déjàvu il percorso, traslato dalle immagini che di quel mondo surreale e di quella mia vita errante, ho scelto di conservare e che porterò per sempre vivo nel mio cuore ora che non c'è più.
         Il tragitto del viaggio prevede la risalita del fiume Gange e dei suoi affluenti fino a raggiungere le sue sorgenti in Nepal, situate sulle cime della catena montuosa più imponente della Terra, l'Himalaya, che conta la più alta vetta del mondo, l'Everest di 8.000 metri.
        Pochi realizzano infatti che le sorgenti del Gange nascono dallo scioglimento dei ghiacciai eterni dell'Himalaya: uno scintillante blocco bianco azzurro, a 3900 metri sull'Himalaya scende tumultuoso tra burroni e picchi e le acque fredde e gelide si gettano impetuose nella antica Valle di Katmandu, ai piedi delle sottostanti montagne, e formano il fiume sacro Bagmati che bagna la mitica città-Stato, campo base di tutte le spedizioni alpinistiche. Ci troviamo nella terra delle leggende e della scienza (lo Yeti), della religione e meditazione (Induismo e Buddhismo), della natura e dell'uomo che si mescolano in un unico afflato, secondo una visione globale dell'esistenza umana; laddove gli uomini lasciano traccia, issando una bandierina sulle vette più alte mai raggiunte, intraprendono un viaggio per affrontare le più difficili sfide che la natura pone loro davanti come ultimo traguardo oltre l'impossibile…
         Le antiche filosofie buddhiste ed induiste sono sopravvissute al disastroso terremoto dell'aprile 2015, che ha raso al suolo l'antica città-Stato di Kathmandu. Con esse, sono sopravvissuti i monaci che continuano a pregare nei monasteri isolati sulle montagne, di cui si narrano misteriose e mitiche leggende in ogni angolo del nostro Pianeta Terra.
Ancora oggi la meditazione viene praticata come modo di vita: s'incontrano lungo il cammino uomini piccoli e magri con le mani giunte, le gambe incrociate e gli occhi chiusi in posizione yoga, a meditare immobili sotto l'albero sacro della Bhodi, antico fico sacro. Con la sola forza del pensiero - spiega il Buddhismo - i monaci in meditazione si distaccherebbero dal corpo, fuoriuscendone e viaggiando per il cosmo in un'altra dimensione, priva di barriere temporali o spaziali, confondendosi in un unicum pluridimensionale e perdendo cognizione della realtà circostante. 
       Emanuela Scarponi